Capitan Harlock (2014), quando il futuro viene annullato


Il Capitan Harlock del 2014 diretto da Shinji Aramaki e Harutoshi Fukui rappresenta allo stesso tempo un notevole e un fallace tentativo di raccontare una visione attuale del futuro usando il leggendario pirata spaziale di Leiji Matsumoto nato nel 1977. Il film, animato in quella che nel 2014 era una CGI modernissima nel panorama giapponese, riesce a sollevare le giuste domande e a presentarci un'idea alternativa di Capitan Harlock che funziona ma fallisce nel tentativo di dare delle risposte convincenti.

Nell'opera originale di Leiji Matsumoto aleggiava il timore che la corsa al futuro della civiltà umana potesse arrestarsi per via dell'indolenza della stessa. Nel 2977 l'umanità si è unificata sotto un governo unico e lo stato di pace si è presto trasformato in un sentimento d'indifferenza comune verso qualsiasi problema. Nonostante il viaggio spaziale sia stato sdoganato e le risorse sulla Terra siano agli sgoccioli, quest'umanità preferisce limitarsi a minare le risorse dei pianeti vicini piuttosto che tentare l'esplorazione e cercare nuovi corpi celesti abitabili. Il dissidio tra Capitan Harlock e l'umanità nasce proprio da questa condizione, dalla volontà del primo di abbracciare la vita nello spazio e dalla codardia dei secondi che li rende incapaci di abbandonare la sicurezza della Madre Terra. Harlock rappresenta(va) un ideale di libertà, di vita e soprattutto di speranza nel futuro a cui l'umanità sarebbe dovuta aspirare.


Il film del 2014 parte invece da presupposti diametralmente opposti e prende vita da un timore molto attuale: e se il futuro si rivelasse un'illusione? L'anno questa volta non è specificato, ma ci troviamo in una linea temporale alternativa (come per tutte le opere legate a Leiji Matsumoto) in cui l'umanità ha imbracciato il sogno di un futuro migliore e ha iniziato a espandersi nello spazio. Dei pianeti colonizzati nessuno è però riuscito a eguagliare quello che l'umanità si era lasciato dietro e il sentimento generale di nostalgia per una Terra non più in grado di sostenere tutti si è trasformato prima in una guerra per il suo dominio e poi in una sua imbalsamazione, trasformando il pianeta in un sacrario inaccessibile da sognare a distanza. Il sogno del Capitan Harlock originale si è trasformato in un incubo.


L'Harlock di Shinji Aramaki è un personaggio dall'aura spettrale, un uomo schiacciato da un mito che lo racconta in attività da un centinaio di anni e tormentato dai fantasmi del passato. La nuova versione del personaggio sembra portare sulle spalle il peso del fallimento degli ideali dell'originale, è un uomo che coltiva una libertà che preferisce la morte alla vita senza speranza che il presente gli riserva. Un sentimento autodistruttivo che si scoprirà essere anche alla base del suo grande piano per l'umanità.


Speculare all'originale è anche il personaggio che intraprende il suo cammino d'iniziazione alla vita sotto l'ala del pirata spaziale. Nel manga il ruolo era assunto da Daiba che abbandona la Terra e parte con Capitan Harlock perché disgustato dall'indifferenza dell'umanità dinanzi alla minaccia aliena che ha assassinato suo padre. Nel film troviamo invece Yama, un ragazzo che ha perso sua madre durante la corsa allo spazio e che sale sull'Arcadia con il preciso intento di fare il doppiogioco per aiutare la Coalizione Gaia a fermare Harlock. È importante notare che nel manga il ruolo di spia viene proposto anche a Daiba dal Governo Centrale, ma il suo disprezzo per l'umanità e la perdita di qualsiasi legame con la Terra dopo la morte del padre hanno ormai spazzato via qualsiasi senso di lealtà verso la sua patria. Yama è invece guidato da una lealtà viziata dal senso di colpa che per questo finirà per vacillare.

Lo slancio verso il futuro che nel manga originale era minacciato solo dalla possibilità che l'umanità decidesse di non coglierlo si trasforma qui nella trappola di un presente da cui è impossibile sfuggire. L'unica via d'uscita apparente è un palliativo, è il rifugiarsi nel passato e nel futuro perduto, come sperava di fare il pubblico rivolgendosi a questo film per rivivere la propria infanzia lontana dall'incubo del loro adulto presente e che si è ritrovato tradito da un'opera che ha deciso di non accontentarlo. Il passato, come la Terra per i personaggi del film, è un feticcio corrotto che non può salvarci. Questo lungometraggio sembra capirlo bene, peccato ci sia poi cascato anch'esso.


