Lupin III Part 5, sotto la maschera del ladro gentiluomo (e del suo rilancio)


Articolo pubblicato in origine il 1 Ottobre 2018

Tra il 4 Aprile 2018 e il 19 Settembre 2018 sono andati in onda sulle televisioni giapponesi i 24 episodi che compongono Lupin III Part 5, la quinta (senza contare lo spin-off su Fujiko) serie animata dedicata al ladro gentiluomo giapponese figlio illegittimo della creatura di Maurice LeBlanc. La direzione è ancora una volta di Kazuhide Tomonaga, membro storico del team di Lupin che aveva già diretto la quarta serie del personaggio, oltre che animatore in tantissime altre produzioni del franchise, mentre alla sceneggiatura un novizio del personaggio: quel Ichirō Ōkōchi conosciuto per serie come Code Geass e Devilman Crybaby che per questi 24 episodi di Lupin III Part 5 ha messo in piedi una vera magia regalando forse la migliore serie dedicata al personaggio, oltre che al perfetto esempio di come si realizza un'opera celebrativa per l'anniversario di un franchise. Ma prima di spiegarne i perché, è d'ordine una breve digressione nel passato di Lupin III.


Lupin III nasce 50(+3) anni fa dalla matita di Monkey Punch sulle pagine di Weekly Manga Action, la neonata rivista di manga per adulti di Futabasha, e da quel fortunato Agosto del 1967 non si è più fermato. Da quel manga pieno di carisma hanno preso il via una moltitudine smisurata di trasposizioni animate, tutte gestite, tra alti e bassi, da TMS Entertainment, i primi a credere fin da subito nel potenziale del personaggio. Tanti sono stati i progetti quanto sono state le mani sotto cui Lupin III è passato, tutti artisti differenti (alcuni anche mostri sacri dell'animazione come Hayao MiyazakiIsao TakahataMasaaki Osumi¹e Osamu Dezaki) che gli hanno dato impronte differenti e sempre nuove. Soprattutto a partire dal 1987, quando il successo dell'OAV "La Cospirazione dei Fuma" spinse TMS ad adottare la formula dello Special TV invernale, un appuntamento fisso con un nuovo lungometraggio per la televisione a cadenza annuale. Una strategia che si rivelerà fortunata per il franchise e andata avanti ininterrottamente fino al 2013, ma che nel suo ultimo periodo ha finito per accomodare il personaggio, e chi ci lavorava, in una serie di lavori dal sapore stantio, incapaci di sfruttare realmente le sue potenzialità e intrappolate nella ripetizioni di schemi fissi che han trasformato uno dei volti più anarchici dell'animazione giapponese in una rassicurante versione conservatrice, buona solo ad accontentarne i fan storici che ne seguono ogni gesta più per affezione che per altro. Quello di cui aveva bisogno Lupin III era di una nuova direzione, di un rilancio che gli desse nuova linfa recuperandone le radici e allo stesso tempo aggiornandolo ad un pubblico moderno e meno ingenuo.

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Il seme di questo rilancio lo troviamo in Green vs Red (che ho analizzato nel dettaglio qui), OAV del 2008 nato per festeggiare i 40 anni del manga, un lungometraggio che si è distingueva da quasi tutto ciò che lo aveva preceduto per un elemento: la consapevolezza di sé. Per la prima volta un prodotto ispirato a Lupin prendeva piena coscienza del franchise, di ciò che era stato e di ciò che era diventato. Il film non solo trasformava ogni singolo Lupin apparso nelle varie trasposizione animate in un personaggio a sé e autonomo; non solo metteva in scena il contrasto tra il tempo che passa, il mondo che cambia e Lupin che rimane lo stesso come fosse immortale; ma lo faceva mettendo in scena una sfida all'ultimo sangue tra due protagonisti rappresentanti le due giacche più amate, la verde e la rossa, mentre trasfigurava la figura di Lupin in un simbolo di libertà che esiste al di fuori del tempo. In Green vs Red non si nasce Lupin, Lupin si diventa. Da lì dovremo aspettare altri 4 anni prima di vedere i primi germogli di questi nuovi frutti e il risultato sarà il definitivo rilancio del franchise. 

