Lupin III - La Pietra della Saggezza, l'esordio della serie al cinema


Il cinema ha giocato un ruolo fondamentale nel successo intramontabile di Lupin III. Nei 50 anni dalla sua nascita, il Ladro Gentiluomo è apparso sul grande schermo in diverse occasioni, raccogliendo grandi consensi e regalandoci alcune ottime opere e altre un po' meno. Mettendo da parte lo stravagante live action del 1974, il primo exploit di Lupin al cinema è La Pietra della Saggezza, uno dei film più celebrati del franchise ma anche uno dei più peculiari.


Lupin III - Part 1, la storica serie in giacca verde del 1971, fu un grande flop. Si trattava del primo anime televisivo per adulti della storia e proprio per questo non riuscì a trovare subito il suo pubblico: gli adulti infatti non guardavano i cartoni animati mentre ai bambini veniva vietata la visione di uno show così violento ed erotico. Persino l'arrivo di Isao Takahata e Hayao Miyazaki (i futuri fondatori dello Studio Ghibli) alla regia, con il conseguente abbassamento dei toni e del target, non fu in grado di salvare la serie. La serie venne così cancellata dopo soli 23 episodi. A salvare Lupin III da questa morte prematura furono le repliche televisive che permisero finalmente al pubblico di inquadrare meglio lo show e di riconoscergli il successo che meritava. TMS, che non aveva mai smesso di credere nelle potenzialità commerciali del personaggio, prese la palla al balzo e diede il via alla produzione di una seconda serie animata. Si trattava di Lupin III Part II, la serie in giacca rossa andata in onda dal 1977 al 1980 per ben 155 episodi e da sempre riconosciuta come la più iconica. Per la realizzazione di questa serie fu assemblato un team completamente nuovo perché la squadra dietro Lupin III Part 1 era impegnata in un progetto ancora più ambizioso: il primo lungometraggio cinematografico dedicato a Lupin III.


Mettiamo subito le cose in chiaro: parlando del team di Lupin III Part 1 non ci riferisce ai registi Masaaki Osumi, Isao Takahata o Hayao Miyazaki, ma a molte delle persone che lavorarono con loro su quella prima serie. Il film fu supervisionato da Yasuo Ōtsuka, character designer e capo animatore della prima serie, mentre la regia fu affidata a Sōji Yoshikawa, che ne aveva realizzato storyboard e sceneggiature per molti episodi. Il character design era di Yuzo Aoki¹, già key animator per gli episodi 11 e 23, mentre i Layout furono realizzati da Tsutomu Shibayama, character designer del Pilot Film realizzato per proporre il progetto della prima serie a Monkey Punch. La sceneggiatura fu realizzata dal regista stesso Sōji Yoshikawa con la supervisione di Atsushi Yamatoya, che aveva già lavorato nel team di sceneggiatori di Lupin III ma che è noto soprattutto per essere stato uno dei più famosi sceneggiatori di Pink Movie² dell'industria giapponese, tra cui il celebre Branded to Kill di Seijun Suzuki³. Yamatoya fu chiamato dalla produzione per avere un nome forte alla sceneggiatura, ma quando Yoshikawa gli presentò la sua sceneggiatura iniziale la apprezzò tanto da non ritenere necessario alcun ritocco né riscrittura da parte sua. Il "novizio" del gruppo era Yuji Ohno, il genio che darà vita all'immortale colonna sonora jazz che tutti noi abbiamo imparato ad amare.
Questo staff d'eccezione fu supportato da un investimento altrettanto eccezionale. TMS, alla sua prima produzione animata per il cinema, stanziò un budget di 500 milioni di yen, una cifra che all'epoca era veramente impensabile per un anime. 62.000 cel(contro le 5.000 di un episodio medio dell'epoca) e un anno e tre mesi dopo, il 16 Dicembre del 1978 arrivò nei cinema Lupin III - Lupin vs The Clone ((ルパン三世 ルパンVS複製人間), noto in America con il titolo di Lupin III - The Mystery of Mamoo e in Italia come Lupin III - La Pietra della Saggezza.
Mentre Lupin III Part II metteva in scena storie leggere e più infantili per un pubblico di tutte le età, La Pietra della Saggezza nasceva con l'intenzione di accontentare i fan della prima ora che chiedevano a gran voce un ritorno alle atmosfere adulte dei primi episodi di Part 1 e, soprattutto, del manga originale di Monkey Punch (chiamato per l'occasione a realizzare la locandina stessa del film). Venne quindi messa in piedi una grande trama d'azione che non aveva nulla da invidiare ai grandi blockbuster d'oltreoceano con l'aggiunta, però, della comicità e dell'erotismo sopra le righe tipici di Punch. Il character design si rifà a uno stile caricaturale per adulti, il volto di Lupin è più scimmiesco che mai e i corpi sono composti da grossi busti a cui sono attaccati degli arti lunghi e sottili. La giacca è la rossa, la stessa di Part II e della maggior parte delle illustrazioni a colori del manga, ma i colori della cravatta, della camicia e del pantalone si rifanno a Part 1.


