tag:blogger.com,1999:blog-48454661520943054592024-02-20T00:19:29.175+01:00Terre IllustrateMatteo Caronnahttp://www.blogger.com/profile/10086506494488683489noreply@blogger.comBlogger40125tag:blogger.com,1999:blog-4845466152094305459.post-68339445308312752122023-09-22T11:15:00.006+02:002023-09-22T11:28:46.131+02:00Introduzione al vecchio Terre Illustrate, ovvero della fine di questo blog e della nascita del nuovo sito<table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><tbody><tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhDJJGVlQXJj8mjvBKVODnV9hkNpCWUsbRWPZXWKO0cJbPmBE2s1BDgaX04TMQNk-rtLhQlJ92RPP1E-Rm6xrqov7c6PUzxbEOi-a2qTT6BucLgrTEpllWYdlcn_iVpRMGiLn5u_FQMN72ftFLtamzCR5HzgtAK6uvwjQl0MrHrXPNApmFC3MC4dEM7CK8/s3200/EiGt9s9WsAARJil.jpeg" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="2159" data-original-width="3200" height="270" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhDJJGVlQXJj8mjvBKVODnV9hkNpCWUsbRWPZXWKO0cJbPmBE2s1BDgaX04TMQNk-rtLhQlJ92RPP1E-Rm6xrqov7c6PUzxbEOi-a2qTT6BucLgrTEpllWYdlcn_iVpRMGiLn5u_FQMN72ftFLtamzCR5HzgtAK6uvwjQl0MrHrXPNApmFC3MC4dEM7CK8/w400-h270/EiGt9s9WsAARJil.jpeg" width="400" /></a></td></tr><tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">Questa è l'ultima volta che uso un artwork di Ken Sugimori per le comunicazioni<br /></td></tr></tbody></table><br /><p>Il titolo dell'articolo dice già tutto, non c'è molto altro da aggiungere. Terre Illustrate cambia sede, si rinnova completamente e diventa indipendente. Lo trovate qui: <a href="https://terreillustrate.it/">https://terreillustrate.it/</a>. Per sapere tutti i perché e i percome di questa scelta potete andare direttamente a leggere il manifesto al nuovo sito, che trovate qui: <a href="https://terreillustrate.it/posts/00-introduzione-al-nuovo-terre-illustrate/">https://terreillustrate.it/posts/00-introduzione-al-nuovo-terre-illustrate/</a>.</p><p>Scrivere questo piccolo post mi ha messo molta nostalgia, non lo negherò.<br /></p>Matteo Caronnahttp://www.blogger.com/profile/10086506494488683489noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-4845466152094305459.post-7337484273868366542021-10-28T00:38:00.007+02:002021-11-03T13:33:19.127+01:00Ankoku Shinwa, la mitologia oscura di Daijiro Morohoshi<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/a/AVvXsEjRSsHF0wnBJyu9MOE5forfxcZztvxkc98KMCIVxeg1bbKRLm6gsKgqXXNuz9rgNEZPsY916J7Cpa0OAdT_lIzmBqpAsB4qAAiiw9onsQpmtEZcHWptlASMlQrDD5cErsPBhEisptG8bZ4BQQfb8ZZyrA_GJNF8cdAdM1qQDfrsqhI4UdM5yTAi6mdF=s740" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img alt="Ankoku Shinwa Recensione Daijiro Morohoshi Dark Myth Dynit" border="0" data-original-height="500" data-original-width="740" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/a/AVvXsEjRSsHF0wnBJyu9MOE5forfxcZztvxkc98KMCIVxeg1bbKRLm6gsKgqXXNuz9rgNEZPsY916J7Cpa0OAdT_lIzmBqpAsB4qAAiiw9onsQpmtEZcHWptlASMlQrDD5cErsPBhEisptG8bZ4BQQfb8ZZyrA_GJNF8cdAdM1qQDfrsqhI4UdM5yTAi6mdF=s16000" title="Ankoku Shinwa Recensione Daijiro Morohoshi Dark Myth Dynit" /></a><span><a name='more'></a></span></div><p><b>Daijiro Morohoshi</b> è uno dei grandi nomi invisibili del fumetto giapponese. Ha esordito sulla rivista avant-garde <i>COM</i> di Osamu Tezuka nel 1970 con il suo one-shot <i>Junko Blackmail</i> (ジュン子・恐喝) per poi passare alla ben più mainstream <i>Weekly Shonen Jump</i> dove nel 1974 vince il Tezuka Award con un altro one-shot, <i>Biological City</i> (生物都市), scelto quasi all'unanimità da una giuria notevolmente impressionata per l'originalità del suo stile di cui non si riesce a individuare chiaramente le influenze narrative e grafiche che lo hanno formato. Quello stesso anno Yasutaka Tsutsui (l'autore del romanzo Paprika da cui Satoshi Kon trarrà l'omonimo film) inserirà lo one-shot nella sua personale selezione delle migliori storie di fantascienza del 1974. A questo esordio degno di attenzione Morohoshi farà seguire una carriera prolifica i cui elementi ricorrenti sono l'interesse per l'orrore, il soprannaturale, l'antropologia, la mitologia e la storia antica, e influenzerà grandi artisti come Hideaki Anno, Hayao Miyazaki, Nekojiru, Rumiko Takahashi, Yukinobu Hoshino e Shin'ya Tsukamoto (che nel 1991 ha anche tratto dal suo manga preferito di Morohoshi un film intitolato <i>Hiruko the Goblin</i>). Nonostante ciò, in Occidente Morohoshi è pressoché sconosciuto e, forse per la difficoltà dei suoi temi e del suo stile, non aveva mai ricevuto una pubblicazione estera; fino all'anno scorso quando la sempre sorprendente collana Showcase di <b>Dynit</b> ha portato in Italia <i>Ankoku Shinwa - Il Mito Oscuro</i>, manga del 1976 originariamente apparso su Weekly Shonen Jump. L'edizione proposta in Italia da Dynit si basa però sulla versione ampliata dell'opera, con <b>oltre 100 tavole nuove</b> realizzate da Morohoshi, nata in occasione della Perfect Edition giapponese del 2017.</p><table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><tbody><tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/a/AVvXsEiiYxOdikDSyCwXo5KH9t5-WY7umA6aovCeoGMbrQfnURNDG5F3NMh1kbtjsduXiTguDvzO-u_tOqNRGdwUI_IjeuPwkCXLrRBgFUFKYnDh7aMbUifdUZQZPf-3-pY2C-opXA8dL3B1oDJGYKJYVdH8U-3P0jfA7ymLtVDArx22NGcH3dkiv27T5TcT=s1423" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img alt="Ankoku Shinwa Recensione Daijiro Morohoshi Dark Myth" border="0" data-original-height="1423" data-original-width="1000" height="400" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/a/AVvXsEiiYxOdikDSyCwXo5KH9t5-WY7umA6aovCeoGMbrQfnURNDG5F3NMh1kbtjsduXiTguDvzO-u_tOqNRGdwUI_IjeuPwkCXLrRBgFUFKYnDh7aMbUifdUZQZPf-3-pY2C-opXA8dL3B1oDJGYKJYVdH8U-3P0jfA7ymLtVDArx22NGcH3dkiv27T5TcT=w281-h400" title="Ankoku Shinwa Recensione Daijiro Morohoshi Dark Myth" width="281" /></a></td></tr><tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">L'edizione Dynit Showcase uscita in Italia</td></tr></tbody></table><p>La storia di <i>Ankoku Shinwa</i> ruota attorno a <b>Takeshi</b>, un ragazzino con una strana cicatrice a forma di serpente sulla spalla e un particolare interesse per il Periodo Jōmon (10000 a.C. - 300 a.C.). Tredici anni prima Takeshi ha assistito all'omicidio di suo padre sul monte Tateshina, ma era così piccolo da aver quasi del tutto rimosso l'accaduto; finché l'incontro con un vecchio amico di suo padre non riporta tutto a galla e non mette involontariamente in moto il compiersi di <b>un destino oscuro</b> di cui Takeshi è l'assoluto protagonista suo malgrado. Questo destino lo porterà nei pressi dei siti archeologici più misteriosi del Giappone, sotto la guida di uno strano anziano di nome <b>Takeuchi</b>, mentre un uomo misterioso, <b>Kikuchihiko</b>, a capo di un'antica famiglia giapponese, cercherà in tutti i modo di impedire a quel destino di compiersi.</p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/a/AVvXsEh0Gt9qAuYgsqLh1EP8TBt5yNol5sO9wh_L0qY1YgdJ7Yan2MBqNTaPBAyWp9WLH_gPGkkCGUWoJ4TuLimTUlATU0tAOpMK4JBLs_SCMLSevrh86TA2lBsnXDbAbfWHtUKwlTMy3PvIIzLSr1fHwm_nCxPgq-hpAPNMvxOR5F9x6GfHoradxJF4oQfg=s687" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img alt="Ankoku Shinwa Recensione Daijiro Morohoshi Dark Myth" border="0" data-original-height="347" data-original-width="687" height="203" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/a/AVvXsEh0Gt9qAuYgsqLh1EP8TBt5yNol5sO9wh_L0qY1YgdJ7Yan2MBqNTaPBAyWp9WLH_gPGkkCGUWoJ4TuLimTUlATU0tAOpMK4JBLs_SCMLSevrh86TA2lBsnXDbAbfWHtUKwlTMy3PvIIzLSr1fHwm_nCxPgq-hpAPNMvxOR5F9x6GfHoradxJF4oQfg=w400-h203" title="Ankoku Shinwa Recensione Daijiro Morohoshi Dark Myth" width="400" /></a></div><p>Con una premessa del genere, un normale fumetto per ragazzi avrebbe probabilmente posto l'accento sul percorso di Takeshi, sulla difficoltà ad accettare il suo destino (o a liberarsene) e sulla spettacolarità del suo compiersi (o meno); ma sin dalla lettura del primo capitolo è invece chiaro che <i>Ankoku Shinwa</i> sia <b>un'opera piuttosto atipica</b>. Il percorso di Takeshi è narrato con un certo distacco, lasciando il ragazzo in balia del suo destino, sempre più rassegnato e confuso, e ci si concentra invece sulle cause ancestrali di questi avvenimenti, puntando i riflettori sui luoghi visitati e sulla loro storia, che Morohoshi ricostruisce con un'accuratezza più da studioso vero e proprio che da autore di manga per ragazzi. Il Giappone ritratto da Morohoshi è vasto e bellissimo, scolpito senza l'ausilio di retini con <b>una pioggia di segni veloci</b> e allo stesso tempo pieno di dettagli, ma è anche colmo di segreti e luoghi misteriosi, come la caverna sul monte Tateshina celata dietro un Buddha di pietra che nasconde la verità su Takeminakata, il <i>Kunitsukami</i> ("Divinità della Terra") che a Izumo fu sconfitto dall'<i>Amatsukami</i> ("Divinità del Cielo) Takemikazuchi, alleato del primo leggendario imperatore<b> Jinmu</b> nella conquista del Giappone.</p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/a/AVvXsEjtA-ibd-yLCBH2eu73SdxJAB79m5ERJHKxfmlw-wMi-G9dWXS40oRFj4JHEwYQO_qw6fE-IDjuRJC37lwM9QdDa3ausDK5boQyQ01u5kZzJHSef9Yv7Fju95pEkptAg9jAaKLSzOJWVad9-wv33xm2K2Ago6Lmr7lItwgZZXEHU-MmLUuCZcTLY7RS=s753" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img alt="Ankoku Shinwa Recensione Daijiro Morohoshi Dark Myth" border="0" data-original-height="570" data-original-width="753" height="303" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/a/AVvXsEjtA-ibd-yLCBH2eu73SdxJAB79m5ERJHKxfmlw-wMi-G9dWXS40oRFj4JHEwYQO_qw6fE-IDjuRJC37lwM9QdDa3ausDK5boQyQ01u5kZzJHSef9Yv7Fju95pEkptAg9jAaKLSzOJWVad9-wv33xm2K2Ago6Lmr7lItwgZZXEHU-MmLUuCZcTLY7RS=w400-h303" title="Ankoku Shinwa Recensione Daijiro Morohoshi Dark Myth" width="400" /></a></div><p>I riferimenti storici e leggendari su cui si basa l'opera partono dal sopraccitato Periodo Jōmon, periodo in cui inizia a diffondersi in Giappone lo stile di vita sedentario e che vede il germogliare di culture più complesse rispetto a quelle del paleolitico, e arrivano fino al Periodo Asuka (538 d.C. - 710 d.C.), innestandosi quindi in quello che è un po' il periodo mitico del Giappone, in cui le cronache, come il Kojiki o il Nihongi, <b>mescolano Storia e</b> <b>Mitologia</b> come fossero un tutt'uno. Morohoshi ci restituisce un Giappone antropologicamente magmatico, con un retroterra culturale che si compone di popolazioni e mitologie diverse in scontro tra loro, di cui la stirpe degli Yamato (il gruppo etnico attualmente dominante in Giappone) è solo l'ultima arrivata. L'operazione di <b>fanta-archeologia</b> di Morohoshi tocca infatti anche altri popoli, come i Kumaso del Kyūshū e il leggendario regno di Yamatai (di cui non si hanno certezze né della sua collocazione che della sua reale esistenza), e unisce i puntini di una storia segreta del Giappone che si è conclusa con il dominio degli Yamato e, soprattutto, con le gesta del principe <b>Yamato Takeru</b>, l'eroe che imbracciò la spada Kusanagi-no-tsurugi appartenuta al Dio Susanoo; ma si espande anche al di là della semplice mitologia, toccando le religioni (shintoismo e buddhismo in primis), la scienza e l'antropologia, per dar vita a un mito unificatore, un orrore dalla portata cosmica e metafisica che travolge Takeshi con un impeto a cui è impossibile ribellarsi.</p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/a/AVvXsEjuHyvl7VwyKpzDfYIalPxccWG_Mh4oZMJrESgk71LTcfjqRtuVoOkLb7aZnLPRHLGR6a1jLe_UaxqlthyuH8w5KZPUcaOV6rapCGmkxoW_t8k0cI40o-8du6vB3OOHNNe7BLxzD9dCnjODyND6h3G-Fzo5QdpPGhAusxnOX9Ce8gcyEz-aAfS62QUR=s1083" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img alt="Ankoku Shinwa Recensione Daijiro Morohoshi Dark Myth" border="0" data-original-height="1083" data-original-width="709" height="320" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/a/AVvXsEjuHyvl7VwyKpzDfYIalPxccWG_Mh4oZMJrESgk71LTcfjqRtuVoOkLb7aZnLPRHLGR6a1jLe_UaxqlthyuH8w5KZPUcaOV6rapCGmkxoW_t8k0cI40o-8du6vB3OOHNNe7BLxzD9dCnjODyND6h3G-Fzo5QdpPGhAusxnOX9Ce8gcyEz-aAfS62QUR=w209-h320" title="Ankoku Shinwa Recensione Daijiro Morohoshi Dark Myth" width="209" /></a><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/a/AVvXsEgSA2juqUtn1Pj4mxDuQNDQSMbTx4C91FB7Vr4bFqtj2GDmK80oGMaMMDAXaIZSCWg2cKV6LxCxOyPCdshCnvE4FWF24lnJdgEKmfENpUBFjnIWCDDm0k3poQhFjx4ZoEeDKTPKT1JeLUpFWpGVtz4nSODJPd6MwzsgSRJhSvYNiD3n6uuIgJmXb-Yt=s1136" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img alt="Ankoku Shinwa Recensione Daijiro Morohoshi Dark Myth" border="0" data-original-height="1136" data-original-width="750" height="320" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/a/AVvXsEgSA2juqUtn1Pj4mxDuQNDQSMbTx4C91FB7Vr4bFqtj2GDmK80oGMaMMDAXaIZSCWg2cKV6LxCxOyPCdshCnvE4FWF24lnJdgEKmfENpUBFjnIWCDDm0k3poQhFjx4ZoEeDKTPKT1JeLUpFWpGVtz4nSODJPd6MwzsgSRJhSvYNiD3n6uuIgJmXb-Yt=w211-h320" title="Ankoku Shinwa Recensione Daijiro Morohoshi Dark Myth" width="211" /></a></div><p>Persino in questa versione ampliata <i>Ankoku Shinwa</i> rimane <b>un manga ostico da seguire</b>, che non si fa problemi a infarcire di decine di spiegazioni ogni capitolo, e che probabilmente risultava una lettura complessa già al suo pubblico di riferimento, sicuramente più a suo agio con tutti i nomi di luoghi e divinità citati di un occidentale. Le note ai margini delle tavole e il glossario a fine volume compilato da Dynit offrono un buon appiglio per non perdersi, e Morohoshi stesso durante la storia cerca di illustrare nel dettaglio la maggior parte dei riferimenti su cui si basa il manga; nonostante ciò, <i>Ankoku Shinwa</i> rimane una lettura che non si può fare in tutta leggerezza: il lettore che dovesse prendere sottogamba tutta la mitologia presentata dal manga, nella speranza di riuscire a godere almeno dello scheletro della storia, finirà per rimanere con poco in mano, con un thriller un po' goffo e decisamente lineare, seppur ritratto con <b>uno degli stili più interessanti e atipici mai visti in un manga</b> (spiccano soprattutto le scene in cui Morohoshi ritrae con il suo stile urgente e frenetico non solo le ambientazioni, ma anche le statue, i reperti mitologici e le mostruosità che nascondono, senza dimenticare la Kyoto notturna del capitolo 5 illuminata dal bianchetto e dai chiaroscuri che finiscono per deformarsi in un quadro futurista nella frenesia di un inseguimento). Questo perché, a differenza di molti anime e manga, tutti i riferimenti presenti in <i>Ankoku Shinwa</i> non servono a dare colore alle vicende trattate, ma sono il fulcro ultimo dell'opera stessa: un puzzle complicato che se si avrà la pazienza di comporre assieme al fumetto <b>saprà ripagare con la visione di un insieme appagante e galvanizzante</b>.<br /></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/a/AVvXsEgWZ55gPBLV6bDHtyq0L-gOBo9yDhzroXHuUwIiTQFLclrO3nH4hO07RKFJTxN6arQKrdWK4EGsCmpKm5sQ-WsPQ9FUdUwGU2vQ-HSx1XUEYfovuATBGLqlgJCDaJQJyrcck9wbHQry5zwKmpm5dAkMV8j66VQuoWtAp1FR6CZwZWcnzjaPZB9_GLct=s2048" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img alt="Ankoku Shinwa Recensione Daijiro Morohoshi Dark Myth" border="0" data-original-height="2048" data-original-width="1239" height="400" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/a/AVvXsEgWZ55gPBLV6bDHtyq0L-gOBo9yDhzroXHuUwIiTQFLclrO3nH4hO07RKFJTxN6arQKrdWK4EGsCmpKm5sQ-WsPQ9FUdUwGU2vQ-HSx1XUEYfovuATBGLqlgJCDaJQJyrcck9wbHQry5zwKmpm5dAkMV8j66VQuoWtAp1FR6CZwZWcnzjaPZB9_GLct=w242-h400" title="Ankoku Shinwa Recensione Daijiro Morohoshi Dark Myth" width="242" /></a><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/a/AVvXsEikvJhpO7deQhhuPrd7F_dQSAF6V8hvPrl45VY3_rkVY9AXnCc_WTt085GPPdXlzclXu8tPjmr6jI-ynnbcG-TKmtQ6aPY_5Sl3I64yg2hRUzL2jXdxRxssOUOfXHMPpunl6ELKi7ILpVGZNsdnptpMv-1-4TAypIv8HrsMV8viLeJWpFRJzwnfGFM3=s1131" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img alt="Ankoku Shinwa Recensione Daijiro Morohoshi Dark Myth" border="0" data-original-height="1131" data-original-width="743" height="400" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/a/AVvXsEikvJhpO7deQhhuPrd7F_dQSAF6V8hvPrl45VY3_rkVY9AXnCc_WTt085GPPdXlzclXu8tPjmr6jI-ynnbcG-TKmtQ6aPY_5Sl3I64yg2hRUzL2jXdxRxssOUOfXHMPpunl6ELKi7ILpVGZNsdnptpMv-1-4TAypIv8HrsMV8viLeJWpFRJzwnfGFM3=w263-h400" title="Ankoku Shinwa Recensione Daijiro Morohoshi Dark Myth" width="263" /></a><br /></div><p>È proprio quel puzzle a donare al thriller che costituisce lo scheletro di <i>Ankoku Shinwa</i> una nuova dimensione tragica e cosmica, i cui personaggi scarsamente approfonditi acquisiscono nuovo spessore quando assimilati all'idea di umanità che rappresentano: <b>un'umanità che non è padrona del suo destino</b> e non può nulla dinanzi al volere del cielo. Mentre i tentativi di Kikuchihiko e i suoi di impedire il cammino di Takeshi finiscono costantemente per essere un nulla di fatto, il lettore apprende assieme a loro che i miti e le leggende non sono, come molti credono, spiegazioni fantasiose dei fenomeni scientifici, ma non sono neanche un racconto accurato di fatti realmente accaduti che ci appaiono inconcepibili con la presente mentalità scientifica; si tratta invece del modo con cui gli uomini hanno riempito gli spazi lasciati dai <b>traumi rimossi</b> delle catastrofi avvenute al manifestarsi del volere degli dei, calamità soprannaturali e mostruosità terribili che hanno avuto un impatto devastante sugli uomini che abitavano queste terre. Senza il sapere celato dietro il tramandarsi di quei miti, gli uomini sono destinati a scontrarsi frontalmente con la loro impotenza dinanzi alle leggi della natura e del cielo, come successo alla <b>Principessa Himiko</b> nel passato e a Kikuchihiko stesso nel presente.</p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/a/AVvXsEjiyouc0apCAytkoUTwxw77_5YuaJPE2ooCOeK9HqNiCmHtBTnU7oj8kanqwo8fE1zsY5aR6s1rkwEwYEYyWU_P-jvRG5UHGZwGt-zyi42S8NrVF_93OBcolbctTSByC53YXI16Al3WHKhWBsyzCrc4l5cPP8BYNHOfPnKfCWdnUoF5XSvD-Mu_DHLw=s699" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img alt="Ankoku Shinwa Recensione Daijiro Morohoshi Dark Myth" border="0" data-original-height="699" data-original-width="695" height="400" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/a/AVvXsEjiyouc0apCAytkoUTwxw77_5YuaJPE2ooCOeK9HqNiCmHtBTnU7oj8kanqwo8fE1zsY5aR6s1rkwEwYEYyWU_P-jvRG5UHGZwGt-zyi42S8NrVF_93OBcolbctTSByC53YXI16Al3WHKhWBsyzCrc4l5cPP8BYNHOfPnKfCWdnUoF5XSvD-Mu_DHLw=w398-h400" title="Ankoku Shinwa Recensione Daijiro Morohoshi Dark Myth" width="398" /></a></div><p><i>"Era deciso ormai da tempo. L'unica cosa che puoi fare è andare avanti, non c'è via di scampo"</i> sono le parole con cui Takeuchi convince il restio Takeshi a proseguire la ricerca degli otto marchi che lo trasformeranno nell'Atman, nel principio del sé che domina l'universo. Il paradosso lascia spiazzati quanto le immagini apocalittiche che chiudono l'opera: è rinunciando ad avere controllo sul proprio destino che Takeshi acquisisce una libertà che è assoluta.</p><p><b>Che cosa se ne farà non ci è dato saperlo.</b></p><p><span style="text-align: justify;">Recuperando Ankoku Shinwa da </span><a href="https://amzn.to/3jJJ9kO" style="text-align: justify;">questo link di Amazon</a><span style="text-align: justify;"> potrete sostenere il blog senza spendere un euro in più rispetto al prezzo che il sito già propone.</span></p><p><span style="text-align: justify;">Terre Illustrate è anche su </span><a href="https://www.facebook.com/TerreIllustrate/" rel="nofollow" style="text-align: justify;" target="_blank">Facebook</a><span style="text-align: justify;">, su </span><a href="https://www.youtube.com/channel/UCrpH_4tLbR_fDlbmGoGJRcA/" rel="nofollow" style="text-align: justify;" target="_blank">Youtube</a><span style="text-align: justify;"> e su </span><a href="https://t.me/TerreIllustrate" rel="nofollow" style="text-align: justify;" target="_blank">Telegram</a><span style="text-align: justify;">. Esiste anche </span><a href="https://t.me/TerreIllustrateGruppo" rel="nofollow" style="text-align: justify;" target="_blank">una chat di gruppo</a><span style="text-align: justify;"> su Telegram dove si riunisce la piccola community del blog.</span></p><div style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/a/AVvXsEjYofXmlgZT2dOcglwlrQkOBA4nAHZnNbY-TUwAj03qwgsLsYMkfrq_coZb5vDPzCuRSF6aiRENMPlM8oG1RTuFmiqT6XqMGCMYCYEvaKxb7WohPAh3Cig5EV01zaJetErF5AZvi0c5qTQh65n2Ev7H2GNNcz_AQhDpzNwSXftOmSwN-LN-ve1OoF-M=s1122"><img border="0" data-original-height="382" data-original-width="1122" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/a/AVvXsEjYofXmlgZT2dOcglwlrQkOBA4nAHZnNbY-TUwAj03qwgsLsYMkfrq_coZb5vDPzCuRSF6aiRENMPlM8oG1RTuFmiqT6XqMGCMYCYEvaKxb7WohPAh3Cig5EV01zaJetErF5AZvi0c5qTQh65n2Ev7H2GNNcz_AQhDpzNwSXftOmSwN-LN-ve1OoF-M=s16000" /></a></div>Matteo Caronnahttp://www.blogger.com/profile/10086506494488683489noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-4845466152094305459.post-41786584200300000992021-10-25T01:13:00.008+02:002021-10-25T01:15:48.777+02:00Ping Pong di Matsumoto Taiyō: arte, estetica, espressione - Parte 2 di 2<div style="text-align: justify;"><span><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/a/AVvXsEhTX1Qh6-FI1IqmpVHZR1GZY-K7_E4x-XY1G_uNSxG4hMDK2ykn6PW7XgsHVxbagb4CSmP0Yi0UOQxk2Zpgxg2a0s097Q4VpRfgj0yF-wClLRKJ2Uh6SXQ2IiuJ9BzPMFprUZW5rHNJxmJECCe9tFZcmwju9oY7LhsM82umYLyy5NKKcuRbyO4JI76E=s740" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img alt="Ping Pong Taiyo Matsumoto Analisi Esperienza Estetica Masaaki Yuasa Manga" border="0" data-original-height="500" data-original-width="740" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/a/AVvXsEhTX1Qh6-FI1IqmpVHZR1GZY-K7_E4x-XY1G_uNSxG4hMDK2ykn6PW7XgsHVxbagb4CSmP0Yi0UOQxk2Zpgxg2a0s097Q4VpRfgj0yF-wClLRKJ2Uh6SXQ2IiuJ9BzPMFprUZW5rHNJxmJECCe9tFZcmwju9oY7LhsM82umYLyy5NKKcuRbyO4JI76E=s16000" title="Ping Pong Taiyo Matsumoto Analisi Esperienza Estetica Masaaki Yuasa Manga" /></a></div></span></div><div style="text-align: justify;"><span><i><br /></i></span></div><div style="text-align: justify;"><span><i>Premessa: questa è la seconda parte del primo articolo ospite del blog. Per saperne di più, vi rimango all'introduzione della prima parte <a href="https://terreillustrate.blogspot.com/2021/10/ping-pong-di-matsumoto-taiyo-arte.html" target="_blank">qui</a>.<span><a name='more'></a></span></i></span></div><div style="text-align: justify;"><b><span style="font-size: medium;">Autore ospite dell'articolo: </span></b></div><div style="text-align: justify;"><span style="font-size: medium;">Curly</span></div><p><b><span style="font-size: large;">Una seconda introduzione</span></b></p><p></p><div style="text-align: justify;">Nel precedente articolo ho fatto riferimento a una citazione di Wenge, durante la partita tra Peko e Drago. Nello specifico, China dice che lo stile di gioco di Hoshino gli permette di cogliere, in qualche modo, il suo entusiasmo poiché <i>è come se amasse tanto questo sport da non riuscire a trattenersi</i>. In altri termini, Peko riesce a <i>tirare fuori</i> uno stato d'animo che è prettamente privato come può essere un sentimento, e non solo: Wenge riesce persino a percepirlo.</div><div style="text-align: justify;">Quando si parla di ambiti artistici ci riferiamo spesso al fatto che certe azioni o certi oggetti abbiano un “valore comunicativo”, che in qualche modo “trasmettano qualcosa”. Questa intuizione si ritrova anche in espressioni e categorie concettuali come quelle di<i> linguaggio dell'arte o empatia</i>.</div><div style="text-align: justify;">«Io provo la stessa cosa di un personaggio.», «Capisco quello che l'autore voleva trasmettere.», «Animazione e fumetto sono due linguaggi differenti.» … tutte frasi che possiamo trovare frequentemente in discussioni sull'arte e che, in qualche modo, rispecchiano un'idea comunicativa dell'arte. Ma cosa vuol dire che l'arte ha una funzione comunicativa?</div><div style="text-align: justify;">In che senso Wenge riesce a cogliere quello che Peko stava provando?</div><div style="text-align: justify;">«Beh chiaramente <i>sta empatizzando</i> con lui.» potrebbe dire qualcuno. Lecito, ma quale sono le ragioni che provocano questa condivisione emotiva? Spesso in ambito artistico si tende a usare termini come empatia come soluzioni semplici (e a volte un po' stucchevoli) per problemi ben più complessi¹. Possiamo provare a capire come avvenga un fenomeno così bizzarro. Come è possibile che riusciamo a comprendere certi stati d'animo tramite gli oggetti o le <i>performances</i> artistiche?</div><div style="text-align: justify;">Capiamo bene che chiunque voglia ragionare in modo profondo sui fenomeni artistici, debba avere anche una teoria che spieghi in modo efficace questi fenomeni.</div><div style="text-align: justify;">Dewey prova a risolvere questo problema fornendo una teoria dell'<b>espressione artistica</b>.</div><div style="text-align: justify;">Ma perché tirare fuori proprio ora un altro tema, cioè quello dell'espressione?</div><div style="text-align: justify;">Nella prima parte dell'articolo parlavamo di esperienze estetiche, mentre ora stiamo cambiando totalmente argomento! La ragione è che il tema dell'espressione permette di legare in modo estremamente solido tutto quello di cui abbiamo parlato finora: capire la teoria di Dewey ci permetterà di chiarire meglio come possa verificarsi un'esperienza estetica e come l'arte abbia la funzione di “migliorare” la qualità della nostra vita. La cosa che io ritengo più interessante, inoltre, è proprio che <i>Ping Pong</i> sembra seguire Dewey persino su questa strada. Anche qui ci tengo a precisare che non credo minimamente Matsumoto abbia formulato una teoria dell'espressione (tantomento che abbia preso volontariamente quella di Dewey), ma solo che vi siano delle fortissime affinità “teoriche” tra i due. Un artista non ha bisogno di “mettere volutamente” certe idee all'interno di una sua opera perché questa abbia un contenuto teorico: spesso certe idee e certe intuizioni dell'artista si <i>incarnano</i> nel modo che ha di comporre la sua arte, nel suo stile, nelle sue abitudini e in ciò che (spesso anche inconsciamente) sceglie di rappresentare. Da questo punto di vista, non sembra così implausibile che un autore che si ritrova ad affrontare un tema per anni con la sua arte, poi arrivi a conclusioni affini a quelle di un teorico che però riesce a dare solo forma astratta a quei pensieri. Un teorico o uno scienziato saranno capaci di presentare in modo più ordinato e chiaro certi concetti, ma un artista potrà usare quelle stesse idee (seppur più vaghe o addirittura inconsce) per costruire un'esperienza che rispecchi quei concetti.</div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/a/AVvXsEgNHvSXkSmcm8GbEiKMgy0BVxGbNXdT7lrQkdx8ajJT93uxMWUwc-yj85w00ZhPHSMZn6Z0eOgfzoxDnCN7LwLOvcZIidIp8JlrHVC-IEttpbsGyMEiDfU49qA3_JG99Si3dpJ3mFHvfe6JSsg7Ek_ppMPz6gu4mJsv0ef-ZBVi7vXi17y4-ZJOdPvZ=s1068" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img alt="Ping Pong Taiyo Matsumoto Analisi Esperienza Estetica Masaaki Yuasa Manga" border="0" data-original-height="680" data-original-width="1068" height="255" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/a/AVvXsEgNHvSXkSmcm8GbEiKMgy0BVxGbNXdT7lrQkdx8ajJT93uxMWUwc-yj85w00ZhPHSMZn6Z0eOgfzoxDnCN7LwLOvcZIidIp8JlrHVC-IEttpbsGyMEiDfU49qA3_JG99Si3dpJ3mFHvfe6JSsg7Ek_ppMPz6gu4mJsv0ef-ZBVi7vXi17y4-ZJOdPvZ=w400-h255" title="Ping Pong Taiyo Matsumoto Analisi Esperienza Estetica Masaaki Yuasa Manga" width="400" /></a></div><p></p><p><b><span style="font-size: large;">3) Sfogare e strizzare</span></b></p><p></p><div style="text-align: justify;">Ricapitolando, ci sono almeno due problemi da risolvere: come è possibile che un oggetto esprima uno stato d'animo e come è possibile che provochi esperienze estetiche.</div><div style="text-align: justify;">Iniziamo dal primo.</div><div style="text-align: justify;">Per comprendere il concetto di espressione dobbiamo, prima di tutto, differenziarlo dal concetto di sfogo; quando io urlo per il dolore, lancio una racchetta per terra dopo aver perso un set, piango a un funerale di un parente, tutti questi sono casi di sfogo.</div><div style="text-align: justify;">L'idea di molte persone appassionate di arte e di alcuni studiosi è proprio che espressione e sfogo siano due concetti coincidenti, quindi, in un certo senso, realizzare un dipinto pieno di dolore e urlare per una carie non sono fenomeni così distanti.</div><div style="text-align: justify;">In entrambi i casi abbiamo una spinta emotiva che ci fa compiere delle azioni particolari che, in qualche modo, permettono di “far vedere pubblicamente” qualcosa che proviamo nel privato.</div><div style="text-align: justify;">Così, quando qualcuno urla, noi da fuori possiamo dire «Ah sì sta provando dolore!», come possiamo dirlo per un pittore che rappresenta una scena particolarmente cruenta.</div><div style="text-align: justify;">La teoria ha il pregio di essere chiara e molto intuitiva: un artista non fa altro che “sfogare” il suo dolore fuori di sé in modo liberatorio, proprio come per noi è catartico piangere a un funerale.</div><div style="text-align: justify;">Il problema di questa teoria dell'espressione è che, quasi certamente, è falsa.