La Donna chiamata Fujiko Mine nasce ancora una volta per celebrare un anniversario, 45 anni dalla nascita di Lupin III e 40 anni dalla messa in onda della prima storica serie d'animazione, e segna una netta rottura con il passato recente del franchise. La direzione artistica di Takeshi Koike riporta in vita, in una versione più moderna ed elaborata, lo stile grezzo dei primi anni della carriera di Monkey Punch, mentre la direzione di Sayo Yamamoto, pupilla di Shin'ichirō Watanabe¹, riporta la serie alla concezione originale di "anime per adulti" dei primi episodi in giacca verde diretta da Masaaki Ōsumi, riprendendone l'amore per il cinema noir dello scorso secolo. Il risultato è un prequel di Lupin III Part I che non si limita a una celebrazione fine a sé stessa, ma pone le basi per un nuovo modo di realizzare anime sul ladro gentiluomo che sia allo stesso tempo moderno e fedele alle origini. La ciliegina sulla torta è, nuovamente, la consapevolezza del passato del franchise da parte delle autrici che decidono di mettere in piedi una riflessione sulla natura di Fujiko in relazione agli altri personaggi della serie e una più generale riflessione sul ruolo che ci si aspetta che le donne interpretino nelle storie. Dopo questa serie le cose non saranno più le stesse.


2012 è l'anno di uscita della serie su Fujiko Mine e il 2013 è l'anno in cui si chiude la tradizione dello special TV in giacca rossa annuale. Nel 2014 sbuca al cinema un mediometraggio diretto da Takeshi Koike, La Lapide di Jigen Daisuke, che si pone come diretta continuazione del filone creato dalla serie su Fujiko Mine con l'intento di recuperare e aggiornare il Lupin delle origini. Il filone continuerà poi nel 2017 e nel 2019 con altri due mediometraggi sempre diretti da Takeshi Koike: Lo Schizzo di Sangue di Goemon Ishikawa e La Bugia di Fujiko Mine. A colpire di questi mediometraggi, oltre all'incredibile qualità, è l'apparizione di una nuova giacca, la giacca blu che mai si era vista prima (se non in alcune illustrazioni degli anni '70 di Monkey Punch²) e che diverrà il simbolo della nuova direzione del franchise. Nel 2015 esce invece Lupin III Part IV - L'Avventura Italiana, la prima serie "regolare" dedicata a Lupin III sin dai tempi di Part III (conclusasi nel 1985). La serie propone alcune interessanti novità tra cui spicca l'introduzione di un cast ricorrente di nuovi personaggi e una trama orizzontale che si alterna agli episodi stand-alone a cui Lupin III ci aveva da sempre abituati. L'obiettivo della serie è chiaro: riuscire a coniugare la nuova direzione presa dal franchise con il Lupin più family-friendly a cui tutti erano abituati in precedenza. La serie si muove tra alti e bassi e, tutto sommato, si può considerare un esperimento riuscito, seppur vittima di alcune sceneggiature non particolarmente brillanti. Nel 2016 abbiamo una nuova svolta imprevedibile: un nuovo special TV. Italian Game pone alcuni nuovi primati: si tratta del primo Special TV in cui Lupin non indossa la giacca rossa, torna la giacca blu, e soprattutto si tratta del primo Special TV a connettersi a una serie. L'avventura raccontata in questo lungometraggio si colloca temporalmente tra le avventure di Lupin III Part IV e tornano infatti alcuni dei personaggi introdotti nell'Avventura Italiana, primo caso assoluto di personaggi all'infuori del "quintetto" che ritornano.


