Ping Pong di Matsumoto Taiyō: arte, estetica, espressione - Parte 1 di 2

Ping Pong Taiyo Matsumoto Analisi Esperienza Estetica Masaaki Yuasa Manga

Premessa: questo è il primo articolo di Terre Illustrate scritto da un autore ospite. L'idea di dare spazio ad altre voci sul mio blog mi balenava in testa da tempo ma, complice la natura fluida e poco organizzata di Terre Illustrate, non si era mai concretizzata. L'autore di questo articolo, che ha scelto di rispondere allo pseudonimo di Curly (un personaggio di Hunter x Hunter), è un caro amico e l'idea di pubblicare questo suo scritto sul mio blog nasce dal rispetto e la stima per le sue conoscenze e le sue intuizioni. Al momento non vi è nessuna campagna di reclutamento autori in programma, vorrei che i prossimi articoli non scritti da me pubblicati su questo blog arrivino come questo da una chiacchierata e una proposta lanciata senza impegno.
P.s.: L'occasione mi ha dato modo di ideare una nuova feature per il blog che troverete in fondo a ogni nuovo articolo/video: una piccola scheda "Commento dell'autore" che ricalca lo stile dei commenti lasciati dai mangaka sulle bandelle dei volumi dei loro manga. Ovviamente in coda a questo primo articolo troverete il commento di Curly.
Autore ospite dell'articolo: 
Curly

Introduzione

Basta fare una breve ricerca su internet per notare che su Ping Pong sono stati già scritti molti articoli e approfondimenti, di varia ampiezza e interesse. Il mio scopo, quindi, non sarà quello di fornire interpretazioni spaccamascella o approfondimenti sulla storia e la cultura del ping pong (quello reale) da confrontare con l'opera. Di fatto non sono uno storico (tantomeno dello sport) e, probabilmente, finirei per fare un discreto pasticcio. Credo inoltre sia poco sensato provare a fornire interpretazioni che sovvertano le analisi classiche che si possono trovare sull'opera; di fatto pare che chi analizza Ping Pong colga quasi sempre i temi più rilevanti. 
Critica e pubblico solitamente capiscono che Ping Pong parla di competizione, capiscono che parla di vita degli individui, di gioco, di relazioni sociali et cetera; di questi temi si tende a discutere con molto entusiasmo nelle varie recensioni/analisi.
Allo stesso modo, però, noto che questi temi difficilmente vengono sviluppati in modo adatto: si capisce che i temi di Ping Pong ci sono molto vicini, in qualche modo ci rispecchiamo nell'opera, ma difficilmente si va oltre un' analisi superficiale. 
Per queste ragioni il mio obiettivo è quello di provare a sviluppare in modo più “affilato” alcuni dei temi presenti in Ping Pong. In particolare, cercherò di approfondire una formula abbastanza comune tra chi analizza l'opera, cioè:
 “Ping Pong è un'opera che usa il ping pong per parlare della vita.”
Io credo che questa frase vada interpretata in un modo preciso, usando specifiche risorse concettuali per effettuare una buona analisi. La mia idea è che Ping Pong sia un'opera nella quale possiamo vedere come le esperienze estetiche abbiano un ruolo fondamentale nella nostra vita. In questo senso l'opera parla della vita¹.
Nello specifico, quello che mi interessa fare è cercare di capire meglio l'opera tramite l'uso di un testo fondamentale nell'estetica e la teoria dell'arte del '900, cioè Art as Experience di John Dewey²; a mio parere molte delle idee che Dewey esprime nel suo testo permettono di comprendere in modo molto efficace alcuni dei temi più importanti di Ping Pong
Le citazioni dal testo di Dewey abbonderanno e farò spesso un lavoro di comparazione tra il saggio e l'opera, cercando di semplificarlo nel limite delle mie capacità. Allo stesso modo chiedo comunque, per chi fosse a digiuno di estetica, la pazienza di provare a rileggere il testo più volte nel caso non risultasse abbastanza chiaro (magari affiancandolo a una rilettura/rewatch dell'opera).
Quando si parla di teorie dell'arte ed estetica, purtroppo siamo costretti ad affidarci alla sensibilità del lettore e alle sue intuizioni personali, molto di più rispetto ad altri ambiti scientifici, quindi credo che sarebbe normalissimo (quasi lecito) se il lavoro alla fine risultasse un po' vago o fumoso in certi punti. Cercherò di fare comunque del mio meglio.
In origine l'articolo doveva essere un corpo unico, ma ho deciso³ di dividerlo in due parti per non appesantire troppo la lettura.
In ogni caso, questo primo articolo sarà diviso in due parti, più o meno discontinue, mentre il secondo sarà più uniforme; illustro ora la struttura dell'articolo che state leggendo.