</div><div style="text-align: justify;">Di fatto, una teoria così rudimentale non riesce a spiegare fenomeni particolarmente semplici che avvengono nella mente di certi artisti. Proviamo a portare la teoria fino in fondo.</div><div style="text-align: justify;">Se “esprimersi” non è altro se non “sfogare” un impulso emotivo, allora maggiore sarà il carico emotivo dell'artista, maggiore sarà il livello dell'espressione. Un grande dolore verrà espresso in modo molto più potente rispetto a un dolore più lieve.</div><div style="text-align: justify;">Però, di fatto, esistono una marea di casi in cui questa cosa non è vera: spesso una critica che viene fatta ai giovani autori è proprio quella di essere “troppo emotivi” oppure di non sapere esprimere in modo adeguato certe emozioni, proprio perché sopraffatti da queste. Questo succede quando un'opera ci sembra eccessivamente “carica” oppure “per niente equilibrata” o “retorica”. In tutti questi casi sicuramente gli artisti hanno delle spinte emotive particolarmente intense che sfogano con l'atto artistico, ma non si dà alcun tipo di espressione. Il risultato è solo pesante ed eccessivo.</div><div style="text-align: justify;">Anche per Dewey l'idea che sfogo ed espressione siano sinonimi è sbagliata.</div><div style="text-align: justify;">Sicuramente per effettuare un atto espressivo abbiamo bisogno di una spinta emotiva, ma questa non è sufficiente perché sia espressione, mancano cioè alcuni ingredienti:</div><p></p><blockquote style="text-align: justify;"><i><span style="color: #010000;">Mentre non vi è espressione se non vi è spinta dall’interno verso l’esterno, ciò che scaturisce fuori, prima di essere un atto di espressione, dev’essere chiarificato e ordinato e assumere in sé stesso i valori di esperienze precedenti.</span><span style="color: #010000;">²</span></i></blockquote><p></p><p></p><div style="text-align: justify;">Qui si fa riferimento a due fattori aggiuntivi che sembrano essere fondamentali per l'espressione: ci deve essere una forma di ordinamento della spinta emotiva e dell'azione e deve avere il valore delle esperienze differenti. Entrambe queste condizioni sono abbastanza vaghe per ora: vediamo se riusciamo a precisarle.</div><div style="text-align: justify;">Con ordinamento sembra che ci stiamo riferendo a una sorta di addestramento nel fare qualcosa. Quando ci alleniamo in uno sport, per esempio, non impariamo solo le regole del gioco, ma impariamo anche a tenere una postura corretta, le azioni ci sembrano più semplici a forza di farle, diventiamo più fluidi nel giocare. Per Dewey una cosa simile succede anche quando facciamo più volte l'azione di coordinare i nostri movimenti con certi stati d'animo che proviamo.</div><div style="text-align: justify;">L'idea sembra essere che, come raggiungiamo un certo tipo di spontaneità nell'imparare a fare azioni dopo un allenamento costante, così deve succedere anche con il modo in cui “portiamo fuori un'emozione”. Si capisce che, in questo contesto, un fattore fondamentale diventa quello dell'<i>expertise</i>: in qualche modo diventa necessario <i>diventare bravi</i> a studiare un'emozione e a coordinarla con certe azioni “esterne”. In questo senso l'atto espressivo <i>deve assumere i valori delle esperienze precedenti:</i> un atto espressivo deve avere una pratica, delle abitudini, un'educazione³ alle spalle che portano a compiere certe azioni in modo più spontaneo e naturale.</div><div style="text-align: justify;">Questa intuizione che la spontaneità venga dall'addestramento è centrale e viene illustrata brillantemente da Dewey in vari passi:</div><p></p><blockquote style="text-align: justify;"><span style="color: #010000;"><i>Tale pienezza di emozione e spontaneità di linguaggio vengono, tuttavia, soltanto a coloro che si sono immersi in esperienze di situazioni oggettive; a coloro che sono stati per lungo tempo assorbiti dalla contemplazione del materiale relativo, e le cui fantasie sono state a lungo occupate nel ricostruire ciò che essi vedono e sentono. […] La spontaneità è il risultato di un lungo periodo di attività o altrimenti è così vuota da non essere un atto di espressione.⁴</i></span></blockquote><div style="text-align: justify;">Dewey non fornisce una teoria generale di come funzioni questa spontaneità espressiva tra emozione e azioni (cioè cosa si deve fare per coordinare certi tipi di emozioni e certi tipi di comportamenti) e credo la ragione sia abbastanza semplice: perché è un lavoro concretamente impossibile da portare a termine. Per Dewey non solo ogni singola arte (nel senso ampio che abbiamo definito nella prima parte dell'articolo) ha un proprio materiale e delle potenzialità espressive sue proprie, ma ogni stato d'animo da rappresentare è qualcosa di diverso dagli altri.</div><div style="text-align: justify;">Su questo Dewey è abbastanza chiaro: non esiste un'emozione generale tipo <i>la paura</i>, ma tante sensazioni molto simili a cui noi attribuiamo il nome di “paura”.</div><div style="text-align: justify;">Questo potrebbe essere un passo sottile, quindi cercherò di essere più chiaro che posso.</div><div style="text-align: justify;">Solitamente noi crediamo che quando proviamo<i> rabbia, paura, amore</i> etc. noi proviamo sempre la stessa esperienza, ma in contesti differenti. Quindi se io mi trovo di fronte a un leone oppure a un rapinatore io provo <i>la stessa paura</i> ma in contesti differenti.</div><div style="text-align: justify;">Per Dewey anche questa concezione essenziale delle esperienze è<b> sbagliata</b>.</div><div style="text-align: justify;">La paura che proviamo davanti al leone e quella che abbiamo di fronte all'assassino è qualitativamente differente: sono due tipi di oggetti differenti. Immaginateli come due colori che sono molto simili, come il rosso scarlatto e il rosso cremisi; di fatto sono due qualità molto simili, ma non sono la stessa.</div><div style="text-align: justify;">Quindi poniamo che un pittore voglia rappresentare astrattamente la paura che ha provato di fronte a un leone e quella che ha provato con il rapinatore; per farlo efficacemente dovrà usare dei modi diversi per rappresentare le due esperienze.</div><div style="text-align: justify;">In questo senso possiamo vedere che non ha troppo senso cercare di fornire una teoria generale del funzionamento dell'espressione; in arte, per valutare se stiamo esprimendo bene una particolare esperienza non esistono prescrizioni precisissime, ma bisogna solo <i>realizzare l'opera e vedere dopo se il risultato è soddisfacente</i>.</div><div style="text-align: justify;">Provo a fare un esempio per fissare ancora meglio ciò che succede durante un atto espressivo, per poi collegarlo al secondo punto (cioè quello dell'espressione estetica).</div><div style="text-align: justify;">Immaginiamo un pittore <i>en plein air</i> che si trova di fronte a un certo paesaggio e vuole rappresentarlo direttamente⁵, a un certo punto ha un'intuizione fortissima e prova un forte senso di <i>desolazione</i> nel vedere certe caratteristiche di quel paesaggio. Se il pittore si è già ritrovato a rappresentare qualcosa sotto un influsso emotivo simile e ha una sufficiente capacità tecnica, allora inizierà a dipingere <i>guidato</i> da quella spinta emotiva. Di conseguenza farà una scelta relativa ai colori da adoperare, userà certe tecniche particolari, eliminerà e aggiungerà elementi alla scena, cambierà alcune linee e deformerà certi spazi⁶… tutto questo finché non troverà una combinazione che lo soddisfi.</div><div style="text-align: justify;">In questo caso, quello che il pittore avrà realizzato <i>non è solo una copia del paesaggio</i>, ma un oggetto totalmente differente che riesce a <i>esprimere</i> la sensazione di quella singola persona di fronte a quel particolare paesaggio. In qualche modo la sensibilità dell'artista ha filtrato quel paesaggio e l'ha portato a costruire qualcosa di nuovo.</div><div style="text-align: justify;">Il punto veramente importante è proprio il fatto che l'opera realizzata non sia una sorta di <i>copia malfatta</i> del paesaggio reale, ma sia <b>un oggetto totalmente differente</b>. Detto con altre parole, quello che ha fatto il pittore è costruire un oggetto che rappresenta un paesaggio <i>inesistente</i>, ma proprio in questo modo riesce a formare un'esperienza che prima non esisteva.</div><div style="text-align: justify;">Un artista va quindi inteso come <i>un costruttore</i> di nuove esperienze, qualcuno che realizza delle situazioni filtrate dalla propria sensibilità; prima del lavoro dell'artista non avremmo mai potuto avere esperienza di quel particolare mondo.</div><div style="text-align: justify;">In questo senso un'opera d'arte è espressiva, poiché riflette quelle scelte equilibrate che l'artista è riuscito a fare guidato da un particolare stato d'animo; è proprio per questo motivo che riusciamo a cogliere delle emozioni uniche nel vedere certe opere d'arte.</div><div style="text-align: justify;">L'idea dell'artista che “realizza esperienze concrete” filtrate dalla sua sensibilità non è chiaramente applicabile solo alla costruzione di oggetti che persistono nel tempo, come testi letterari, dipinti o statue, ma riguarda anche le <i>performances</i>.</div><div style="text-align: justify;">Danzare, recitare, correre, giocare a ping pong, cucinare … tutte queste azioni possono costituire per chi le pratica e chi ci entra in contatto delle esperienze <i>nuove</i> e <i>uniche</i>.</div><div style="text-align: justify;">Finora abbiamo parlato solo di <i>come viene realizzato</i> un oggetto espressivo, ma non è stato ancora detto nulla sul modo in cui qualcuno riesce a <i>recepire</i> lo stato d'animo espresso dall'opera.</div><div style="text-align: justify;">Per Dewey la capacità di <i>riconoscere </i>l'espressività di un'opera viene anch'essa da una forma di <i>expertise</i> e non viene “trasmessa” per magia: di fatto è possibile che un'opera non ci dia alcun tipo di esperienza particolare⁷ perché non abbiamo abbastanza addestramento sensoriale, oppure perché l'esperienza rappresentata o i sentimenti espressi non ci sono affini. Per saper cogliere certe scelte è necessario che delle specifiche capacità siano già maturate dentro di noi.</div><blockquote style="text-align: justify;"><span style="color: #010000;"><i>Io ho parlato dal punto di vista di chi agisce. Ma considerazioni precisamente analoghe stanno dalla parte di chi percepisce. Nel caso di uno che realmente veda la pittura o ascolti la musica debbono esserci canali di risposta indiretti e collaterali preparati in anticipo. Questa preparazione motoria è una gran parte dell'educazione estetica in qualsiasi tratto particolare. Sapere cosa bisogna guardare e come è una questione di prontezza da parte dell'apparato motore. Un abile chirurgo è il solo che apprezza l'abilità artistica nell'operare di un altro chirurgo; egli lo segue con simpatia, benché non palesemente, nel proprio corpo. […] Non occorre saperla lunga per sul mescolare le tinte nella tavolozza o sulle pennellate che trasferiscono i colori sulla tela per vedere il quadro nel dipinto. Ma è necessario aver pronte determinate vie di reazione motoria, dovute in parte alla costituzione di nascita e in parte all'educazione attraverso l'esperienza.⁸</i></span></blockquote><p></p><div style="text-align: justify;">Per saper apprezzare e comprendere certi oggetti artistici è necessario quindi avere una preparazione che permetta di cogliere certi elementi dell'opera. Senza un'adeguata preparazione non c'è nemmeno la possibilità di apprezzare particolari scelte o indizi.</div><div style="text-align: justify;">A questo punto si capisce anche come un individuo possa avere un'esperienza estetica trovandosi a contatto con un oggetto artistico: se io ho le capacità di cogliere certe scelte espressive lasciate dall'autore, allora sarò in una situazione in cui la mia attenzione aumenterà in modo netto, cercando di focalizzarsi sulle qualità dell'opera. In questo modo io vengo catturato dall'opera, poiché riesco a riconoscere una serie di componenti (e di scelte sottostanti) che mi sono familiari e vicine, ma allo stesso tempo distanti (banalmente perché sono interpretate e espresse da qualcuno che ha una sensibilità differente dalla mia, seppur affine); la mia attenzione cerca e comprende, esplora l'opera, tutto il mio corpo è facilitato dal fatto di essere addestrato a cogliere quegli elementi.</div><div style="text-align: justify;">Questi sono tutti i sintomi che caratterizzano un'esperienza estetica, per come ne avevamo parlato nella seconda sezione. L'importanza della competenza nel recepire le azioni è rappresentata molto bene dal riferimento a Wenge che abbiamo già fatto. Durante la partita tra Kazama e Hoshino si riesce a percepire l'entusiasmo e la sorpresa della partita anche negli spalti, ma solo in pochi riescono a comprendere la partita a un altro livello. Nel dialogo che hanno, il coach dimostra solo stupore nel vedere il modo di giocare di Hoshino, mentre Wenge (giocatore competente e molto più addestrato) riesce a cogliere l'entusiasmo che anche Kazama sta provando nel giocare con Peko. Lo stesso stato d'animo viene colto anche dal mister Koizumi e dalla vecchia Tamura, entrambi ex-giocatori di tennis-tavolo.</div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/a/AVvXsEiWNG0TM_60lTdlHflAzR-QCBZQs-5ijfvzSglm-7s97a1FwYk7kH2kj8nSLLV3sdXvN7Kxh0eZtfJ7Rw4JmoI7eu_GrWxxNfV-dXwJWTq2DQ4W85QIUoP0fsrTp__qZl7JmT5aRKm36B3MlFZ3TVP0rAwhBD3D3uRzcSD8-vJKGdj7TemagiX44a5P=s1066" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img alt="Ping Pong Taiyo Matsumoto Analisi Esperienza Estetica Masaaki Yuasa Manga" border="0" data-original-height="671" data-original-width="1066" height="251" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/a/AVvXsEiWNG0TM_60lTdlHflAzR-QCBZQs-5ijfvzSglm-7s97a1FwYk7kH2kj8nSLLV3sdXvN7Kxh0eZtfJ7Rw4JmoI7eu_GrWxxNfV-dXwJWTq2DQ4W85QIUoP0fsrTp__qZl7JmT5aRKm36B3MlFZ3TVP0rAwhBD3D3uRzcSD8-vJKGdj7TemagiX44a5P=w400-h251" title="Ping Pong Taiyo Matsumoto Analisi Esperienza Estetica Masaaki Yuasa Manga" width="400" /></a></div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">In ogni caso, dopo questo esempio “di riscaldamento” inizierò con l'analisi di vari passi dell'opera.</div><div style="text-align: justify;">Sperando che sia tutto chiaro, provo a riassumere le cose da tenere a mente:</div><p></p><p></p><ul style="text-align: left;"><li style="text-align: justify;">Gli artisti (nel senso di “coloro che fanno arte”, cioè persone che costruiscono oggetti che provocano reazioni estetiche) sono individui che riescono a costruire peculiari esperienze concrete.</li><li style="text-align: justify;">Gli artisti (nel senso di “coloro che fanno arte”, cioè persone che costruiscono oggetti che provocano reazioni estetiche) sono individui che riescono a costruire peculiari esperienze concrete.</li><li style="text-align: justify;">Sia per fare arte che per percepire l'arte sono necessarie delle forme di competenza motoria dovute dall'addestramento.</li><li style="text-align: justify;">Gli atti espressivi hanno bisogno di impulsi emotivi, che devono essere ben conosciuti ed equilibrati. -Le spinte emotive “orientano” l'azione dell'artista nell'atto espressivo. Un atto espressivo non è una forma di sfogo.</li></ul><p></p><p></p><p>Finalmente abbiamo tutti gli strumenti necessari per mostrare il legame più forte tra Dewey e Matsumoto.</p><p><b><span style="font-size: large;">4) “Spazzalo via!” </span></b></p><p></p><div style="text-align: justify;">Arrivati a questo punto qualcuno potrebbe notare qualcosa di sospetto. Di fatto tutti i personaggi del
manga giocano a Ping Pong, anche con una certa bravura. Ma allora perché l'unico personaggio che riesce a provocare delle esperienze estetiche giocando è solo Peko? Perché ci riesce lui e non ci riescono Drago o Wenge? Inoltre è piuttosto bizzarro che Peko diventi capace di fare queste cose solo a partire dalla seconda parte dell'opera. Perché non ne era capace anche prima?</div><div style="text-align: justify;">Queste domande sono legittime. Mi permetto però di rispondere “al contrario”, partendo dall'ultima. Di fatto, Peko diventa capace di esprimere certe emozioni solo dopo il suo dialogo con Sakuma, in cui gli consiglia di allenarsi <i>fino a sputare e cagare sangue</i>⁹, e dopo l'allenamento di Michio. Il cambiamento di Hoshino non è esclusivamente di tipo emotivo: Peko è un personaggio molto ironico, emotivo, infantile, entusiasta, determinato e, in certi casi, anche strafottente.</div><div style="text-align: justify;">Molti di questi tratti continuano a essere presenti in Peko anche nella seconda parte dell'opera<i style="color: #010000; text-align: left;">¹</i><span style="color: #010000; text-align: left;"><i>⁰</i></span>.</div><div style="text-align: justify;">Non credo però che questa alterazione emotiva sia sufficiente per spiegare il cambiamento “espressivo” di Peko: la mia idea è che il personaggio nelle due fasi esponga in modo chiaro la differenza tra sfogo ed espressione.</div><div style="text-align: justify;">Nella prima parte dell'opera, Hoshino è in preda ai suoi impulsi emotivi: è un personaggio con un grande “istinto” per il gioco ma è pigro, svogliato, gioca per soldi, per sollazzo o per esibirsi. Il tennis-tavolo per lui è un modo per sfogare l'entusiasmo che prova, giocando con avversari più deboli di lui che non fanno altro che renderlo arrogante.</div><div style="text-align: justify;">Ora, è facile notare che Peko diventa capace di esprimersi tramite il ping pong solo dopo il risveglio dell'eroe. Però, se il risveglio dell'eroe (cioè della capacità espressiva di Peko) fosse legato esclusivamente all'eliminazione della sua arroganza e alla percezione di nemici più forti di lui da battere, non si capisce perché l'eroe non si sia manifestato dopo la sconfitta con Wenge e con Sakuma. Il punto della questione è che Peko non sa come esprimere quelle spinte emotive che sente, perché non ha una competenza sufficientemente adatta del materiale che deve usare per esprimerle. Viene continuamente sottolineato nella prima parte dell'opera che Peko non ha tecnica, che è svogliato (tanto da presentarsi raramente agli allenamenti), che un giocatore fortissimo come Smile dovrebbe smettere di giocare con lui per non prendere cattive abitudini.</div><div style="text-align: justify;">L'eroe si risveglia dopo che Peko inizia ad allenarsi con la vecchia Tamura, chiedendole di riniziare dai fondamentali. L'allenamento di Michio è estremamente tecnico (tanto che l'opera dedica pagine intere a descrivere come arginare il problema del rovescio fallace di Peko) e serve a Hoshino per imparare a padroneggiare le regole implicite che un buon giocatore del tennis-tavolo deve conoscere perfettamente¹¹. È solo con l'acquisizione di una competenza tecnica dovuta all'allenamento e una coordinazione con le proprie spinte emotive che Peko diventa capace di “esprimere” stati d'animo come l'entusiasmo giocando a tennis-tavolo.</div><div style="text-align: justify;">Come un musicista che inizia a improvvisare su un pezzo che ha ripetuto mille volte oppure un pittore che rompe i canoni delle scuole precedenti alla sua, Peko impara a padroneggiare le regole del ping pong per poi farle esplodere totalmente nella partita con Kazama. In quel caso le sue mosse bizzarre non sono semplici vanterie per sfoggiare la propria superiorità verso l’avversario, bensì un modo per esprimere il suo entusiasmo nel giocare a tennis-tavolo. Qui Peko sembra avere tutte le condizioni adatte per usare il ping pong come uno strumento espressivo. </div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/a/AVvXsEiWhd4bznimoec91PS2tVEyjPfcE2Z_1DI53EmVvUYwYWLrwJwzBOvjdLW87Kq6x3_XNSwQvVA5cFFiuFOFTqU0lpf1ZtGKGt12LK_OvPDupe7NW5LtQuiD18Z6aKKPzxYD1DR2NLG4fkO2_p9N3tsP_CqIPf3chR113162SuO9M7J6gt925BdeU2L6=s1069" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img alt="Ping Pong Taiyo Matsumoto Analisi Esperienza Estetica Masaaki Yuasa Manga" border="0" data-original-height="845" data-original-width="1069" height="316" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/a/AVvXsEiWhd4bznimoec91PS2tVEyjPfcE2Z_1DI53EmVvUYwYWLrwJwzBOvjdLW87Kq6x3_XNSwQvVA5cFFiuFOFTqU0lpf1ZtGKGt12LK_OvPDupe7NW5LtQuiD18Z6aKKPzxYD1DR2NLG4fkO2_p9N3tsP_CqIPf3chR113162SuO9M7J6gt925BdeU2L6=w400-h316" title="Ping Pong Taiyo Matsumoto Analisi Esperienza Estetica Masaaki Yuasa Manga" width="400" /></a></div><p></p><p style="text-align: justify;">Detto questo, possiamo rispondere alle altre domande. Perché Peko è l'unico personaggio che provoca un'esperienza estetica ai suoi avversari?Per farlo analizzerò perché, invece, altri due personaggi fondamentali dell'opera (cioè Kazama e Smile) non riescano a trasformare il loro gioco in un atto espressivo¹².</p><p></p><div style="text-align: justify;">Nelle poche pagine che Matsumoto dedica ai ricordi di Kazama, Drago è presentato come un personaggio con un'educazione ferrea e un grande senso dell'orgoglio. Una parte consistente delle scene necessarie per comprendere le idee del personaggio si ritrovano nel capitolo 47 che, indicativamente, è intitolato <i>Il cuore di Kazama</i>.</div><div style="text-align: justify;">Oltre a citazioni già presentate nel primo articolo come <i>Perdere è come morire/ La verità è nella vittoria/ Il compromesso è come mozzarsi un braccio</i>, troviamo una serie di affermazioni frammentarie che ci permettono di comprendere come Kazama viva il fatto di essere migliore nel ping pong:</div><p></p><blockquote><div style="text-align: justify;"><span style="color: #010000;"><i>Arriverà il momento che vanifica tutti i tuoi sforzi...</i></span></div><div style="text-align: justify;"><span style="color: #010000;"><i>E proverai l'inutilità della vittoria.</i></span></div><div style="text-align: justify;"><span style="color: #010000;"><i>Ti tormenterai sul perché hai combattuto.</i></span></div><div style="text-align: justify;"><span style="color: #010000;"><i>Ma non permetterai mai a questi dubbi di fermarti.</i></span></div><div style="text-align: justify;"><span style="color: #010000;"><i>[…]</i></span></div><div style="text-align: justify;"><span style="color: #010000;"><i>Stai concedendo... un'apertura!</i></span></div><div style="text-align: justify;"><span style="color: #010000;"><i>L'apertura chiama la sconfitta!</i></span></div><div style="text-align: justify;"><i><span style="color: #010000;">La sconfitta è morte</span><span style="color: #010000; text-align: left;">¹³.</span></i></div></blockquote><div style="text-align: justify;">Qui Dragon dimostra di saper solo intuire alcune cose che diventeranno chiare solo dopo: Kazama riconosce l'inutilità delle sue vittorie e del suo allenamento, proprio per questo dà una risposta differente a Sakuma e Sanada¹⁴. Per questo Drago non sa il motivo per cui sta giocando e si sta impegnando così tanto, lui sa solo di avere un imperativo, cioè quello di vincere.</div><div style="text-align: justify;">Per questo motivo lo scopo del personaggio di Kazama è quello di essere il più forte (quello di raggiungere il decimo di secondo di reazione), per la paura di qualcosa che gli è stata presentata come orribile e inaccettabile. Per lui giocare a ping pong è solo fuggire dalla sconfitta, quindi dalla morte, per questo il gioco per lui non è altro che uno sforzo continuo, una lotta costante contro le proprie aperture e contro se stesso. In questo caso sono proprio questa frustrazione e questo dolore che non permettono a Dragon di effettuare un atto espressivo: è il sovraccarico emotivo del personaggio che gli impedisce ciò che Peko, in modo totalmente diverso, riesce a realizzare in modo brillante. Ma se è così, come riesce Peko a esprimersi durante la partita con Kazama? L'entusiasmo di Peko viene già preparato nelle fasi preparatorie della partita, quando si trova di fronte a Drago sul tavolo da gioco:</div><blockquote><div style="text-align: justify;"><span style="color: #010000;"><i>Che sensazione opprimente…</i></span></div><div style="text-align: justify;"><span style="color: #010000;"><i>Beh è l'uomo che ha toccato per ben due volte la vetta…</i></span></div><div style="text-align: justify;"><span style="color: #010000;"><i>Non va bene. Se vengo sopraffatto sono finito.</i></span></div><div style="text-align: justify;"><span style="color: #010000;"><i>Se mi spavento ho perso.</i></span></div><div style="text-align: justify;"><i><span style="color: #010000;">Se esito… morirò!</span><span style="color: #010000; text-align: left;">¹⁵</span></i></div></blockquote><p></p><div style="text-align: justify;">In questo modo Peko si pone degli obiettivi precisi durante lo scontro, regole che non deve violare. Lui cercherà in ogni modo di non provare quelle emozioni, perché sa che altrimenti sarà sconfitto. Qualcuno potrebbe intelligentemente notare che in questo caso il discorso di Peko non è così differente da quello che viene fatto da Dragon, dopotutto entrambi equiparano la sconfitta/la violazione di certe norme con la morte. Io però farei notare che l'ultima frase è scritta all'interno della prima vignetta di pagina 29, che rappresenta il piccolo Peko mentre finge di essere l'<i>Eroe proveniente dal pianeta Ping Pong</i>. Approfitto di questa specifica scena per aprire una parentesi tematica che avrà i suoi frutti tra qualche riga.</div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/a/AVvXsEhitstUPgeW88y22FV8BMQ6l_e8mb9fwdxl6us9t82YhP3k6jddCmzVYw-4MCEKIFKzCjIToPV5RdHKKjH692VWtVhbSP6leu3VmeFMPiQeJR8oEvSkToC7sMS_xqL7zKqoP2gUdqmFdPclc1R-o2-8-I7wlgCJ-T43ijf-u__pQip_7UvwSsg4oNZa=s1833" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img alt="Ping Pong Taiyo Matsumoto Analisi Esperienza Estetica Masaaki Yuasa Manga" border="0" data-original-height="1833" data-original-width="1239" height="400" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/a/AVvXsEhitstUPgeW88y22FV8BMQ6l_e8mb9fwdxl6us9t82YhP3k6jddCmzVYw-4MCEKIFKzCjIToPV5RdHKKjH692VWtVhbSP6leu3VmeFMPiQeJR8oEvSkToC7sMS_xqL7zKqoP2gUdqmFdPclc1R-o2-8-I7wlgCJ-T43ijf-u__pQip_7UvwSsg4oNZa=w270-h400" title="Ping Pong Taiyo Matsumoto Analisi Esperienza Estetica Masaaki Yuasa Manga" width="270" /></a><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/a/AVvXsEhzGHwISdMUONnzUzvV1wG7qSzqrljAjcJcBbANYUWyxun0D5wasZ93ymL_sB06rEdC_f_m2XleIWv5OrWNSpD6o5892DDB6jdoMH-bODADpGmTb9tWaQ7JZqZ2EBRdeUH4RA8Fl00cMQ-BRoiRVstGse2CeG6ATU7buhqZjJ868nY9FDeqIUUJJ1X-=s1833" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img alt="Ping Pong Taiyo Matsumoto Analisi Esperienza Estetica Masaaki Yuasa Manga" border="0" data-original-height="1833" data-original-width="1245" height="400" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/a/AVvXsEhzGHwISdMUONnzUzvV1wG7qSzqrljAjcJcBbANYUWyxun0D5wasZ93ymL_sB06rEdC_f_m2XleIWv5OrWNSpD6o5892DDB6jdoMH-bODADpGmTb9tWaQ7JZqZ2EBRdeUH4RA8Fl00cMQ-BRoiRVstGse2CeG6ATU7buhqZjJ868nY9FDeqIUUJJ1X-=w271-h400" title="Ping Pong Taiyo Matsumoto Analisi Esperienza Estetica Masaaki Yuasa Manga" width="271" /></a></div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">Inizio questa digressione con un'affermazione bizzarra: il senso di quella singola vignetta riguarda il carattere <i>finzionale</i> delle affermazioni di Peko, su questo si gioca la grande differenza tra lui e Kazama.</div><div style="text-align: justify;">Dopo aver perso il primo set, infatti, Peko è in netto svantaggio rispetto a Kazama, per quello chiede all'eroe di <i>venire in suo soccorso</i>. La figura dell'eroe è enigmatica ed è presente nella serie sin dall'inizio; cosa però questa rappresenti diventa più chiaro solo nell'ultimo volume. L'Eroe del pianeta Ping Pong non è altro che un gioco che Smile e Peko facevano da bambini: dalla rappresentazione (volutamente) confusa dei ricordi di Smile capiamo che l'eroe è un modo in cui Peko decide di alzare il morale all'amico fingendosi un eroe invincibile che può salvarlo da ogni situazione. La cosa può avere anche un valore metaforico: l'eroe non è altro che il gioco del ping pong che, praticato con altri ragazzi, permette a Smile di uscire dallo stanzino in cui si rinchiude nei momenti di depressione (per le prese in giro degli altri ragazzini oppure per la tristezza dovuta alla separazione dei genitori). L'Eroe è un personaggio invincibile che arriva e salva la situazione, riuscendo a portare chi lo invoca in una posizione positiva e felice.</div><div style="text-align: justify;">Ci sono quindi delle ottime ragioni per credere che, quando Peko fa quelle affermazioni, lui si stia imponendo delle regole che gli servono per un'<i>immedesimazione finzionale</i> (come un attore che recita una parte a teatro e decide di non guardare negli occhi il pubblico, come regola per non distrarsi). Quando da bambini fingiamo che il terreno sia coperto di lava, noi sappiamo di non morire davvero quando lo tocchiamo con i piedi, ma questo non ci vieta di prenderlo meno sul serio. Allo stesso modo, quando ci troviamo a teatro, noi sappiamo che l'assassino non sta veramente uccidendo una delle attrici, ma questo non ci impedisce di credere che stiamo, finzionalmente, assistendo a un omicidio.