Corazzata Spaziale Yamato, l'inizio del viaggio

Corazzata Spaziale Yamato Recensione Analisi

La lunga odissea della Corazzata Spaziale Yamato iniziò nel 1973 dalle ambizioni di Yoshinobu Nishizaki, produttore che veniva da una gavetta nella Mushi Pro di Osamu Tezuka e che da poco si era messo in proprio fondando lo studio Office Academy. I suoi primi progetti furono due adattamenti da manga di Tezuka, Triton of the Sea (1972), e Wansa-Kun (1973), ma la sua ambizione era di creare una space opera originale ispirata ai romanzi di Robert Heinlein. I primi tentativi di trasformare questo sogno in una storia vera e propria coinvolsero prima gli sceneggiatori Keisuke Fujikawa e Aritsune Toyota e poi Eiichi Yamamoto, regista che oggi ricordiamo per opere come Belladonna of Sadness. È in questa fase che vengono fissate le prime idee fondamentali della serie come il viaggio spaziale, la Terra distrutta dalle radiazioni, le città sotterranee e l'utilizzo di una nave chiamata Yamato come la corazzata che alla fine della Seconda Guerra Mondiale fu allo stesso tempo simbolo del potere ingegneristico-militare giapponese e della sua disfatta. Il resto del progetto, per come era stato assemblato da Yamamoto e Nishizaki nelle 45 pagine del plan book realizzate nell'estate del '73, prevedeva una storia dai toni pessimisti in cui il cammino della Yamato sarebbe stato ostacolato dai conflitti interni al suo equipaggio, tra incomprensioni e rivalità accentuate dalla tensione del viaggio spaziale. A dirigere la serie sarebbe dovuto essere Eiichi Yamamoto stesso ma quando nella primavera del '74 Nishizaki trovò finalmente un'emittente televisiva interessata alla serie, Yomiuri TV, Yamamoto era già impegnato in un altro progetto. È qui che entra in scena Leiji Matsumoto, artista che in quegli anni si stava facendo un nome con i suoi manga di fantascienza.


Matsumoto era già stato contattato in precedenza per il ruolo di Art Director della serie ma aveva declinato l'offerta perché sognava di debuttare nel mondo dell'animazione come regista e avere la libertà di creare un'opera in cui si riconoscesse davvero. Così, non appena fu libero, il timone della serie fu suo. Al suo fianco si aggiunse poi Noburo Ishiguro, co-regista necessario a sopperire all'inesperienza di Matsumoto che non aveva mai lavorato nel settore. Con l'ingresso di Leiji Matsumoto un vulcano di idee investì Nishizaki e i suoi collaboratori e fu con lui che Corazzata Spaziale Yamato divenne ciò che apparve sugli schermi televisivi giapponesi pochissimi mesi dopo. Matsumoto mantenne diverse idee del proposal originale ma elaborò un plot completamente diverso, con tematiche e personaggi in linea con la poetica che stava iniziando a delineare nelle sue opere su carta. Il suo impegno non si fermò alla sola creazione della trama e dello stile visivo della serie ma si espanse a ogni livello della produzione, dalla musica fino alla stesura di metà degli storyboard della serie. Un aneddoto che Matsumoto racconta spesso è di come in fase di storyboarding cambiasse significativamente gli script degli episodi, anche scavalcando il lavoro degli sceneggiatori e riscrivendo interi dialoghi in accordo con quella che sentiva dovesse essere la vera voce della serie. Da una di queste riscritture naque la frase che il Capitano Okita rivolge a Mamoru Kodai nel primo episodio e che diverrà una delle citazioni più iconiche della serie.