Questa lunga introduzione sugli sconvolgimenti che il franchise ha vissuto negli ultimi anni potrebbe sembrare superflua in una recensione che dovrebbe parlare di Lupin III Part 5, ma è in realtà fondamentale per un'analisi che colga tutto ciò che questa serie rappresenta, ovvero la chiusura del cerchio di questo rilancio. Una chiusura del cerchio che inizia sin dalla scelta dell'ambientazione, quella Francia che aveva dato i natali all'originale Arsène Lupin dei romanzi di Maurice Leblanc e di cui Lupin III è "nipote illegittimo" (Monkey Punch non ha mai avuto alcuna autorizzazione all'utilizzo del nome del personaggio). A differenza di Part IV, dove l'ambientazione italiana era al centro delle vicende stesse, qui la Francia rimane a fare da (bellissimo) sfondo, perennemente presente nella cura per le ambientazioni e per i particolari tipica degli anime di Lupin, ma mai al centro dell'attenzione. Il suo ruolo è di rappresentare simbolicamente il ritorno alle origini, il passo indietro da fare per poter guardare a tutta la produzione su Lupin nel suo insieme prima di poter andare finalmente avanti. Questa dialettica tra "origini" e "innovazione" è perfettamente rappresentata dalla doppia anima della serie, divisa in due filoni che mettono a confronto il Lupin del 2018 con il Lupin del passato.

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Dagli episodi 1, 6, 11 e 17 di Lupin III Part 5

Dei 24 episodi che compongono Lupin III Part 5, 17 episodi sono dedicati ad una trama unica a svolgimento orizzontale intervallata a più riprese da 7 episodi con trame stand-alone. Si tratta di una struttura simile a quella di Part IV, ma qui abbracciata con molta più convinzione e utilizzata con maggiore intelligenza. I 7 episodi stand-alone sono stati scritti da altrettanti sceneggiatori "guest-star" invitati con il compito di fornire la loro versione dei precedenti volti di Lupin III. Ogni episodio è infatti un omaggio alle serie precedenti di cui vengono imitati sia gli stilemi narrativi che l'aspetto visivo, non limitando quindi la cosa al solo ritorno delle vecchie giacche. Si passa con scioltezza da un episodio dedicato a Part III (giacca rosa), con il suo stile grafico coloratissimo e le sue trame "silly" e improntate alla comicità, a un episodio dedicato a Part I (giacca verde), caratterizzato dalle ambientazioni europee tipiche dell'impronta di Miyazaki e dalle trame misteriose e poco collegate ai furti di Osumi (e del primo Monkey Punch). Per non dimenticare, ovviamente, gli omaggi alla serie più famosa, Part II (giacca rossa), le cui innovazioni fondamentali furono l'introduzione di una maggiore attenzione per la caratterizzazione dei personaggi secondari e la natura cosmopolita dei personaggi, sempre in giro per il mondo. Tutte caratteristiche al centro dei ben 3 omaggi che Part 5 le ha dedicato. Questi episodi tracciano una sorta di mappa dell'evoluzione delle serie TV di Lupin III che si conclude con due episodi stand-alone in giacca blu³, quasi a voler riassumere le caratteristiche fondamentali del nuovo Lupin a uso e consumo di chiunque arriverà in seguito a raccontarne le gesta. I due episodi sono diametralmente opposti e raccontano le due anime del Lupin in giacca blu che Part V ha cercato di sintetizzare in un'unica incarnazione. Il primo è uno dei più divertenti bottle episode della TV giapponese mentre l'altro è un piccolo thriller reminiscente dei mediometraggi di Koike. Da un lato abbiamo quindi la natura comedy della serie e l'attenzione per le relazioni interpersonali del quintetto, dall'altro lato abbiamo l'interesse per trame fortemente improntate all'azione, che pongano l'accento sulla straordinarietà di questi personaggi e delle avventure a cui prendono parte, senza dimenticarne l'umanità.