</div><div style="text-align: justify;">Qui Peko fa la stessa cosa. Lui sa di non essere abbastanza in forma per giocare contro Kazama, sa di essere stanco (tanto da non riuscire a giocare al meglio neppure la partita precedente¹⁶) e che ogni mossa azzardata potrebbe provocargli un infortunio al ginocchio, portando conseguenze tremende per la sua carriera. Nonostante questo, per andare in soccorso a Smile, lui “si mette nei panni dell'Eroe”. Peko sa benissimo che non accadrà nulla se perderà ma, se dovesse succedere, sarebbe l'Eroe a morire senza riuscire a salvare chi ha bisogno di aiuto.</div><div style="text-align: justify;">Richiamiamo il passo che avevo già citato nello scorso capitolo, quello in cui descrivo l'esperienza estetica di Peko (S<i>ono veloce come un fulmine/ Memoria illimitata/ etc.</i>). In quel caso Peko non sta solo descrivendo un'esperienza di forte piacere e di profondo entusiasmo, ma sta elencando le qualità fisiche dell'eroe in cui si sta immedesimando. Peko sa di non andare realmente veloce come un fulmine, ma l'eroe lo fa, per questo lui gioca come farebbe l'eroe; Peko non potrebbe (razionalmente) permettersi di correre, di saltare e fare buona parte delle mosse che effettua contro Drago, visto che ognuna è potenzialmente rischiosa. Ma l'eroe <i>è invincibile</i>, per questo lo fa comunque. Oltre a queste azioni totalmente folli, lo stile di Peko inizia a variare ininterrottamente, con la spontaneità e la capacità tecnica che sono frutto dell'allenamento con Michio, tutto sorretto da un'incredibile spinta emotiva. Questi sono tutti fattori che avevamo descritto nella prima parte dell'articolo, quando provavamo a definire il concetto di <i>espressione</i> secondo Dewey. Vediamo in questo caso che Peko <i>rispetta tutte le condizioni</i> che avevamo ricavato da Dewey per avere un atto espressivo.</div><div style="text-align: justify;">Proprio in quel punto avevo accennato a una capacità specifica, cioè all'<i>ordinamento dei propri stati emotivi </i>come una condizione fondamentale per un atto espressivo. Allo stesso modo, però, avevo anche detto che non è chiaro cosa si intenda, poiché dovremmo valutare caso per caso.</div><div style="text-align: justify;">Se consideriamo Peko come esempio, questo ordinamento emotivo viene proprio effettuato tramite l'atto finzionale di “diventare l'Eroe”; detto diversamente, convincersi di essere l'Eroe è qualcosa di necessario per l'artista-Peko per “disciplinare” il proprio sentimento di entusiasmo e “selezionare in modo adeguato” le azioni da fare per effettuare una performance artistica.</div><div style="text-align: justify;">Io credo che capire questo punto sia fondamentale anche per capire la psicologia di Drago, per questo ritengo necessario espandere ancora un po' questa digressione.</div><div style="text-align: justify;">Ultimamente in estetica e teoria dell'arte c'è una grande attenzione verso il modo in cui le nostre pratiche di vita abbiano spesso una natura finzionale. Detto diversamente, quando svolgiamo molte azioni della nostra vita <i>fingiamo</i> (più o meno consapevolmente) che le cose intorno a noi abbiano un carattere diverso: durante una partita a <i>shōgi</i> fingiamo di essere a capo di due armate in guerra¹⁷ oppure quando giochiamo un videogioco facciamo finta di essere realmente dentro al mondo di gioco, facendo realmente compiere delle azioni al nostro avatar (mentre in realtà non esiste alcun personaggio che compie azioni, ma solo movimenti luminosi su schermo).</div><div style="text-align: justify;">Anche nello sport, forse, è possibile trovare delle caratteristiche simili.</div><div style="text-align: justify;">In un articolo chiamato <i>Sport Viewed Aesthetically, and Even as Art?</i>, Wolfgang Welsch si ritrova a parlare del ruolo “rappresentativo/finzionale” dello sport, scrivendo queste cose:</div><blockquote style="text-align: justify;"><i><span style="color: #010000;">Sport is as distant from ordinary life as is art. When Othello smothers Desdemona, this is a symbolic act, the actress will survive. Likewise sport’s relationship to life is at most symbolic. Many sports originated from types of aggressive action in ordinary life, but being practiced as sport, this remains only as a symbolic background to them. In sport the struggle is “raised to the level of imagination.’’Or as Santayana put it: “Sport is a liberal form of war stripped from its compulsions and malignity.’’ This is why sport, viewed (and sometimes ironically assessed) from life’s perspective of necessity, often appears absurd: Why do marathon runners enslave themselves so? Why do sporting marksmen compete with such embitterment when all they’re shooting is useless clay pigeons and not real pigeons that one could roast afterward? Isn’t it simply idiotic to constantly drive in a circle at high speed (as Niki Lauda said when retiring from Formula One sport)? The following point also makes evident the difference between sport or art on the one hand and life on the other hand. If Othello were to carry on smothering someone in normal life, after having left the stage, he would be arrested, as would a linebacker who continued hurling all his weight into bruising tackles away from the football field and into the streets. Sport as well as theater take place in particular spaces, separate from the everyday world. What the stage is to theater, the playing field, boxing ring, or the race track are to sport. Art as well as sport are, compared to life, symbolic activities in terms of their structure.</span><span style="color: #010000; text-align: left;">¹</span><span style="color: #010000; text-align: left;">⁸</span></i></blockquote><div><span style="text-align: justify;">Quindi, secondo Welsch, lo sport dovrebbe essere inteso come una sorta di</span><i style="text-align: justify;"> guerra</i><span style="text-align: justify;">, epurata da violenza e odio reali. È nel fingere di scontrarsi con gli altri che certi atleti si ritrovano a fare delle azioni totalmente folli e spericolate con una grande tenacia e convinzione.</span></div><div style="text-align: justify;">Questa citazione sembra venirci incontro in modo estremamente pertinente poiché ci permette di dare conferma a tutto quello che abbiamo detto finora su Peko e sulla sua decisione di fare gesti assurdi “dopo essere diventato l'eroe”. Oltre a questo, possiamo finalmente comprendere anche un punto importante della psicologia di Kazama, passo necessario per finire il nostro discorso.</div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/a/AVvXsEiSXjA2x095KI3X0G5x6YrkMDStwNoB7eMf8kwFR8CzBAR_wLhIQU87dF10oZRYijDZF1c3_cCf_X-Jgd7TIBiC1dZaNsH5AIOONkieTQQrfDA3niIEUS-cs-AjWEia06zqj6bIShxm0SG6u9Eib7jr_8XYNcGWUFxmsclicEnvJdffQOXiE-Byo1rG=s1833" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img alt="Ping Pong Taiyo Matsumoto Analisi Esperienza Estetica Masaaki Yuasa Manga" border="0" data-original-height="1833" data-original-width="1245" height="400" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/a/AVvXsEiSXjA2x095KI3X0G5x6YrkMDStwNoB7eMf8kwFR8CzBAR_wLhIQU87dF10oZRYijDZF1c3_cCf_X-Jgd7TIBiC1dZaNsH5AIOONkieTQQrfDA3niIEUS-cs-AjWEia06zqj6bIShxm0SG6u9Eib7jr_8XYNcGWUFxmsclicEnvJdffQOXiE-Byo1rG=w271-h400" title="Ping Pong Taiyo Matsumoto Analisi Esperienza Estetica Masaaki Yuasa Manga" width="271" /></a><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/a/AVvXsEg-ZdIZ-ZJWtR9fSJHqG7zuasvzl9KdJt3dfapbteMSi7nRW8iWV_W6xlaTJD3XEajLW3dQpozor1UA9fFMtvXEUXecOA8_I5I3SbrzvvZ7BhGaHhD8mX3qULB_bbEi_6U-Mgw9NIY7MuR0Bcysktco84qd_LcmSCGhjMA6n8n-HNFPNbSZ7XSXuwbk=s1833" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img alt="Ping Pong Taiyo Matsumoto Analisi Esperienza Estetica Masaaki Yuasa Manga" border="0" data-original-height="1833" data-original-width="1239" height="400" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/a/AVvXsEg-ZdIZ-ZJWtR9fSJHqG7zuasvzl9KdJt3dfapbteMSi7nRW8iWV_W6xlaTJD3XEajLW3dQpozor1UA9fFMtvXEUXecOA8_I5I3SbrzvvZ7BhGaHhD8mX3qULB_bbEi_6U-Mgw9NIY7MuR0Bcysktco84qd_LcmSCGhjMA6n8n-HNFPNbSZ7XSXuwbk=w270-h400" title="Ping Pong Taiyo Matsumoto Analisi Esperienza Estetica Masaaki Yuasa Manga" width="270" /></a></div></div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">Sia la tenacia che la paura di Kazama sembrano infatti originate da un modo di intendere lo sport che tende ad identificarlo con una <i>guerra</i> o una <i>lotta per la vita</i>, proprio come lo fa Peko immedesimandosi nell'eroe. Però, mentre Hoshino crede finzionalmente che la sconfitta sia una forma di morte (cioè lo crede solo durante la durata dell'incontro), Kazama sembra avere le idee estremamente confuse a riguardo. Quello che lui sembra fare è prendere la metafora dello <i>sport come guerra</i> in modo quasi letterale, non riuscendo poi a distinguere tra l'elemento reale e quello irreale. Potremmo dire quindi che Kazama prende <i>fin troppo sul serio</i> questa idea. Descrivendo questa dissociazione, drammatica, tra realtà e finzione però, ci viene dato anche un indizio fondamentale per capire <i>in che modo Drago si faccia contagiare dall'atto espressivo di Peko</i>.</div><div style="text-align: justify;">Riprendiamo Dewey: Kazama ha già le competenze tecniche e motorie necessarie per “seguire” il gioco di Peko e parteciparvi ma, oltre a quello, Drago rimane impressionato da uno stile di gioco in cui riconosce una vitalità che a lui manca totalmente.</div><div style="text-align: justify;">Questo però non è ancora sufficiente per spiegare <i>in che modo</i> Kazama provi un'esperienza estetica giocando con Peko; è necessario mostrare che esiste un'affinità “spirituale” tra i due. Detto con altre parole, bisogna far vedere che Kazama era capace di “cogliere” (non solo a livello motorio, ma anche concettuale) le emozioni espresse da Peko.</div><div style="text-align: justify;">Io credo che, per comprendere questo ultimo passo fondamentale, dobbiamo considerare il modo in cui Peko esprime questo entusiasmo e come questo sentimento sia percepibile da Drago.</div><div style="text-align: justify;">Come è stato già sottolineato più volte, il cambiamento stilistico di Peko viene espresso tramite un uso <i>esplosivo</i> del movimento; immedesimandosi nell'Eroe, Hoshino <i>cessa di giocare in modo sicuro</i> e inizia a compiere azioni estremamente rischiose (saltare, scattare, etc. ) che potrebbero compromettere la sua carriera.</div><div style="text-align: justify;">A mio parere è questo il punto che permette di comprendere bene come Drago venga contagiato dall'entusiasmo di Peko.</div><div style="text-align: justify;">Più volte è stato ribadito che uno dei sentimenti che caratterizza Kazama è quello della<i> paura</i>: Drago è terrorizzato dalla possibilità che i suoi sforzi (fatti per chi?) si rivelino un sacrificio totalmente inutile. Incapace di avere uno scopo concreto che non sia quello di <i>evitare la sconfitta</i>, Drago è costretto a vincere e a ripudiare la disfatta. Proprio perché la sua vittoria è fine a sé stessa, Kazama è terrorizzato dalla possibilità di perdere; tolte le sue vittorie cosa gli rimane? Il contatto emotivo con Peko avviene proprio per questo motivo: Kazama rivede nel ginocchio di Hoshino quella paura che lo attanaglia.</div><div style="text-align: justify;">Cercherò ora di mostrare il motivo per questa affermazione tramite un'analisi testuale. Riprendiamo ancora il capitolo 47, quando il monologo interiore di Kazama ha inizio.</div><blockquote><div style="text-align: justify;"><span style="color: #010000;"><i>Prima o poi lo scoprirai anche tu…</i></span></div><div style="text-align: justify;"><span style="color: #010000;"><i>L'inquietudine della vittoria…¹⁹</i></span></div></blockquote><div style="text-align: justify;">Kazama riconosce la forza dell'avversario che ha sconfitto Wenge, ma conosce anche le sue condizioni fisiche. Anche per questo motivo lui è sicuro di vincere, nonostante riconosca il talento di Hoshino. Lo stesso allenatore del Kaio rimarca che:</div><blockquote><div style="text-align: justify;"><span style="color: #010000;"><i>Kazama si sente predestinato alla vittoria.</i></span></div><div style="text-align: justify;"><i><span style="color: #010000;">È inevitabile...</span><span style="color: #010000; text-align: left;">²</span><span style="color: #010000; text-align: left;">⁰</span></i></div></blockquote><div style="text-align: justify;">Quindi Kazama è sicuro della sua vittoria proprio perché è sicuro che Hoshino giocherà nel modo più razionale, evitando mosse azzardate. In questo caso i costi sono estremamente superiori ai benefici per Hoshino se vuole provare a vincere, quindi non sarebbe sensato fare diversamente: se Peko vincerà miracolosamente contro Drago, si ritroverà comunque ad affrontare Smile in finale, che sarà una sconfitta sicura dopo la stanchezza accumulata nelle partite precedenti. Peko si è già qualificato per i nazionali, vincere o perdere un torneo studentesco ora è qualcosa di irrilevante. L'unica soluzione plausibile è quella che Peko perda contro Kazama. Faccio notare che alla base del modo in cui Drago cerca di prevedere i comportamenti di Peko c'è l'idea che <i>ciò che conti è la vittoria</i>. Proprio per questo motivo Drago rimarrà spiazzato dalle mosse dell'avversario. Peko gioca per “salvare Smile”, non per il puro scopo di vincere. A supporto di questa interpretazione faccio
notare un fatto fondamentale, cioè che Drago rivolge la sua attenzione verso il ginocchio di Peko
per ben tre volte durante la partita. La prima volta avviene all'inizio della partita, la seconda dopo il
primo set, la terza dopo l'arrivo dell'Eroe<i style="color: #010000; text-align: left;">²</i><i style="color: #010000; text-align: left;">¹</i>.</div><div style="text-align: justify;">Io credo che la prima e la seconda volta che Drago si riferisce al ginocchio di Peko, lui non lo faccia
per sincera preoccupazione o pietà. Drago prova ripetutamente a intimorire e a provocare
l'avversario durante la partita, probabilmente anche per sfogare la rabbia che prova nel vedere il
talento di Hoshino<i style="color: #010000; text-align: left;">²</i><i style="color: #010000; text-align: left;">²</i>. Oppure quando Peko gli chiede, in un misto tra serietà e scherzo, di
concedergli la vittoria, Drago rifiuta trovando la richiesta assurda. Se Kazama fosse seriamente
preoccupato per Peko, questi due comportamenti risulterebbero totalmente insensati.
La mia idea, proprio per questo motivo, è che Kazama riveda nel ginocchio di Peko ciò che lo
terrorizza, cioè una sconfitta totalmente irreversibile. Fino all'arrivo dell'eroe, queste sono le
convinzioni che muovono il personaggio di Drago.</div><div style="text-align: justify;">Nel momento in cui, però, Peko inizia a immedesimarsi nell'Eroe, tutto cambia. Come è stato fatto
notare già più volte, il suo stile non diventa solo estremamente creativo, ma anche <i>rischioso</i>.
Per quale motivo agire in questo modo quando i costi sono così onerosi? Questo cambiamento non
rovescia solo l'andamento della partita, ma spinge anche Drago a rivalutare le sue posizioni.
Ciò che Peko dovrebbe fare in questo momento è giocare nel modo più sicuro possibile, se lo scopo
di Hoshino è realmente quello di arrivare sulla vetta del tennis-tavolo. Allora perché non lo sta
facendo? Quale è il suo obiettivo? È possibile che vincere non sia qualcosa di così importante?
Che ci sia altro?</div><div style="text-align: justify;">Si noti che la terza volta che Kazama rivolge la sua attenzione al ginocchio di Peko, la cosa<i> non
viene esplicitata</i>, ma viene fatta capire solo dall'accostamento delle vignette. Qui Kazama si trova in
una situazione intermedia: da una parte sta provando qualcosa di vitale e di nuovo, dall'altro però
continua ancora a non capire perché Peko stia rischiando così tanto.</div><div style="text-align: justify;">Hoshino intuisce le preoccupazioni dell'avversario e risponde:</div><blockquote><div style="text-align: justify;"><span style="color: #010000;"><i>Non ti preoccupare per il mio ginocchio.</i></span></div><div style="text-align: justify;"><span style="color: #010000;"><i>Giochiamo la nostra migliore partita …</i></span></div><div style="text-align: justify;"><span style="color: #010000;"><i> Ti amo Drago…</i></span></div><div style="text-align: justify;"><i><span style="color: #010000;">Smack ♡</span><span style="color: #010000; text-align: left;">²</span><span style="color: #010000; text-align: left;">³</span></i></div></blockquote><div style="text-align: justify;">Proprio a partire da quel momento, dopo che Kazama abbandona ogni preoccupazione e ogni paura,
il personaggio inizia ad avere quell'esperienza estetica che avevo descritto nel primo articolo, così
come riesce a comprendere l'entusiasmo di Peko e a parteciparvi.</div><div style="text-align: justify;">Forse giocare a ping pong non è solo una <i>guerra </i>e vincere a volte non è così importante. </div><p></p><p></p><div style="text-align: justify;">Arrivati a questo punto, rimane da analizzare perché Smile non riesca a effettuare atti espressivi, per
poi vedere come la teoria dell'espressione di Dewey ci permetta di comprendere la partita tra Smile
e Peko. Riguardo al primo punto, Dewey specifica che per effettuare un atto espressivo è necessaria
una spinta emotiva, altrimenti l'azione non diviene niente di più che un movimento tecnico. Questo
fattore è totalmente assente in Smile. Questo non implica che lui non abbia emozioni²⁴, ma che queste non abbiano un impeto che permetta a Smile di esprimerle nel ping pong. A differenza di Peko, Smile ha una capacità tecnica formidabile (tanto che Kazama ne riconosce il valore osservandolo durante il campionato delle medie e Wenge crede di poter perdere contro di lui durante il loro primo incontro), ma è totalmente incapace di gestire attivamente le proprie emozioni per fare in modo che “lo orientino” nelle sue azioni.</div><div style="text-align: justify;">In questo modo diventa molto semplice capire perché l'Eroe debba salvare Smile. Come avevo già accennato, l'Eroe è un personaggio in cui Peko si immedesima per giocare insieme a Smile; possiamo sensatamente sostenere che sia anche il modo in cui Smile venga salvato dalla depressione e dalla solitudine grazie al ping pong, uno sport da dover praticare con altre persone.È chiaro che sia proprio l'azione di coppia che porta a legare con gli altri, a stringere rapporti con loro ed evitare la solitudine in cui si rinchiude Smile.</div><div style="text-align: justify;">In un flashback viene mostrato che è proprio Hoshino a introdurre Tsukimoto nel mondo del tennis tavolo e, probabilmente, a fargli provare quell'entusiasmo per il gioco. Dovremmo tenere sempre a mente che Smile/Robot/Golgo aveva questi soprannomi proprio per il fatto che non ridesse mai, cosa che cambiava totalmente quando giocava a ping pong.</div><div style="text-align: justify;">L'attesa dell'eroe non è altro se non questo, cioè l'attesa di un amico che riesca a esprimere quelle fortissime emozioni che lui, da solo, non riesce a elaborare e che il ping pong rende possibile in quanto sport <i>da eseguire insieme a un'altra persona</i>.</div><div style="text-align: justify;">Sia Smile che Drago infatti vengono contagiati dall'entusiasmo di Hoshino poiché si trovano a giocarci insieme, a condividere con lui le mosse e le scelte estetiche. In quel caso, siamo sicuri che Peko sia colui che inizia a compiere l'atto espressivo, ma questo è attuabile proprio perché esistono altri giocatori che partecipano insieme a lui e che possono seguirlo nella costruzione di una performance artistica, almeno come succede in una jam session o in una danza.</div><div style="text-align: justify;">Quindi Smile riesce a comprendere l'atto espressivo di Peko proprio perché è quello che lui si ricordava e che era costruito intorno alle scene della sua infanzia che l'avevano portato ad appassionarsi e a iniziare a giocare<i>²</i>⁵.</div><p></p><p><b><span style="font-size: large;">Conclusioni</span></b></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/a/AVvXsEhnk2W3oA2GHOGebB4AbA4QhQeIHsv1U_vv6zZy77Gz_QIYZTIphx6wgiXVk6ZrWxVWVSTDa4pd0FRUQpRL94yNj1nV4Mhi3fvAuH3Wembp0Xl6mHRsn1dBQGC-yFy91ZfkuHFcLQc0GGLLtxodpJvGKeiYSAmjPPiMD0hA0FNHv5Vt3bv9iu7uIFAw=s1132" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img alt="Ping Pong Taiyo Matsumoto Analisi Esperienza Estetica Masaaki Yuasa Manga" border="0" data-original-height="784" data-original-width="1132" height="278" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/a/AVvXsEhnk2W3oA2GHOGebB4AbA4QhQeIHsv1U_vv6zZy77Gz_QIYZTIphx6wgiXVk6ZrWxVWVSTDa4pd0FRUQpRL94yNj1nV4Mhi3fvAuH3Wembp0Xl6mHRsn1dBQGC-yFy91ZfkuHFcLQc0GGLLtxodpJvGKeiYSAmjPPiMD0hA0FNHv5Vt3bv9iu7uIFAw=w400-h278" title="Ping Pong Taiyo Matsumoto Analisi Esperienza Estetica Masaaki Yuasa Manga" width="400" /></a></div><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><br /></div><p></p><div style="text-align: justify;">In questi articoli ho provato a mostrare che esiste una correlazione tra il modo in cui John Dewey teorizza le esperienze estetiche e come queste vengano rappresentate nell'opera Ping Pong di Matsumoto Taiyō. Come ho già avuto modo di sottolineare, non c'è alcuna pretesa “storica” che mi spinge: non ho lo scopo di sostenere che Matsumoto sia un lettore di Dewey, tantomeno che ne sia stato influenzato. C'è qualcosa che, però, mi pare di aver percepito da entrambi gli autori e che ho voluto provare a esprimere nel modo più chiaro che ho potuto.</div><div style="text-align: justify;">Sia Matsumoto che Dewey hanno una visione non intellettuale o elitaria delle esperienze estetiche e del ruolo che hanno nella nostra vita: tutti noi le possiamo provare in situazioni diverse, partecipando a pratiche differenti. Le esperienze estetiche sono in qualche modo “incarnate” nei modi in cui viviamo comunemente.</div><div style="text-align: justify;">Una conseguenza di questa idea è che non esistano pratiche privilegiate per avere un accesso a esperienze estetiche (queste non avvengono esclusivamente contemplando un quadro o durante una <i>pièce </i>particolarmente intensa), ma che vi siano tantissime vie differenti.</div><div style="text-align: justify;">In questo senso dovremmo intendere il nostro approccio alle cose belle (se non all'arte) in un modo differente: invece di una semplice contemplazione, queste esperienze dovrebbero essere intese come un'<i>interazione</i>, un'<i>attività</i> da avere con l'ambiente che ci circonda.</div><div style="text-align: justify;">Questa visione <i>esplorativa</i> dell'esperienza sembra essere qualcosa di molto presente nelle opere di Matsumoto e permette di collegarci alla proposta iniziale del primo articolo. L'obiettivo che ha mosso questi articoli è stato chiarificare la sciamanica frase “<i>Ping Pong</i> è un'opera che usa il ping pong per parlare della vita”.</div><div style="text-align: justify;">Quello che ho ottenuto, alla fine di questa analisi, è che Ping Pong “parla di vita” perché parla di come certe pratiche intensifichino a livello qualitativo le esperienze che viviamo, ma ho anche cercato di mostrare che queste esperienze si presentano anche tramite un atto di comunicazione, cioè quello<i> espressivo</i>. C'è qualcos'altro sotto?</div><div style="text-align: justify;">Quello che io credo è che sia Dewey che Matsumoto condividano un'idea comune sul ruolo <i>pedagogico</i> che hanno le esperienze estetiche: esperienze di questo tipo si presentano quando notiamo qualcosa di più profondo nell'ambiente che ci circonda, quando le nostre predisposizioni (naturali o culturali) ci permettono di cogliere qualcosa che prima non riuscivamo a vedere e considerarlo come “nostro”. In questo senso, le esperienze estetiche sembrano veramente importanti per il modo in cui comprendiamo il mondo intorno a noi. Dedicare parte della nostra vita a una o più passioni, cercare di mostrare agli altri degli stati d'animo che abbiamo maturato per molto tempo e fare in modo che loro comprendano i nostri oppure, più in generale, giocare con gli altri e con gli oggetti che il mondo ci offre sembra essere qualcosa veramente fondamentale per il modo in cui viviamo.</div><div style="text-align: justify;">Mi permetto un'ultima correlazione tra Dewey e Matsumoto presentando questa bellissima citazione presa dal quarto capitolo di <i>Art as Experience</i>:</div><p></p><blockquote><div style="text-align: justify;"><span style="color: #010000;"><i>Attraverso gli abiti di vita che si formano con il rapporto con il mondo anche noi abitiamo il mondo. Esso diviene una casa per noi e la casa è parte di ogni nostra esperienza.</i></span></div><div style="text-align: justify;"><span style="color: #010000;"><i>Come allora gli oggetti dell'esperienza possono fare a meno di divenire espressivi? Eppure l'apatia e il torpore nascondono questa espressività costruendo un guscio intorno agli oggetti. La familiarità porta all'indifferenza, il pregiudizio ci acceca; la presunzione guarda attraverso l'estremità sbagliata di un cannocchiale e rimpicciolisce il significato posseduto dagli oggetti in favore della pretesa importanza dell'io. L'arte rimuove i ripari che nascondono l'espressività delle cose sperimentate; ci scuote dalla rilassatezza alla consuetudine e ci rende capaci di dimenticare noi stessi per ritrovarci nel diletto di sperimentare il mondo intorno a noi nelle sue varie qualità e norme. Intercetta ogni ombra di espressività trovata negli oggetti e li riordina in una nuova esperienza di vita.²⁶</i></span></div></blockquote><div style="text-align: justify;">É in questo confondersi con gli altri e con il mondo che si realizzano delle esperienze che hanno un'intensità differente e nuova, che ci scuote dall'indifferenza, ci permette di vedere cose prima invisibili e di fa <i>abitare il mondo</i> in modo più profondo.</div><div style="text-align: justify;">Nell'ultimo capitolo di <i>Ping Pong</i> assistiamo a un dialogo tra i due personaggi che hanno subito il cambiamento più grande dopo essere entrati in contatto con l'Eroe, cioè Kazama e Tsukimoto. Il soprannome Smile ora non è più un nominativo sarcastico, ma una descrizione calzante di un personaggio tranquillo e rilassato, che dall'essere chiuso e isolato decide di lavorare con i bambini come maestro di scuola elementare²⁷. Dragon invece ha smesso di radersi e non ha più lo stesso
approccio militaresco, saluta la vecchia Tamura senza formalità e parla con Smile di come non sia
stato richiamato in nazionale. Per il personaggio che concepiva <i>la sconfitta come morire</i> ora è
impensabile dedicare la vita al tennis-tavolo. Entrambi hanno fatto un cambiamento sostanziale, la
loro prospettiva sulle cose è diversa; sia Dragon che Smile si ritrovano a non essere i geniali
giocatori che erano, a non avere più “né la forza né il talento”.</div><div style="text-align: justify;">Eppure emanano entrambi una grande tranquillità.</div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/a/AVvXsEiR-PpPKE7kBRWCNhoRuWMsK5AoPlm7LjgOD8c8udMS6gEpB2tozeOPZTFDvHtr50R2ADanBbg5uxqyNffYi0EQI-TxRFg0a7vdgJ0BJtrMdP5Sg7h5TFIc6fSooGc9wJkb8buXnfTiBQujHq6cjU_AieWhAVjBLwGfxtZLru5umGFOx9QmomQ23AzV=s1081" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img alt="Ping Pong Taiyo Matsumoto Analisi Esperienza Estetica Masaaki Yuasa Manga" border="0" data-original-height="693" data-original-width="1081" height="256" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/a/AVvXsEiR-PpPKE7kBRWCNhoRuWMsK5AoPlm7LjgOD8c8udMS6gEpB2tozeOPZTFDvHtr50R2ADanBbg5uxqyNffYi0EQI-TxRFg0a7vdgJ0BJtrMdP5Sg7h5TFIc6fSooGc9wJkb8buXnfTiBQujHq6cjU_AieWhAVjBLwGfxtZLru5umGFOx9QmomQ23AzV=w400-h256" title="Ping Pong Taiyo Matsumoto Analisi Esperienza Estetica Masaaki Yuasa Manga" width="400" /></a></div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">Qui Dragon, con un po' di malinconia, fa una confessione a Smile:</div><blockquote style="text-align: justify;"><i><span style="color: #010000;">Ultimamente penso che finirò la carriera da giocatore mediocre.</span><span style="color: #010000;">²<span style="text-align: left;">⁸</span></span></i></blockquote><div style="text-align: justify;">La risposta di Smile è il fulcro dell'intera opera.</div><blockquote><div style="text-align: justify;"><span style="color: #010000;"><i>Non c'è niente di male nell'essere mediocri.</i></span></div><div style="text-align: justify;"><span style="color: #010000;"><i>Mi piacciono gli atleti mediocri.</i></span></div></blockquote><div style="text-align: justify;">L'eccellenza, il vincere a tutti i costi, non è sempre il modo in cui si raggiunge una vita ben vissuta.