Corazzata Spaziale Yamato Recensione Analisi

Il 6 Ottobre 1974 va finalmente in onda il primo episodio di Corazzata Spaziale Yamato. Il progetto iniziale prevedeva una serie di 52 episodi ma su pressione dell'emittente televisiva il numero fu prima abbassato a 39 in fase di negoziazione e infine a 26 a causa dei bassi ascolti delle prime puntate. Nonostante ciò, Corazzata Spaziale Yamato segnerà una svolta importantissima nell'animazione giapponese dando il via al boom degli anime fantascientifici, ai primi grandi fan club di appassionati, lanciando definitivamente la carriera di Leiji Matsumoto e lasciando un segno indelebile sulle successive generazioni di animatori e registi. Per intuire l'influenza di Yamato basta anche solo fare il nome di Hideaki Anno, creatore di opere seminali come Neon Genesis Evangelion, che più volte l'ha citata come l'opera a cui deve la sua passione per l'animazione.

La WILLE in Rebuild of Evangelion 3.0 non è nient'altro che la
Corazzata Spaziale Yamato reimmaginata da Hideaki Anno

La storia di Corazzata Spaziale Yamato è ambientata nel 2199 e vede la Terra sotto assedio dell'Impero Gamilas. Dal loro avamposto su Plutone i gamilasiani bombardano il pianeta con meteore radioattive che da tempo hanno costretto l'umanità, inerme per via della sua arretratezza tecnologica, alla ritirata in città sotterranee dove non sono comunque al sicuro dalle radiazioni. A cambiare le carte in tavola è il rinvenimento di una capsula su Marte contenente il progetto per un motore spaziale più veloce della luce, il Wave Motion Engine, e un messaggio della Regina Starsha dal lontano pianeta di Iscandar che invita i terrestri a raggiungerla per ottenere la tecnologia per purificare la Terra. La Corazzata Spaziale Yamato inizia così il suo viaggio per salvare l'umanità a cui resta solo un anno prima dell'estinzione.

È questo l'incipit con cui Leiji Matsumoto riscrive la storia della seconda guerra mondiale plasmandola su quella che è la sua visione della vita. La Yamato da strumento di morte costruito da una nazione in preda a una febbre nazionalista ed espansionista diviene la custode della speranza di un'intera umanità unita in tempo di crisi. Corazzata Spaziale Yamato non è un anime di guerra ma una space opera con al centro un viaggio che è testimonianza dell'inestinguibile desiderio di vivere dell'umanità. Una visione militaristica di questa forza fondamentale che appartiene a tutti gli esseri viventi è inconcepibile per Matsumoto che fin dal primo episodio se ne distanzia. Morire per dimostrare la propria fedeltà alla patria come i piloti kamikaze non è concepibile e, come postulato dalla famosa citazione del Capitano Okita, un vero uomo sopporta l'onta della ritirata in vista di un'occasione per costruire un futuro più luminoso.

Corazzata Spaziale Yamato Recensione Analisi

Nonostante le ferite nell'orgoglio e nella carne, Okita sopporta le avversità del viaggio perché arrendersi alla morte è l'unica sconfitta intollerabile. Con malinconia guarda la foto della famiglia persa per il conflitto e silenziosamente spera nel riscatto di un successo che dia significato alla scelta di non seguire i suoi cari nell'aldilà. Stoico e austero, l'unico con cui può condividere la sua solitudine è Susumu Kodai, giovane capo artigliere della nave e vero protagonista della serie. Rimasto solo anche lui a causa della guerra con Gamilas, Kodai parte dalla Terra portando con sé il desiderio di vendicare la sua famiglia, ma procedendo col viaggio dovrà venire a patti con la realtà del conflitto con i gamilasiani. L'idea disumana e bestiale che i terrestri si erano fatti del nemico finirà per infrangersi una volta trovatisi davanti al proprio riflesso: non solo sono identici nell'aspetto, ma l'atteggiamento ostile e crudele dei gamilasiani non è nient'altro che lo sfogo violento dello stesso istinto di sopravvivenza che spinge i protagonisti verso Iscandar. Non sono state le differenze a mettere uno contro l'altro Gamilas e la Terra, ma le circostanze. E così la vendetta lascia lo spazio all'amarezza, alla consapevolezza che nel grande gioco della vita per esserci un vincitore deve esserci anche uno sconfitto

Terzo e ultimo protagonista è la Corazzata Spaziale Yamato stessa e il viaggio che compie. A differenza dei mecha che danno il nome alle serie sci-fi contemporanee, la Corazzata Spaziale Yamato non è un robottone divino e invincibile ma un veicolo vero con tutto quello che ciò comporta. Sul suo nome aleggia il fallimento della sua incarnazione originale e il terrore di ripetere la stessa tragedia. Questo, unito alla costante precarietà della nave, tiene sotto pressione i membri del suo equipaggio che nella solitudine dello spazio dovranno anche fare i conti con i propri demoni interiori, con l'ansia di fallire, con la paura che sia tutto vano e con la diffidenza verso la misteriosa Starsha.