Ping Pong Taiyo Matsumoto Analisi Esperienza Estetica Masaaki Yuasa Manga

Nella prima sezione cercherò di introdurre un modo non museale di intendere le opere d'arte.
Questa prima parte non avrà un'analisi testuale consistente di Ping Pong al suo interno, ma sarà un modo per introdurre alcune idee generali che ci permettano di inquadrare certe questioni legate all'opera. Anche se non viene mai esplicitata, io credo che una delle idee che permettono di capire meglio Ping Pong sia quella di concepire l'arte come qualcosa che non ha una natura elitaria e sacrale; l'arte è qualcosa che può essere connaturato con ciò che viviamo tutti i giorni e al modo in cui interagiamo con il mondo⁴. Io credo che fare propria un'idea “umile” dell'arte sia fondamentale per comprendere come Ping Pong ci permetta di capire meglio la nostra vita.
Nella seconda parte proverò a definire cosa sia un'esperienza estetica e quale sia il suo legame con l'opera; qui fornirò degli esempi testuali più solidi per sostenere i miei argomenti.
Anticipo ancora che in questo primo articolo ci saranno tanti riferimenti “astratti” e pochi esempi presi direttamente dal testo, cosa che qualcuno potrebbe trovare straniante o insensato. Il motivo è di carattere puramente preparatorio: la funzione di questo primo articolo è quello di fornire una batteria di concetti che ci permettano di comprendere in modo più chiaro il secondo, in cui i riferimenti all'opera non mancheranno.
Arrivati a questo punto, qualcuno potrebbe storcere il naso e osservare che di Ping Pong esistono due versioni: il manga di Matsumoto Taiyō e The Animation di Yuasa Masaaki. Non è ancora chiaro di quale delle due io stia parlando. 
Affermo quindi che, quando parlerò di Ping Pong d'ora in avanti, io mi riferirò al manga di Matsumoto, in particolare alla traduzione italiana di Juan Scassa per Hikari edizioni.
Questa scelta non è guidata da motivi “teorici”: non considero infatti l'anime come un surrogato del manga, tantomeno lo considero una sua versione ampliata. A mio parere ci sono ottime ragioni (grafiche e stilistiche prima di tutto, dopodiché narrative, metaforiche e tematiche) per dire che le due opere sono differenti e autonome. 
In ogni caso, i temi specifici che analizzerò partendo dal manga si possono trovare in modo quasi identico nell'anime di Yuasa, quindi è possibile applicare quello che dirò per il fumetto anche per l'opera di animazione. La mia scelta di analizzare il manga è orientata dal mio interesse personale per Matsumoto (che supera di gran lunga quello che ho per Yuasa, purtroppo) e niente di più.

1) “Ma allora… dovremmo chiederci… che cos'è l'arte?”

Edizione TarcherPerigee del 2005

La domanda su che cosa sia l'arte sembra essere uno di quei rompicapi filosofici che sono penetrati anche nel linguaggio e nel pensiero comune. Su internet, per esempio, è presente un enorme dibattito (critico e non) sulla natura dei videogiochi e dei fumetti, se vadano considerati arte o meno. Se vi trovate a discutere online sulla bellezza di un certo videogame, non è difficile che gli obiettivi della discussione cambino e si passi dal farsi domande come “questo gioco è arte?” ad altre più generali come “che cosa è arte?”.
Le risposte possibili chiaramente si sprecano, quello su cui però molti si trovano d'accordo è che l'arte debba avere queste determinate caratteristiche:
  • L'arte ha un qualche tipo di valore intrinseco: un'opera d'arte o un capolavoro lo sono e 
    basta, spesso vanno anche intesi come qualcosa di non questionabile, esistendo dei canoni 
    oggettivi che la confermano.
  • L'arte è qualcosa di raro e limitato: non tutto è arte, ci sono pochissime opere costruite da individui geniali che possono fregiare il titolo di arte. Inoltre è possibile fare delle liste dei tipi di oggetti artistici: comunemente riconosciamo nove arti come esistenti (dall'architettura al fumetto) e nient'altro. La cucina non è arte, tantomeno la caccia o l'atletica.
  • L'arte è qualcosa da contemplare: quando noi fruiamo un'opera d'arte, ce ne relazioniamo “da fuori” e questa entra in contatto con noi mentre ci interagiamo da spettatori.
  • L'arte fa emozionare: gli oggetti artistici provocano forti emozioni, seppur spesso non venga specificato cosa intendiamo in questi casi.
Perfetto, almeno tre di queste condizioni vengono scartate da Dewey. 
L'idea di Dewey è che il concetto di arte sia intimamente legato a quello di esperienza estetica. Quest'ultimo concetto sarà analizzato nella prossima sezione, l'importante però è avere intuitivamente a mente quello di cui stiamo parlando: un'esperienza estetica è qualcosa di memorabile, è qualcosa che ci appaga e di cui ci ricorderemo, è uno di quei momenti in cui sentiamo di trovarci particolarmente in accordo con l'ambiente intorno a noi. L'uso di un termine come “ambiente” potrebbe risultare bizzarro per qualcuno: un ambiente è un concetto che si ritrova in ambiti come la biologia e la psicologia animale, cosa c'entra tutto questo con cose “elevate” come l'arte? La risposta è semplice.
Quello che Dewey ha in mente, infatti, è un approccio naturalistico all'estetica e alle teorie dell'arte: per capire come l'uomo si approcci all'arte, noi dobbiamo studiarlo come un animale che interagisce con un ambiente, proprio come facciamo quando studiamo gli altri esseri viventi nelle scienze naturali. Questa idea ha proprio lo scopo di togliere quell'aura di mistero che solitamente attribuiamo ai fenomeni artistici; non c'è alcuna differenza qualitativa tra i nostri comportamenti e quelli di altri animali non- umani. Quindi realizzare artefatti (come le opere d'arte) o compiere atti sociali non differisce qualitativamente da quello che fanno altri animali quando hanno comportamenti sociali o costruiscono nidi, tane o tele. 
Una delle idee fondamentali di Dewey infatti è proprio quella di studiare i fenomeni artistici ed estetici come fenomeni che servono all'uomo-animale per degli scopi. L'uomo si approccia all'arte per motivi di utilità, così come gli oggetti artistici possono essere intesi come strumenti che l'uomo usa per arrivare a certi risultati. 
Un'idea presente in molti critici è che l'arte sia qualcosa di libero e di incondizionato, che la sua bellezza dipenda proprio da questo, dal non avere alcun tipo di finalità (a differenza di altri oggetti d'uso che non sono “elevati”). Queste posizioni che vedono un'assenza di finalità nelle arti sono rigettate da Dewey. L'arte ha la funzione di migliorare la qualità dell'esperienza degli individui. Questa cosa serve a mettere in evidenza un fatto fondamentale: le opere d'arte non sono niente di sacrale o di trascendente, bensì sono oggetti fatti da individui di carne e ossa per individui fatti di carne e ossa⁵.