C'è chi riesce a vincere, ad arrivare al massimo livello di ciò che fa, ma solo per alcuni questo si
concilia con un'esperienza piena e vivificante (come nel caso di Peko).</div><div style="text-align: justify;"> Perdersi nelle cose, nel gioco, forse è più importante di vincere a tutti i costi se lo facciamo per
umiliare gli altri, per sentirsi forti, oppure solo per il gusto della vittoria.</div><div style="text-align: justify;">A volte alcune pratiche vanno prese sul serio, ma solo per essere buttate quando ci accorgiamo che
ci hanno fatto comprendere qualcosa che prima <i>non potevamo notare</i>. È in questo senso che per
Smile (e per Dragon, interpretando i suoi discorsi) il ping pong competitivo “non è solo un gioco”,
perché è qualcosa senza il quale loro non avrebbero compreso qualcosa di essenziale e di unico.
Ma il ping pong è anche come una scala che può essere buttata una volta raggiunto il suo scopo,
cioè quello “di salire più in alto” (di vedere paesaggi unici o di volare, direbbe qualcuno).
Un invito a <i>esplorare</i> secondo i propri interessi (perdersi in essi) capendo fino a che punto ci è
lecito salire e fino a che punto è sensato lasciare, sapendo che, comunque vada, le cose intorno a noi
avranno sempre <i>qualcosa da offrirci</i> se approcciate nel giusto modo; in questa idea si trova uno dei
sensi più importanti della frase “<i>Ping Pong</i> parla della vita”.</div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/a/AVvXsEgZ9WwLe-MvGAypFSCDPt3qmplxCVYNphABv_q-xGmXYNy_Ugcpyo1yQaAETad-fgheEHss6IqeSdegzBbx6cUC0zG_FDVPfvjithlyXylEy2m8Kn31Po2jTNDCaPtJWEguXNVY0YDpdVzG2SsqpoDq-xzrseMR9bToikqDdgCzf4bAeIwwemC0dgwQ=s1000" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img alt="Ping Pong Taiyo Matsumoto Analisi Esperienza Estetica Masaaki Yuasa Manga" border="0" data-original-height="1000" data-original-width="694" height="400" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/a/AVvXsEgZ9WwLe-MvGAypFSCDPt3qmplxCVYNphABv_q-xGmXYNy_Ugcpyo1yQaAETad-fgheEHss6IqeSdegzBbx6cUC0zG_FDVPfvjithlyXylEy2m8Kn31Po2jTNDCaPtJWEguXNVY0YDpdVzG2SsqpoDq-xzrseMR9bToikqDdgCzf4bAeIwwemC0dgwQ=w278-h400" title="Ping Pong Taiyo Matsumoto Analisi Esperienza Estetica Masaaki Yuasa Manga" width="278" /></a></div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">Prima parte dell'articolo: <a href="https://terreillustrate.blogspot.com/2021/10/ping-pong-di-matsumoto-taiyo-arte.html" target="_blank">Ping Pong di Matsumoto Taiyō: arte, estetica, espressione - Parte 1 di 2</a></div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/a/AVvXsEj1R3mn_-i40sWM0IhxdJUPayLyX9iK1Jyr1us_uaJAokorsfPUTCa5tzENlahhe1ef-lvej2ikwnQ701yGWyyi-nfH9R9OjrXO2UKl16EFiw96muMGp2xoqOtaEDgtR5oTP_hA3TBXUVKucWv0RUxO9CltbPIPigxnHzeIc_r_AsXe2t3uqLd7o7H9=s1122" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="382" data-original-width="1122" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/a/AVvXsEj1R3mn_-i40sWM0IhxdJUPayLyX9iK1Jyr1us_uaJAokorsfPUTCa5tzENlahhe1ef-lvej2ikwnQ701yGWyyi-nfH9R9OjrXO2UKl16EFiw96muMGp2xoqOtaEDgtR5oTP_hA3TBXUVKucWv0RUxO9CltbPIPigxnHzeIc_r_AsXe2t3uqLd7o7H9=s16000" /></a></div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div><div style="text-align: justify;">Terre Illustrate è anche su <a href="https://www.facebook.com/TerreIllustrate/" rel="nofollow" target="_blank">Facebook</a>, su <a href="https://www.youtube.com/channel/UCrpH_4tLbR_fDlbmGoGJRcA/" rel="nofollow" target="_blank">Youtube</a> e su <a href="https://t.me/TerreIllustrate" rel="nofollow" target="_blank">Telegram</a>. Esiste anche <a href="https://t.me/TerreIllustrateGruppo" rel="nofollow" target="_blank">una chat di gruppo</a> su Telegram dove si riunisce la piccola community del blog.</div><p></p><p style="text-align: justify;">Note<br /><br /></p><p style="text-align: justify;"></p><ol><li>Sono consapevole che il tema dell'empatia è al centro di un dibattito sterminato in neuroscienze e psicologia cognitiva, specialmente nell'ultimo periodo. Nell'articolo non intendo riferirmi a questi ambiti specialistici, chiaramente, ma a una concezione “comune” di empatia (o di comunicazione artistica) che viene spesso adottata da appassionati o critici. La teoria dell'espressione che presenterò nell'articolo è abbastanza rudimentale, ma il mio scopo non è quello di fornire la miglior spiegazione dei fenomeni di comunicazione artistica, quando quello di mostrare che anche certi concetti che solitamente assumiamo come “innocenti” richiedono un'analisi più approfondita.</li><li>Arte come Esperienza, p. 73.</li><li>Chiaramente in senso lato (non solo istituzionale); ci sono tantissimi casi di artisti autodidatti che riescono a esprimere certe sensazioni in modo estremamente brillanti.</li><li>Arte come Esperienza, p. 85.</li><li>L'esempio è ancora più semplice nel caso di un pittore che osserva un paesaggio e cerca di rappresentarlo facendosi guidare dalla memoria nel suo atelier. In questo caso la memoria ha già fatto una selezione di elementi da “tenere per sé” di quella particolare esperienza, scartando gli altri. Il modo in cui il pittore inizierà a rappresentare il paesaggio qui sarà necessariamente irrealistico (a livello di dettagli e di colori), proprio perché la memoria stessa ha già cancellato alcuni di questi elementi.</li><li>Questi sono esempi generali, ma non ci sono dubbi che in realtà il processo sia estremamente più complesso e strutturato.</li><li>Spesso su internet si tende a dare una classificazione a oggetti come “opera d'arte” o “capolavoro” in base a fattori come la sua universalità, cioè la capacità di “parlare” a più persone possibili. Chiaramente il fatto che un'opera abbia affinità con molte persone differenti, in periodi storici differenti, dimostra una sensibilità e una capacità artistica veramente rare negli individui che realizzano tali capolavori; questi casi vanno studiati con massimo impegno e dignità. Ho comunque paura che spesso questa idea, però, si leghi alla visione intrinseca a cui ho accennato nel primo articolo. Per chi sostiene posizioni di questo tipo, cose come essere arte e essere capolavoro sono proprietà intrinseche dell'oggetto artistico (e per questo motivo è possibile trovare dei “canoni oggettivi” per decidere se qualcosa sia arte o capolavoro oppure no, almeno come si decide dai tratti morfologici se un certo animale sia un gatto o meno quando facciamo biologia), allo stesso modo anche la capacità di parlare a tutti sia una sua proprietà reale. Chiaramente, se vi trovate d'accordo con quello che ho esposto finora, troverete abbastanza insensato assumere una posizione di questo tipo.</li><li>Arte come Esperienza, p. 114</li><li>Ping Pong vol. 3, p.130</li><li>Alcuni dei cambiamenti rilevanti di Peko riguardano la sua infantilità e la sua arroganza, atteggiamenti nettamente meno presenti nella seconda parte dell'opera.</li><li>Qualcuno con un approccio più semiologico del mio potrebbe dire che Peko impara “il linguaggio del ping pong”.</li><li>Non considero Wenge e Sakuma poiché credo che entrambi siano personaggi che cercano di rappresentare altri concetti all'interno dell'opera. Credo comunque che sia possibile analizzare i motivi del perché entrambi i personaggi non siano capaci di esprimersi, solo che appesantirebbe troppo l'articolo in modo davvero poco interessante.</li><li>Ping Pong vol. 5, pp.49-50.</li><li>Rispettivamente Ping Pong vol. 4, p. 177 e p.189.</li><li>Ping Pong vol. 5, pp. 28-29.</li><li>Ping Pong, vol. 4, pp. 199-200.</li><li>Chiaramente possiamo chiederci fino a che punto questi atti di immedesimazione mimetica siano fondamentali nelle capacità espressive. Quando io gioco a shōgi devo veramente far finta di essere un comandante con un esercito per fare una bella partita? Una delle scene più interessanti della saga delle Formichimere del manga Hunter x Hunter di Yoshihiro Togashi riguarda una partita tra Komugi e Meruem; arrivata a un punto della partita lei, dopo un istante di pausa, rivela di aver provato la sensazione di una madre che uccide il figlio nel contrastare la mossa di Meruem.</li><li><span style="text-align: justify;">Welsch (2005)</span></li><li><span style="text-align: justify;">Ping Pong vol. 5, p. 48.</span></li><li><span style="text-align: justify;">Ping Pong vol. 5, p. 47.</span></li><li><span style="text-align: justify;">Rispettivamente, Ping Pong vol. 5, p. 21, p. 58, p. 104.</span></li><li><span style="text-align: justify;">Ping Pong vol. 5, p. 34.</span></li><li><span style="text-align: justify;"><div>Il tema dell'ironia e del suo legame con il carattere finzionale del gioco sono un altro dei grandi temi di Ping Pong che, purtroppo, non trovano alcun approfondimento online. L'ironia è solo un modo per ritenersi superiori ad altri, per umiliarsi sentendosi schiacciati da loro, o esiste anche una terza via “virtuosa” in cui si può essere paradossalmente ironici?</div></span></li><li><div><span style="text-align: justify;">Ping Pong vol. 3, p. 179.</span></div></li><li><div><span style="text-align: justify;">Ammetto di essere dispiaciuto di aver dedicato uno spazio così esiguo alle bellissime scene dell'incontro tra Smile e Peko, ma mi trovo a dover tagliare per due ragioni fondamentali. La prima è che parte degli argomenti presentati nell'analisi della partita con Drago sono sovrapponibili con quelli della partita con Smile, quindi non farei altro che ripetere l'ovvio. La seconda è che, per comprendere pienamente il personaggio di Smile e il suo rapporto con Peko, sarebbe necessario capire due fattori. Il primo è il ruolo della memoria nell'esperienza estetica, argomento a cui ho dedicato uno spazio marginale nell'articolo (ne parlo solo in relazione alle abitudini e all'addestramento), il secondo è quello della costruzione di opere artistiche da fare insieme, come nel caso della partita di ping pong. A differenza della partita con Dragon, il ruolo del contatto e dell'interazione tra individui nel gioco sembra essere un fattore essenziale per capire un personaggio difficile come Smile. In questo momento non sono minimamente capace di fornire un'analisi dell'opera seguendo questi due concetti. Spero vivamente di poterlo fare in futuro, essendo due temi fondamentali nella poetica di Matsumoto.</span></div></li><li><div><span style="text-align: justify;">Arte come Esperienza, p. 121.</span></div></li><li><div><span style="text-align: justify;">Per mostrare il cambiamento a cui mi riferisco, basti notare che nelle prime pagine dell'opera è Smile stesso a rifiutare la proposta della vecchia Tamura di fare da insegnante ai bambini.</span></div></li><li><div><span style="text-align: justify;">Ping Pong vol. 5 p. 195.</span></div></li></ol><p></p></div>Matteo Caronnahttp://www.blogger.com/profile/10086506494488683489noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-4845466152094305459.post-32346949754222833432021-10-17T17:38:00.006+02:002021-10-25T01:15:58.916+02:00Ping Pong di Matsumoto Taiyō: arte, estetica, espressione - Parte 1 di 2<div style="text-align: justify;"><b><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/a/AVvXsEijHfcl9yygCjN5R5KaRScE80cln7WUFlLbP8ruawvP15NO-mSq_u2OUCAXscpgvBF_ihEY8aKP3AqCkBWV_Rk3zP7BWFUZYbC9a1kWZxzPC42NS3Xv6qtEj9jIx7YTLzZv3I8HD1KFXiXGCcMBukesuSDntG5PWvGKiuzB3L1_ZNLVUUF9dm6Mk07K=s740" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img alt="Ping Pong Taiyo Matsumoto Analisi Esperienza Estetica Masaaki Yuasa Manga" border="0" data-original-height="500" data-original-width="740" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/a/AVvXsEijHfcl9yygCjN5R5KaRScE80cln7WUFlLbP8ruawvP15NO-mSq_u2OUCAXscpgvBF_ihEY8aKP3AqCkBWV_Rk3zP7BWFUZYbC9a1kWZxzPC42NS3Xv6qtEj9jIx7YTLzZv3I8HD1KFXiXGCcMBukesuSDntG5PWvGKiuzB3L1_ZNLVUUF9dm6Mk07K=s16000" title="Ping Pong Taiyo Matsumoto Analisi Esperienza Estetica Masaaki Yuasa Manga" /></a></div><br /></b></div><div style="text-align: justify;"><span><i>Premessa: questo è il primo articolo di Terre Illustrate scritto da un autore ospite. L'idea di dare spazio ad altre voci sul mio blog mi balenava in testa da tempo ma, complice la natura fluida e poco organizzata di Terre Illustrate, non si era mai concretizzata. L'autore di questo articolo, che ha scelto di rispondere allo pseudonimo di Curly (un personaggio di Hunter x Hunter), è un caro amico e l'idea di pubblicare questo suo scritto sul mio blog nasce dal rispetto e la stima per le sue conoscenze e le sue intuizioni. </i></span><i>Al momento non vi è nessuna campagna di reclutamento autori in programma, vorrei che i prossimi articoli non scritti da me pubblicati su questo blog arrivino come questo da una chiacchierata e una proposta lanciata senza impegno.</i></div><div style="text-align: justify;"><i>P.s.: L'occasione mi ha dato modo di ideare una nuova feature per il blog che troverete in fondo a ogni nuovo articolo/video: una piccola scheda "Commento dell'autore" che ricalca lo stile dei commenti lasciati dai mangaka sulle bandelle dei volumi dei loro manga. Ovviamente in coda a questo primo articolo troverete il commento di Curly.<span><a name='more'></a></span></i></div><div style="text-align: justify;"><b><span style="font-size: medium;">Autore ospite dell'articolo: </span></b></div><div style="text-align: justify;"><span style="font-size: medium;">Curly</span></div><div style="text-align: justify;"><i><br /></i></div><div style="text-align: justify;"><b><span style="font-size: large;">Introduzione</span></b></div><div style="text-align: justify;"><b><span style="font-size: large;"><br /></span></b></div><div style="text-align: justify;">Basta fare una breve ricerca su internet per notare che su <i>Ping Pong </i>sono stati già scritti molti articoli e approfondimenti, di varia ampiezza e interesse. Il mio scopo, quindi, non sarà quello di fornire interpretazioni spaccamascella o approfondimenti sulla storia e la cultura del ping pong (quello reale) da confrontare con l'opera. Di fatto non sono uno storico (tantomeno dello sport) e, probabilmente, finirei per fare un discreto pasticcio. Credo inoltre sia poco sensato provare a fornire interpretazioni che sovvertano le analisi classiche che si possono trovare sull'opera; di fatto pare che chi analizza <i>Ping Pong</i> colga quasi sempre i temi più rilevanti. </div><div style="text-align: justify;">Critica e pubblico solitamente capiscono che <i>Ping Pong</i> parla di competizione, capiscono che parla di vita degli individui, di gioco, di relazioni sociali <i>et cetera</i>; di questi temi si tende a discutere con molto entusiasmo nelle varie recensioni/analisi.</div><div style="text-align: justify;">Allo stesso modo, però, noto che questi temi difficilmente vengono sviluppati in modo adatto: si capisce che i temi di <i>Ping Pong</i> ci sono molto vicini, in qualche modo ci rispecchiamo nell'opera, ma difficilmente si va oltre un' analisi superficiale. </div><div style="text-align: justify;">Per queste ragioni il mio obiettivo è quello di provare a sviluppare in modo più “affilato” alcuni dei temi presenti in <i>Ping Pong</i>. In particolare, cercherò di approfondire una formula abbastanza comune tra chi analizza l'opera, cioè:</div><div style="text-align: left;"><i><blockquote style="text-align: left;"><span style="color: red;"> </span><span style="color: #010000;">“Ping Pong è un'opera che usa il ping pong per parlare della vita.”</span></blockquote></i></div><div style="text-align: justify;">Io credo che questa frase vada interpretata in un modo preciso, usando specifiche risorse concettuali per effettuare una buona analisi. La mia idea è che <i>Ping Pong</i> sia un'opera nella quale possiamo vedere come le <i>esperienze estetiche</i> abbiano un ruolo fondamentale nella nostra vita. In questo senso l'opera <i>parla della vita</i>¹.</div><div style="text-align: justify;">Nello specifico, quello che mi interessa fare è cercare di capire meglio l'opera tramite l'uso di un testo fondamentale nell'estetica e la teoria dell'arte del '900, cioè <i>Art as Experience</i> di John Dewey²; a mio parere molte delle idee che Dewey esprime nel suo testo permettono di comprendere in modo molto efficace alcuni dei temi più importanti di<i> Ping Pong</i>. </div><div style="text-align: justify;">Le citazioni dal testo di Dewey abbonderanno e farò spesso un lavoro di comparazione tra il saggio e l'opera, cercando di semplificarlo nel limite delle mie capacità. Allo stesso modo chiedo comunque, per chi fosse a digiuno di estetica, la pazienza di provare a rileggere il testo più volte nel caso non risultasse abbastanza chiaro (magari affiancandolo a una rilettura/rewatch dell'opera).</div><div style="text-align: justify;">Quando si parla di teorie dell'arte ed estetica, purtroppo siamo costretti ad affidarci alla sensibilità del lettore e alle sue intuizioni personali, molto di più rispetto ad altri ambiti scientifici, quindi credo che sarebbe normalissimo (quasi lecito) se il lavoro alla fine risultasse un po' vago o fumoso in certi punti. Cercherò di fare comunque del mio meglio.</div><div style="text-align: justify;">In origine l'articolo doveva essere un corpo unico, ma ho deciso³ di dividerlo in due parti per non appesantire troppo la lettura.</div><div><div style="text-align: justify;">In ogni caso, questo primo articolo sarà diviso in due parti, più o meno discontinue, mentre il secondo sarà più uniforme; illustro ora la struttura dell'articolo che state leggendo.</div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/a/AVvXsEi8csZa-Naysr-V7nePCMaXq4a98jit8Moh1BFQJNSdSGSl84wp8OTnqb78EPgPrJZYFqhLFnayOU7X1epYd46HHmTPEIFrTiRCXR8y13T1ViQrEi_LMc-wXv1xAe_bXkcs2dlDjZ1ahqiW_hiHNsoUqHN6tlFceaG1cn-E_unLYv-KluVTGIGXvjL5=s788" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img alt="Ping Pong Taiyo Matsumoto Analisi Esperienza Estetica Masaaki Yuasa Manga" border="0" data-original-height="356" data-original-width="788" height="145" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/a/AVvXsEi8csZa-Naysr-V7nePCMaXq4a98jit8Moh1BFQJNSdSGSl84wp8OTnqb78EPgPrJZYFqhLFnayOU7X1epYd46HHmTPEIFrTiRCXR8y13T1ViQrEi_LMc-wXv1xAe_bXkcs2dlDjZ1ahqiW_hiHNsoUqHN6tlFceaG1cn-E_unLYv-KluVTGIGXvjL5=w320-h145" title="Ping Pong Taiyo Matsumoto Analisi Esperienza Estetica Masaaki Yuasa Manga" width="320" /></a></div><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><br /></div><div style="text-align: justify;">Nella prima sezione cercherò di introdurre un modo <i>non museale</i> di intendere le opere d'arte.</div><div style="text-align: justify;">Questa prima parte non avrà un'analisi testuale consistente di <i>Ping Pong</i> al suo interno, ma sarà un modo per introdurre alcune idee generali che ci permettano di inquadrare certe questioni legate all'opera. Anche se non viene mai esplicitata, io credo che una delle idee che permettono di capire meglio <i>Ping Pong</i> sia quella di concepire l'arte come qualcosa che non ha una natura elitaria e sacrale; l'arte è qualcosa che può essere connaturato con ciò che viviamo tutti i giorni e al modo in cui interagiamo con il mondo⁴. Io credo che fare propria un'idea “umile” dell'arte sia fondamentale per comprendere come <i>Ping Pong</i> ci permetta di capire meglio la nostra vita.</div><div style="text-align: justify;">Nella seconda parte proverò a definire cosa sia un'esperienza estetica e quale sia il suo legame con l'opera; qui fornirò degli esempi testuali più solidi per sostenere i miei argomenti.</div><div style="text-align: justify;">Anticipo ancora che in questo primo articolo ci saranno tanti riferimenti “astratti” e pochi esempi presi direttamente dal testo, cosa che qualcuno potrebbe trovare straniante o insensato. Il motivo è di carattere puramente <i>preparatorio</i>: la funzione di questo primo articolo è quello di fornire una batteria di concetti che ci permettano di comprendere in modo più chiaro il secondo, in cui i riferimenti all'opera non mancheranno.</div><div style="text-align: justify;">Arrivati a questo punto, qualcuno potrebbe storcere il naso e osservare che di <i>Ping Pong</i> esistono due versioni: il manga di Matsumoto Taiyō e <i>The Animation</i> di Yuasa Masaaki. Non è ancora chiaro di quale delle due io stia parlando. </div><div style="text-align: justify;">Affermo quindi che, quando parlerò di <i>Ping Pong</i> d'ora in avanti, io mi riferirò al manga di Matsumoto, in particolare alla traduzione italiana di Juan Scassa per <i>Hikari edizioni</i>.</div><div style="text-align: justify;">Questa scelta non è guidata da motivi “teorici”: non considero infatti l'anime come un surrogato del manga, tantomeno lo considero una sua versione ampliata. A mio parere ci sono ottime ragioni (grafiche e stilistiche prima di tutto, dopodiché narrative, metaforiche e tematiche) per dire che le due opere sono differenti e autonome. </div><div style="text-align: justify;">In ogni caso, i temi specifici che analizzerò partendo dal manga si possono trovare in modo quasi identico nell'anime di Yuasa, quindi è possibile applicare quello che dirò per il fumetto anche per l'opera di animazione. La mia scelta di analizzare il manga è orientata dal mio interesse personale per Matsumoto (che supera di gran lunga quello che ho per Yuasa, purtroppo) e niente di più.</div></div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div><div style="text-align: justify;"><span style="font-size: large;"><b>1) “Ma allora… dovremmo chiederci… che cos'è l'arte?”</b></span></div><div style="text-align: justify;"><span style="font-size: large;"><b><br /></b></span></div><div style="text-align: justify;"><span style="font-size: large;"><table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><tbody><tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/a/AVvXsEjZ3xMcppbiChf-lu11ti90_Oyh8OcCe1qFZU938-n1n6wDHryIdM0xCqhF-yXsJDszuOcTublMj-SNNqAASmQgLJpm0t-5gTSD2l7FsXewmG9PwqoRgElHTHLJb0c2HpErC3v2N1CxQFFgCFPhGU-jLx6vfmoDoBWeDFy2f-y6NlDWTq68ewYE-DMQ=s2048" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="2048" data-original-width="1325" height="320" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/a/AVvXsEjZ3xMcppbiChf-lu11ti90_Oyh8OcCe1qFZU938-n1n6wDHryIdM0xCqhF-yXsJDszuOcTublMj-SNNqAASmQgLJpm0t-5gTSD2l7FsXewmG9PwqoRgElHTHLJb0c2HpErC3v2N1CxQFFgCFPhGU-jLx6vfmoDoBWeDFy2f-y6NlDWTq68ewYE-DMQ=s320" width="207" /></a></td></tr><tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;"><span style="font-size: x-small;">Edizione TarcherPerigee del 2005</span></td></tr></tbody></table><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><br /></div></span></div><div style="text-align: justify;">La domanda su <i>che cosa sia l'arte </i>sembra essere uno di quei rompicapi filosofici che sono penetrati anche nel linguaggio e nel pensiero comune. Su internet, per esempio, è presente un enorme dibattito (critico e non) sulla natura dei videogiochi e dei fumetti, se vadano considerati arte o meno. Se vi trovate a discutere online sulla bellezza di un certo videogame, non è difficile che gli obiettivi della discussione cambino e si passi dal farsi domande come “questo gioco è arte?” ad altre più generali come “che cosa è arte?”.</div><div style="text-align: justify;">Le risposte possibili chiaramente si sprecano, quello su cui però molti si trovano d'accordo è che l'arte debba avere queste determinate caratteristiche:</div><div><ul style="text-align: left;"><li><div style="text-align: justify;">L'arte ha un qualche tipo di <b>valore intrinseco</b>: un'opera d'arte o un capolavoro lo sono e </div><div style="text-align: justify;">basta, spesso vanno anche intesi come qualcosa di non questionabile, esistendo dei <i>canoni </i></div><div style="text-align: justify;"><i>oggettivi</i> che la confermano.</div></li><li><div style="text-align: justify;">L'arte è qualcosa di <b>raro</b> e <b>limitato</b>: non tutto è arte, ci sono pochissime opere costruite da individui geniali che possono fregiare il titolo di<i> arte</i>. Inoltre è possibile fare delle liste dei <i>tipi</i> di oggetti artistici: comunemente riconosciamo nove arti come esistenti (dall'architettura al fumetto) e nient'altro. La cucina non è arte, tantomeno la caccia o l'atletica.</div></li><li><div style="text-align: justify;">L'arte è qualcosa <b>da contemplare</b>: quando noi fruiamo un'opera d'arte, ce ne relazioniamo “da fuori” e questa entra in contatto con noi mentre ci interagiamo da spettatori.</div></li><li><div style="text-align: justify;">L'arte <b>fa emozionare</b>: gli oggetti artistici provocano forti emozioni, seppur spesso non venga specificato cosa intendiamo in questi casi.</div></li></ul></div></div><div style="text-align: justify;">Perfetto, almeno tre di queste condizioni vengono scartate da Dewey. </div><div style="text-align: justify;">L'idea di Dewey è che il concetto di arte sia intimamente legato a quello di <i>esperienza estetica</i>. Quest'ultimo concetto sarà analizzato nella prossima sezione, l'importante però è avere
intuitivamente a mente quello di cui stiamo parlando: un'esperienza estetica è qualcosa di
memorabile, è qualcosa che ci appaga e di cui ci ricorderemo, è uno di quei momenti in cui
sentiamo di trovarci particolarmente in accordo con l'ambiente intorno a noi. L'uso di un termine
come “ambiente” potrebbe risultare bizzarro per qualcuno: un <i>ambiente</i> è un concetto che si ritrova
in ambiti come la biologia e la psicologia animale, cosa c'entra tutto questo con cose “elevate” come
l'arte? La risposta è semplice.</div><div style="text-align: justify;">Quello che Dewey ha in mente, infatti, è un approccio <b><i>naturalistico</i></b> all'estetica e alle teorie dell'arte:
per capire come l'uomo si approcci all'arte, noi dobbiamo studiarlo come un animale che interagisce
con un ambiente, proprio come facciamo quando studiamo gli altri esseri viventi nelle scienze
naturali. Questa idea ha proprio lo scopo di togliere quell'aura di mistero che solitamente
attribuiamo ai fenomeni artistici; non c'è alcuna differenza qualitativa tra i nostri comportamenti e
quelli di altri animali non- umani. Quindi realizzare artefatti (come le opere d'arte) o compiere atti
sociali non differisce qualitativamente da quello che fanno altri animali quando hanno
comportamenti sociali o costruiscono nidi, tane o tele. </div><div style="text-align: justify;">Una delle idee fondamentali di Dewey infatti è proprio quella di studiare i fenomeni artistici ed
estetici come fenomeni che servono all'uomo-animale <i>per degli scopi</i>. L'uomo si approccia all'arte
per motivi di utilità, così come gli oggetti artistici possono essere intesi come <b><i>strumenti</i></b> che l'uomo
usa per arrivare a certi risultati. </div><div style="text-align: justify;">Un'idea presente in molti critici è che l'arte sia qualcosa di libero e di incondizionato, che la sua
bellezza dipenda proprio da questo, dal non avere alcun tipo di finalità (a differenza di altri oggetti
d'uso che non sono “elevati”). Queste posizioni che vedono un'assenza di finalità nelle arti sono
rigettate da Dewey. L'arte ha la funzione di migliorare la qualità dell'esperienza degli individui.