Starsha, come tante donne matsumotiane, rappresenta l'ambiguità femminile, un faro della speranza che potrebbe rivelarsi un demone manipolatore. Un mistero che non si può svelare se non raggiungendolo col rischio di cadere nella sua trappola. Questo è solo uno dei tanti elementi in cui è possibile vedere il Leiji Matsumoto di lavori successivi come Capitan Harlock e Queen Emeraldas. Anche qui, lo spazio, materia fondante del suo universo artistico, è bellissimo e spaventoso, immenso e allo stesso tempo claustrofobico. A loro volta Iscandar e Gamilas rappresentano due modi completamente opposti di porsi dinanzi alla caducità della vita che non sfigurerebbero tra le tappe del Galaxy Express 999, il cui viaggio nello spazio è per Tochiro occasione di crescita e di confrontarsi proprio con questa tematica tanto cara a Matsumoto. 

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A questa visione evocativa dello spazio si affianca una rappresentazione fortemente influenzata nell'estetica dalle illustrazioni della letteratura fantascientifica americana. In più momenti, soprattutto nei primi episodi, sembra di vedere le copertine di qualche romanzo sci-fi pulp in movimento. Da questo punto di vista la serie era decisamente all'avanguardia e furono per esempio sperimentati colori mai usati prima in un anime per rendere al meglio lo spazio e i veicoli che lo percorrono. Le animazioni alternano momenti incredibilmente curati ad altri meno, quest'ultimi spesso dovuti al ritardo nella schedule causati dai primi, ma sono poche le sezioni in cui la serie appare frettolosa. Gli apici della serie sono sicuramente da ricercare nelle animazioni di alcune spettacolari battaglie spaziali come quelle degli episodi 1 e 22 o nelle diverse scene d'azione realizzate da un giovane Yoshikazu Yasuhiko, futuro character designer e direttore dell'animazioni di Mobile Suit Gundam famoso per il suo stile dinamico e cinematografico. Non da meno sono i tanti bellissimi fondali della serie, alcun dipinti a mano direttamente da Leiji Matsumoto stesso, e le psichedeliche sequenze di "warp" in cui lo staff si è divertito a smontare l'immagine a schermo. 

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Nonostante i continui tagli, le incertezze e le inesperienze dello staff, Corazzata Spaziale Yamato riesce a raccontare nei suoi 26 episodi di lunghezza una storia completa e profonda che a distanza di quasi 50 anni dalla sua prima messa in onda regge ancora la prova del tempo. Merito anche di un approccio assolutamente moderno alla serialità costituito da storie autoconclusive, alcune brillanti e altre meno, che rimandano sempre alla trama principale, con la sensazione tangibile di un viaggio che procede costantemente. Le poche ingenuità, sia nella rappresentazione scientifica che in alcuni passaggi della trama, non scalfiscono la bellezza di questa questa epopea in cui lo stupore per le meraviglie dello spazio si alterna al dramma di una guerra rappresentata anche in modo piuttosto crudo.