I difetti di questo film incredibilmente promettente sono purtroppo tanti e quasi tutti imputabili alla scrittura dei personaggi. La ciurma di Capitan Harlock, pur contando un vasto assortimento, è completamente non pervenuta. Gli unici personaggi che hanno più di due battute sono Yattaran e Kei Yuki, ridotti purtroppo a macchiette naive che si limitano a qualche spiegazione della trama e a ripetere alcuni slogan poco convincenti nel contesto della storia. Yama, Ezra e Capitan Harlock, i tre personaggi attorno a cui dovrebbe ruotare l'aspetto più personale del film, sono spesso mossi da intenti imperscrutabili e immotivati. La tragedia che è alla base dei conflitti di Yama ed Ezra ha un peso enorme sulle azioni di questi due personaggi, ma viene a malapena accennata in due battute del film privando i loro drammi di tutta la potenza che dovrebbero avere al punto che dell'esistenza di un triangolo amoroso con il personaggio di Nami (altro personaggio praticamente non pervenuto) lo veniamo a sapere solo negli ultimi minuti del film e solo perché utile ai fini di trama. Un problema simile lo ha il flashback che dovrebbe spiegarci cos'è successo ad Harlock e alla Terra e che tenta di condensare in pochi minuti l'amore del primo per quest'ultima, la delusione dell'umanità, l'amicizia con Tochiro e la nascita della ciurma dell'Arcadia. Il tutto si conclude con la scena del peccato originale di questo Harlock che, senza anticiparlo per chi non avesse ancora visto il film, appare un'azione incomprensibile: cosa credeva sarebbe successo? In che modo il risultato funesto è diverso da quello che ci si sarebbe potuti aspettare da un gesto del genere?


Ma se il film fosse riuscito a mantenere a fuoco le proprie tematiche fino alla fine si sarebbe potuto soprassedere su tutti i suoi problemi di scrittura. Il finale escogitato da Harutoshi Fukui, sorvolando su alcuni eventi che faticano ad avere un senso, evoca il dovuto bisogno di rinascita per poter tornare ancora una volta a sognare nel futuro. Con una mossa totalmente matsumotiana il film si conclude infatti con un perfetto rinnovamento del mito di Capitan Harlock che torna a estendersi verso l'infinito. Ma quando si tratta di cercare una speranza per l'umanità torna purtroppo a guardare alla Terra dando una risposta poco convincente rispetto alla domanda che si era posto all'inizio.

Nel racconto che apre la raccolta Storie di un Tempo Lontano dello stesso Leiji Matsumoto intitolato "Il Cimitero dei Ranforinchi" l'umanità si trova davanti a un problema molto simile. Costretta ad abbandonare il proprio pianeta natale a causa del cambiamento climatico che aveva reso impossibile la vita, l'umanità giunge su un nuovo pianeta abitabile le cui condizioni sono comunque difficili rispetto al pianeta in cui aveva prosperato. I bambini nati su questo nuovo pianeta sembrano regredire dal punto di vista evolutivo e chi possiede ancora il ricordo del pianeta natale preferirebbe tornarci a morire piuttosto che sopportare le avversità del nuovo pianeta. Ma nel finale sono solo le persone anziane a tornarci per morire, mentre i giovani ancora in grado di riprodursi decidono di rimanere per sperare nella sopravvivenza della specie. Solo nell'ultima pagina scopriamo che la storia non è ambientata nel futuro, ma in un passato lontano, e che il nuovo pianeta non è nient'altro che la Terra. Ribaltando le nostre aspettative sulla collocazione temporale del racconto Matsumoto mette in scena il trionfo dell'umanità sull'avversità. Collocando quella storia nel nostro passato, il lettore è consapevole del suo esito e del messaggio che l'autore vuole lanciare: la vita trova sempre una strada. Il peccato del film di Shinji Aramaki risiede invece nello scegliere di tornare indietro e cercare la speranza di nuovo nel passato da dove veniamo piuttosto che sfidare le avversità del nostro presente e tornare a credere in uno sconosciuto futuro.


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