Ping Pong Taiyo Matsumoto Analisi Esperienza Estetica Masaaki Yuasa Manga

Una delle prime applicazioni di questa idea strumentale è quella di concepire gli oggetti artistici come qualcosa che non esiste in modo indipendente dalla nostra esperienza. 
Qualità come quella di essere un capolavoro o essere un'opera d'arte dipendono dal fatto che esistono degli individui che fanno esperienza di questi oggetti. Detto diversamente, senza qualche essere vivente che ha esperienza della Notte stellata di Van Gogh, quella che chiamavamo opera d'arte non diventa niente di più se non un ammasso di croste di pittura. Allo stesso modo un film di Kubrick non è più arte, ma solo sfarfallate di luce su uno schermo.
Questo chiaramente non deve dare l'idea che l'arte sia qualcosa di sbagliato o meno reale. Quando usiamo del denaro per un pagamento stiamo dando un valore di scambio a dei pezzi di carta; le banconote non hanno valore di per sé, ma il loro valore è “costruito” dal fatto che vengono usate all'interno di un “gioco” fatto tra i vari individui. Il valore del denaro è qualcosa che dipende da noi, ma non per questo è una cosa meno reale (andatelo a dire a un economista e provate a sentire cosa vi risponde): il denaro ci spinge ad avere certi comportamenti, a comprare case, fare rapine, trovarci un lavoro… 
Allo stesso modo le opere d'arte ci emozionano, ci fanno riflettere intensamente, ci spingono ad andare ai musei e a comprare poster e cataloghi, ci portano a lunghe discussioni con amici. Questa concezione chiaramente è in conflitto con l'idea che certi oggetti siano arte di per sé, indipendentemente da individui che la esperiscono.
Come abbiamo già detto, inoltre, sembra che il concetto di arte sia legato a quello di esperienza estetica. Però, dall'esempio che abbiamo fatto, pare che le esperienze estetiche siano qualcosa che fa sempre parte della nostra vita, nei contesti più disparati: abbiamo esperienze simili quando mangiamo ma anche quando giochiamo a basket, siamo a fare una passeggiata, parliamo con una persona particolarmente brillante che stimola la nostra attenzione. Quindi questo vorrebbe dire almeno due cose. La prima è che l'arte non è qualcosa di limitato, ma di potenzialmente pervasivo: non solo la pittura e la musica sono arte, ma lo possono essere anche il pugilato, la composizione floreale, una bella lezione universitaria, le buone maniere durante un pranzo elegante… Tutte queste cose potrebbero, per Dewey, essere lecitamente inserite negli ambiti artistici dal momento che ci provocano esperienze estetiche⁶. 
Allo stesso modo, ne segue che l'arte non è solo qualcosa da osservare, ma anche qualcosa da attuare. Gli atleti che compiono azioni particolarmente complesse, i cuochi durante l'uso di un ingrediente raro che hanno aspettato anni per poter cucinare, i cacciatori esperti in attesa di una preda particolarmente tenace, tutte queste sono esperienze estetiche per quegli individui. Quello che è interessante è che ciascuno di loro ha un'esperienza estetica compiendo un'azione non contemplativa. Certamente contemplare un'opera è un'azione che sicuramente è vicina all'esperienza artistica, ma non è la sola; per quale ragione ascoltare un disco oppure osservare un dipinto dovrebbero essere azioni più vicine all'esperienza artistica rispetto a quello che prova un atleta che gareggia o un matematico che (gesso alla mano) dimostra un teorema? Non abbiamo nessun motivo per pensarlo: un individuo può avere un'esperienza estetica osservando un dipinto almeno quanto può averla dipingendo. Avere esperienze estetiche (e quindi realizzare oggetti artistici) dovrebbe essere inteso come un'azione e non come una ricezione passiva. Delle quattro caratteristiche che avevamo fornito, tre sono da scartare: rimane l'idea che l'arte sia qualcosa che fa emozionare. Se intendiamo “fa emozionare” con “provoca esperienze estetiche”, allora senza dubbio questa è una condizione necessaria⁷. Quindi, per riassumere, l'arte è qualcosa che provoca esperienze estetiche, dipende dagli individui che la “costruiscono”, è un comportamento attivo ed è pervasiva nella nostra esperienza

«Perfetto, ma cosa c'entrano tutte queste cose con Ping Pong?» potrebbe, legittimamente, chiedersi qualcuno. Dopotutto nell'opera di Matsumoto (tantomeno in quella di Yuasa) non si fa mai riferimento a cosa sia arte. È proprio una domanda che sembra essere totalmente distante dalla serie. Magari nessuno nell'opera si fa domande su argomenti di questo tipo perché le risposte sono già date per implicite. La tesi che cercherò di sostenere nell'articolo è che Matsumoto abbia un modo di intendere l'arte molto simile a quello fornito da Dewey. Con questo non voglio dire che Matsumoto abbia letto Dewey (che sarebbe un'affermazione esagerata e sensazionalistica), bensì che i due condividono delle intuizioni molto simili sulla natura dell'arte e sul ruolo che le esperienze estetiche hanno all'interno della nostra vita. 
Ping Pong è un'opera che parla di ragazzi che hanno un cambiamento durante l'adolescenza: ognuno di loro ha una serie di problemi che cerca di sbrogliare in vario modo, ma tutti ruotano intorno al tennis-tavolo.