Il film si apre con la scioccante impiccagione di un uomo che la pellicola ci rivela essere senza alcun dubbio Lupin III. Ma il ladro gentiluomo è vivo e vegeto, ignaro di chi fosse quella persona identica a lui nell'aspetto e, addirittura, nel DNA, ed è impegnato in vari furti intorno al mondo di oggetti legati alle leggende sull'immortalità. Dietro questi furti c'è, come al solito, una promessa fatta a Fujiko che questa volta si è immischiata con un uomo veramente pericoloso. Da qui prende il via una delle trame più complesse in cui Lupin si sia mai immischiato e che lo vedrà competere con quello che rimane tutt'ora il suo nemico più temibile.


L'elemento che più colpisce della trama di questo film è quello fantascientifico, non solo inusuale per il franchise stesso, ma persino incredibilmente attuale per i tempi. Sul finire degli anni '70 si parlava ancora pochissimo di clonazione e prima che si arrivi al famoso esperimento della pecora Dolly dovranno passare ancora 18 anni. Il film si rivela quindi ancora più ambizioso nella scelta di saltare l'intera questione bio-etica della clonazione per concentrarsi, seppur con leggerezza, sulle implicazioni filosofiche dell'uomo che gioca a fare Dio. Peccando di superbia, Mamoo (il villain del film) si considera ben al di sopra degli esseri umani e si permette di giocare con la vita e con la storia. Degli uomini lo disgustano i difetti e per questo cerca di celare il più possibile la propria umanità, al punto che nel film non veniamo mai realmente a sapere se un tempo sia effettivamente stato umano. Ritiene però degno di lui i più alti traguardi del genio umano e che identifica nel Sapere e nell'Arte che cerca di allontanare il più possibile dalla loro dimensione umana e mortale per traslarli nella sua divina e immortale. La sua collezione, contenente addirittura persone famose come Napoleone e Adolf Hitler, vive quindi in un triste ed eterno presente. È così che si imbatte in Fujiko e Lupin, incantato dalla bellezza divina di lei e affascinato dalle incredibili abilità di lui, con l'obiettivo di inserire anche loro nella sua collezione di umani scelti per popolare il suo Eden personale. Inutile dire che Lupin non ha alcuna intenzione di accettare la sua proposta.


La Pietra della Saggezza è la storia di un uomo che rifiuta il paradiso terrestre. A differenza della vicenda biblica, Lupin sceglie consapevolmente di andarsene prima che Dio/Mamoo possa cacciarlo per i suoi peccati. Lupin non è interessato all'immortalità né a un mondo perfetto perché ciò che rende l'esistenza interessante sono i suoi pregi quanto i suoi difetti. E Lupin non ne ha mai avuti così tanti di difetti come in questo film. A differenza delle precedenti incarnazioni del personaggio che si concentravano soprattutto nel celebrare le sue incredibili abilità, qui vengono ampiamente sottolineati i suoi vizi. Non c'è nulla di più terreno delle pulsioni sessuali che dominano Lupin per tutto il film e che irritano i suoi compagni Jigen e Goemon. Mamoo ne è ovviamente disgustato, incastrato com'è nella sua logica della preservazione e ammirazione della bellezza senza mai goderne veramente, anche quando si tratta del corpo femminile (logica che assume connotazioni voyeuristiche nella scena della doccia di Fujiko). Nello scontro tra l'eremita Mamoo e l'edonico Lupin III, a vincere è ovviamente il secondo e ironicamente la sua arma è proprio la razionalità che era il principale punto di forza del primo.