Questa cosa serve a mettere in evidenza un fatto fondamentale: le opere d'arte non sono niente di
<i>sacrale</i> o di <i>trascendente</i>, bensì sono oggetti <i>fatti da individui di carne e ossa per individui fatti di
carne e ossa</i>⁵.</div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/a/AVvXsEjtgpqz1gyYmRXtfsPOni20xsq92vsH_iHJbu91TDb2c_0itMoOFR5XhqSS7N3Zg6QtNYxevc78Y_k9tdQSZL6MCYkYJWwso5D8RheHD5ZgQl3F_TsCrmRgRjC-ZR1HZF58VOFrbTRRn_zIIhL6IKnri1LI4uplCLi1DOgyIcuILKkO1_tN0iaQoXMj=s1053" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img alt="Ping Pong Taiyo Matsumoto Analisi Esperienza Estetica Masaaki Yuasa Manga" border="0" data-original-height="608" data-original-width="1053" height="231" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/a/AVvXsEjtgpqz1gyYmRXtfsPOni20xsq92vsH_iHJbu91TDb2c_0itMoOFR5XhqSS7N3Zg6QtNYxevc78Y_k9tdQSZL6MCYkYJWwso5D8RheHD5ZgQl3F_TsCrmRgRjC-ZR1HZF58VOFrbTRRn_zIIhL6IKnri1LI4uplCLi1DOgyIcuILKkO1_tN0iaQoXMj=w400-h231" title="Ping Pong Taiyo Matsumoto Analisi Esperienza Estetica Masaaki Yuasa Manga" width="400" /></a></div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">Una delle prime applicazioni di questa idea strumentale è quella di concepire gli oggetti artistici
come qualcosa che non esiste in modo indipendente dalla nostra esperienza. </div><div style="text-align: justify;">Qualità come quella di <i>essere un capolavoro</i> o <i>essere un'opera d'arte</i> dipendono dal fatto che
esistono degli individui che <i>fanno esperienza</i> di questi oggetti. Detto diversamente, senza qualche
essere vivente che ha esperienza della <i>Notte stellata</i> di Van Gogh, quella che chiamavamo <i>opera
d'arte</i> non diventa niente di più se non un ammasso di croste di pittura. Allo stesso modo un film di Kubrick non è più arte, ma solo sfarfallate di luce su uno schermo.</div><div style="text-align: justify;">Questo chiaramente non deve dare l'idea che l'arte sia qualcosa di sbagliato o <i>meno reale</i>. Quando
usiamo del denaro per un pagamento stiamo dando un valore di scambio a dei pezzi di carta; le
banconote non hanno valore <i>di per sé</i>, ma il loro valore è “costruito” dal fatto che vengono usate
all'interno di un “gioco” fatto tra i vari individui. Il valore del denaro è qualcosa che dipende da noi,
ma non per questo è una cosa meno reale (andatelo a dire a un economista e provate a sentire cosa
vi risponde): il denaro ci spinge ad avere certi comportamenti, a comprare case, fare rapine, trovarci
un lavoro… </div><div style="text-align: justify;">Allo stesso modo le opere d'arte ci emozionano, ci fanno riflettere intensamente, ci spingono ad
andare ai musei e a comprare poster e cataloghi, ci portano a lunghe discussioni con amici.
Questa concezione chiaramente è in conflitto con l'idea che certi oggetti siano arte<i> di per sé</i>,
indipendentemente da individui che la esperiscono.</div><div style="text-align: justify;">Come abbiamo già detto, inoltre, sembra che il concetto di arte sia legato a quello di esperienza
estetica. Però, dall'esempio che abbiamo fatto, pare che le esperienze estetiche siano qualcosa che fa
sempre parte della nostra vita, nei contesti più disparati: abbiamo esperienze simili quando
mangiamo ma anche quando giochiamo a basket, siamo a fare una passeggiata, parliamo con una
persona particolarmente brillante che stimola la nostra attenzione. Quindi questo vorrebbe dire
almeno due cose. La prima è che l'arte<b> non è qualcosa di limitato</b>, ma di <i>potenzialmente pervasivo</i>:
non solo la pittura e la musica sono arte, ma lo possono essere anche il pugilato, la composizione
floreale, una bella lezione universitaria, le buone maniere durante un pranzo elegante… Tutte
queste cose potrebbero, per Dewey, essere lecitamente inserite negli ambiti artistici dal momento
che ci provocano esperienze estetiche⁶. </div><div style="text-align: justify;">Allo stesso modo, ne segue che l'arte non è solo qualcosa da osservare, ma anche <b>qualcosa da
attuare</b>. Gli atleti che compiono azioni particolarmente complesse, i cuochi durante l'uso di un
ingrediente raro che hanno aspettato anni per poter cucinare, i cacciatori esperti in attesa di una
preda particolarmente tenace, tutte queste sono esperienze estetiche per quegli individui. Quello che
è interessante è che ciascuno di loro ha un'esperienza estetica <i>compiendo un'azione non
contemplativa</i>. Certamente contemplare un'opera è un'azione che sicuramente è vicina all'esperienza
artistica, ma non è la sola; per quale ragione ascoltare un disco oppure osservare un dipinto
dovrebbero essere azioni più vicine all'esperienza artistica rispetto a quello che prova un atleta che
gareggia o un matematico che (gesso alla mano) dimostra un teorema? Non abbiamo nessun motivo
per pensarlo: un individuo può avere un'esperienza estetica <i>osservando</i> un dipinto almeno quanto
può averla <i>dipingendo</i>. Avere esperienze estetiche (e quindi realizzare oggetti artistici) dovrebbe
essere inteso come <i>un'azione</i> e non come una ricezione passiva.
Delle quattro caratteristiche che avevamo fornito, tre sono da scartare: rimane l'idea che l'arte sia
qualcosa che<i> fa emozionare</i>. Se intendiamo “fa emozionare” con “provoca esperienze estetiche”,
allora senza dubbio questa è una condizione necessaria⁷.
Quindi, per riassumere, l'arte è qualcosa che <i>provoca esperienze estetiche, dipende dagli individui che la “costruiscono”, è un comportamento attivo ed è pervasiva nella nostra esperienza</i>. </div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">«Perfetto, ma cosa c'entrano tutte queste cose con <i>Ping Pong</i>?» potrebbe, legittimamente, chiedersi
qualcuno. Dopotutto nell'opera di Matsumoto (tantomeno in quella di Yuasa) non si fa mai
riferimento a cosa sia arte. È proprio una domanda che sembra essere totalmente distante dalla serie.
Magari nessuno nell'opera si fa domande su argomenti di questo tipo perché le risposte sono già
<i>date per implicite</i>. La tesi che cercherò di sostenere nell'articolo è che Matsumoto abbia un modo di
intendere l'arte molto simile a quello fornito da Dewey. Con questo non voglio dire che Matsumoto
abbia letto Dewey (che sarebbe un'affermazione esagerata e sensazionalistica), bensì che i due
condividono delle intuizioni molto simili sulla natura dell'arte e sul ruolo che le esperienze estetiche
hanno all'interno della nostra vita. </div><div style="text-align: justify;"><i>Ping Pong</i> è un'opera che parla di ragazzi che hanno un cambiamento durante l'adolescenza:
ognuno di loro ha una serie di problemi che cerca di sbrogliare in vario modo, ma tutti ruotano
intorno al tennis-tavolo.</div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/a/AVvXsEjCWoKbwoFKKJNlptVIGCgbdHPUA1iqhTnR1KmE2Tk1uHhyoj01189MzOhxHNbPz58mTa75W0PRVobqqSTRPT3WsxrVpQTv4F2X2UrDorRzEy6PL-abLbWvsy3a6TYeVp1veuEOuZw72XsyPjW9gCuV82njY9YgnnKrubyWwReL2-CdYxlkxgnYtWMj=s1056"><img alt="Ping Pong Taiyo Matsumoto Analisi Esperienza Estetica Masaaki Yuasa Manga" border="0" data-original-height="620" data-original-width="1056" height="235" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/a/AVvXsEjCWoKbwoFKKJNlptVIGCgbdHPUA1iqhTnR1KmE2Tk1uHhyoj01189MzOhxHNbPz58mTa75W0PRVobqqSTRPT3WsxrVpQTv4F2X2UrDorRzEy6PL-abLbWvsy3a6TYeVp1veuEOuZw72XsyPjW9gCuV82njY9YgnnKrubyWwReL2-CdYxlkxgnYtWMj=w400-h235" title="Ping Pong Taiyo Matsumoto Analisi Esperienza Estetica Masaaki Yuasa Manga" width="400" /></a></div><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><br /></div><div style="text-align: justify;">A differenza di altre celebri opere sportive, i cinque protagonisti di <i>Ping Pong</i> (anche se in realtà i
protagonisti dovrebbero essere due o tre nell'opera di Matsumoto) non devono avere un riscatto
sociale⁸, non combattono per ragioni politiche oppure “per il domani”. Matsumoto non è così
melodrammatico⁹ e preferisce descrivere dei ragazzi che giocano a ping pong per ragioni più
concrete.</div><div style="text-align: justify;">Nonostante però i protagonisti siano solo “ragazzi che giocano”, prendono il ping pong
estremamente sul serio; si impegnano e soffrono per giocare, hanno dei conflitti che a volte li
portano a lasciare il tennis-tavolo agonistico per poi ritornarci (Peko) oppure distanziarsene
(Sakuma). Per quale motivo impegnarsi così tanto sul ping pong, allora? <i>Perché sacrificare tanto
per qualcosa?</i></div><div style="text-align: justify;">Fuor di finzione, questa è una cosa estremamente comune anche nella nostra vita quotidiana. Di
fatto, a tutti noi capita regolarmente di ritrovarsi a svolgere (a volte per molto tempo) azioni, rituali
abitudini o lavori impegnativi, pur sapendo che non ci daranno un piacere immediato.
Allora perché lo facciamo? Una buona risposta viene data proprio a Smile dal Mister Koizumi: </div><div style="text-align: left;"><span style="color: #010000;"><i></i></span><blockquote style="text-align: left;"><span style="color: #010000;"><i>Ci sono dei paesaggi che si possono vedere solo dalla vetta…
Mr. Tsukimoto.¹</i><span style="text-align: left;"><i>⁰</i></span></span></blockquote></div><div style="text-align: justify;">A mio avviso il senso della frase non va ricavato dal concetto di vittoria, a cui il coach non sembra
troppo interessato, ma va visto in relazione a concetti come quello di <i>bravura e capacità</i>.</div><div style="text-align: justify;">Butterfly Jo vuole insegnare a Smile “come volare” (per usare la metafora di Peko), cioè che ci
possono essere delle ragioni valide per sacrificare in piena libertà la propria vita per qualcosa, ma
<i>questi paesaggi</i> possono essere visti solo dopo aver raggiunto un certo grado di bravura e di tecnica,
perché è proprio in quel caso che si può provare quello che il Mister ha in mente (e che ha già provato in prima persona¹¹). <i>Ping Pong</i> parla di adolescenti problematici sulla soglia del
professionismo che capiscono quanto il mondo sia meravigliosamente complesso grazie al ping
pong, niente di più.</div><div style="text-align: justify;">Questo viene compreso direttamente da Kazama e da Tsukimoto durante la partita finale con
Hoshino; in quel caso l'autore decide di mettere in scena una vera e propria esperienza estetica,
percepita sia da Drago che da Smile. </div><div style="text-align: justify;">Dopo questa esperienza gratificante, entrambi i personaggi sembrano pacificati e capaci di vivere in
modo più virtuoso all'interno del loro “pezzo di mondo”: l'idea sembra proprio essere che una vita
<i>ben vissuta</i> dipenda dalle gratificazioni estetiche che riceviamo. Il ping pong può essere così inteso
come uno strumento per migliorare la qualità della nostra vita. </div><div style="text-align: justify;">Questa è anche l'idea che ha Dewey ed è il motivo per cui dà all'estetica un valore così importante
anche negli scritti in cui non tratta di argomenti legati all'arte¹². </div><div style="text-align: left;"><i><blockquote style="text-align: left;"><span style="color: #010000;">È che questo grado di compiutezza della vita nell'esperienza del fare e del
percepire che fa la differenza tra ciò che è arte e ciò che non è.
[…] Laddove le condizioni sono tali da impedire all'atto della produzione di
essere un'esperienza in cui la creatura intera è viva e possiede la propria vita
attraverso il godimento, il prodotto mancherà di qualcosa per essere estetico.
Non importa quanto esso sia utile per scopi speciali e limitati, esso non sarà
utile al fine ultimo, quello di contribuire direttamente e liberalmente a una
vita arricchita e in espansione¹³.</span></blockquote></i></div><div style="text-align: justify;">L'arte è qualcosa che riguarda una qualità diversa delle nostre esperienze, qualcosa che si manifesta
nel caso in cui noi riusciamo a raggiungere certe condizioni o avere certe capacità; è inoltre ciò che
ci permette di espandere la nostra vita e di renderla più felice, che è esattamente l'idea alla base di
<i>Ping Pong</i>¹⁴.</div><div style="text-align: justify;">Chiaramente questo non è sufficiente per dimostrare una correlazione tra le idee di Matsumoto e
quelle di Dewey, per questo motivo nella prossima sezione cercherò di illustrare cosa sia
un'esperienza estetica e come qualcosa di simile sia rappresentato in modo evidente all'interno
dell'opera.</div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;"><b><span style="font-size: large;">2) “Avere paura non serve!!!”</span></b></div><div style="text-align: justify;"><b><span style="font-size: large;"><br /></span></b></div><div style="text-align: justify;"><b><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/a/AVvXsEhuWjvnVJBmYgzKNisXSo75U6-idkdwbAB95fK6yW0gZHqAIyQTc_WK2g2I8fKO34nbt1lU6fgJ76XcWLLqgjseKwkOv7411QniGMtIOcBOndzrrKijpgby_xkSBf9i3pU0c17RglDkXcdALU7rrgDLnZNP1qJppH7FZd9RSuWU_qZNZ81GHnvoMPqh=s736" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img alt="Ping Pong Taiyo Matsumoto Analisi Esperienza Estetica Masaaki Yuasa Manga" border="0" data-original-height="361" data-original-width="736" height="196" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/a/AVvXsEhuWjvnVJBmYgzKNisXSo75U6-idkdwbAB95fK6yW0gZHqAIyQTc_WK2g2I8fKO34nbt1lU6fgJ76XcWLLqgjseKwkOv7411QniGMtIOcBOndzrrKijpgby_xkSBf9i3pU0c17RglDkXcdALU7rrgDLnZNP1qJppH7FZd9RSuWU_qZNZ81GHnvoMPqh=w400-h196" title="Ping Pong Taiyo Matsumoto Analisi Esperienza Estetica Masaaki Yuasa Manga" width="400" /></a></div><br /></b></div><div style="text-align: justify;">Finora abbiamo ampiamente parlato di <i>esperienze estetiche</i>, senza però specificare troppo cosa
siano. La prima caratteristica che appare evidente è che le esperienze estetiche abbiano una natura
<i>privata</i>. Detto diversamente, io posso avere un'esperienza estetica davanti a un quadro almeno
quanto tu puoi non averla, è qualcosa che non ha una natura prettamente pubblica come i tavoli o i
calcoli matematici. Se io indico un tavolo ci troviamo (quasi) tutti d'accordo che c'è un tavolo, se
dico che invece ho trovato un film formidabile all'uscita del cinema è più probabile che ci sia un
dissenso. Quindi un'esperienza estetica è qualcosa che ha un grado molto alto di variabilità.
</div><div><div style="text-align: justify;">Per cercare di afferrare meglio il concetto riporto questo passo in cui Dewey cerca di esemplificare</div><div style="text-align: justify;">dei casi di esperienza estetica:</div><div style="text-align: center;"><div style="text-align: left;"></div><blockquote><div style="text-align: left;"><span style="color: #010000;"><i>Un lavoro compiuto in modo soddisfacente, un problema risolto, un giuoco </i><i>che viene terminato; un modo d'essere come consumare un pasto, gioucare a </i><i>scacchi, fare una conversazione, scrivere un libro, o prendere parte a una </i><i>campagna politica, è un atto così definito che la sua conclusione è un </i><i>compimento e non una cessazione. […] Perché la vita non è una marcia o un </i><i>flusso uniformi e ininterrotti. È un insieme di storie, ciascuna con il suo </i><i>intreccio, il suo inizio e il suo movimento verso la conclusione, ciascuna con </i><i>il suo particolare movimento ritmico; ciascuna con la qualità irripetibile che </i><i>la pervade tutta. […] L'esperienza in questo senso vitale è definita da quelle </i><i>sensazioni ed episodi ai quali ci riferiamo spontaneamente come a </i><i>«esperienze reali»; da quelle cose di cui diciamo ricordandole, «che sono </i><i>state un'esperienza». […] In tali esperienze, ogni parte successiva scorre </i><i>liberamente, senza cuciture e senza spazi vuoti. Al tempo stesso non si </i><i>sacrifica in nessun modo l'identità di ciascuna parte come se stessa. Un fiume </i><i>si distingue da uno stagno per il fatto che scorre. Ma il suo scorrere dà alle </i><i>sue successive porzioni una definitezza e un interesse maggiore di quello che </i><i>esiste nelle porzioni omogenee di uno stagno. In un'esperienza lo scorrere è </i><i>scorrere da qualcosa a qualcosa.¹⁵</i></span></div></blockquote></div><div style="text-align: justify;">In questa complessa citazione vengono presentati molti concetti, alcuni chiari, altri più metaforici; è comunque possibile individuare dei tratti rilevanti.</div><div style="text-align: justify;">Prima di tutto l'esperienza estetica è un'esperienza completa, cioè è qualcosa che riguarda l'inizio e la fine di un'azione. Questo non basta chiaramente, poiché esistono moltissime esperienze complete che non sono estetiche. </div><div style="text-align: justify;">Immaginate di trovarvi a fare una partita di tennis con un amico, in questo caso la partita può iniziare e finire senza che voi abbiate particolari esperienze memorabili.</div><div style="text-align: justify;">Anzi, è possibile anche che vi annoiate molto¹⁶.</div><div style="text-align: justify;">Per questo non è sufficiente che un'azione sia completa, ma che sia anche <b>direzionata</b> e <b>intensiva</b>. Raffiniamo il caso della partita di tennis. Poniamo che voi stiate anche pensando ad altre cose: siete infastiditi perché dovete fare la spesa, siete preoccupati perché avrete un esame tra qualche giorno oppure vi sentite annichiliti dalla superiorità tecnica del vostro avversario.</div><div style="text-align: justify;">La vostra attenzione non è attivamente sulla partita, ma cambia continuamente, posandosi raramente su quello che avviene in campo (giusto il tempo di rispondere a una battuta). In quel caso non abbiamo un'esperienza estetica… a dire il vero non vediamo solo l'ora di tornare a casa.</div><div style="text-align: justify;">A un certo punto, all'inizio di uno scambio, cambia qualcosa. La vostra attenzione smette di vagare e iniziate a vedere solo la palla e i movimenti dell'avversario; in qualche modo iniziate a percepire il <b>ritmo</b> del gioco. Ogni movimento della palla, ogni azione dell'avversario diventa uno stimolo che vi fa capire quale sia l'origine di quella mossa e quale sarà la sua direzione successiva.</div><div style="text-align: justify;">Vi sentite inebriati e pieni di energie, letteralmente traboccanti di vitalità. Anche quei movimenti che fino a qualche momento prima erano stancanti, ora sono leggerissimi, quasi naturali.</div><div style="text-align: justify;">Esempi di questo genere sono spesso presenti in molte azioni che svolgiamo normalmente, dallo sport allo studio, dalla scrittura di articoli alle cene con gli amici. Chiaramente ognuna di queste azioni avrà una struttura differente, ma l'idea è che tutti questi casi fortuiti abbiano alcune proprietà comuni. Inoltre, tutte queste esperienze possono essere connotate da una qualche<b> tonalità emotiva</b>, magari mentre giochiamo possiamo provare una profonda stima per il nostro avversario, oppure tranquillità, o ancora rabbia o tristezza.</div><div style="text-align: justify;">L'idea di Dewey è proprio questa: un'esperienza estetica è un tipo di esperienza in cui quello che proviamo è, in qualche modo, <i>amplificato</i>. Quella particolare emozione che provavamo diventa piena e stabile, non è più solo qualcosa che tende a risolversi; per continuare l'esempio della partita di tennis, la bellissima sensazione di tranquillità che proviamo con un amico è qualcosa che diventa una componente della partita stessa ed è espressa dal modo in cui giochiamo. Cambia il modo in cui ci approcciamo alla palla, la leggerezza con cui ci muoviamo, l'attenzione che mettiamo nell'effettuare certe azioni e certi tipi di giocate.</div><div style="text-align: justify;">È importante sottolineare questo punto: quando siamo nel mezzo di un'esperienza estetica noi lo facciamo sempre in relazione a certe emozioni/sensazioni e provare un'esperienza estetica non è “un tipo di emozione a parte”¹⁷.</div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/a/AVvXsEiWPb85eY-Stiarvt4_BkFiUzRiEXz6BDPqfMvfrqt8NTAc_65SDY_tfLyKjakhVBboFmYwx3a8u7m6sXeNxHkWw3W0j19tknR6trcvZt00kdm8t5WN-FmSrJzJv7Y6JAqwkrtKGq2dZC0BTVNYbdApAulFlcYtBTzjL7v9YRG4IPqm1Mg3RufriguF=s906" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img alt="Ping Pong Taiyo Matsumoto Analisi Esperienza Estetica Masaaki Yuasa Manga" border="0" data-original-height="906" data-original-width="614" height="400" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/a/AVvXsEiWPb85eY-Stiarvt4_BkFiUzRiEXz6BDPqfMvfrqt8NTAc_65SDY_tfLyKjakhVBboFmYwx3a8u7m6sXeNxHkWw3W0j19tknR6trcvZt00kdm8t5WN-FmSrJzJv7Y6JAqwkrtKGq2dZC0BTVNYbdApAulFlcYtBTzjL7v9YRG4IPqm1Mg3RufriguF=w271-h400" title="Ping Pong Taiyo Matsumoto Analisi Esperienza Estetica Masaaki Yuasa Manga" width="271" /></a></div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">Per chiarirci ancora di più le idee, possiamo riportare ciò che Dewey dice non essere un'esperienza estetica:</div><div style="text-align: left;"><i></i></div><blockquote><div style="text-align: left;"><span style="color: #010000;"><i>I nemici dell'estetico non sono né il pratico né l'intellettuale. Essi sono la </i><i>stanchezza, la rilassatezza nel perseguire uno scopo, l'ossequio alle </i><i>convenzioni nei procedimenti pratici e intellettuali. La rigida astinenza, la </i><i>sottomissione forzata, la grettezza e la dissipazione da una parte, la </i><i>incoerenza e l'indulgenza senza scopo dall'altra sono deviazioni, in direzioni </i><i>opposte, dall'unità dell'esperienza.¹</i><i>⁸</i></span></div></blockquote><div style="text-align: justify;">Provare un'esperienza estetica sembra quindi essere legato anche a particolari forme di equilibrio con l'ambiente: non bisogna fare in modo che la nostra azione sia frustrante o eccessivamente carica di pathos, in quei casi l'emozione va a dissiparsi totalmente.</div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">Ora proviamo a fare mente locale. In <i>Ping Pong</i> ci sono due eventi in cui dei personaggi provano un'esperienza estetica, cioè le partite di Drago e Smile contro Peko.</div><div style="text-align: justify;">Per mancanza di spazio analizzerò solo la prima delle due partite, con la convinzione che mostrare come Dewey sia applicabile al primo match renda chiaro come interpretare anche la partita tra Peko e Smile. Se si riconoscono i tratti che rendono la partita tra Kazama e Hoshino un'esperienza estetica, è veramente difficile non ritrovarli anche durante la finale tra Peko e Smile.</div><div style="text-align: justify;">Nell'opera ci sono due indizi fondamentali che permettono di capire che Drago e Peko stanno avendo un'esperienza intensissima durante la loro partita: da una parte l'evento è rappresentato dal tratto di Matsumoto che diventa estremamente variegato e dinamico¹⁹, dall'altra abbiamo il report in prima persona fatto da entrambi, espresso dal dialogo interiore.</div><div style="text-align: justify;">A partire dalla metà del secondo set, Peko comprende che, per vincere contro Dragon, è necessario cambiare totalmente il suo stile di gioco. Il clima, teso e drammatico fino a quel momento, inizia gradualmente ad allentarsi; il tratto e il gioco diventano molto più adrenalinici ed energetici, ma anche più gioiosi. Possiamo vedere come questa particolare situazione abbia tutte le caratteristiche che le permettono di essere classificata come un'esperienza estetica (per come l'abbiamo descritta).</div><div style="text-align: justify;">Entrambi i giocatori si trovano sicuramente nel mezzo di un'esperienza <b>completa</b> e <b>direzionata</b>: banalmente, la partita va verso una conclusione che la rende “ben fatta”, cioè la fine del terzo set.</div><div style="text-align: justify;">Inoltre, dopo il suo cambio di stile, Hoshino riesce a stare al passo con Kazama, cosa che permette a ognuno dei due di vedere un avversario che <b>oppone resistenza</b>, ma senza essere eccessivamente forte o debole (cosa che non poteva realizzarsi fino a qualche minuto prima, a causa dello strapotere di Drago), questo scontro tra due forze quasi equivalenti viene anche espresso graficamente dal punteggio della partita, che continua a essere serratissimo per tutto il secondo set. È proprio questa resistenza reciproca che permette a entrambi di provare un'esperienza così forte e stringere un rapporto così profondo.</div><div style="text-align: justify;">Dai pensieri di Peko possiamo capire che si trova in una situazione estremamente peculiare, infatti si ritrova a pensare frasi bizzarre come:</div><div style="text-align: center;"><i></i></div><blockquote><div style="text-align: left;"><i><span style="color: #010000;">Io posso volare … Come un raggio di luce!</span></i></div><div style="text-align: left;"><i><span style="color: #010000;">Veloce come un fulmine!</span></i></div><div style="text-align: left;"><i><span style="color: #010000;">Gli impulsi corrono!</span></i></div><div style="text-align: left;"><i><span style="color: #010000;">Memoria illimitata!</span></i></div><div style="text-align: left;"><i><span style="color: #010000;">Ti spazzerò via!</span></i></div><div style="text-align: left;"><i><span style="color: #010000;">Reazioni!</span></i></div><div style="text-align: left;"><i><span style="color: #010000;">Riflessi!</span></i></div><div style="text-align: left;"><i><span style="color: #010000;">[…]</span></i></div><div style="text-align: left;"><span style="color: #010000;"><i>Mi muovo come una scheggia!</i><i>²</i><i>⁰</i></span></div></blockquote><p></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/a/AVvXsEgWzJy88ZJSMAjkw2mjQjdOWooe9Rn9SeEoqTM2zeUJb9HqqzXb_qvF3HkWsys6PA6GIYDyxrsbYg8I5odL-e_JbBSPcxI2tyW9ButEnUf2OOUVFHt4szfq5beytKFfOKwSZtzm81keFYM9zngnBNm7MsaQqu2A-vlyzDTGIsQdUAcaZVGAN_mKp0YZ=s1407" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img alt="Ping Pong Taiyo Matsumoto Analisi Esperienza Estetica Masaaki Yuasa Manga" border="0" data-original-height="1407" data-original-width="1055" height="400" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/a/AVvXsEgWzJy88ZJSMAjkw2mjQjdOWooe9Rn9SeEoqTM2zeUJb9HqqzXb_qvF3HkWsys6PA6GIYDyxrsbYg8I5odL-e_JbBSPcxI2tyW9ButEnUf2OOUVFHt4szfq5beytKFfOKwSZtzm81keFYM9zngnBNm7MsaQqu2A-vlyzDTGIsQdUAcaZVGAN_mKp0YZ=w300-h400" title="Ping Pong Taiyo Matsumoto Analisi Esperienza Estetica Masaaki Yuasa Manga" width="300" /></a></div><p></p><div style="text-align: justify;">La raffica di vignette che viene presentata nelle prime pagine della rimonta di Peko serve proprio a esprimere, in modo estremamente infantile, una sensazione di fortissima vitalità che il giocatore sta provando. Il fatto che vengano espresse tramite delle formule giocose e finzionali (ricordiamo che Peko sa benissimo che il suo ginocchio potrebbe infortunarsi per ogni mossa azzardata) è qualcosa che verrà approfondito nel prossimo articolo; in questo momento mi preme solo sottolineare come Peko provi un senso di profonda esaltazione e senta delle energie scorrere continuamente dentro di sé. Come se non bastasse questa evidenza, anche Wenge sottolinea la cosa parlando con il suo allenatore, dopo che questo gli dice che per Kazama deve essere dura trovare un avversario così forte:</div><div style="text-align: center;"><i></i></div><blockquote><div style="text-align: left;"><i><span style="color: #010000;">Chi lo sa. Lo stile di gioco di Hoshino non è ben definito.</span></i></div><div style="text-align: left;"><i><span style="color: #010000;">È come se amasse così tanto questo sport da non riuscire a trattenersi.</span></i></div><div style="text-align: left;"><span style="color: #010000;"><i>Giocare contro un avversario del genere...²</i><i>¹</i></span></div><div style="text-align: left;"><span style="color: #010000;"><i>Almeno, per me è così...²</i><i>²</i></span></div></blockquote><p></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/a/AVvXsEi3pwCU1KU4A6m_8f4olYLd9xr5DHP3DHjyRctkhzXvbMwNpEeFFo1zN5gkx_LVTOlah2QN8j3zpnq30oq_mfYP5Dcdu4R01A0ZPg-tUEAMbZL2nZptRZ84aD-PEmTE4GbbqMGg7kku4rk5QVQcQlWmk_JP4r8PUwy_HasIsDW4LuoDOjUwg5abD6h7=s1600" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img alt="Ping Pong Taiyo Matsumoto Analisi Esperienza Estetica Masaaki Yuasa Manga" border="0" data-original-height="1600" data-original-width="1056" height="400" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/a/AVvXsEi3pwCU1KU4A6m_8f4olYLd9xr5DHP3DHjyRctkhzXvbMwNpEeFFo1zN5gkx_LVTOlah2QN8j3zpnq30oq_mfYP5Dcdu4R01A0ZPg-tUEAMbZL2nZptRZ84aD-PEmTE4GbbqMGg7kku4rk5QVQcQlWmk_JP4r8PUwy_HasIsDW4LuoDOjUwg5abD6h7=w264-h400" title="Ping Pong Taiyo Matsumoto Analisi Esperienza Estetica Masaaki Yuasa Manga" width="264" /></a></div><br /><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><span style="text-align: left;">Dopodiché anche i pensieri di Kazama vengono esposti usando il dialogo interiore.