Ping Pong Taiyo Matsumoto Analisi Esperienza Estetica Masaaki Yuasa Manga

A differenza di altre celebri opere sportive, i cinque protagonisti di Ping Pong (anche se in realtà i protagonisti dovrebbero essere due o tre nell'opera di Matsumoto) non devono avere un riscatto sociale⁸, non combattono per ragioni politiche oppure “per il domani”. Matsumoto non è così melodrammatico⁹ e preferisce descrivere dei ragazzi che giocano a ping pong per ragioni più concrete.
Nonostante però i protagonisti siano solo “ragazzi che giocano”, prendono il ping pong estremamente sul serio; si impegnano e soffrono per giocare, hanno dei conflitti che a volte li portano a lasciare il tennis-tavolo agonistico per poi ritornarci (Peko) oppure distanziarsene (Sakuma). Per quale motivo impegnarsi così tanto sul ping pong, allora? Perché sacrificare tanto per qualcosa?
Fuor di finzione, questa è una cosa estremamente comune anche nella nostra vita quotidiana. Di fatto, a tutti noi capita regolarmente di ritrovarsi a svolgere (a volte per molto tempo) azioni, rituali abitudini o lavori impegnativi, pur sapendo che non ci daranno un piacere immediato. Allora perché lo facciamo? Una buona risposta viene data proprio a Smile dal Mister Koizumi: 
Ci sono dei paesaggi che si possono vedere solo dalla vetta… Mr. Tsukimoto.¹
A mio avviso il senso della frase non va ricavato dal concetto di vittoria, a cui il coach non sembra troppo interessato, ma va visto in relazione a concetti come quello di bravura e capacità.
Butterfly Jo vuole insegnare a Smile “come volare” (per usare la metafora di Peko), cioè che ci possono essere delle ragioni valide per sacrificare in piena libertà la propria vita per qualcosa, ma questi paesaggi possono essere visti solo dopo aver raggiunto un certo grado di bravura e di tecnica, perché è proprio in quel caso che si può provare quello che il Mister ha in mente (e che ha già provato in prima persona¹¹). Ping Pong parla di adolescenti problematici sulla soglia del professionismo che capiscono quanto il mondo sia meravigliosamente complesso grazie al ping pong, niente di più.
Questo viene compreso direttamente da Kazama e da Tsukimoto durante la partita finale con Hoshino; in quel caso l'autore decide di mettere in scena una vera e propria esperienza estetica, percepita sia da Drago che da Smile. 
Dopo questa esperienza gratificante, entrambi i personaggi sembrano pacificati e capaci di vivere in modo più virtuoso all'interno del loro “pezzo di mondo”: l'idea sembra proprio essere che una vita ben vissuta dipenda dalle gratificazioni estetiche che riceviamo. Il ping pong può essere così inteso come uno strumento per migliorare la qualità della nostra vita. 
Questa è anche l'idea che ha Dewey ed è il motivo per cui dà all'estetica un valore così importante anche negli scritti in cui non tratta di argomenti legati all'arte¹². 
È che questo grado di compiutezza della vita nell'esperienza del fare e del percepire che fa la differenza tra ciò che è arte e ciò che non è. […] Laddove le condizioni sono tali da impedire all'atto della produzione di essere un'esperienza in cui la creatura intera è viva e possiede la propria vita attraverso il godimento, il prodotto mancherà di qualcosa per essere estetico. Non importa quanto esso sia utile per scopi speciali e limitati, esso non sarà utile al fine ultimo, quello di contribuire direttamente e liberalmente a una vita arricchita e in espansione¹³.
L'arte è qualcosa che riguarda una qualità diversa delle nostre esperienze, qualcosa che si manifesta nel caso in cui noi riusciamo a raggiungere certe condizioni o avere certe capacità; è inoltre ciò che ci permette di espandere la nostra vita e di renderla più felice, che è esattamente l'idea alla base di Ping Pong¹⁴.
Chiaramente questo non è sufficiente per dimostrare una correlazione tra le idee di Matsumoto e quelle di Dewey, per questo motivo nella prossima sezione cercherò di illustrare cosa sia un'esperienza estetica e come qualcosa di simile sia rappresentato in modo evidente all'interno dell'opera.

2) “Avere paura non serve!!!”

