Articolo pubblicato in origine il 18 Gennaio 2020
La meteora si è infine abbattuta sulla Terra, l'apocalisse è giunta e tra poche settimane scopriremo in cosa consiste il nuovo Dylan Dog "recchioniano" che verrà inaugurato da una miniserie di 6 albi. Nel mentre, permettetemi di spendere due brevi parole sugli albi di commiato al Dylan Dog "sclaviano", entrambi firmati dallo stesso Roberto Recchioni.
Il numero 400, "E ora, l'apocalisse!", ci racconta di un Dylan Dog e un Groucho senza memoria che navigano per mari infiniti, vivendo delle avventure che 'sono delle isole' mentre smarriti senza meta si chiedono quanto il loro viaggio sia durato e quanto ancora durerà. Una storia che non poteva essere una metafora più esplicita di come Recchioni veda il Dylan Dog attuale: una testata non cosciente del proprio passato e senza una direzione specifica. Quel che manca è una continuity, un passato con cui costruire le storie e un futuro verso cui direzionarle. Ma non solo, a mancare è la libertà di superare l'ombra del padre, di andare oltre un certo manierismo sclaviano. Il secondo problema per Recchioni, quello più nevralgico, è infatti il peso dell'eredità del creatore di Dylan Dog che gli autori finora hanno troppo cercato di imitare e quasi sempre invano. Così nel numero 400 Recchioni decide di uccidere letteralmente Sclavi tramite la sua creatura, così da distruggerla affinché possa rinascere. E la domanda che spero di non essermi fatto solo io è: tutto qua?
Dylan Dog 400 è una gigantesca pastiche post-moderna che più che un esercizio di stile è un esercizio di accumulo. Non c'è una pagina che sia libera da quest'affollamento di citazioni e rimandi che più che aggiungere livelli di lettura alla storia sono IL livello di lettura. Un collage senza armonia di cui è possibile vedere i passaggi delle forbici e i pezzi di scotch, un frankenstein di storie che non assomiglia a una storia ma più a uno showreel. Tutto questo perché in quest'albo la storia è il messaggio, un messaggio pure piuttosto semplice, e tutto il resto appare solo come un riempitivo per renderlo il più didascalico possibile.
E prima di concentrarmi sul messaggio in sé permettetemi di fare un passo indietro per parlare di Dylan Dog 399.
"Oggi Sposi" è un albo che ha fatto tanto parlare di sé, ma per i motivi sbagliati. Il matrimonio tra Groucho e Dylan, che ha lo spazio di un paio di pagine nell'albo, ha oscurato quello che è il vero cuore della storia e di cui si sarebbe dovuto invece parlare. "Oggi Sposi" è infatti il primo frutto dell'albero della continuity che Recchioni aveva piantato in seno a Dylan Dog 6 anni fa (a partire da "Mai più, Ispettore Bloch", la prima piccola "rivoluzione") e non ha un buon sapore. Le numerose note che rimandano agli albi precedenti della serie dovrebbero restituirci la sensazione di numerosi pianeti che si allineano in seguito a un'attenta pianificazione che premia il lettore più fedele e attento, ma appaiono invece come il maldestro tentativo di inventarsi una continuity a posteriori. Nonostante infatti si stia parlando di un ciclo ampiamente pubblicizzato come un insieme di albi strettamente connessi, la maggior parte delle storie, soprattutto le iniziali, che hanno composto il Ciclo della Meteora hanno poco di diverso da quelle che le hanno precedute e i riferimenti alla fine incombente appaiono più posticci e di contorno che altro. Tra l'altro, come fa notare Alberto Brambilla su Fumettologica, in questa penuria di vera continuity ci si permette pure di perdere per strada storyline potenzialmente interessanti come quella della regina d'Inghilterra "mostruosa" e quella degli imitatori di Dylan Dog. Per questo i ridondanti spiegoni di John Ghost in cui si vanta degli incredibili risultati della sua "fisica fantastica" e di come le sue macchinazioni abbiano portato la storia esattamente dove lui voleva sono impossibili da prendere sul serio. Le sue vanterie si rivelano deliri con poca sostanza dietro e l'unica cosa che ci ritroviamo tra le mani è una storia che sembra stia solo tentando di prendere tempo in attesa dell'anticipata e piattissima conclusione.
L'omaggio a Groucho e alla sua amicizia con Dylan Dog nelle pagine firmate da Sergio Gerasi è sicuramente toccante ed è un peccato vederlo inserito in un albo che non si fa scrupoli a sacrificarlo con una certa freddezza sull'altare del colpo di scena gratuito. Il "gesto insensato, ma pieno di speranza" che dovrebbe salvare il mondo appare infatti come la cinica metafora di un'operazione di marketing che impenni le vendite, come spesso se ne sono viste nel fumetto supereroistico americano, per scacciare lo spettro della chiusura della serie rappresentato dalla meteora. Un modo per portare più lettori possibili ad assistere al commiato di Groucho (ma per quanto?) e alla promessa di cambiamento che rappresenta.
Un promessa che fa il paio con quella del 400 e che pare l'ennesimo fumo di un arrosto che pare non debba essere servito mai. Sono passati 6 anni da Spazio Profondo, l'albo che raffigurava in copertina un Dylan Dog pronto a evolvere come il feto di Odissea nello Spazio, e 67 numeri dopo siamo ancora qui a parlare di un cambiamento che deve arrivare. Sempre Spazio Profondo già ci raccontava della necessità di distruggere la nave che sta affondando per poter ripartire dal nuovo e inaspettato, esattamente come questi ultimi due numeri. Tutte le "novità" portate da allora e che tanto sono state sbandierate come parte del processo di rivoluzione di Dylan Dog sembrano ora più che mai degli specchi per le allodole, le prove generali per un cambiamento che ci fanno nuovamente sapere che è alle porte. Ma 6 anni non sono pochi, e 6048 pagine dopo (ho calcolato molto sommariamente 96 pagine per 63 albi) inizia a farsi spazio l'idea che Recchioni abbia solamente traghettato Dylan Dog da un incubo all'altro, all'inseguimento di un qualcosa che non arriverà mai. Il cambiamento, e la sua promessa di storie migliori, inizia ad apparire come una chimera, come lo era la pensione per Bloch o il completamento del galeone per Dylan durante il periodo di Sclavi.
Io c'ero quando con "Una Nuova Vita" (#325) iniziava la gestione firmata da Roberto Recchioni. C'ero 12 mesi dopo quando "Spazio Profondo" ne inaugurava la seconda fase, il suo "vero inizio". C'ero poi quando il Ciclo della Meteora è stato annunciato e la continuity doveva finalmente emergere. E ci sono di nuovo ora che l'Apocalisse preannuncia l'inizio del Dylan Dog di Recchioni. Non so più neanch'io perché ci sono ancora, forse anch'io senza memoria finisco a reiterare gli stessi errori del passato (esattamente come dicono gli autori che Recchioni cita nel #400). E ci sarò ancora per i prossimi sei numeri, ma forse poi arriverà l'ora di risvegliarsi anche da quest'incubo.
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