Anche qui il fatto che Kazama stia avendo un'esperienza unica è evidente:</span></div></div><blockquote><div style="text-align: left;"><div><i><span style="color: #010000;">Tutte le cellule del mio corpo sono in estasi.</span></i></div><div><i><span style="color: #010000;">Mi ordinano di andare più veloce.</span></i></div></div><div style="text-align: left;"><i><span style="color: #010000;">[…] </span></i></div><div style="text-align: left;"><i><span style="color: #010000;">Le cose che non puoi vedere...</span></i></div><div style="text-align: left;"><i><span style="color: #010000;">I suoni che non puoi sentire…</span></i></div><div style="text-align: left;"><i><span style="color: #010000;">La concentrazione elimina totalmente il mondo esterno.</span></i></div><div style="text-align: left;"><i><span style="color: #010000;">Il tempo si dilata così tanto che ci fa sembrare immobili.</span></i></div><div style="text-align: left;"><i><span style="color: #010000;">[…]</span></i></div><div style="text-align: left;"><i><span style="color: #010000;">È chiaro chi sia il migliore.</span></i></div><div style="text-align: left;"><i><span style="color: #010000;">Ma non c'è fretta.</span></i></div><div style="text-align: left;"><i><span style="color: #010000;">[…] </span></i></div><div style="text-align: left;"><i><span style="color: #010000;">Avere paura non serve!!!</span></i></div><div style="text-align: left;"><span style="color: #010000;"><i>Questo è un bel posto.²</i><i>³</i></span></div></blockquote><div style="text-align: justify;">Il modo in cui Matsumoto riesce a esprimere l'esperienza di Kazama è talmente lucido e pregnante che meriterebbe di essere letto direttamente dal testo. Quella che viene descritta è una situazione di <i>pienezza</i> nell'esperienza di Kazama. In questa scena Matsumoto descrive in modo estremamente concreto quello che avviene durante un'esperienza estetica, tanto da saper illustrare i singoli elementi che la caratterizzano. Drago è in una situazione di estasi totale, sente un'energia e una gioia che pervadono il suo corpo e lo spingono a muoversi con una leggerezza mai provata.</div><div style="text-align: justify;">Dopodiché ci si focalizza sul fatto che le esperienze estetiche siano esperienze in cui la componente <i>attenzionale</i> svolge un ruolo fondamentale: tutta la concentrazione del giocatore va sulla partita, tanto che i suoni e gli oggetti visivi vengono del tutto eliminati dal suo campo percettivo. Lui sta percependo solo quello che succede nella partita e nel suo corpo, in modo totalmente affine alla</div><div style="text-align: justify;">descrizione fornita da Dewey.</div><div style="text-align: justify;">Kazama è totalmente rapito da questa esperienza mai provata. Lo stesso Drago che tra i suoi imperativi aveva frasi come <i>perdere è come morire</i>²⁴, ora vuole comunque continuare a giocare nonostante sia consapevole che perderà. Il piacere che prova è tale da chiedere a Peko persino se succederà mai di avere un altro confronto, se sarà capace di <i>portarlo di nuovo in quel posto</i>. </div><div style="text-align: justify;">Non è veramente importante vincere o perdere, ma continuare a provare quel senso di realizzazione che viene dato dalla partita, non c'è alcun elemento mortifero nella sconfitta. La sconfitta è solo perdere a un gioco, così come la vittoria non è verità (o <i>inquietudine</i>, come sottolinea Kazama successivamente). </div><div style="text-align: justify;">Questa realizzazione di Drago viene espressa in modo magistrale dalle ultime frasi.</div><div style="text-align: justify;">Parlando di <i>paura</i>, Kazama chiaramente non intende riferirsi alla paura che possiamo provare quando un'opera d'arte ci cala in una situazione sublime o orrenda, ancora meno stiamo parlando della paura che proviamo quando ci troviamo di fronte a una bestia feroce; la paura di cui parla Drago è la frustrazione nel perdere, la tortura personale del sentirsi inferiori agli altri, del doversi umiliare e rinunciare al proprio orgoglio, del vedere i propri sforzi come inutili.</div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/a/AVvXsEju4Ne3LfCY002Krbp1il4rvreRxbeJeqdfc7BuKKhiTDOx472IdNDJvUE2y4RQrDRt4IsmWufQeSEyDa4vy2VeSV4mDh4UCKnT8Z_l5qp9liTMaPNxmUpAv9niYdiyZC-sn9kk6cf_MwXfGRM9ZX6t1M5onbotDjNubChwW-8BvunzhM7AI6eW_QWE=s1833" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img alt="Ping Pong Taiyo Matsumoto Analisi Esperienza Estetica Masaaki Yuasa Manga" border="0" data-original-height="1833" data-original-width="1239" height="400" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/a/AVvXsEju4Ne3LfCY002Krbp1il4rvreRxbeJeqdfc7BuKKhiTDOx472IdNDJvUE2y4RQrDRt4IsmWufQeSEyDa4vy2VeSV4mDh4UCKnT8Z_l5qp9liTMaPNxmUpAv9niYdiyZC-sn9kk6cf_MwXfGRM9ZX6t1M5onbotDjNubChwW-8BvunzhM7AI6eW_QWE=w270-h400" title="Ping Pong Taiyo Matsumoto Analisi Esperienza Estetica Masaaki Yuasa Manga" width="270" /></a><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/a/AVvXsEjM7aPR3aj6vvF0n7fW_tqwaMuoHwbVXW2LOLUUw0dkkQvgKwnoskFbB96BoZ2NZl-H-Wu-nd9lzpxITPA0F0NC-8m7c6eQRxnhSkFLTvsV6yd-967vCwIQFShEhZhSokf2cLG5O4WyFeTw0SGDUFXx2SMs6X7RuyGkk2yIm9KUxxq_o9HU3ujFQ7IM=s1833" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img alt="Ping Pong Taiyo Matsumoto Analisi Esperienza Estetica Masaaki Yuasa Manga" border="0" data-original-height="1833" data-original-width="1239" height="400" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/a/AVvXsEjM7aPR3aj6vvF0n7fW_tqwaMuoHwbVXW2LOLUUw0dkkQvgKwnoskFbB96BoZ2NZl-H-Wu-nd9lzpxITPA0F0NC-8m7c6eQRxnhSkFLTvsV6yd-967vCwIQFShEhZhSokf2cLG5O4WyFeTw0SGDUFXx2SMs6X7RuyGkk2yIm9KUxxq_o9HU3ujFQ7IM=w270-h400" title="Ping Pong Taiyo Matsumoto Analisi Esperienza Estetica Masaaki Yuasa Manga" width="270" /></a></div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">Durante la partita con Hoshino, Kazama comprende che il ping pong<i> non è dolore²</i>⁵, ma qualcosa che non aveva mai considerato. Una delle azioni che Drago effettua prima di ogni partita è quello di chiudersi in bagno, rituale che gli serve per tenere continuamente a mente quale sia la sensazione che si prova quando si è “sulla vetta”. In realtà questa azione ha un valore simbolico molto più complesso, come si intuisce dal dialogo che Kazama ha con Sakuma; l'ambiente claustrofobico in cui Drago si rinchiude non serve solo a rappresentare “la solitudine dell'eccellenza”, ma anche la totale assenza di motivi nel giocare a tennis-tavolo.</div><div style="text-align: justify;">Simboli e metafore spaziali sono molto presenti nell'opera di Matsumoto, ma credo che possano essere riassunte in due classi principali, cioè in un contrasto tra spazi <i>aperti</i> e<i> chiusi</i>.</div><div style="text-align: justify;">Da una parte troviamo gli <i>spazi aperti</i>, espressi da personaggi come Peko e Koizumi: si parla di <i>paesaggi che si possono vedere da una certa altezza</i>, di azioni come quella di <i>volare</i>, di <i>ali non </i><i>capaci di passare l'oceano</i>²⁶.</div><div style="text-align: justify;">Dall'altra troviamo degli spazi chiusi e claustrofobici, come quelli in cui si rifugiano Smile e Drago.</div><div style="text-align: justify;">Tra le due metafore, quella che ha un ruolo positivo in <i>Ping Pong</i> è chiaramente la prima: l'opera di Matsumoto è un modo per rappresentare un'apertura agli altri e alle pratiche che ci interessano. </div><div style="text-align: justify;">La cosa è perfettamente espressa dalle ultime frasi di Kazama che ho citato.</div><div style="text-align: justify;">“<i>Qui è un bel posto</i>” è una metafora che implica un movimento spaziale nella simbologia associata a Kazama: si passa da un luogo all'altro, dalle anguste mura del bagno in cui Kazama si rinchiude, a uno spazio più ampio. Uno spazio in cui esistono più possibilità e scelte, in cui è possibile perdere o sbagliarsi più facilmente, ma che è sicuramente più gratificante da esplorare.</div><div style="text-align: justify;">Questa situazione viene espressa in modo interessante anche nell'anime di Yuasa. Qui l'eroe, che viene rappresentato graficamente, a differenza del manga, entra dal tetto del bagno in cui il mostruoso Kazama è rinchiuso e, provocatoriamente, lo “invita a volare con lui” facendogli lasciare le mura in cui è rinchiuso.</div></div><div style="text-align: justify;">Matsumoto non sembra essere interessato a simili lirismi²⁷, ma comunque è innegabile che la rappresentazione di Yuasa colga il punto in modo particolarmente interessante.</div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">Arrivati a questo punto, immagino che sia sensato affermare che tra Matsumoto e Dewey non esista
una correlazione puramente accidentale. Come abbiamo visto per l'incontro tra Peko e Drago,
Matsumoto sembra essere consapevole del modo in cui un'esperienza estetica si articola: tramite il
pensiero di Kazama e di Peko l'autore riesce a parlare di una situazione di cui sicuramente ha piena
conoscenza, altrimenti è difficile spiegare come possa descriverla con una tale lucidità.
Potremmo comunque dire che, se questo è il contributo di Dewey per comprendere <i>Ping Pong</i>,
rimane comunque abbastanza limitato. Per questo motivo è mia intenzione far vedere che quello che
abbiamo toccato finora è solo la parte più esterna della relazione tra Matsumoto e Dewey.
Come ho già accennato, questo articolo ha più un ruolo <i>preparatorio</i>, serve cioè a fornire i concetti
necessari per comprendere il punto in cui i due autori hanno un contatto più profondo, cioè il ruolo
dell'<b>espressione artistica</b>. Questo è l'argomento su cui, a mio avviso, possiamo trovare le
correlazioni più solide tra i due; per arrivare a quel punto, però, era necessario fare una premessa
concettuale, quella stessa premessa che ho fornito in questa prima parte.
Compreso questo primo articolo è possibile quindi addentrarsi nel secondo, che sarà totalmente incentrato sul tema dell'espressione.</div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/a/AVvXsEhA1XRUt_UqG-0XzLLz2avTfBvkmgbYfd5WhdEHjZJmxSvP4ErYsLcpQ7gtdXdnu8diRA9xswBBDI5ypfryCLYyRS-hQLpiIGdUPoPRDE1OWulcWs_PMreGiQ-yc-370wiBSJyhjvqZLKOWf5Dj-NAhYyHH9FanG0hupOnfHmVeB3N4mCENeBN3xfPd=s1000" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img alt="Ping Pong Taiyo Matsumoto Analisi Esperienza Estetica Masaaki Yuasa Manga" border="0" data-original-height="1000" data-original-width="690" height="400" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/a/AVvXsEhA1XRUt_UqG-0XzLLz2avTfBvkmgbYfd5WhdEHjZJmxSvP4ErYsLcpQ7gtdXdnu8diRA9xswBBDI5ypfryCLYyRS-hQLpiIGdUPoPRDE1OWulcWs_PMreGiQ-yc-370wiBSJyhjvqZLKOWf5Dj-NAhYyHH9FanG0hupOnfHmVeB3N4mCENeBN3xfPd=w276-h400" title="Ping Pong Taiyo Matsumoto Analisi Esperienza Estetica Masaaki Yuasa Manga" width="276" /></a></div><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><br /></div><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><div style="text-align: justify;">Continua in: <a href="https://terreillustrate.blogspot.com/2021/10/ping-pong-di-matsumoto-taiyo-arte_25.html" target="_blank">Ping Pong di Matsumoto Taiyō: arte, estetica, espressione - Parte 2 di 2</a></div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/a/AVvXsEilLcoE-jMUCsPTFm0UeE-xJzGxEEPz25RiqSIUPPLR45ycQDwHySiwB1OESBgtZBsAJHpKfUVibyOm0GGzCSDCmdqBRGI-yUVVYYQa15xE3MGQ0Sh6JXwfiuw7_3cDXAo9sfAEzSOvPrJU0PZq4BmuRVGmq-zbYRWpR9YhzmZqpmeMG5hnkrYEMMt1=s1122" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="382" data-original-width="1122" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/a/AVvXsEilLcoE-jMUCsPTFm0UeE-xJzGxEEPz25RiqSIUPPLR45ycQDwHySiwB1OESBgtZBsAJHpKfUVibyOm0GGzCSDCmdqBRGI-yUVVYYQa15xE3MGQ0Sh6JXwfiuw7_3cDXAo9sfAEzSOvPrJU0PZq4BmuRVGmq-zbYRWpR9YhzmZqpmeMG5hnkrYEMMt1=s16000" /></a></div><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><br /></div><div style="text-align: justify;">Terre Illustrate è anche su <a href="https://www.facebook.com/TerreIllustrate/" rel="nofollow" target="_blank">Facebook</a>, su <a href="https://www.youtube.com/channel/UCrpH_4tLbR_fDlbmGoGJRcA/" rel="nofollow" target="_blank">Youtube</a> e su <a href="https://t.me/TerreIllustrate" rel="nofollow" target="_blank">Telegram</a>. Esiste anche <a href="https://t.me/TerreIllustrateGruppo" rel="nofollow" target="_blank">una chat di gruppo</a> su Telegram dove si riunisce la piccola community del blog.</div><div style="text-align: justify;"><br /></div></div><div style="text-align: justify;">Note</div><div style="text-align: justify;"><ol><li style="text-align: left;">Durante l'articolo tenderò a usare anch'io metafore che trovo alquanto antipatiche come “l'opera che parla di
qualcosa” oppure “il messaggio dell'opera”. Di fatto le opere d'arte sembrano avere un valore comunicativo, ma io
credo fermamente che questo dipenda dal modo in cui noi ci approcciamo a queste: le opere sono mute, non dicono
proprio nulla, tantomeno hanno un messaggio intrinseco. In ogni caso, userò comunque questi termini per facilitarmi
la vita e non finire troppo fuori strada con l'esposizione. </li><li style="text-align: left;">In italiano Arte come esperienza. Il testo che userò sarà quello dell'edizione La nuova Italia, con la traduzione di
Corrado Maltese. </li><li style="text-align: left;">In realtà è stato Matteo a darmi questa ottima indicazione mentre eravamo in fase di correzione.</li><li style="text-align: left;">In generale, credo che questo sia anche importante per capire la poetica di moltissime opere di Matsumoto Taiyō,
che sembra avere una sensibilità particolarmente spiccata per quella che è chiamata everyday aesthetics, cioè
l'estetica del quotidiano, campo di studio che ha iniziato a fiorire proprio a partire dagli scritti di Dewey.</li><li><p style="text-align: left;">Nel primo capitolo di Arte come Esperienza possiamo trovare questo passo che chiarisce molto bene l'idea che l'arte sia qualcosa che viene dall'uomo come essere vivente, che usa gli oggetti artistici come uno strumento per migliorare la qualità della propria vita: L'esistenza dell'arte è la prova concreta di ciò che è stato affermato astrattamente.<br /></p><blockquote style="text-align: left;"><span style="color: #010000;"><i>È la prova che l'uomo adopera i materiali e le energie della natura con l'intento di espandere la propria vita, e che egli fa così secondo la struttura del proprio organismo: cervello, organi sensori e sistema muscolare. L'arte è la prova vivente e concreta che l'uomo è capace di ripristinare consapevolmente, e pertanto sul piano razionale, l'unità di senso, bisogno, impulso e azione caratteristica della creatura viva. </i></span></blockquote></li><li style="text-align: left;">Una piccola puntualizzazione da fare: qui ho detto che tutte queste cose “possono essere” opere d'arte, cioè ognuna di
queste pratiche può diventare un'arte. Di fatto, a livello sociale, non sono attualmente riconosciute come tali. La
questione potrebbe sembrare inutilmente complessa per qualcuno, ma posso provare a spiegare perché non lo è. Quello
che qui stiamo dicendo è che il concetto di arte è un concetto fissato in modo accidentale a livello storico. Detto
diversamente, architettura, pittura, etc. sono classificate come arti solo perché la nostra storia sociale è andata in un
certo modo. Potremmo immaginare senza alcun tipo di problema una storia alternativa della società umana in cui le arti
sono: cucina, cricket, tetris competitivo, videomaking, etc. e non veder figurare in mezzo cose come l'architettura o la
musica. Il punto della questione è che un oggetto non è intrinsecamente arte; se un oggetto è arte o meno dipende da noi
(dal modo in cui giochiamo con il linguaggio). Poniamo invece di avere un litro di acqua di fronte, il fatto che sia
composto da H₂O non dipende da noi; la sua struttura chimica rimarrebbe quella anche se non esistesse nessun vivente
che fa esperienza dell'acqua. Pur consapevole del mio errore storico, d'ora in avanti userò comunque “arte” e “oggetto
che provoca esperienze estetiche” quasi come intercambiabili; per gli scopi modesti dell'articolo preferisco usare un
linguaggio a grana molto grossa, che però permetta di esprimere in modo efficace alcuni concetti fondamentali. Sono
debitore verso l'amico B.N. per la preziosa osservazione che mi ha fatto mentre correggeva la mia bozza.</li><li style="text-align: left;">Ma è sufficiente? Qualcuno potrebbe lecitamente dire che la definizione di arte potrebbe richiedere altri elementi. In
ogni caso, quello che mi interessava era solo far vedere che quelle tre condizioni non andavano per niente d'accordo.</li><li style="text-align: left;">Forse Wenge e Sakuma potrebbero essere intesi in questo senso, come dei personaggi che cercano di “sovvertire” il
loro ruolo sociale cercando un riscatto. Secondo me un'interpretazione simile è abbastanza superficiale e incapace di
spiegare in modo adeguato entrambi i personaggi. Wenge infatti cerca inizialmente di avere un riscatto dopo essere
stato eliminato dalla sua squadra, ma la cosa sfuma dopo l'incontro con Drago, diventando un'occasione concreta per
parlare di contaminazione sociale e di come un giocatore finito possa riscoprire un senso in ciò che fa tramite
l'interazione con gli altri. Per Sakuma, invece, quello che può sembrare un riscatto contro Peko, almeno in
superficie, è un dramma radicato nell'handicap che impedisce al personaggio di brillare nello sport a cui sta
dedicando anima e corpo. L'enorme discorso sul rapporto tra talento e apprendimento purtroppo non sarà affrontato
nell'articolo.</li><li style="text-align: left;">Nota già più presente in Yuasa, che inserisce certi elementi che cercano di dare più emotività e ragioni a personaggi
come Kazama e Wenge. Persino la scena del salto dal ponte di Peko diventa un modo per rendere più carica la scena.
Chiaramente non intendo dire che una delle due sia sbagliata, ma che siano scelte di narrazione differenti.</li><li style="text-align: left;"> Ping Pong, vol. 1, p.154.</li><li style="text-align: left;">Viene spesso rimarcata l'affinità tra il Mister Koizumi e Tsukimoto, in diversi punti. Chiaramente la somiglianza più
evidente è la scelta di perdere volontariamente contro un amico (scelta che diventa molto più ingombrante e retorica
nell'opera di Yuasa), oppure il fatto che anche Tsukimoto inizi a usare l'inglese come il maestro. La cosa può essere
risolta riferendosi al rapporto tra maestro e allievo (o tra genitore e figlio) e quindi il fatto che Tsukimoto imparì a
essere come Butterfly Jo. Una parte di me però non riesce a essere troppo convinta della cosa e continua comunque
a pensare che possa esserci un intento simbolico nell'opera (uno dei pochissimi) di rappresentare una ripetizione tra
la figura di Koizumi e quella di Tsukimoto, che quindi sarebbe una sorta di “Smile più vecchio” (cosa che invece
Yuasa sembra avere in mente in modo meno equivocabile). Nonostante questo, continuo a preferire la prima
interpretazione e far rimanere l'uso metaforico/simbolico in Matsumoto il meno presente possibile.</li><li style="text-align: left;"> Ad esempio in Experience and Nature.</li><li style="text-align: left;">Arte come Esperienza, p. 33.</li><li style="text-align: left;"> Questo messaggio è stato compreso e rappresentato in modo molto più esplicito da Yuasa. Basti pensare al karaoke
di Wenge, il finale della partita tra Peko e Smile o, più marginalmente, al testo della bellissima ending Bokura ni
tsuite.</li><li style="text-align: left;"> Arte come Esperienza, pp. 44-45. </li><li style="text-align: left;">Ancora di più se, invece di azioni sportive, prendete compiti come quello di studiare un testo o svolgere un esercizio
di matematica. </li><li style="text-align: left;">Se così fosse, questa cosa andrebbe a supporto di quella che avevamo chiamato visione museale, per cui esiste un
tipo preciso di emozione associata all'esperienza artistica. L'estetico però non è un tipo di emozione, ma un tipo di
esperienza. Come abbiamo esperienze con un ritmo scostante, non unitario, incompleto, … così esistono esperienze
unitarie, complete, costanti etc. ; l'esperienza estetica è un tipo di esperienza “strutturale” che ha anche una
colorazione emotiva. Da lì possiamo avere un'esperienza piena anche della rabbia, dell'orrore o di altre emozioni
che solitamente non vengono definite “artistiche”, ma che invece possono essere strutturate in modo estetico almeno
quanto la gioia o l'esperienza del sacro. </li><li style="text-align: left;"> Arte come esperienza, p. 49.</li><li style="text-align: left;">Non entro in dettagli più approfonditi per almeno due motivi. Il primo è che non sono un disegnatore, quindi in
questi casi provo sempre quel disagio collaterale di chi parla di qualcosa avendola sempre studiata “da lontano”. Il
secondo è che, anche se provassi ad analizzare come la scena (a livello grafico) permetta di rappresentare l'euforia
della partita, la lunghezza dell'articolo raddoppierebbe. In quei capitoli, infatti, lo stile di Matsumoto cambia in
modo forsennato, usando espedienti grafici che permettono di esprimere, vignetta per vignetta, sensazioni differenti.