Ping Pong Taiyo Matsumoto Analisi Esperienza Estetica Masaaki Yuasa Manga

Finora abbiamo ampiamente parlato di esperienze estetiche, senza però specificare troppo cosa siano. La prima caratteristica che appare evidente è che le esperienze estetiche abbiano una natura privata. Detto diversamente, io posso avere un'esperienza estetica davanti a un quadro almeno quanto tu puoi non averla, è qualcosa che non ha una natura prettamente pubblica come i tavoli o i calcoli matematici. Se io indico un tavolo ci troviamo (quasi) tutti d'accordo che c'è un tavolo, se dico che invece ho trovato un film formidabile all'uscita del cinema è più probabile che ci sia un dissenso. Quindi un'esperienza estetica è qualcosa che ha un grado molto alto di variabilità.
Per cercare di afferrare meglio il concetto riporto questo passo in cui Dewey cerca di esemplificare
dei casi di esperienza estetica:
Un lavoro compiuto in modo soddisfacente, un problema risolto, un giuoco che viene terminato; un modo d'essere come consumare un pasto, gioucare a scacchi, fare una conversazione, scrivere un libro, o prendere parte a una campagna politica, è un atto così definito che la sua conclusione è un compimento e non una cessazione. […] Perché la vita non è una marcia o un flusso uniformi e ininterrotti. È un insieme di storie, ciascuna con il suo intreccio, il suo inizio e il suo movimento verso la conclusione, ciascuna con il suo particolare movimento ritmico; ciascuna con la qualità irripetibile che la pervade tutta. […] L'esperienza in questo senso vitale è definita da quelle sensazioni ed episodi ai quali ci riferiamo spontaneamente come a «esperienze reali»; da quelle cose di cui diciamo ricordandole, «che sono state un'esperienza». […] In tali esperienze, ogni parte successiva scorre liberamente, senza cuciture e senza spazi vuoti. Al tempo stesso non si sacrifica in nessun modo l'identità di ciascuna parte come se stessa. Un fiume si distingue da uno stagno per il fatto che scorre. Ma il suo scorrere dà alle sue successive porzioni una definitezza e un interesse maggiore di quello che esiste nelle porzioni omogenee di uno stagno. In un'esperienza lo scorrere è scorrere da qualcosa a qualcosa.¹⁵
In questa complessa citazione vengono presentati molti concetti, alcuni chiari, altri più metaforici; è comunque possibile individuare dei tratti rilevanti.
Prima di tutto l'esperienza estetica è un'esperienza completa, cioè è qualcosa che riguarda l'inizio e la fine di un'azione. Questo non basta chiaramente, poiché esistono moltissime esperienze complete che non sono estetiche. 
Immaginate di trovarvi a fare una partita di tennis con un amico, in questo caso la partita può iniziare e finire senza che voi abbiate particolari esperienze memorabili.
Anzi, è possibile anche che vi annoiate molto¹⁶.
Per questo non è sufficiente che un'azione sia completa, ma che sia anche direzionata e intensiva. Raffiniamo il caso della partita di tennis. Poniamo che voi stiate anche pensando ad altre cose: siete infastiditi perché dovete fare la spesa, siete preoccupati perché avrete un esame tra qualche giorno oppure vi sentite annichiliti dalla superiorità tecnica del vostro avversario.
La vostra attenzione non è attivamente sulla partita, ma cambia continuamente, posandosi raramente su quello che avviene in campo (giusto il tempo di rispondere a una battuta). In quel caso non abbiamo un'esperienza estetica… a dire il vero non vediamo solo l'ora di tornare a casa.
A un certo punto, all'inizio di uno scambio, cambia qualcosa. La vostra attenzione smette di vagare e iniziate a vedere solo la palla e i movimenti dell'avversario; in qualche modo iniziate a percepire il ritmo del gioco. Ogni movimento della palla, ogni azione dell'avversario diventa uno stimolo che vi fa capire quale sia l'origine di quella mossa e quale sarà la sua direzione successiva.
Vi sentite inebriati e pieni di energie, letteralmente traboccanti di vitalità. Anche quei movimenti che fino a qualche momento prima erano stancanti, ora sono leggerissimi, quasi naturali.
Esempi di questo genere sono spesso presenti in molte azioni che svolgiamo normalmente, dallo sport allo studio, dalla scrittura di articoli alle cene con gli amici. Chiaramente ognuna di queste azioni avrà una struttura differente, ma l'idea è che tutti questi casi fortuiti abbiano alcune proprietà comuni. Inoltre, tutte queste esperienze possono essere connotate da una qualche tonalità emotiva, magari mentre giochiamo possiamo provare una profonda stima per il nostro avversario, oppure tranquillità, o ancora rabbia o tristezza.
L'idea di Dewey è proprio questa: un'esperienza estetica è un tipo di esperienza in cui quello che proviamo è, in qualche modo, amplificato. Quella particolare emozione che provavamo diventa piena e stabile, non è più solo qualcosa che tende a risolversi; per continuare l'esempio della partita di tennis, la bellissima sensazione di tranquillità che proviamo con un amico è qualcosa che diventa una componente della partita stessa ed è espressa dal modo in cui giochiamo. Cambia il modo in cui ci approcciamo alla palla, la leggerezza con cui ci muoviamo, l'attenzione che mettiamo nell'effettuare certe azioni e certi tipi di giocate.
È importante sottolineare questo punto: quando siamo nel mezzo di un'esperienza estetica noi lo facciamo sempre in relazione a certe emozioni/sensazioni e provare un'esperienza estetica non è “un tipo di emozione a parte”¹⁷.

Ping Pong Taiyo Matsumoto Analisi Esperienza Estetica Masaaki Yuasa Manga

Per chiarirci ancora di più le idee, possiamo riportare ciò che Dewey dice non essere un'esperienza estetica:
I nemici dell'estetico non sono né il pratico né l'intellettuale. Essi sono la stanchezza, la rilassatezza nel perseguire uno scopo, l'ossequio alle convenzioni nei procedimenti pratici e intellettuali. La rigida astinenza, la sottomissione forzata, la grettezza e la dissipazione da una parte, la incoerenza e l'indulgenza senza scopo dall'altra sono deviazioni, in direzioni opposte, dall'unità dell'esperienza.¹
Provare un'esperienza estetica sembra quindi essere legato anche a particolari forme di equilibrio con l'ambiente: non bisogna fare in modo che la nostra azione sia frustrante o eccessivamente carica di pathos, in quei casi l'emozione va a dissiparsi totalmente.

Ora proviamo a fare mente locale. In Ping Pong ci sono due eventi in cui dei personaggi provano un'esperienza estetica, cioè le partite di Drago e Smile contro Peko.
Per mancanza di spazio analizzerò solo la prima delle due partite, con la convinzione che mostrare come Dewey sia applicabile al primo match renda chiaro come interpretare anche la partita tra Peko e Smile. Se si riconoscono i tratti che rendono la partita tra Kazama e Hoshino un'esperienza estetica, è veramente difficile non ritrovarli anche durante la finale tra Peko e Smile.
Nell'opera ci sono due indizi fondamentali che permettono di capire che Drago e Peko stanno avendo un'esperienza intensissima durante la loro partita: da una parte l'evento è rappresentato dal tratto di Matsumoto che diventa estremamente variegato e dinamico¹⁹, dall'altra abbiamo il report in prima persona fatto da entrambi, espresso dal dialogo interiore.
A partire dalla metà del secondo set, Peko comprende che, per vincere contro Dragon, è necessario cambiare totalmente il suo stile di gioco. Il clima, teso e drammatico fino a quel momento, inizia gradualmente ad allentarsi; il tratto e il gioco diventano molto più adrenalinici ed energetici, ma anche più gioiosi. Possiamo vedere come questa particolare situazione abbia tutte le caratteristiche che le permettono di essere classificata come un'esperienza estetica (per come l'abbiamo descritta).
Entrambi i giocatori si trovano sicuramente nel mezzo di un'esperienza completa e direzionata: banalmente, la partita va verso una conclusione che la rende “ben fatta”, cioè la fine del terzo set.
Inoltre, dopo il suo cambio di stile, Hoshino riesce a stare al passo con Kazama, cosa che permette a ognuno dei due di vedere un avversario che oppone resistenza, ma senza essere eccessivamente forte o debole (cosa che non poteva realizzarsi fino a qualche minuto prima, a causa dello strapotere di Drago), questo scontro tra due forze quasi equivalenti viene anche espresso graficamente dal punteggio della partita, che continua a essere serratissimo per tutto il secondo set. È proprio questa resistenza reciproca che permette a entrambi di provare un'esperienza così forte e stringere un rapporto così profondo.
Dai pensieri di Peko possiamo capire che si trova in una situazione estremamente peculiare, infatti si ritrova a pensare frasi bizzarre come:
Io posso volare … Come un raggio di luce!
Veloce come un fulmine!
Gli impulsi corrono!
Memoria illimitata!
Ti spazzerò via!
Reazioni!
Riflessi!
[…]
Mi muovo come una scheggia!²