La bellissima sigla di Part 5 si ispira all'animazione europea

L'intreccio narrativo di Part V si sviluppa in quattro story-arc da 4 episodi (fa eccezione il primo che ne dura 5) che la serie chiama "Episode" e che potremmo vedere come un ciclo di 4 mediometraggi fortemente collegati tra loro ma allo stesso tempo in grado raccontare quattro storie indipendenti. Come già accaduto in Part 4, anche qui vediamo l'introduzione di personaggi di supporto ricorrenti: Ami, una hacker abilissima e giovanissima; Albert Andresy, un losco figuro legato al passato di Lupin e Yata, il nuovo assistente dell'Ispettore Zenigata. La grossa differenza con la precedente serie è l'utilizzo programmatico che si fa di questi personaggi per approfondire i protagonisti della saga, in particolare Lupin che nei 4 story-arc verrà letteralmente vivisezionato per rispondere alla domanda: "nel mondo ipertecnologico e interconnesso in cui viviamo attualmente, è ancora possibile l'esistenza di figure quasi leggendarie come quella di Lupin III?"


In Episode I, la gang viene catapultata direttamente nel 2018 e li vediamo alle prese con cose come il deep web e furti online, mentre il nostro ladro preferito sfodera un nuovissimo monocolo (citando così suo nonno) tecnologico. Al centro delle vicende il Lupin Game, una sorta di social network nato con lo scopo di dare la caccia a Lupin invogliando chiunque a partecipare attraverso il proprio smartphone. Citando le parole dello stesso Lupin, "adesso chiunque è uno sbirro". Vediamo anche l'introduzione di Ami, la nuova damsel in distress che inizierà qui un suo personale percorso di formazione che sarà fortemente influenzato dalla vicinanza con Lupin. Andando avanti con la serie risulterà evidente l'intenzione degli autori di scrivere Ami come se incarnasse lo spettatore che in questo story-arc scopre (o riscopre) un Lupin III invincibile e carismatico. L'immagine che questi primi episodi ci restituiscono è quella di un uomo che ha scelto di incarnare un ideale e di addossarsene tutti i problemi che ne derivano perché trova questa vita irresistibilmente eccitanteLupin III è un dandy della libertà e non si può non rimanerne affascinati.


Dopo aver costruito il mito, la leggenda, in Episode I, negli story-arc successivi la serie si concentra nel decostruire l'uomo che vi è dietro. L'introduzione di Albert in Episode II mette Lupin a confronto con un modo completamente diverso di intendere il mestiere di ladro mentre allo stesso tempo getta nuova luce sul suo passato e su ciò che c'è dietro la sua mitologia, arrivando addirittura a mostrare dei flashback dove il personaggio "non è ancora Lupin III"⁴. Episode III pone invece il nostro quintetto nel mezzo di intrighi politici internazionali, questioni ben più grandi di loro. Episode IV infine porta alle estreme conseguenze il discorso sulla modernità, chiedendosi se personaggi la cui esistenza è legata al mistero non siano solo dei relitti di un lontano passato in un presente dove tutti i segreti del mondo possono essere svelati con una ricerca su Google.
Un percorso che dona a Lupin una nuova umanità e ne ridimensiona l'invincibilità in modo quasi drastico. Nel corso di questi episodi lo vedremo vincere e perdere, vedremo spesso la situazione sfuggire al suo controllo e vederlo ferito gravemente diverrà un motivo ricorrente nella serie, quasi a volerne ribadire la mortalità.


La consapevolezza del passato del franchise si fa portante anche in questo filone di Part V e la serie viene elevata proprio da una scrittura brillante capace di raccontare storie nuove interessanti che allo stesso tempo riescono ad abbracciare la storia del personaggio nella sua totalità. Nello stesso episodio è possibile vedere il Lupin giocoso a cui siamo stati abituati da Part II a quello più serio di opere come Walther P38, mentre tutti i personaggi riabbracciano, finalmente, la loro natura di antieroi e di furfanti tipica del manga e di Part I. Impossibile non rivedervi poi il Lupin più luciferino tipico del filone curato da Takeshi Koike accanto a quello più cavalleresco di Hayao Miyazaki. L'ispirazione dal manga, tutt'ora una fonte inesauribile di idee poco esplorate, si fa sentire per tutta l'opera, soprattutto nel terzo episodio che si ispira esplicitamente all'azione sopra le righe di Shin Lupin III (seconda serie del manga)⁵, mentre i primi episodi di Episode II riprendono le atmosfere noir, hard-boiled e da spy-story tipiche della prima serie del manga. Episode III, poi, con la sua "crisi di stato" ambientata in una nazione fittizia è un ovvio omaggio ad uno dei topos narrativi tipici di Lupin III. I riferimenti e le citazioni sono poi tantissime, alcune veramente clamorose e di spessore (quelle a Cagliostro su tutte), ma il lavoro più fine ed interessante è stato fatto sui personaggi e sulle relazioni tra di loro.