La soluzione più sensata sarebbe di andare ad analizzare ogni singola vignetta, cosa chiaramente troppo complessa
per questo articolo. Con tutte le buone intenzioni, mi affido all'intuizione e alla capacità di giudizio del lettore. </li><li style="text-align: left;">Ping Pong, vol.5, pp. 69-71.</li><li style="text-align: left;">Qui Wenge lascia la frase volutamente incompiuta, l'implicito più sensato potrebbe essere che lui riesca a capire
Kazama anche solo guardando Peko giocare, da qui il valore avversativo della risposta.</li><li style="text-align: left;">Ping Pong, vol.5, p. 100 </li><li style="text-align: left;">Ping Pong, vol.5, pp. 112-126 </li><li style="text-align: left;">Ping Pong, vol.5, p. 40</li><li style="text-align: left;">Ping Pong, vol.5, p. 47</li><li style="text-align: left;">Il personaggio di Butterfly Jo forse può anche essere interpretato in questo senso, come un atleta leggiadro ed
elegante, capace di volare, ma con un'autonomia estremamente ridotta; interpretazione che rappresenta benissimo il
dramma del Mister</li><li><div style="text-align: left;">Yuasa per esempio dà a ognuno dei giocatori una figura che serve a rappresentare intenzioni, desideri, stati d'animo
dei personaggi. Matsumoto invece tende a inserire elementi di irrealtà all'interno della tavola per motivi
principalmente grafici.</div></li></ol></div>Matteo Caronnahttp://www.blogger.com/profile/10086506494488683489noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-4845466152094305459.post-16253493899552211862021-02-25T09:03:00.002+01:002021-10-28T14:52:46.259+02:00Mamoru Oshii: Introduzione alla Kerberos e Tachiguishi Saga<p></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEh1hB3pizHiLhiF69K-z_t5YurlowT6DiH-_J0gjrIT6zbSNBEzRt15t4BGW9BCKtGGbmNbPXsLw0IRxDz_EOstldoOSSBLFkcWQeuuZVwbjcEx2ESzR-u1QOSfNiEQQOkqyq6GzUObmrI/s1920/caronnambnail.png" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="1080" data-original-width="1920" height="360" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEh1hB3pizHiLhiF69K-z_t5YurlowT6DiH-_J0gjrIT6zbSNBEzRt15t4BGW9BCKtGGbmNbPXsLw0IRxDz_EOstldoOSSBLFkcWQeuuZVwbjcEx2ESzR-u1QOSfNiEQQOkqyq6GzUObmrI/w640-h360/caronnambnail.png" width="640" /></a></div><br /><p></p><span><a name='more'></a></span><div>La <b>Kerberos</b> e la <b>Tachiguishi</b> sono le due saghe che rappresentano il "lavoro di una vita" di <b>Mamoru Oshii</b>, regista conosciuto prevalentemente per i film d'animazione di <b>Ghost in the Shell</b> e <b>Patlabor</b>. Si tratta di storie che abbracciano diversi media (manga, film live action, radio drama, romanzi..) e che sono ambientate in un universo parallelo in cui il Giappone è stato sconfitto nella Seconda Guerra Mondiale non dagli Stati Uniti d'America ma dalla Germania, che ha poi anche occupato la nazione. Queste saghe sono probabilmente la parte più personale della sua produzione artistica e nonostante ciò sono totalmente sconosciute alla maggior parte dei fan dei suoi film d'animazione. L'unica eccezione è <b>Jin-Roh Uomini e Lupi</b>, terzo film della <b>Kerberos Saga</b>, che è anche il capitolo più famoso di questo complesso mosaico.</div><div><br /></div><div>Con questo video ho voluto ricostruire la genesi e tutta la produzione di questa sterminata saga, raccogliendo curiosità e dietro le quinte da accompagnare a un'analisi dei vari capitoli per fornire una chiave di lettura per interpretare queste opere quanto più esaustiva e interessante possibile. </div><div><br /></div><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><iframe allowfullscreen="" class="BLOG_video_class" height="578" src="https://www.youtube.com/embed/0bioATuJtDo" width="778" youtube-src-id="0bioATuJtDo"></iframe></div><br /><div><br /></div><div>Opere di cui ho parlato:</div><div><br /></div><div>Urusei Yatsura (Lamù)</div><div>The Red Spectacles</div><div>Kerberos Panzer Cop</div><div>Stray Dog</div><div>Jin-Roh Uomini e Lupi</div><div>Kerberos Rainy Dogs</div><div>Kerberos Panzer Jager</div><div>Tachiguishi Retsuden</div><div>Kerberos & Tachiguishi - La ragazza dell'Harahara Tokei</div><div><br /></div><div><div>Link Amazon per sostenere il canale</div><div><br /></div><div>Jin-Roh Uomini e Lupi: <a href="https://amzn.to/3kx9j9L">https://amzn.to/3kx9j9L</a></div><div>Kerberos & Tachiguishi - La ragazza dell'Harahara Tokei: <a href="https://amzn.to/2Nvniki">https://amzn.to/2Nvniki</a></div></div><div><br /></div><div><span style="text-align: justify;">Gli altri approfondimenti</span> su <a href="https://terreillustrate.blogspot.com/search/label/Mamoru%20Oshii">Mamoru Oshii</a>.</div><div><br /></div><div>Per concludere vi invito come al solito a <b>seguirmi sui canali social</b> (<a href="https://www.facebook.com/TerreIllustrate/" rel="nofollow" target="_blank"><b>Facebook</b></a> e <a href="https://t.me/TerreIllustrate" rel="nofollow" target="_blank"><b>Telegram</b></a>) su cui ovviamente segnalerò sempre ogni nuovo video e <a href="https://t.me/TerreIllustrateGruppo" rel="nofollow" target="_blank">sulla chat di Gruppo</a> per chiacchierare di questo e altri argomenti affini al blog.</div><p></p>Matteo Caronnahttp://www.blogger.com/profile/10086506494488683489noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-4845466152094305459.post-10959839902945862242021-01-17T21:13:00.003+01:002021-10-28T14:53:05.517+02:00Lupin III Green vs Red, analisi di un film poco compreso<p> </p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgJdzOufG7oKHVuHBaU4wbu0Cm6vGGwnEv5UzaR9uFEETfhXF67Mb_yes44q4IYpS5tbjsqHmP5WEZY2s28EqEonWLov6URqTV5EBe-9fSZWhVgJupCeWo0Okr7xA_HhdnYRn8iG7xIgKc/s1280/New+Project+%25281%2529.png" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="720" data-original-width="1280" height="360" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgJdzOufG7oKHVuHBaU4wbu0Cm6vGGwnEv5UzaR9uFEETfhXF67Mb_yes44q4IYpS5tbjsqHmP5WEZY2s28EqEonWLov6URqTV5EBe-9fSZWhVgJupCeWo0Okr7xA_HhdnYRn8iG7xIgKc/w640-h360/New+Project+%25281%2529.png" width="640" /></a></div><p><span></span></p><a name='more'></a>Primo articolo dell'anno, in realtà un nuovo video essay per YouTube. Un'analisi di Green vs Red ce l'avevo in testa da un bel po' e sono felice di essere riuscito finalmente a trovare le parole giuste per poter parlare di questo film e rendergli finalmente giustizia. <p></p><p>Con la sua trama enigmatica e allegorica, Green vs Red (Verde contro Rosso che dir si voglia) è un film che a una prima visione lascia sempre lo spettatore con il desiderio di cercare spiegazioni: una spiegazione del finale, una spiegazione della trama, delle tematiche, della sua posizione nel canone (che, vi dico sin da qui, non c'è). In questo breve video spero di essere riuscito a racchiudere una chiave di lettura quanto più comprensiva e accessibile possibile.</p><p><span style="text-align: justify;">Gli altri approfondimenti su </span><a href="https://terreillustrate.blogspot.com/search/label/Lupin%20III" style="text-align: justify;">Lupin III</a><span style="text-align: justify;">.</span><br /><br /><i>T</i><i>erre Illustrate è anche su <a href="https://www.facebook.com/TerreIllustrate/" rel="nofollow">Facebook</a> e <a href="https://t.me/TerreIllustrate" rel="nofollow" target="_blank">Telegram</a>.</i></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><iframe allowfullscreen="" class="BLOG_video_class" height="590" src="https://www.youtube.com/embed/rz548vXKi8M" width="710" youtube-src-id="rz548vXKi8M"></iframe></div><br /><p><br /></p><p><br /></p><p><br /></p>Matteo Caronnahttp://www.blogger.com/profile/10086506494488683489noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-4845466152094305459.post-77905316254168852862020-11-17T09:50:00.004+01:002021-10-28T14:53:25.654+02:00Mamoru Nagano e Gothicmade, il film che non vedremo mai<p></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgKL96kCxVUOVo2qIzIAl4XumPht3VURvL6TCIxWbPQx4Ehtnm1fufwJIYsbNal5tBupUnoOd36K14Qt5itM1no1tSdyFuNPcMMqm1Wkw6xuQSN91MnjJH_wIOEGgewDr28KsiNVPhyphenhyphen9Bw/s1280/IL+FILM+ANIME+CHE+%25281%2529.png" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="720" data-original-width="1280" height="360" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgKL96kCxVUOVo2qIzIAl4XumPht3VURvL6TCIxWbPQx4Ehtnm1fufwJIYsbNal5tBupUnoOd36K14Qt5itM1no1tSdyFuNPcMMqm1Wkw6xuQSN91MnjJH_wIOEGgewDr28KsiNVPhyphenhyphen9Bw/w640-h360/IL+FILM+ANIME+CHE+%25281%2529.png" width="640" /></a><br /><br /><span><a name='more'></a></span><div style="text-align: left;">Da un po' avevo il desiderio di provare a realizzare qualche contenuto direttamente per la piattaforma YouTube e l'aver iniziato a sperimentare con <a href="https://www.twitch.tv/terreillustrate">Twitch</a> mi ha dato la spinta necessaria per buttarmici. Ho iniziato con un argomento che fosse leggero e allo stesso tempo interessante: una breve storia di Mamoru Nagano e di Gothicmade, film che fa parte della monumentale saga manga The Five Star Stories e che probabilmente non vedremo mai nonostante sia già uscito da tempo nei cinema giapponesi. È un po' storia dell'animazione e un po' storia d'amore.</div><div style="text-align: left;"><br /></div><div style="text-align: left;">Sono consapevole che il video ha un po' di problemi tecnici ma spero che i contenuti del video riescano a farvi mandare giù i vari difetti, cercherò sicuramente di migliorare con i prossimi.</div><div style="text-align: left;"><br /></div><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><iframe allowfullscreen="" class="BLOG_video_class" height="555" src="https://www.youtube.com/embed/w7cNAyDCdqY" width="668" youtube-src-id="w7cNAyDCdqY"></iframe></div><div style="text-align: left;"><br /></div><div style="text-align: left;">Per concludere vi invito come al solito a <b>seguirmi sui canali social</b> (<a href="https://www.facebook.com/TerreIllustrate/" rel="nofollow" target="_blank"><b>Facebook</b></a> e <a href="https://t.me/TerreIllustrate" rel="nofollow" target="_blank"><b>Telegram</b></a>) su cui ovviamente segnalerò sempre ogni nuovo video e <a href="https://t.me/TerreIllustrateGruppo" rel="nofollow" target="_blank">sulla chat di Gruppo</a> per chiacchierare di questo e altri argomenti affini al blog.</div></div><span><!--more--></span><span><!--more--></span><p></p>Matteo Caronnahttp://www.blogger.com/profile/10086506494488683489noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-4845466152094305459.post-75648157608979948012020-11-11T18:49:00.006+01:002021-06-09T18:39:26.453+02:00Chiacchierata su Lupin III con Andrea Yuu Dentuto<p></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiQ0Lqjrlg1bIFGAQG9EY6J8zvqoLx_cUBHJM_gI3_bP7ht8sGSoRQw9NGEq6w526NqsuNEZghfpdbBui3AUJz9Lj9ZnI5z2yXjQWWBBMCD6xAMYclYHkH8Q0sMbWX0EL8byzhCKiPoRM4/s1280/Immagine.png" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="720" data-original-width="1280" height="360" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiQ0Lqjrlg1bIFGAQG9EY6J8zvqoLx_cUBHJM_gI3_bP7ht8sGSoRQw9NGEq6w526NqsuNEZghfpdbBui3AUJz9Lj9ZnI5z2yXjQWWBBMCD6xAMYclYHkH8Q0sMbWX0EL8byzhCKiPoRM4/w640-h360/Immagine.png" width="640" /></a></div><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><br /></div><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><span><a name='more'></a></span></div>Questo qui sopra sembra il manifesto di una festa a tema e in fondo un po' si tratta di quello, Venerdì 13 Novembre vi aspetto infatti per una chiacchierata su <b>Lupin III</b> sul <a href="https://www.twitch.tv/terreillustrate" rel="nofollow" target="_blank">mio canale Twitch</a> alle 21:30. L'obiettivo sarà parlare a ruota libera di tutto, dalle opere cartacee alle tante incarnazioni animate, cercando magari di non cadere nei soliti discorsi retorici che si fanno sempre quando si parla di Lupin.<div><br /></div><div>Venerdì voglio scavare nella materia viva di Lupin III e di tutte le opere che lo riguardano, anche perché al mio fianco ci sarà un ospite veramente d'eccezione: <b>Andrea "Yuu" Dentuto</b>. Per chi non lo conoscesse, Andrea è uno storico di Lupin III ed è stato amico personale di <b>Monkey Punch</b>, conosciuto a Lucca Comics nel 1994 quando il sensei venne in Italia per festeggiare l'uscita della prima edizione italiana del manga di Lupin. Poco dopo è volato anche in Giappone dove ha lavorato come animatore nello <b>Studio Telecom</b>, lo stesso Studio Telecom che da oltre 40 anni lavora su Lupin III, e ha contribuito a opere come Lupin III: La Profezia di Nostradamus, Animaniacs e Virtua Fighter. Non solo, Andrea è anche l'unico occidentale ad aver disegnato un manga di Lupin III pubblicato in Giappone sul <b>Lupin III Official Magazine</b>. Insomma, non potevo avere una compagnia migliore per una serata a tema Lupin III.<br /><br />Per conoscerlo meglio vi rimando a un'intervista di quest'anno condotta da Francesco Chiatante per Animeclick: <a href="https://www.animeclick.it/news/85455-andrea-yuu-dentuto-intervista-al-disegnatore-e-animatore-italiano-che-lavoro-su-lupin-e-non-solo-in-giappone">https://www.animeclick.it/news/85455-andrea-yuu-dentuto-intervista-al-disegnatore-e-animatore-italiano-che-lavoro-su-lupin-e-non-solo-in-giappone</a><br /><br />Ovviamente per la mia live con Andrea vi aspetto venerdì sera <a href="https://www.twitch.tv/terreillustrate">sul canale Twitch</a>, ma potrete anche recuperarla il giorno dopo <a href="https://www.youtube.com/channel/UCrpH_4tLbR_fDlbmGoGJRcA/" rel="nofollow" target="_blank">sul mio canale Youtube</a>. Aggiornerò anche questo post così potrete trovarla direttamente qua.</div><div><br /></div><div>Aggiornamento: Ecco la replica su Youtube della live! Ne è uscita una chiacchierata secondo me preziosissima sul ladro gentiluomo, sul sensei Monkey Punch, sulle produzioni animate a lui legate e sul manga di prossima pubblicazione per Nippon Shock edizioni che racconta la storia di Weekly Manga Action, prima rivista seinen manga su cui furono pubblicati capisaldi come Lone Wolf and Cub e il nostro Lupin III. Andrea ci ha anche raccontato diverse chicche tra cui la reazione di Monkey Punch al cortometraggio Basette di Gabriele Mainetti e alcuni dietro le quinte legate all'anime di Lupin.<br /><p></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><iframe allowfullscreen="" class="BLOG_video_class" height="437" src="https://www.youtube.com/embed/X_K4rG5zfHs" width="567" youtube-src-id="X_K4rG5zfHs"></iframe><br /><br /><div style="text-align: left;">Come ultima cosa vi informo che l'appuntamento del venerdì sera alle 21:30 sarà fisso con ospiti e argomenti a rotazione. Su Youtube trovate anche la diretta della settimana scorsa <a href="https://www.youtube.com/watch?v=WFhLW3aodso" rel="nofollow" target="_blank">dedicata alle opere poco conosciute di Hideaki Anno</a>.<br /><br />Per concludere vi invito come al solito a <b>seguirmi sui canali social</b> (<a href="https://www.facebook.com/TerreIllustrate/" rel="nofollow" target="_blank"><b>Facebook</b></a> e <a href="https://t.me/TerreIllustrate" rel="nofollow" target="_blank"><b>Telegram</b></a>) su cui ovviamente segnalerò sempre con un po' di anticipo ogni nuova diretta e <a href="https://t.me/TerreIllustrateGruppo" rel="nofollow" target="_blank">sulla chat di Gruppo</a> per chiacchierare di questo e altri argomenti affini al blog.</div></div></div>Matteo Caronnahttp://www.blogger.com/profile/10086506494488683489noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-4845466152094305459.post-9573453805698837112020-10-22T15:54:00.014+02:002021-10-25T00:35:55.137+02:00Il problema di One-Punch Man<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgvawNf2yxDdE5QktjPu6u6ag-BfvFEOcVAYH4CQs1wd62ObsakhZ__uni6ZCgSetlZMV3ZIg_YqEHBWV06SBl2R92AuFU6LS_RH_YFCHZMYFtxHemABlAdr4L0K2TmT_oNHGnE6P2yuqU/s740/One+Punch+Man+Analisi+Recensione.png" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img alt="Analisi Recensione One-Punch Man di Yusuke Murata e ONE" border="0" data-original-height="500" data-original-width="740" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgvawNf2yxDdE5QktjPu6u6ag-BfvFEOcVAYH4CQs1wd62ObsakhZ__uni6ZCgSetlZMV3ZIg_YqEHBWV06SBl2R92AuFU6LS_RH_YFCHZMYFtxHemABlAdr4L0K2TmT_oNHGnE6P2yuqU/s16000/One+Punch+Man+Analisi+Recensione.png" title="Analisi Recensione One-Punch Man di Yusuke Murata e ONE" /></a><span><a name='more'></a></span></div><p style="text-align: left;"><i>One-Punch Man</i> nasce come <b>webcomic</b> amatoriale realizzato nel tempo libero da un impiegato che pubblica sotto lo pseudonimo di <b>ONE</b>, diviene poi un manga pubblicato ufficialmente sia in digitale che in cartaceo con i disegni di<b> Yusuke Murata</b> (Eyeshield 21), e infine un anime prodotto dallo studio <b>Madhouse</b> (Paprika, Hunter x Hunter 2011). È sicuramente una delle opere del panorama dei manga degli anni '10 del 2000 che verrà più ricordata, grazie non solo all'idea geniale del suo incipit (un supereroe invincibile frustrato dalla sua stessa forza), ma anche per il grande successo di pubblico e di critica, sia in Giappone che qui in Occidente, Italia compresa. Da noi la discussione attorno a questo titolo è un po' polarizzata attorno a una chiave di lettura parzialmente scorretta che lo vede come parodia, o addirittura decostruzione, del genere che chiamiamo <b>Battle Manga</b> (o Battle Shonen, se vogliamo riferirci a un target specifico) i cui esponenti più noti sono opere come Dragon Ball, Naruto, Hunter x Hunter e così via; storie in cui gli allenamenti, l'acquisizione di nuovi poteri e, soprattutto, i combattimenti, sono il focus principale della narrazione. Pensare che One-Punch Man faccia principalmente il verso a questo genere di opere è un fraintendimento figlio di questo errore tutto occidentale del ricondurre qualsiasi manga d'azione ai Battle Manga (e qualsiasi Battle Manga al target Shonen) e al tentativo di applicare all'opera un'interpretazione basata sul nostro bagaglio culturale, spesso dominato da <b>Dragon Ball Z</b> per quel che concerne le opere giapponesi, ignorando quello dei giapponesi stessi che, per forza di cose, è radicalmente diverso. Paradossalmente l'elemento che ci si dimentica dell'equazione di One-Punch Man è quello che a un primo sguardo dovrebbe essere il più lampante: <b>il supereroe</b>.</p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhgzxp6-2H1HyOGiITL5dOjvec5cU8byNBqJ1GQyiJsT37dGmPqWkOnsZz4xDVymvdhf7VN0Jl4_eZugxDz1ADZvZVmAwbMeCgzpUmvQUqZQuG8z7ui6lF1VkkdRGGowrhvXnREZfNCknw/s1038/Cyborg+009+anatomy+1.jpg" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="1038" data-original-width="600" height="320" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhgzxp6-2H1HyOGiITL5dOjvec5cU8byNBqJ1GQyiJsT37dGmPqWkOnsZz4xDVymvdhf7VN0Jl4_eZugxDz1ADZvZVmAwbMeCgzpUmvQUqZQuG8z7ui6lF1VkkdRGGowrhvXnREZfNCknw/s320/Cyborg+009+anatomy+1.jpg" /></a><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhox9Yqc8P5kehkhv5XkGAI1F2PaUMbkDfrNXEo6LiUoGNf_l7X3Q23TH0O5eHUP5i6nkKtCnSXQt50mkPDua0Jc5VKzizFRJa02Yae_qbzbHEn_Vyz2CixZ1InRBrJ1alIAvv3o-DvAUI/s1500/One+Punch+Man.jpg" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img alt="Tokusatsu Japanese Superheroes" border="0" data-original-height="1500" data-original-width="1059" height="320" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhox9Yqc8P5kehkhv5XkGAI1F2PaUMbkDfrNXEo6LiUoGNf_l7X3Q23TH0O5eHUP5i6nkKtCnSXQt50mkPDua0Jc5VKzizFRJa02Yae_qbzbHEn_Vyz2CixZ1InRBrJ1alIAvv3o-DvAUI/w226-h320/One+Punch+Man.jpg" title="Tokusatsu Supereroi Giapponesi" width="226" /></a></div></div><p style="text-align: left;">Spesso associato unicamente a quelli Marvel e DC, il mito del supereroe è radicato nella cultura giapponese tanto quanto in quella americana e persino da più tempo (<b>Golden Bat</b>, detto <b>Fantaman</b> nell'adattamento italiano, nasce nel 1931 ed è considerato il primo supereroe della cultura moderna). Questo fenomeno culturale partì nei <b>Kamishibai</b>, spettacoli itineranti di teatrini di carta molto famosi negli anni '30, e si espanse prima al cinema e poi nei manga, negli anime e nelle serie TV tokusatsu (genere famoso per i suoi effetti speciali) continuando ancora oggi a riscuotere grande successo al punto da rappresentare uno dei pilastri dell'infanzia di tutti i giapponesi. È qui che bisogna andare a ricercare le vere origini di One-Punch Man, nei supereroi <b>tokusatsu</b> della <b>Toei</b>, nei personaggi cartacei e non di <b>Mitsuteru Yokoyama</b> e <b>Shotaro Ishinomori</b> e tutto il filone derivato. È questo l'enorme calderone a cui ONE fa il verso con i suoi eroi, con i <b>kaiju</b>, gli <b>"sgherri"</b> e le organizzazioni dei villain che mette loro contro in questa battaglie il cui sfondo sono le tante città tutte anonime, tutte uguali e tutte palesemente Tokyo. Anche la struttura da "<b>Monster of the Week</b>" è palesemente derivativa da quel tipo di storie. Un genere che sicuramente si interfaccia con quello del Battle Manga, ma che non è la stessa cosa. È indubbio che l'invincibilità di Saitama si presti bene a essere interpretata come un sovvertimento della meccanica dell'allenamento e del power-up graduale tipica del Battle, ma applicare questa chiave di lettura all'opera come fosse l'unica corretta è un approccio un po' rigido che non tiene conto di tutto il resto. Le origini di Saitama sono anche e soprattutto la parodia di quella dei supereroi giapponesi, a partire dalla sua presentazione come "Eroe per hobby" che sostituisce i classici proclami sulla giustizia, passando poi per la sua insoddisfazione per la mancanza di un avversario adeguato che lo scuota dalla sua alienazione, caratteristica che ricordi i conflitti interiori dei supereroi di Shotaro Ishinomori che ottenendo i loro poteri finivano per sentirsi sempre più lontani dalla loro umanità. Saitama non ha ottenuto la sua forza grazie agli esperimenti di uno scienziato né è un poliziotto galattico in missione per proteggere la Terra, è semplicemente un uomo che ha rinunciato a trovare lavoro e ha deciso di allenarsi tutti i giorni per fare l'eroe. È il <b>quotidiano</b>, il banale, che entra a contatto con lo straordinario, che è un po' il punto dell'ironia ma anche della critica sociale di One-Punch Man.<span style="text-align: center;"> </span></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiwVnNkh46kdlsVvMS7V9YC4-9ugfa7SsuOmbUnA0UFNaT2n-X-kj-UZlMC74ds5_e0ssWKfTWzXD-KcQDPCSlF-JU0yYs-PEBz_wPAQeO2ghcj-GgS5LDFyjLb56r3Jh8CM5rWRMVzLPo/s1500/91a0zW68-nL._SL1500_.jpg" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="1500" data-original-width="1500" height="320" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiwVnNkh46kdlsVvMS7V9YC4-9ugfa7SsuOmbUnA0UFNaT2n-X-kj-UZlMC74ds5_e0ssWKfTWzXD-KcQDPCSlF-JU0yYs-PEBz_wPAQeO2ghcj-GgS5LDFyjLb56r3Jh8CM5rWRMVzLPo/w320-h320/91a0zW68-nL._SL1500_.jpg" width="320" /></a><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjQfJpX0EO1XASEOrhKhZXGrAL9e-uasfyBgU0bEUAnde5w9cS7nw9VEIP0LF7ZaqCdtip3eSSBkPjcvaxihaLvi5MYWqP0v0PlNC6KOLsFNwpDUgY1bhiWnOM4PM_Rqj6e0fjkwnBmt_o/s1200/Saitama+Genos+Shopping+Supermarket.jpg" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img alt="Analisi Recensione One-Punch Man di Yusuke Murata e ONE" border="0" data-original-height="1200" data-original-width="939" height="320" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjQfJpX0EO1XASEOrhKhZXGrAL9e-uasfyBgU0bEUAnde5w9cS7nw9VEIP0LF7ZaqCdtip3eSSBkPjcvaxihaLvi5MYWqP0v0PlNC6KOLsFNwpDUgY1bhiWnOM4PM_Rqj6e0fjkwnBmt_o/w250-h320/Saitama+Genos+Shopping+Supermarket.jpg" width="250" /></a></div></div><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><i>Quello sulla sinistra si chiama Anpanman ed è il supereroe protagonista di una serie famosissima di libri illustrati per bambini, praticamente un'icona POP del Giappone. One-Punch Man deve a lui il suo nome e il design di Saitama. L'alieno a sinistra di Anpanman è anche la probabile ispirazione per Vaccine Man, il villain del primo capitolo di OPM che spesso viene scambiato per un omaggio a Piccolo di Dragon Ball.</i></div></div><p></p><div style="text-align: left;">Saitama e l'Organizzazione degli Eroi sono il mondo degli adulti di ONE che entra in quello fantastico della sua infanzia. Un mondo fatto di banalità quotidiane come fare la spesa e pagare l'affitto ma anche di un <b>corporativismo</b> e di una <b>meritocrazia viziata</b> che la società sbandiera come obiettivo raggiunto o ideale da seguire e che One-Punch Man smaschera come la chimera che è. Quella al rigido sistema giapponese dei test, delle gerarchie e della vita strettamente pianificata è una critica che è un classico delle opere del Sol Levante al punto che lo stesso ONE la tratta con ironia visto quanto è stato già detto sull'argomento, ma non per questo va sottovalutata e messa in secondo piano. <b>Non c'è nessuna decostruzione del battle manga</b> <b>qui</b> ma un attacco a una società che riduce le persone a numeri (o lettere, come nel caso degli eroi del manga), che celebra chi arriva primo e condanna tutti gli altri, che crea una gerarchia fatta di vincitori e sconfitti che non dovrebbe avere nulla a che vedere con la vita (o con il salvare delle vite), una ultra-competitività che porta all'individualismo più sfrenato minando quella stessa efficienza che il cosiddetto sistema meritocratico dovrebbe perseguire. Quello misurato dalla Classifica degli Eroi non è il valore dei suoi membri, ma la loro capacità di adeguarsi a questo sistema e di prevalere sopra gli altri. Saitama, il più forte di tutti ma rilegato a una delle classi più basse per una serie di contingenze, non è l'unica falla di questo sistema. Senza scomodare l'esempio più lampante (King), il manga è pieno di personaggi il cui valore non ha niente a che fare con la loro posizione in classifica, di eroi ai piani alti completamente staccati dalla realtà delle persone che dovrebbero proteggere e altri che invece, più in basso, mettono a rischio la loro incolumità per la salvaguardia altrui anche quando la cosa diventa più grande di loro.</div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEi5IX6je7zJ80NHj1BHJkVwhxcHV4PQN2PL3LSi0owydP2u30VZms4PcCg6nSqkKyxYrjcwapuC48Dq_vvJ05zo58wmyPhk_nGszy-xaNzblt5-NDLtpvlkJ4lRz1FnjHbX-6l4XRJbTYA/s449/saitama+hero+One+Art.png" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="358" data-original-width="449" height="319" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEi5IX6je7zJ80NHj1BHJkVwhxcHV4PQN2PL3LSi0owydP2u30VZms4PcCg6nSqkKyxYrjcwapuC48Dq_vvJ05zo58wmyPhk_nGszy-xaNzblt5-NDLtpvlkJ4lRz1FnjHbX-6l4XRJbTYA/w400-h319/saitama+hero+One+Art.png" width="400" /></a></div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: left;">Se questo aspetto è così poco percepito dai lettori al punto di travisare l'intero genere di appartenenza dell'opera probabilmente il fattore non è solo culturale ma anche di tipo <b>comunicativo</b>, più specificatamente nel modo con cui si presenta <b>la versione rielaborata disegnata da Yusuke Murata</b>. Murata è un disegnatore spaventosamente bravo e adatto allo stile dell'opera di ONE, ma è anche un artista a cui piace perdersi negli incredibili virtuosismi con cui finisce spesso per monopolizzare interi volumi di One-Punch Man. Il manga rimane estremamente divertente da leggere ma ne viene così diluita la forza eversiva che apparteneva all'originale, persa tra una lunghissima scena d'azione e l'altra, e che era veicolata anche dal tratto di ONE, un altro tassello del modo con cui vengono parodiate le opere a cui OPM fa riferimento. Quel disegno sgraziato e semplice ci permette di guardare alla realtà straordinaria di One-Punch Man con gli stessi occhi distaccati con cui la guarda Saitama, che nella serie ha spesso dimostrato di avere un ordine delle priorità completamente diverso da quello dei suoi comprimari. L'atteggiamento sopra le righe dei personaggi, l'artificiosità di quello che fanno e quello che dicono e che normalmente accettiamo come un elemento tipico della cultura giapponese agli occhi di Saitama appare come è effettivamente: <b>ridicolo e stravagante</b>. Nel suo mondo, come nel nostro, la priorità non è proteggere il proprio onore né portare a compimento una vendetta giurata 10 anni fa, ma ricordarsi di mettere fuori il giusto sacco dei rifiuti per la raccolta differenziata o saper cogliere le giuste offerte al supermercato. La frustrazione di Saitama è la frustrazione di ONE che prova a scappare dalla delusione per il mondo degli adulti rifugiandosi in quello della sua infanzia salvo scoprire di non riuscire più a guardarlo con gli stessi occhi.</div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiOSznhpQ2WV951QWEFdxgtOfU2uVkEL4TaLfqxf4GKtoj5XjaK_AO59YdGcV2XbwxsglTbLLWbPsHW0o237bqNs7Nj_5S6jloXf5UiUCS4OQwevOhTVrZj9aPqHPO7aSUMyr8GDaL7Glg/s620/saitama+hero+One+Art.png" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img alt="Analisi Recensione One-Punch Man di Yusuke Murata e ONE" border="0" data-original-height="584" data-original-width="620" height="376" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiOSznhpQ2WV951QWEFdxgtOfU2uVkEL4TaLfqxf4GKtoj5XjaK_AO59YdGcV2XbwxsglTbLLWbPsHW0o237bqNs7Nj_5S6jloXf5UiUCS4OQwevOhTVrZj9aPqHPO7aSUMyr8GDaL7Glg/w400-h376/saitama+hero+One+Art.png" width="400" /></a></div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;"><div style="text-align: left;">La nuova versione disegnata da Murata invece mina in parte questo aspetto dell'opera perché dal modo con cui ritrae la storia ci si ritrova automaticamente a immergersi nel punto di vista non più di Saitama ma di tutti quelli che lo circondano. Le scene in cui quest'ultimo è presente sono le uniche scene in cui emerge la patina di ridicolo che nella versione di ONE ricopriva tutto il mondo di One-Punch Man. Per il resto del tempo la versione di Murata è invece semplicemente una versione esagerata e bombastica di tutti i filoni di storie a cui l'opera si rifà, Battle Manga inclusi. Con il passare dei volumi queste sezioni si fanno sempre più estese, quasi dominando l'opera, ed è palese che dalla parodia si passi all'omaggio perché fondamentalmente Murata non guarda a questi personaggi con gli stessi occhi disincantati di ONE. Il suo è invece l'approccio di qualcuno che quel mondo fantastico conosciuto nell'infanzia non lo ha mai dovuto abbandonare e non ha mai perso la capacità di lasciarsi trasportare da esso.</div><div style="text-align: left;"><br /></div></div><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhFN7o5Zqf5gSvomfyoor8K8da-9ph_0qBBM9DWlSWjPcLZVbQ2tUzeiy787hpM6wXrCerPW7iuIztKbqB7hBdrdbEDZhUG9NN2uGV9UanUX54O-x-XhuuAaSUd_kQo7hMdNoDi57C5icA/s2048/Yusuke+Murata+Art+One+Punch+Man+Characters+Heroes.jpg" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img alt="Analisi Recensione One-Punch Man di Yusuke Murata e ONE" border="0" data-original-height="1472" data-original-width="2048" height="288" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhFN7o5Zqf5gSvomfyoor8K8da-9ph_0qBBM9DWlSWjPcLZVbQ2tUzeiy787hpM6wXrCerPW7iuIztKbqB7hBdrdbEDZhUG9NN2uGV9UanUX54O-x-XhuuAaSUd_kQo7hMdNoDi57C5icA/w400-h288/Yusuke+Murata+Art+One+Punch+Man+Characters+Heroes.jpg" width="400" /></a></div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: left;">L'obiettivo di questo articolo non è di sminuire il lavoro di Murata, che piace sia a chi vi scrive che a ONE stesso, ma di provare a inserire nel dibattito attorno a One-Punch Man un discorso un tantino più complesso di quello che al momento lo monopolizza. Spesso si tende a dare per scontato che la versione di Murata sia la versione migliore "perché è quella disegnata meglio" senza rendersi conto che si tratta pur sempre di un adattamento e i cambiamenti di cui bisogna tenere conto non riguardano solamente le aggiunte alla trama fatte di comune accordo da Murata e ONE ma anche la narrazione stessa. È vero che entrambe le opere parlano la stessa lingua, il medium del fumetto, ma il loro stile è così diverso che si potrebbe dire che di quella lingua usino due dialetti distanti. Lo stile <a href="https://terreillustrate.blogspot.com/2020/03/del-perche-mob-psycho-100-non-ha.html" target="_blank"><b>gag manga</b></a> con cui ONE ha disegnato tutta la sua opera ha uno storytelling e dei ritmi narrativi completamente differenti da quello <b>virtuoso ed esplosivo</b> di Murata in cui il gag manga delle origini fa solo delle apparizioni fugaci in determinati momenti. La versione di Murata andrebbe quindi vista come un adattamento con i suoi pregi e i suoi difetti esattamente come si fa con qualsiasi trasposizione da un medium all'altro (fumetti e romanzi che diventano film ecc..). Vederla semplicemente come la versione migliorata e definitiva dell'opera è riduttivo, una semplificazione che sminuisce il lavoro di ONE e semplifica quello di Murata. Più interessante sarebbe metterle a confronto, scoprire come si differenziano in termini tematici e semantici, come si sovrappongono e come si completano vicenda. Evitando quindi di cancellare la versione di ONE, spesso relegata allo status di prototipo brutto, come purtroppo sta succedendo sia dalla parte dei lettori che da quella degli editori stessi.