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La raffica di vignette che viene presentata nelle prime pagine della rimonta di Peko serve proprio a esprimere, in modo estremamente infantile, una sensazione di fortissima vitalità che il giocatore sta provando. Il fatto che vengano espresse tramite delle formule giocose e finzionali (ricordiamo che Peko sa benissimo che il suo ginocchio potrebbe infortunarsi per ogni mossa azzardata) è qualcosa che verrà approfondito nel prossimo articolo; in questo momento mi preme solo sottolineare come Peko provi un senso di profonda esaltazione e senta delle energie scorrere continuamente dentro di sé. Come se non bastasse questa evidenza, anche Wenge sottolinea la cosa parlando con il suo allenatore, dopo che questo gli dice che per Kazama deve essere dura trovare un avversario così forte:
Chi lo sa. Lo stile di gioco di Hoshino non è ben definito.
È come se amasse così tanto questo sport da non riuscire a trattenersi.
Giocare contro un avversario del genere...²¹
Almeno, per me è così...²²

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Dopodiché anche i pensieri di Kazama vengono esposti usando il dialogo interiore. Anche qui il fatto che Kazama stia avendo un'esperienza unica è evidente:
Tutte le cellule del mio corpo sono in estasi.
Mi ordinano di andare più veloce.
[…] 
Le cose che non puoi vedere...
I suoni che non puoi sentire…
La concentrazione elimina totalmente il mondo esterno.
Il tempo si dilata così tanto che ci fa sembrare immobili.
[…]
È chiaro chi sia il migliore.
Ma non c'è fretta.
[…] 
Avere paura non serve!!!
Questo è un bel posto.²³
Il modo in cui Matsumoto riesce a esprimere l'esperienza di Kazama è talmente lucido e pregnante che meriterebbe di essere letto direttamente dal testo. Quella che viene descritta è una situazione di pienezza nell'esperienza di Kazama. In questa scena Matsumoto descrive in modo estremamente concreto quello che avviene durante un'esperienza estetica, tanto da saper illustrare i singoli elementi che la caratterizzano. Drago è in una situazione di estasi totale, sente un'energia e una gioia che pervadono il suo corpo e lo spingono a muoversi con una leggerezza mai provata.
Dopodiché ci si focalizza sul fatto che le esperienze estetiche siano esperienze in cui la componente attenzionale svolge un ruolo fondamentale: tutta la concentrazione del giocatore va sulla partita, tanto che i suoni e gli oggetti visivi vengono del tutto eliminati dal suo campo percettivo. Lui sta percependo solo quello che succede nella partita e nel suo corpo, in modo totalmente affine alla
descrizione fornita da Dewey.
Kazama è totalmente rapito da questa esperienza mai provata. Lo stesso Drago che tra i suoi imperativi aveva frasi come perdere è come morire²⁴, ora vuole comunque continuare a giocare nonostante sia consapevole che perderà. Il piacere che prova è tale da chiedere a Peko persino se succederà mai di avere un altro confronto, se sarà capace di portarlo di nuovo in quel posto
Non è veramente importante vincere o perdere, ma continuare a provare quel senso di realizzazione che viene dato dalla partita, non c'è alcun elemento mortifero nella sconfitta. La sconfitta è solo perdere a un gioco, così come la vittoria non è verità (o inquietudine, come sottolinea Kazama successivamente). 
Questa realizzazione di Drago viene espressa in modo magistrale dalle ultime frasi.
Parlando di paura, Kazama chiaramente non intende riferirsi alla paura che possiamo provare quando un'opera d'arte ci cala in una situazione sublime o orrenda, ancora meno stiamo parlando della paura che proviamo quando ci troviamo di fronte a una bestia feroce; la paura di cui parla Drago è la frustrazione nel perdere, la tortura personale del sentirsi inferiori agli altri, del doversi umiliare e rinunciare al proprio orgoglio, del vedere i propri sforzi come inutili.

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Durante la partita con Hoshino, Kazama comprende che il ping pong non è dolore²⁵, ma qualcosa che non aveva mai considerato. Una delle azioni che Drago effettua prima di ogni partita è quello di chiudersi in bagno, rituale che gli serve per tenere continuamente a mente quale sia la sensazione che si prova quando si è “sulla vetta”. In realtà questa azione ha un valore simbolico molto più complesso, come si intuisce dal dialogo che Kazama ha con Sakuma; l'ambiente claustrofobico in cui Drago si rinchiude non serve solo a rappresentare “la solitudine dell'eccellenza”, ma anche la totale assenza di motivi nel giocare a tennis-tavolo.
Simboli e metafore spaziali sono molto presenti nell'opera di Matsumoto, ma credo che possano essere riassunte in due classi principali, cioè in un contrasto tra spazi aperti e chiusi.
Da una parte troviamo gli spazi aperti, espressi da personaggi come Peko e Koizumi: si parla di paesaggi che si possono vedere da una certa altezza, di azioni come quella di volare, di ali non capaci di passare l'oceano²⁶.
Dall'altra troviamo degli spazi chiusi e claustrofobici, come quelli in cui si rifugiano Smile e Drago.
Tra le due metafore, quella che ha un ruolo positivo in Ping Pong è chiaramente la prima: l'opera di Matsumoto è un modo per rappresentare un'apertura agli altri e alle pratiche che ci interessano. 
La cosa è perfettamente espressa dalle ultime frasi di Kazama che ho citato.
Qui è un bel posto” è una metafora che implica un movimento spaziale nella simbologia associata a Kazama: si passa da un luogo all'altro, dalle anguste mura del bagno in cui Kazama si rinchiude, a uno spazio più ampio. Uno spazio in cui esistono più possibilità e scelte, in cui è possibile perdere o sbagliarsi più facilmente, ma che è sicuramente più gratificante da esplorare.
Questa situazione viene espressa in modo interessante anche nell'anime di Yuasa. Qui l'eroe, che viene rappresentato graficamente, a differenza del manga, entra dal tetto del bagno in cui il mostruoso Kazama è rinchiuso e, provocatoriamente, lo “invita a volare con lui” facendogli lasciare le mura in cui è rinchiuso.
Matsumoto non sembra essere interessato a simili lirismi²⁷, ma comunque è innegabile che la rappresentazione di Yuasa colga il punto in modo particolarmente interessante.