Con una certa sistematicità e muovendosi tra narrazione e metanarrazione, la serie affronta e aggiorna uno a uno molti dei punti cardine delle storie di Lupin. Vengono approfondite elementi come le dinamiche tra Lupin e Zenigata (che ritroviamo qui in una veste molto più risoluta del solito), oltre che al ruolo di quest'ultimo nell'ICPO; l'importanza di Goemon e Jigen come partner di Lupin; il rapporto complicato tra Goemon e Lupin (causa di molti attriti passati e fondamentalmente diverso da quello con Jigen); e la relazione tira-e-molla tra Lupin e Fujiko. Quest'ultima soprattutto è trattata con incredibile intelligenza, aggiornando il personaggio di Fujiko e donandole una nuova tridimensionalità e indipendenza, utilizzando il loro rapporto per dire qualcosa di nuovo su questi personaggi e per rimarcare, come già faceva secondariamente La Donna chiamata Fujiko Minela somiglianza tra i due. Part V riesce a mettere il punto a tutte queste questioni, restituendoci nel 2018 la versione definitiva della gang.


Prima di arrivare alle riflessioni finali di questa recensione, è fondamentale parlare anche del comparto tecnico della serie. Part V vive nel segno della continuità con Part IV presentando uno staff molto simile a quello della serie precedente, ma propone un risultato che differisce sotto alcuni aspetti. I toni più vivaci della quarta serie sono stati qui sostituiti da toni più spenti derivante dall'utilizzo di una palette di colori molto più moderna e meno blanda. Pur non spiccando visivamente in modo plateale come le opere del filone diretto da Takeshi Koike, Part V si fa valere attraverso una cura generale decisamente elevata sia nelle animazioni che, soprattutto, nella ricostruzione di oggetti e ambienti ispirati al mondo reale. Parlando degli ambienti, uno dei punti di forza maggiore della serie sono i bellissimi fondali acquerellati che danno il meglio di sé soprattutto nelle ambientazioni parigine. La colonna sonora di Ohno ritorna e, tra riarrangiamenti di vecchi classici e nuovi pezzi, si riconferma un'aggiunta di incredibile spessore in ogni singola scena in cui compare, come se non fosse invecchiato di un solo giorno.


Lupin III Part V non è una serie perfetta. Episode II, pur contenendo alcuni dei migliori momenti della serie, soffre di un cambio di direzione nella seconda metà troppo brusco che quasi contraddice la prima metà, mentre il reale potenziale del personaggio di Albert viene solamente sfiorato. Il minutaggio di Zenigata (e Yata con lui), a fronte di alcune delle scene più belle e intense a lui dedicate, è decisamente esiguo e paga anche lo scotto di essere il protagonista dell'episodio stand-alone meno riuscito di tutti (il 20). Un paio soluzioni narrative sono invece a volte un po' troppo semplicistiche o comunque presentate in una forma troppo accelerata, mentre a volte si permette di giocare un po' troppo con la moralità dei suoi personaggi (soprattutto nella clamorosa scena d'azione dell'episodio 23, tanto divertente da guardare quanto intollerabile per la leggerezza con cui i personaggi ne ignorano le conseguenze). Rimane però una serie incredibilmente notevole che ha saputo coniugare il bisogno di scrivere storie con questi personaggi che siano realmente nuove e interessanti al raccontare allo stesso tempo nuovi aspetti di essi e ridefinendone l'essenza. Ma soprattutto ricorderemo questa serie per il suo finale e per quello che ci ha insegnato su Lupin III.