Attorno alla questione sulla vita eterna, Sōji Yoshikawa e Atsushi Yamatoya costruiscono un film decisamente dinamico e divertente. Yoshikawa alla regia crea un fortunato mix tra le influenze dal cinema noir e western di Masaaki Osumi che avevano caratterizzato i primi episodi di Part 1 e l'azione più dinamica che Isao Takahata e Hayao Miyazaki avevano portato con i loro episodi. Il primo atto del film si distingue per il suo ritmo movimentato caratterizzato da continui inseguimenti scoppiettanti e gag divertenti. Dal manga e dalla seconda serie dell'anime viene ripreso il carattere cosmopolita, riprendendo il fascino dei film di James Bond e sballottandoci dall'Egitto a Parigi, passando per la Transilvania, il Sud America e i Caraibi. In generale, il film riesce molto bene nel proiettare la serie in una dimensione cinematografica dove ci si aspetta che tutto sia più grande e spettacolare rispetto alla dimensione contenuta degli episodi televisivi. Elementi come l'apparente invincibilità di Mamoo o il coinvolgimento del governo degli Stati Uniti D'America restituiscono la sensazione di star guardando un'opera che coinvolge questi personaggi in una storia ben più epica della loro classica avventura settimanale.
Sempre dalla seconda serie proviene la maggiore attenzione per i comprimari, non più semplici strumenti di Lupin ma personaggi che vivono di vita propria in grado di mettere in discussione gli atteggiamenti del ladro. Fujiko, protagonista di alcune bellissime scene erotiche e addirittura di una dai forti toni sadomaso, riprende il suo ruolo da doppiogiochista, ma appare molto più misteriosa e contraddittoria rispetto al passato. Se in un primo momento potrebbe sembrare solamente fredda e manipolatrice, nella seconda metà del film rivela quanto in realtà tenga a Lupin. Non a caso nel finale abbiamo il primo e quasi unico bacio tra i due di sempre. Un'altra chicca riguarda l'Ispettore Zenigata, più risoluto e divertente che mai, di cui viene rivelata l'esistenza di una figlia che lo aspetta in Giappone.
Nel secondo atto emerge il carattere giocoso e imprevedibile di Lupin che lo avvicina più a Bugs Bunny che a James Bond, riprendendo e un po' anticipando i toni che le storie di Monkey Punch avevano iniziato ad assumere all'epoca. Perfetto per alleggerire i toni del film e per aumentare il contrasto con la serietà e austerità di Mamoo. Particolarmente intrigante è la sequenza onirica che lo vede protagonista in un divertentissimo inseguimento a spasso per molti quadri famosi del '900 tra cui quelli di Dalì e di De Chirico. Altra scena decisamente memorabile è il momento in cui Mamoo scandaglia il subconscio di Lupin per scoprire che quest'ultimo non sogna (qui per saperne di più).
Chiude il film un terzo atto in parte deludente perché incapace di offrire una conclusione epica al livello del resto e, soprattutto, di chiudere degnamente gli archi narrativi di Jigen e Goemon. Se il pistolero infatti ha, in modo molto sbrigativo, alcuni momenti interessanti e una chiusura; il samurai sparisce completamente nell'ultimo atto per poi riapparire solo prima dei titoli di coda senza un ruolo ma per pura presenza scenica. Si tratta comunque di un finale che regala alcune scene memorabili e chiude degnamente il discorso sul personaggio di Mamoo.

Immagine presa dal blog di Tad Hoshiya
Nonostante i suoi evidenti difetti nella parte finale, La Pietra della Saggezza rimane uno dei film più notevoli dedicato a Lupin III sia per la spettacolarità di molte delle sue scene che per l'ambiziosità delle sue trame. Nella sua natura di primo dei lungometraggi, l'opera non era ancora limitata dagli stilemi classici dei film di Lupin e per questo riesce a stupire tutt'ora per le direzioni che decide coraggiosamente d'intraprendere. Il pubblico fu dello stesso avviso e ai tempi premiò la pellicola con un'incredibile successo, si parla di incassi equivalenti a ben più del doppio dell'investimento iniziale, che trasformò finalmente Lupin III in un fenomeno nazionale. Il film arrivò persino nei cinema italiani nel 1979 con il titolo "Lupin III", varie censure e la sostituzione del theme composto di Yuji Ohno con la canzone Planet O che faceva già da sigla per la trasmissione italiana della prima serie animata.

TMS, decisa a battere il ferro finché caldo, mise subito in produzione un secondo film affidando la direzione ad un regista con cui aveva già collaborato per la prima serie. Quel regista si chiamava Hayao Miyazaki e il frutto delle sue fatiche sarà Lupin III - Il Castello di Cagliostro.

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