Arrivati a questo punto, immagino che sia sensato affermare che tra Matsumoto e Dewey non esista una correlazione puramente accidentale. Come abbiamo visto per l'incontro tra Peko e Drago, Matsumoto sembra essere consapevole del modo in cui un'esperienza estetica si articola: tramite il pensiero di Kazama e di Peko l'autore riesce a parlare di una situazione di cui sicuramente ha piena conoscenza, altrimenti è difficile spiegare come possa descriverla con una tale lucidità. Potremmo comunque dire che, se questo è il contributo di Dewey per comprendere Ping Pong, rimane comunque abbastanza limitato. Per questo motivo è mia intenzione far vedere che quello che abbiamo toccato finora è solo la parte più esterna della relazione tra Matsumoto e Dewey. Come ho già accennato, questo articolo ha più un ruolo preparatorio, serve cioè a fornire i concetti necessari per comprendere il punto in cui i due autori hanno un contatto più profondo, cioè il ruolo dell'espressione artistica. Questo è l'argomento su cui, a mio avviso, possiamo trovare le correlazioni più solide tra i due; per arrivare a quel punto, però, era necessario fare una premessa concettuale, quella stessa premessa che ho fornito in questa prima parte. Compreso questo primo articolo è possibile quindi addentrarsi nel secondo, che sarà totalmente incentrato sul tema dell'espressione.

Ping Pong Taiyo Matsumoto Analisi Esperienza Estetica Masaaki Yuasa Manga



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Note
  1. Durante l'articolo tenderò a usare anch'io metafore che trovo alquanto antipatiche come “l'opera che parla di qualcosa” oppure “il messaggio dell'opera”. Di fatto le opere d'arte sembrano avere un valore comunicativo, ma io credo fermamente che questo dipenda dal modo in cui noi ci approcciamo a queste: le opere sono mute, non dicono proprio nulla, tantomeno hanno un messaggio intrinseco. In ogni caso, userò comunque questi termini per facilitarmi la vita e non finire troppo fuori strada con l'esposizione. 
  2. In italiano Arte come esperienza. Il testo che userò sarà quello dell'edizione La nuova Italia, con la traduzione di Corrado Maltese. 
  3. In realtà è stato Matteo a darmi questa ottima indicazione mentre eravamo in fase di correzione.
  4. In generale, credo che questo sia anche importante per capire la poetica di moltissime opere di Matsumoto Taiyō, che sembra avere una sensibilità particolarmente spiccata per quella che è chiamata everyday aesthetics, cioè l'estetica del quotidiano, campo di studio che ha iniziato a fiorire proprio a partire dagli scritti di Dewey.
  5. Nel primo capitolo di Arte come Esperienza possiamo trovare questo passo che chiarisce molto bene l'idea che l'arte sia qualcosa che viene dall'uomo come essere vivente, che usa gli oggetti artistici come uno strumento per migliorare la qualità della propria vita: L'esistenza dell'arte è la prova concreta di ciò che è stato affermato astrattamente.