In seguito alla messa in onda del finale, è spopolata sui social network una clip contenente il climax di Lupin III Part V e uno dei più grossi colpi di scena del franchise, attirando l'attenzione sia dei fan più assidui che di chi non segue più le gesta di Lupin da tempo. Evitando di fare spoiler e di sottolineare il significato metaforico nel contesto immediato della scena, ciò che va sottolineato in questa analisi è invece il motivo per cui quel colpo di scena è l'argomentazione di chiusura di un discorso portato avanti da tutta la serie e che racchiude l'essenza del fascino di Lupin. L'illusione che potrebbe scaturire dal raccontare Lupin III Part V come la "serie definitiva!" è il pensiero di poter conoscere Lupin, di poterlo decodificare nella sua interezza e convincersi di sapere tutto quello che c'è da sapere su di lui. Questa è l'illusione che Ami rincorre cercando di rimanergli il più accanto possibile, e sempre questa è l'illusione in cui si è chiuso l'antagonista finale della serie. Un'illusione che si applica al pubblico stesso che dopo 50 anni di storie potrebbe essere convinto che Lupin non abbia più sorprese in serbo, nulla più da dire né storie da raccontare; e quindi perché continuare a seguirlo?

Ed è qui che Lupin, attraverso alcune delle scene metanarrative più memorabili di sempre, prende tutti in contropiede e ci ricorda che di lui, in realtà, non conosciamo niente. Passiamo il tempo a bramare di saperne di più su questo personaggio, ma non ci avviciniamo mai veramente. Non possiamo, perché ci sfugge in continuazione. Non vogliamo, perché che gusto ci sarebbe poi? Il fascino di Lupin sta nella sua imperscrutabilità, nella sua imprevedibilità. Non sappiamo mai cosa pensa né quale sarà la sua prossima mossa e continuiamo a seguirlo proprio per questo, proprio perché non possiamo far altro che rimanere attaccati allo schermo (o alle pagine) in attesa di scoprirlo.

Risiede qui il vero messaggio di quella scena che tanto sta facendo discutere per le implicazioni al livello di canone⁶. Per quanto potremo pensare di conoscere bene Lupin, lui avrà sempre un asso nella manica, un segreto, di cui noi non abbiamo idea e che utilizzerà per ribaltare la situazione. Lupin non morirà finché riuscirà a trovare un nuovo modo di sorprenderci e il fatto che ci riesca ancora dopo 50 anni ci fa ben sperare che continuerà a farlo per ancora molto. Fino ad allora, Lupin III rimarrà per sempre il nostro imprevedibile ladro gentiluomo, imprevedibile come la svolta che il franchise ha avuto sin dall'inizio di questo rilancio pienamente riuscito, che continua a stupirci sia per modalità e qualità.
 

Forever Lupin III

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Note

1. Gli episodi di Part I realizzati da Masaaki Osumi sono stati l'ispirazione principale per Shin'ichirō Watanabe per la creazione di Cowboy Bebop


2. 

3. Vi è in realtà una differenza visiva che permette di distinguere i due episodi collegandone uno a Part IV e uno a Part V. Seppur simili, i personaggi tra le due serie presentano alcune differenze: la giacca blu e la cravatta rossa di Lupin sono una tonalità più scure in Part V rispetto a Part IV; Jigen indossa una cravatta bianca nella precedente serie e una nera nell'ultima; Fujiko ha i capelli lunghi in Part IV e corti in Part V; mentre la differenza che più salta all'occhio è la parte superiore del kimono di Goemon, rosa in Part IV e giallo in Part V.

4. Letteralmente


5.  Dal Twitter di TMS


Dal blog di Tad Hoshiya



6. Nel manga ci sono ben due scene in cui Monkey Punch lascia intendere che la faccia che vediamo di Lupin non sia la sua vera faccia bensì solo l'ennesima maschera. Ma è solo nel finale di Part 5 che mostra per la prima volta il suo vero volto a qualcuno dei suoi compagni.







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