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In contemporanea alla messa in onda di Corazzata Spaziale Yamato furono realizzati diversi adattamenti manga per pubblicizzare l'opera, tra cui uno realizzato proprio da Leiji Matsumoto. In quel periodo Matsumoto si divideva tra le giornate nello studio d'animazione al lavoro sulla serie e le nottate a casa a lavorare sul manga. Pubblicato al ritmo di 33 tavole al mese per tutti i 6 mesi in cui venne trasmesso l'anime, si trattava ovviamente di un adattamento ridotto all'osso in cui tanti eventi venivano saltati e altri molto velocizzati. Un manga un po' schizofrenico che non può in alcun modo sostituire l'anime ma che si lascia comunque apprezzare per la bellezza dello stile del sensei Matsumoto. L'aspetto sicuramente più interessante della versione cartacea è la fugace e tenebrosa apparizione di un prototipo di Capitan Harlock, personaggio che inizialmente avrebbe dovuto fare la sua prima apparizione ufficiale proprio in Corazzata Spaziale Yamato nei panni del redivivo fratello di Susumu Kodai ma che venne tagliato assieme al ridimensionamento del numero degli episodi.


Dopo un iniziale flop, le cose per la Corazzata Spaziale Yamato iniziarono presto a volgere a suo favore e il suo viaggio è proseguito con nuove serie, film, reboot, live-action, videogiochi e persino un recente remake ancora in corso che è riuscito a rilanciare alla grande il franchise. Pur essendone il padre indiscusso quanto e forse più di Yoshino Nishizaki, il coinvolgimento di Matsumoto nella realizzazione di queste opere è andato man mano diminuendo finche, sul finire degli anni '90, il sensei non tentò di integrare la Corazzata Spaziale Yamato nel suo Leijiverse in vista dei suoi progetti per il nuovo millennio. Matsumoto dovette però fare i conti con una battaglia legale per i diritti di sfruttamento dell'opera che vide Nishizaki vincitore e da cui gli vennero riconosciuti unicamente i diritti di alcuni dei design realizzati per la serie. Al momento i copyright dell'opera sono gestiti da Tohokushinsha Film e gli eredi di Nishizaki (venuto a mancare nel 2010). 

Malgrado questi fatti, è innegabile che Corazzata Spaziale Yamato sia un tassello fondamentale della carriera artistica di Leiji Matsumoto nonché un'opera seminale della storia dell'animazione giapponese. E proprio come per i personaggi e le navi spaziali degli altri suoi manga, anche l'odissea della Corazzata Spaziale Yamato sembra non dover avere mai fine.

Dovuto tributo al sito web americano Ourstarblazer, una miniera d'oro d'informazioni e immagini con una ricostruzione piuttosto meticolosa di tutta la storia del franchise. Star Blazers è il nome con cui Corazzata Spaziale Yamato è stato trasmesso negli Stati Uniti d'America e in Italia.

L'anime originale di Corazzata Spaziale Yamato non è al momento disponibile in home video in Italia, ma recuperando da questo link di Amazon il manga di Matsumoto e l'edizione home video del remake (Star Blazers 2199) potrete sostenere il blog senza spendere un euro in più rispetto al prezzo che il sito già propone.

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Commenti

  1. Grandissimo articolo, ci saranno altri pezzi sul Leijiverse?

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    1. L'intenzione ci sarebbe, ma ancora non ho una direzione chiara in mente

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  2. Avevo un sacco di dubbi sull'approcciarmi a la Corazzata Spaziale Yamato, questo articolo è stato molto utile e chiaro, l'unico dubbio che mi è rimasto è uno: la serie originale presenta varie stagioni da 26 episodi + vari film, mentre da qualche anno sta uscendo un remake, diviso in varie stagioni, della serie originale, io attualmente non so ancora se recuperare tutta la serie originale oppure iniziare con il remake e seguirlo annualmente, tu cosa mi consigli?

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    1. Ciao, ti ringrazio per i complimenti!

      Dipende tutto da te, è più una questione di gusti che altro. Entrambe le prime serie di Yamato, originale e remake, meritano una visione, dopodiché la qualità varia in entrambi i filoni quindi dipende molto da quello che preferisci. Del filone originale puoi anche fermarti al finale alternativo rappresentato da "Addio Corazzata Spaziale Yamato", che è un film sequel della serie originale e che conclude la saga (poi il finale fu retconnato nella seconda stagione dell'anime). Dopodiché puoi buttarti sul remake e seguire quello annualmente.

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