    È la prova che l'uomo adopera i materiali e le energie della natura con l'intento di espandere la propria vita, e che egli fa così secondo la struttura del proprio organismo: cervello, organi sensori e sistema muscolare. L'arte è la prova vivente e concreta che l'uomo è capace di ripristinare consapevolmente, e pertanto sul piano razionale, l'unità di senso, bisogno, impulso e azione caratteristica della creatura viva. 
  6. Una piccola puntualizzazione da fare: qui ho detto che tutte queste cose “possono essere” opere d'arte, cioè ognuna di queste pratiche può diventare un'arte. Di fatto, a livello sociale, non sono attualmente riconosciute come tali. La questione potrebbe sembrare inutilmente complessa per qualcuno, ma posso provare a spiegare perché non lo è. Quello che qui stiamo dicendo è che il concetto di arte è un concetto fissato in modo accidentale a livello storico. Detto diversamente, architettura, pittura, etc. sono classificate come arti solo perché la nostra storia sociale è andata in un certo modo. Potremmo immaginare senza alcun tipo di problema una storia alternativa della società umana in cui le arti sono: cucina, cricket, tetris competitivo, videomaking, etc. e non veder figurare in mezzo cose come l'architettura o la musica. Il punto della questione è che un oggetto non è intrinsecamente arte; se un oggetto è arte o meno dipende da noi (dal modo in cui giochiamo con il linguaggio). Poniamo invece di avere un litro di acqua di fronte, il fatto che sia composto da H₂O non dipende da noi; la sua struttura chimica rimarrebbe quella anche se non esistesse nessun vivente che fa esperienza dell'acqua. Pur consapevole del mio errore storico, d'ora in avanti userò comunque “arte” e “oggetto che provoca esperienze estetiche” quasi come intercambiabili; per gli scopi modesti dell'articolo preferisco usare un linguaggio a grana molto grossa, che però permetta di esprimere in modo efficace alcuni concetti fondamentali. Sono debitore verso l'amico B.N. per la preziosa osservazione che mi ha fatto mentre correggeva la mia bozza.
  7. Ma è sufficiente? Qualcuno potrebbe lecitamente dire che la definizione di arte potrebbe richiedere altri elementi. In ogni caso, quello che mi interessava era solo far vedere che quelle tre condizioni non andavano per niente d'accordo.
  8. Forse Wenge e Sakuma potrebbero essere intesi in questo senso, come dei personaggi che cercano di “sovvertire” il loro ruolo sociale cercando un riscatto. Secondo me un'interpretazione simile è abbastanza superficiale e incapace di spiegare in modo adeguato entrambi i personaggi. Wenge infatti cerca inizialmente di avere un riscatto dopo essere stato eliminato dalla sua squadra, ma la cosa sfuma dopo l'incontro con Drago, diventando un'occasione concreta per parlare di contaminazione sociale e di come un giocatore finito possa riscoprire un senso in ciò che fa tramite l'interazione con gli altri. Per Sakuma, invece, quello che può sembrare un riscatto contro Peko, almeno in superficie, è un dramma radicato nell'handicap che impedisce al personaggio di brillare nello sport a cui sta dedicando anima e corpo. L'enorme discorso sul rapporto tra talento e apprendimento purtroppo non sarà affrontato nell'articolo.
  9. Nota già più presente in Yuasa, che inserisce certi elementi che cercano di dare più emotività e ragioni a personaggi come Kazama e Wenge. Persino la scena del salto dal ponte di Peko diventa un modo per rendere più carica la scena. Chiaramente non intendo dire che una delle due sia sbagliata, ma che siano scelte di narrazione differenti.
  10.  Ping Pong, vol. 1, p.154.
  11. Viene spesso rimarcata l'affinità tra il Mister Koizumi e Tsukimoto, in diversi punti. Chiaramente la somiglianza più evidente è la scelta di perdere volontariamente contro un amico (scelta che diventa molto più ingombrante e retorica nell'opera di Yuasa), oppure il fatto che anche Tsukimoto inizi a usare l'inglese come il maestro. La cosa può essere risolta riferendosi al rapporto tra maestro e allievo (o tra genitore e figlio) e quindi il fatto che Tsukimoto imparì a essere come Butterfly Jo. Una parte di me però non riesce a essere troppo convinta della cosa e continua comunque a pensare che possa esserci un intento simbolico nell'opera (uno dei pochissimi) di rappresentare una ripetizione tra la figura di Koizumi e quella di Tsukimoto, che quindi sarebbe una sorta di “Smile più vecchio” (cosa che invece Yuasa sembra avere in mente in modo meno equivocabile). Nonostante questo, continuo a preferire la prima interpretazione e far rimanere l'uso metaforico/simbolico in Matsumoto il meno presente possibile.
  12.  Ad esempio in Experience and Nature.
  13. Arte come Esperienza, p. 33.
  14. Questo messaggio è stato compreso e rappresentato in modo molto più esplicito da Yuasa. Basti pensare al karaoke di Wenge, il finale della partita tra Peko e Smile o, più marginalmente, al testo della bellissima ending Bokura ni tsuite.
  15. Arte come Esperienza, pp. 44-45. 
  16. Ancora di più se, invece di azioni sportive, prendete compiti come quello di studiare un testo o svolgere un esercizio di matematica. 
  17. Se così fosse, questa cosa andrebbe a supporto di quella che avevamo chiamato visione museale, per cui esiste un tipo preciso di emozione associata all'esperienza artistica. L'estetico però non è un tipo di emozione, ma un tipo di esperienza. Come abbiamo esperienze con un ritmo scostante, non unitario, incompleto, … così esistono esperienze unitarie, complete, costanti etc. ; l'esperienza estetica è un tipo di esperienza “strutturale” che ha anche una colorazione emotiva. Da lì possiamo avere un'esperienza piena anche della rabbia, dell'orrore o di altre emozioni che solitamente non vengono definite “artistiche”, ma che invece possono essere strutturate in modo estetico almeno quanto la gioia o l'esperienza del sacro. 
  18. Arte come esperienza, p. 49.
  19. Non entro in dettagli più approfonditi per almeno due motivi. Il primo è che non sono un disegnatore, quindi in questi casi provo sempre quel disagio collaterale di chi parla di qualcosa avendola sempre studiata “da lontano”. Il secondo è che, anche se provassi ad analizzare come la scena (a livello grafico) permetta di rappresentare l'euforia della partita, la lunghezza dell'articolo raddoppierebbe. In quei capitoli, infatti, lo stile di Matsumoto cambia in modo forsennato, usando espedienti grafici che permettono di esprimere, vignetta per vignetta, sensazioni differenti. La soluzione più sensata sarebbe di andare ad analizzare ogni singola vignetta, cosa chiaramente troppo complessa per questo articolo. Con tutte le buone intenzioni, mi affido all'intuizione e alla capacità di giudizio del lettore. 
  20. Ping Pong, vol.5, pp. 69-71.
  21. Qui Wenge lascia la frase volutamente incompiuta, l'implicito più sensato potrebbe essere che lui riesca a capire Kazama anche solo guardando Peko giocare, da qui il valore avversativo della risposta.
  22. Ping Pong, vol.5, p. 100 
  23. Ping Pong, vol.5, pp. 112-126 
  24. Ping Pong, vol.5, p. 40
  25. Ping Pong, vol.5, p. 47
  26. Il personaggio di Butterfly Jo forse può anche essere interpretato in questo senso, come un atleta leggiadro ed elegante, capace di volare, ma con un'autonomia estremamente ridotta; interpretazione che rappresenta benissimo il dramma del Mister
  27. Yuasa per esempio dà a ognuno dei giocatori una figura che serve a rappresentare intenzioni, desideri, stati d'animo dei personaggi. Matsumoto invece tende a inserire elementi di irrealtà all'interno della tavola per motivi principalmente grafici.

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