</div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">Recuperando One-Punch Man da <a href="https://amzn.to/37xtobk" rel="nofollow">questo link di Amazon</a> potrete sostenere il blog senza spendere un euro in più rispetto al prezzo che il sito già propone.</div><span style="text-align: justify;"><br />Terre Illustrate, oltre a essere su </span><a href="https://www.facebook.com/TerreIllustrate" rel="nofollow" style="text-align: justify;" target="_blank">Facebook</a><span style="text-align: justify;"> </span><span style="text-align: justify;">e</span><span style="text-align: justify;"> <a href="https://www.youtube.com/channel/UCrpH_4tLbR_fDlbmGoGJRcA/" rel="nofollow">Y</a></span><a href="https://www.youtube.com/channel/UCrpH_4tLbR_fDlbmGoGJRcA/" rel="nofollow">ouTube</a><span style="text-align: justify;">, è di recente approdato su</span><span style="text-align: justify;"> </span><b style="text-align: justify;">Telegram</b><span style="text-align: justify;"> </span><span style="text-align: justify;">con un canale e un gruppo di discussione dedicati agli argomenti che tratto anche qui sul blog. Li trovate ai seguenti link.<br /></span><span style="text-align: justify;"><br />Canale: </span><a href="https://t.me/TerreIllustrate" rel="nofollow" style="text-align: justify;" target="_blank">https://t.me/TerreIllustrate</a><br /><span style="text-align: justify;">Gruppo: </span><a href="https://t.me/TerreIllustrateGruppo" rel="nofollow" style="text-align: justify;" target="_blank">https://t.me/TerreIllustrateGruppo</a><p></p><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjbXbwlJZEKDvHn5rHIZxQb7gUflRnfPZlY7OxDnIqSMISSeJ34uUB9souUzrQvuZOQNDwlnAtrldaI7on8kor7mkQfdVEeG2PU7jEpfP2YvK0jzLvAQiu40KEgp6h_f7dSyOU-pheQ_SU/s1731/One+Punch+Man+Recensione+Pregi+Difetti.jpg" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img alt="Analisi Recensione One-Punch Man di Yusuke Murata e ONE" border="0" data-original-height="1731" data-original-width="1079" height="400" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjbXbwlJZEKDvHn5rHIZxQb7gUflRnfPZlY7OxDnIqSMISSeJ34uUB9souUzrQvuZOQNDwlnAtrldaI7on8kor7mkQfdVEeG2PU7jEpfP2YvK0jzLvAQiu40KEgp6h_f7dSyOU-pheQ_SU/w249-h400/One+Punch+Man+Recensione+Pregi+Difetti.jpg" title="Analisi Recensione One-Punch Man di Yusuke Murata e ONE" width="249" /></a></div>Matteo Caronnahttp://www.blogger.com/profile/10086506494488683489noreply@blogger.com4tag:blogger.com,1999:blog-4845466152094305459.post-79572485679521119702020-10-19T13:53:00.004+02:002020-10-30T17:19:14.137+01:00Corazzata Spaziale Yamato, l'inizio del viaggio<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjX5INd3Q_HLq6_q9UTNfdIWq2ewnZRWM_4ks2-BWL4G7mhqGpTUmbNkn1a-H69xrvpr0lYhtVbqJaGbBhrfRkhufBDfkSW8n27T7Getio6Fykzh3lGYL5_b1bK-5WO8a-zz2wj_SGrAyw/s740/Space+Battleship+Yamato+Star+Blazers+Recensione.png" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img alt="Corazzata Spaziale Yamato Recensione Analisi" border="0" data-original-height="500" data-original-width="740" height="432" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjX5INd3Q_HLq6_q9UTNfdIWq2ewnZRWM_4ks2-BWL4G7mhqGpTUmbNkn1a-H69xrvpr0lYhtVbqJaGbBhrfRkhufBDfkSW8n27T7Getio6Fykzh3lGYL5_b1bK-5WO8a-zz2wj_SGrAyw/w640-h432/Space+Battleship+Yamato+Star+Blazers+Recensione.png" title="Leiji Matsumoto Arte Manga Anime Star Blazers" width="640" /></a><span><a name='more'></a></span></div><div style="text-align: left;"><br /></div><div style="text-align: left;">La lunga odissea della <b>Corazzata Spaziale Yamato</b> iniziò nel 1973 dalle ambizioni di <b>Yoshinobu Nishizaki</b>, produttore che veniva da una gavetta nella <b>Mushi Pro</b> di <b>Osamu Tezuka</b> e che da poco si era messo in proprio fondando lo studio <b>Office Academy</b>. I suoi primi progetti furono due adattamenti da manga di Tezuka, <i>Triton of the Sea</i> (1972), e <i>Wansa-Kun</i> (1973), ma la sua ambizione era di creare una space opera originale ispirata ai romanzi di <b>Robert Heinlein</b>. I primi tentativi di trasformare questo sogno in una storia vera e propria coinvolsero prima gli sceneggiatori Keisuke Fujikawa e Aritsune Toyota e poi <b>Eiichi Yamamoto</b>, regista che oggi ricordiamo per opere come <i>Belladonna of Sadness</i>. È in questa fase che vengono fissate le prime idee fondamentali della serie come il viaggio spaziale, la Terra distrutta dalle radiazioni, le città sotterranee e l'utilizzo di una nave chiamata <b>Yamato</b> come la corazzata che alla fine della Seconda Guerra Mondiale fu allo stesso tempo simbolo del potere ingegneristico-militare giapponese e della sua disfatta. Il resto del progetto, per come era stato assemblato da Yamamoto e Nishizaki nelle 45 pagine del plan book realizzate nell'estate del '73, prevedeva una storia dai toni pessimisti in cui il cammino della Yamato sarebbe stato ostacolato dai conflitti interni al suo equipaggio, tra incomprensioni e rivalità accentuate dalla tensione del viaggio spaziale. A dirigere la serie sarebbe dovuto essere Eiichi Yamamoto stesso ma quando nella primavera del '74 Nishizaki trovò finalmente un'emittente televisiva interessata alla serie, Yomiuri TV, Yamamoto era già impegnato in un altro progetto. È qui che entra in scena <b><a href="https://terreillustrate.blogspot.com/search/label/Leiji%20Matsumoto">Leiji Matsumoto</a></b>, artista che in quegli anni si stava facendo un nome con i suoi manga di fantascienza.</div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhrQ98iKMg3W-bRtdBaCB34mdkjfE-OLLyxxGfXdT_5a9maWpLFRaj0cSNP9pY4Fwm1hp3uofZUgsHw1_fwwC-07Lt3ffCpxoNjWEqjj37WqSZpqRWR_xo7wMCg2BlAl-orKPF0vjv8Rsg/s2048/Leiji+Matsumoto+Art+Sexaroid+Space.jpg" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="1534" data-original-width="2048" height="300" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhrQ98iKMg3W-bRtdBaCB34mdkjfE-OLLyxxGfXdT_5a9maWpLFRaj0cSNP9pY4Fwm1hp3uofZUgsHw1_fwwC-07Lt3ffCpxoNjWEqjj37WqSZpqRWR_xo7wMCg2BlAl-orKPF0vjv8Rsg/w400-h300/Leiji+Matsumoto+Art+Sexaroid+Space.jpg" width="400" /></a></div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: left;">Matsumoto era già stato contattato in precedenza per il ruolo di Art Director della serie ma aveva declinato l'offerta perché sognava di debuttare nel mondo dell'animazione come <b>regista</b> e avere la libertà di creare un'opera in cui si riconoscesse davvero. Così, non appena fu libero, il timone della serie fu suo. Al suo fianco si aggiunse poi Noburo Ishiguro, co-regista necessario a sopperire all'inesperienza di Matsumoto che non aveva mai lavorato nel settore. Con l'ingresso di Leiji Matsumoto un vulcano di idee investì Nishizaki e i suoi collaboratori e fu con lui che Corazzata Spaziale Yamato divenne ciò che apparve sugli schermi televisivi giapponesi pochissimi mesi dopo. Matsumoto mantenne diverse idee del proposal originale ma elaborò un plot completamente diverso, con tematiche e personaggi in linea con la poetica che stava iniziando a delineare nelle sue opere su carta. Il suo impegno non si fermò alla sola creazione della trama e dello stile visivo della serie ma si espanse a ogni livello della produzione, dalla musica fino alla stesura di metà degli storyboard della serie. Un aneddoto che Matsumoto racconta spesso è di come in fase di storyboarding cambiasse significativamente gli script degli episodi, anche scavalcando il lavoro degli sceneggiatori e riscrivendo interi dialoghi in accordo con quella che sentiva dovesse essere la vera voce della serie. Da una di queste riscritture naque la frase che il Capitano Okita rivolge a Mamoru Kodai nel primo episodio e che diverrà una delle citazioni più iconiche della serie.</div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjA4HluJxBV1X2pYspgP3LbaExmatlmrVAvUMeKSQ-GZmpSSqPiWoAsVzKVucOmzJnDZ8422aGc5udk49mc1rKfyRmsbyRwEKOJ4rk6mB569Zpgbt4FES2xZHKd5zIRScLV8UWyi5FtKKU/s2048/Corazzata+Spaziale+Yamato+Analisi.png" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img alt="Corazzata Spaziale Yamato Recensione Analisi" border="0" data-original-height="1538" data-original-width="2048" height="481" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjA4HluJxBV1X2pYspgP3LbaExmatlmrVAvUMeKSQ-GZmpSSqPiWoAsVzKVucOmzJnDZ8422aGc5udk49mc1rKfyRmsbyRwEKOJ4rk6mB569Zpgbt4FES2xZHKd5zIRScLV8UWyi5FtKKU/w640-h481/Corazzata+Spaziale+Yamato+Analisi.png" title="Leiji Matsumoto Arte Manga Anime Star Blazers" width="640" /></a></div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: left;"><div style="text-align: left;">Il <b>6 Ottobre 1974</b> va finalmente in onda il primo episodio di <i>Corazzata Spaziale Yamato</i>. Il progetto iniziale prevedeva una serie di 52 episodi ma su pressione dell'emittente televisiva il numero fu prima abbassato a 39 in fase di negoziazione e infine a 26 a causa dei bassi ascolti delle prime puntate. Nonostante ciò, Corazzata Spaziale Yamato segnerà una svolta importantissima nell'animazione giapponese dando il via al boom degli anime fantascientifici, ai primi grandi fan club di appassionati, lanciando definitivamente la carriera di Leiji Matsumoto e lasciando un segno indelebile sulle successive generazioni di animatori e registi. Per intuire l'influenza di Yamato basta anche solo fare il nome di <b><a href="https://terreillustrate.blogspot.com/search/label/Hideaki%20Anno">Hideaki Anno</a></b>, creatore di opere seminali come <i><a href="https://terreillustrate.blogspot.com/search/label/Neon%20Genesis%20Evangelion">Neon Genesis Evangelion</a></i>, che più volte l'ha citata come l'opera a cui deve la sua passione per l'animazione.</div><div style="text-align: justify;"><br /></div><table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><tbody><tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEh6kl1UaIhRb79K01RJeFZE4fhoYooiz0li0Vpn4gMSahlOV9dZcVVLN6TzLGVUIvfpCu-lQW-NBm1xIk8LA3JOCcOeExQU0vEWi3EoLPywQwAqB3Ql6fqfgqgt5LxoIxSzVtoasPpXThk/s1366/WILLE+Corazzata+Yamato+Evangelion.png" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="579" data-original-width="1366" height="272" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEh6kl1UaIhRb79K01RJeFZE4fhoYooiz0li0Vpn4gMSahlOV9dZcVVLN6TzLGVUIvfpCu-lQW-NBm1xIk8LA3JOCcOeExQU0vEWi3EoLPywQwAqB3Ql6fqfgqgt5LxoIxSzVtoasPpXThk/w640-h272/WILLE+Corazzata+Yamato+Evangelion.png" width="640" /></a></td></tr><tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">La WILLE in Rebuild of Evangelion 3.0 non è nient'altro che la<br />Corazzata Spaziale Yamato reimmaginata da Hideaki Anno</td></tr></tbody></table><div style="text-align: justify;"><br /><div style="text-align: left;">La storia di Corazzata Spaziale Yamato è ambientata nel 2199 e vede la Terra sotto assedio dell'Impero <b>Gamilas</b>. Dal loro avamposto su Plutone i gamilasiani bombardano il pianeta con meteore radioattive che da tempo hanno costretto l'umanità, inerme per via della sua arretratezza tecnologica, alla ritirata in città sotterranee dove non sono comunque al sicuro dalle radiazioni. A cambiare le carte in tavola è il rinvenimento di una capsula su Marte contenente il progetto per un motore spaziale più veloce della luce, il <b>Wave Motion Engine</b>, e un messaggio della <b>Regina Starsha</b> dal lontano pianeta di <b>Iscandar</b> che invita i terrestri a raggiungerla per ottenere la tecnologia per purificare la Terra. La Corazzata Spaziale Yamato inizia così il suo viaggio per salvare l'umanità a cui resta solo un anno prima dell'estinzione.</div></div></div><div style="text-align: left;"><br /></div><div style="text-align: left;"><div style="text-align: left;">È questo l'incipit con cui Leiji Matsumoto riscrive la storia della seconda guerra mondiale plasmandola su quella che è la sua visione della vita. La Yamato da strumento di morte costruito da una nazione in preda a una febbre nazionalista ed espansionista diviene <b>la custode della speranza</b> di un'intera umanità unita in tempo di crisi. Corazzata Spaziale Yamato non è un anime di guerra ma una space opera con al centro un viaggio che è<b> testimonianza dell'inestinguibile desiderio di vivere dell'umanità</b>. Una visione militaristica di questa forza fondamentale che appartiene a tutti gli esseri viventi è inconcepibile per Matsumoto che fin dal primo episodio se ne distanzia. Morire per dimostrare la propria fedeltà alla patria come i piloti kamikaze non è concepibile e, come postulato dalla famosa citazione del Capitano Okita, un vero uomo sopporta l'onta della ritirata in vista di un'occasione per costruire un futuro più luminoso.</div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEi6gr5iPQklm_Hql5tU2yuGswcZ2oKvb7pqyNR2sskO8lbYdAsiJcIR2wfxYLz9_ZK-3jbTK04fFR4De8iSmG80TmsTDE8YQtj0-0oWNFIGxw8nCceIq-IwNgjFN6dDkBQb-Vy41SmVubo/s2048/Uchuu+Senkan+Yamato+Analisi.png" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img alt="Corazzata Spaziale Yamato Recensione Analisi" border="0" data-original-height="1536" data-original-width="2048" height="480" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEi6gr5iPQklm_Hql5tU2yuGswcZ2oKvb7pqyNR2sskO8lbYdAsiJcIR2wfxYLz9_ZK-3jbTK04fFR4De8iSmG80TmsTDE8YQtj0-0oWNFIGxw8nCceIq-IwNgjFN6dDkBQb-Vy41SmVubo/w640-h480/Uchuu+Senkan+Yamato+Analisi.png" title="Leiji Matsumoto Arte Manga Anime Star Blazers" width="640" /></a></div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: left;">Nonostante le ferite nell'orgoglio e nella carne, <b>Okita</b> sopporta le avversità del viaggio perché arrendersi alla morte è l'unica sconfitta intollerabile. Con malinconia guarda la foto della famiglia persa per il conflitto e silenziosamente spera nel riscatto di un successo che dia significato alla scelta di non seguire i suoi cari nell'aldilà. Stoico e austero, l'unico con cui può condividere la sua solitudine è <b>Susumu Kodai</b>, giovane capo artigliere della nave e vero protagonista della serie. Rimasto solo anche lui a causa della guerra con Gamilas, Kodai parte dalla Terra portando con sé il desiderio di vendicare la sua famiglia, ma procedendo col viaggio dovrà venire a patti con la realtà del conflitto con i gamilasiani. L'idea disumana e bestiale che i terrestri si erano fatti del nemico finirà per infrangersi una volta trovatisi davanti al proprio <b>riflesso</b>: non solo sono identici nell'aspetto, ma l'atteggiamento ostile e crudele dei gamilasiani non è nient'altro che lo sfogo violento dello stesso <b>istinto di sopravvivenza</b> che spinge i protagonisti verso Iscandar. Non sono state le differenze a mettere uno contro l'altro Gamilas e la Terra, ma le circostanze. E così la vendetta lascia lo spazio all'amarezza, alla consapevolezza che nel grande gioco della vita <b>per esserci un vincitore deve esserci anche uno sconfitto</b>. </div></div><div style="text-align: left;"><br /></div><div style="text-align: left;">Terzo e ultimo protagonista è la Corazzata Spaziale Yamato stessa e il viaggio che compie. A differenza dei mecha che danno il nome alle serie sci-fi contemporanee, la Corazzata Spaziale Yamato non è un robottone divino e invincibile ma <b>un veicolo vero</b> con tutto quello che ciò comporta. Sul suo nome aleggia il fallimento della sua incarnazione originale e il terrore di ripetere la stessa tragedia. Questo, unito alla costante precarietà della nave, tiene sotto pressione i membri del suo equipaggio che nella solitudine dello spazio dovranno anche fare i conti con i propri demoni interiori, con l'ansia di fallire, con la paura che sia tutto vano e con la diffidenza verso la misteriosa Starsha.</div><div style="text-align: left;"><br /></div><div style="text-align: left;"><b>Starsha</b>, come tante donne <i>matsumotiane</i>, rappresenta l'ambiguità femminile, un faro della speranza che potrebbe rivelarsi un demone manipolatore. Un mistero che non si può svelare se non raggiungendolo col rischio di cadere nella sua trappola. Questo è solo uno dei tanti elementi in cui è possibile vedere il Leiji Matsumoto di lavori successivi come <i>Capitan Harlock</i> e <i>Queen Emeraldas</i>. Anche qui, lo spazio, materia fondante del suo universo artistico, è bellissimo e spaventoso, immenso e allo stesso tempo claustrofobico. A loro volta <b>Iscandar</b> e <b>Gamilas</b> rappresentano due modi completamente opposti di porsi dinanzi alla caducità della vita che non sfigurerebbero tra le tappe del <b><i>Galaxy Express 999</i></b>, il cui viaggio nello spazio è per <b>Tochiro</b> occasione di crescita e di confrontarsi proprio con questa tematica tanto cara a Matsumoto. </div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: left;"><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhgKHHOihX2f1Zm7mkELtBWQ_UYKOL6R_lWOOyJNqQzohL71pOTge-JyvyRh21-ZzA9ZeuKeOPBPhf57hDCgYox3ByrlzmAWnJwFwdvGqBTdlGyHZRLNig0SqYNol0lXucQEuoAuAV0cWM/s2880/Leiji+Matsumoto+Art+Yamato+Star+Blazers+Starsha+Analisi.png" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img alt="Corazzata Spaziale Yamato Recensione Analisi" border="0" data-original-height="1080" data-original-width="2880" height="240" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhgKHHOihX2f1Zm7mkELtBWQ_UYKOL6R_lWOOyJNqQzohL71pOTge-JyvyRh21-ZzA9ZeuKeOPBPhf57hDCgYox3ByrlzmAWnJwFwdvGqBTdlGyHZRLNig0SqYNol0lXucQEuoAuAV0cWM/w640-h240/Leiji+Matsumoto+Art+Yamato+Star+Blazers+Starsha+Analisi.png" title="Leiji Matsumoto Arte Manga Anime Star Blazers" width="640" /></a></div><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><br /></div></div><div style="text-align: left;">A questa visione evocativa dello spazio si affianca una rappresentazione fortemente influenzata nell'estetica dalle illustrazioni della letteratura fantascientifica americana. In più momenti, soprattutto nei primi episodi, sembra di vedere le copertine di qualche romanzo sci-fi pulp in movimento. Da questo punto di vista la serie era decisamente all'avanguardia e furono per esempio sperimentati colori mai usati prima in un anime per rendere al meglio lo spazio e i veicoli che lo percorrono. Le animazioni alternano momenti incredibilmente curati ad altri meno, quest'ultimi spesso dovuti al ritardo nella schedule causati dai primi, ma sono poche le sezioni in cui la serie appare frettolosa. Gli apici della serie sono sicuramente da ricercare nelle animazioni di alcune spettacolari battaglie spaziali come quelle degli episodi 1 e 22 o nelle diverse scene d'azione realizzate da un giovane <b>Yoshikazu Yasuhiko</b>, futuro character designer e direttore dell'animazioni di <i>Mobile Suit Gundam</i> famoso per il suo stile dinamico e cinematografico. Non da meno sono i tanti bellissimi fondali della serie, alcun dipinti a mano direttamente da Leiji Matsumoto stesso, e le psichedeliche sequenze di "warp" in cui lo staff si è divertito a smontare l'immagine a schermo. </div></div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEi9mOL1JFzQBk-COYRREvEXe5N9HYzJ1Wd0_OL82Xiq5yv5njD6ymC_Zyu8KWxsEdx_mtegKXdrM_o9ord1BRPg2YcdywW2qO3IhzNpqVwSc4v3pq_ihD9uM4J_tKkJ4fE2OVmO-qmtkq4/s2048/YAS+Star+Blazers+Art+Matsumoto.png" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img alt="Corazzata Spaziale Yamato Recensione Analisi" border="0" data-original-height="1536" data-original-width="2048" height="480" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEi9mOL1JFzQBk-COYRREvEXe5N9HYzJ1Wd0_OL82Xiq5yv5njD6ymC_Zyu8KWxsEdx_mtegKXdrM_o9ord1BRPg2YcdywW2qO3IhzNpqVwSc4v3pq_ihD9uM4J_tKkJ4fE2OVmO-qmtkq4/w640-h480/YAS+Star+Blazers+Art+Matsumoto.png" title="Leiji Matsumoto Arte Manga Anime Star Blazers" width="640" /></a></div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: left;">Nonostante i continui tagli, le incertezze e le inesperienze dello staff, Corazzata Spaziale Yamato riesce a raccontare nei suoi 26 episodi di lunghezza una storia completa e profonda che a distanza di quasi 50 anni dalla sua prima messa in onda regge ancora la prova del tempo. Merito anche di un approccio assolutamente moderno alla serialità costituito da storie autoconclusive, alcune brillanti e altre meno, che rimandano sempre alla trama principale, con la sensazione tangibile di un viaggio che procede costantemente. Le poche ingenuità, sia nella rappresentazione scientifica che in alcuni passaggi della trama, non scalfiscono la bellezza di questa questa epopea in cui<b> lo stupore per le meraviglie dello spazio si alterna al dramma di una guerra rappresentata anche in modo piuttosto crudo</b>.</div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgdnwKPgD7-1_deij8t54beYcvDKuSOmjc6NwJSl9OjK4W5j_7l5cqIjXlEOOcoqkW9s5iX77NKiaxkr_T_asBzHhhLYOXjinzSlPcXhPCMve0YMpNvpHTD7R7CjtXoTUxJRWAoMFnPNq8/s2880/New+Project.png" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img alt="Corazzata Spaziale Yamato Recensione Analisi" border="0" data-original-height="1080" data-original-width="2880" height="240" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgdnwKPgD7-1_deij8t54beYcvDKuSOmjc6NwJSl9OjK4W5j_7l5cqIjXlEOOcoqkW9s5iX77NKiaxkr_T_asBzHhhLYOXjinzSlPcXhPCMve0YMpNvpHTD7R7CjtXoTUxJRWAoMFnPNq8/w640-h240/New+Project.png" title="Leiji Matsumoto Arte Manga Anime Star Blazers" width="640" /></a></div><br /><div style="text-align: left;">In contemporanea alla messa in onda di Corazzata Spaziale Yamato furono realizzati diversi <b>adattamenti manga</b> per pubblicizzare l'opera, tra cui uno realizzato proprio da Leiji Matsumoto. In quel periodo Matsumoto si divideva tra le giornate nello studio d'animazione al lavoro sulla serie e le nottate a casa a lavorare sul manga. Pubblicato al ritmo di 33 tavole al mese per tutti i 6 mesi in cui venne trasmesso l'anime, si trattava ovviamente di un adattamento ridotto all'osso in cui tanti eventi venivano saltati e altri molto velocizzati. Un manga un po' schizofrenico che non può in alcun modo sostituire l'anime ma che si lascia comunque apprezzare per la bellezza dello stile del sensei Matsumoto. L'aspetto sicuramente più interessante della versione cartacea è la fugace e tenebrosa apparizione di un prototipo di <b>Capitan Harlock</b>, personaggio che inizialmente avrebbe dovuto fare la sua prima apparizione ufficiale proprio in Corazzata Spaziale Yamato nei panni del redivivo fratello di Susumu Kodai ma che venne tagliato assieme al ridimensionamento del numero degli episodi.</div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEh9fw3D7zaQld8ObbCx3SIi6Aa-FMF30ll-JoTnuoqJsf6yeyCbwWSMqa5HGulmvReFdIR2Qso8tz2H4iVYvnYZG14hW90ibfXOd1Ly126UsTG0WDtoBM-FHot0y5OvhKSVVAhnJjMsD-w/s800/Harlock+Yamato+Manga.jpg" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="303" data-original-width="800" height="151" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEh9fw3D7zaQld8ObbCx3SIi6Aa-FMF30ll-JoTnuoqJsf6yeyCbwWSMqa5HGulmvReFdIR2Qso8tz2H4iVYvnYZG14hW90ibfXOd1Ly126UsTG0WDtoBM-FHot0y5OvhKSVVAhnJjMsD-w/w400-h151/Harlock+Yamato+Manga.jpg" width="400" /></a></div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: left;"><div style="text-align: left;">Dopo un iniziale flop, le cose per la Corazzata Spaziale Yamato iniziarono presto a volgere a suo favore e il suo viaggio è proseguito con nuove serie, film, reboot, live-action, videogiochi e persino un recente remake ancora in corso che è riuscito a rilanciare alla grande il franchise. Pur essendone il padre indiscusso quanto e forse più di Yoshino Nishizaki, il coinvolgimento di Matsumoto nella realizzazione di queste opere è andato man mano diminuendo finche, sul finire degli anni '90, il sensei non tentò di integrare la Corazzata Spaziale Yamato nel suo <b>Leijiverse</b> in vista dei suoi progetti per il nuovo millennio. Matsumoto dovette però fare i conti con una battaglia legale per i diritti di sfruttamento dell'opera che vide Nishizaki vincitore e da cui gli vennero riconosciuti unicamente i diritti di alcuni dei design realizzati per la serie. Al momento i copyright dell'opera sono gestiti da <b>Tohokushinsha Film</b> e gli eredi di Nishizaki (venuto a mancare nel 2010). </div><div style="text-align: left;"><br /></div><div style="text-align: left;">Malgrado questi fatti, è innegabile che Corazzata Spaziale Yamato sia <b>un tassello fondamentale della carriera artistica di <a href="https://terreillustrate.blogspot.com/search/label/Leiji%20Matsumoto">Leiji Matsumoto</a></b> nonché <b>un'opera seminale</b> della storia dell'animazione giapponese. E proprio come per i personaggi e le navi spaziali degli altri suoi manga, anche l'odissea della Corazzata Spaziale Yamato sembra non dover avere mai fine.</div></div><div style="text-align: left;"><br /></div><div style="text-align: left;">Dovuto tributo al sito web americano <a href="https://www.ourstarblazers.com/" rel="nofollow" target="_blank">Ourstarblazer</a>, una miniera d'oro d'informazioni e immagini con una ricostruzione piuttosto meticolosa di tutta la storia del franchise. <b>Star Blazers</b> è il nome con cui <b>Corazzata Spaziale Yamato</b> è stato trasmesso negli Stati Uniti d'America e in Italia.</div><div style="text-align: left;"><br /></div><div style="text-align: left;">L'anime originale di Corazzata Spaziale Yamato non è al momento disponibile in home video in Italia, ma recuperando da <a href="https://amzn.to/2TkyFLf" rel="nofollow" target="_blank">questo link di Amazon</a> il manga di Matsumoto e l'edizione home video del remake (Star Blazers 2199) potrete sostenere il blog senza spendere un euro in più rispetto al prezzo che il sito già propone.</div><div style="text-align: left;"><br /></div><div style="text-align: left;"><div style="text-align: left;">Terre Illustrate, oltre a essere su <a href="https://www.facebook.com/TerreIllustrate" rel="nofollow" target="_blank">Facebook</a> e <a href="https://twitter.com/CaronnaMatteo" rel="nofollow" target="_blank">Twitter</a>, è di recente approdato su <b>Telegram</b> con un canale e un gruppo di discussione dedicati agli argomenti che tratto anche qui sul blog. Li trovate ai seguenti link.</div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: justify;">Canale: <a href="https://t.me/TerreIllustrate" rel="nofollow" target="_blank">https://t.me/TerreIllustrate</a></div><div style="text-align: justify;">Gruppo: <a href="https://t.me/TerreIllustrateGruppo" rel="nofollow" target="_blank">https://t.me/TerreIllustrateGruppo</a></div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjCW61n8qYLTvSAIzj3BkygD2pqs1h5iYPPHoRxus9u81B_3dl56l5V7AGjCCaGTG4q4mRIHWOeM9A3W0455lJFElPfATslloTAbKkIkfFXqraCz2s_0uDzHB_MCOSKQpXXLvX50DFdoGA/s1440/%255Bproject-gxs%255D+Uchuu+Senkan+Yamato+-+01+%255B10bit+BD+1080p%255D+%255B42EBEF7E%255D.mkv_snapshot_22.43.046.jpg" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img alt="Corazzata Spaziale Yamato Recensione Analisi" border="0" data-original-height="1080" data-original-width="1440" height="480" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjCW61n8qYLTvSAIzj3BkygD2pqs1h5iYPPHoRxus9u81B_3dl56l5V7AGjCCaGTG4q4mRIHWOeM9A3W0455lJFElPfATslloTAbKkIkfFXqraCz2s_0uDzHB_MCOSKQpXXLvX50DFdoGA/w640-h480/%255Bproject-gxs%255D+Uchuu+Senkan+Yamato+-+01+%255B10bit+BD+1080p%255D+%255B42EBEF7E%255D.mkv_snapshot_22.43.046.jpg" title="Leiji Matsumoto Arte Manga Anime Star Blazers" width="640" /></a></div></div>Matteo Caronnahttp://www.blogger.com/profile/10086506494488683489noreply@blogger.com4tag:blogger.com,1999:blog-4845466152094305459.post-34729913860519735172020-10-07T20:48:00.011+02:002021-01-16T20:54:39.604+01:00Tomie di Junji Itō, casta ossessione<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiUBBs5FkjMbEigsMZ4y2cBftNnEHTmvpRozyjIZEiPhEoM5q20qqXM6-tx8fAQ6lLAkHwoZPKEVYjqAkR8OjDzhcW7kaHLl_1lSknz4ZIboaTjF3ODMJHzB_sY3MM57ls0Ugi8Q68F2sI/s740/Junji+Ito+Tomie+J-Pop+Manga+1.png" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img alt="Tomie Junji Ito J-Pop Manga" border="0" data-original-height="500" data-original-width="740" height="432" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiUBBs5FkjMbEigsMZ4y2cBftNnEHTmvpRozyjIZEiPhEoM5q20qqXM6-tx8fAQ6lLAkHwoZPKEVYjqAkR8OjDzhcW7kaHLl_1lSknz4ZIboaTjF3ODMJHzB_sY3MM57ls0Ugi8Q68F2sI/w640-h432/Junji+Ito+Tomie+J-Pop+Manga+1.png" width="640" /></a></div><span><a name='more'></a></span><div><br /></div><div style="text-align: left;">La storia di <b>Tomie</b>, serie d'esordio di <b>Junji Itō</b>, inizia con il suo omicidio: invidiata per la sua bellezza e odiata per l'uso superficiale e un po' maligno che ne fa, Tomie agli occhi di chi la circonda è un'insopportabile strega e il suo assassinio una dovuta catarsi. È <b>un'orrenda fantasia femminicida</b> che Itō pesca nei peggiori meandri del subconscio collettivo. Tomie non è un personaggio positivo, ma la pena che le spetta non è neanche lontanamente commisurata alla sua colpa. Questo perché il suo "peccato" non è semplicemente di essere bella e superficiale, ma di rappresentare una femminilità che non si piega a niente, che non si fa controllare da nessuno, che mina la virilità degli uomini che non possono sottometterla e che si attira l'ira delle donne che non hanno la sua stessa libertà. Tomie viene uccisa per costringerla, almeno in morte, alla sottomissione, per negarne la femminilità e l'identità. Ma come da tradizione horror, Tomie torna dal regno dei morti e decide di abbracciare in pieno la sua etichetta di <b>strega</b>, vendicandosi prima sui suoi carnefici e poi in generale sull'umanità tutta. Diviene così <b>un'entità sovrannaturale</b> che non può morire ma che anzi si rigenera e si moltiplica, un essere che manipola e tormenta chiunque desti il suo interesse, insinuandosi nelle crepe dei rapporti sociali per calpestare amori e parentele, ambienti scolastici e intere città.</div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEg8D_EJqqoDvolQwEeyVvRJFfgbpCMy-5oLEPdv2hGzipjyut2Qxn3i_pzfTCjxHzgvtZ2P_bOYXACAPmGu9t7OS4AJZKaxV7WHRoryWZ7ELfGpfa-ipwxgftUuT7NJlSICFNGQLZdAGb0/s694/Junji+Ito+Tomie+J-Pop+Manga+2.png" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img alt="Recensione Tomie Manga Horror" border="0" data-original-height="354" data-original-width="694" height="326" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEg8D_EJqqoDvolQwEeyVvRJFfgbpCMy-5oLEPdv2hGzipjyut2Qxn3i_pzfTCjxHzgvtZ2P_bOYXACAPmGu9t7OS4AJZKaxV7WHRoryWZ7ELfGpfa-ipwxgftUuT7NJlSICFNGQLZdAGb0/w640-h326/Junji+Ito+Tomie+J-Pop+Manga+2.png" width="640" /></a></div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: left;">Il manga si articola in una serie di storie brevi per lo più autoconclusive che raccontano di diverse manifestazioni di Tomie nei contesti narrativi più disparati. Il tema comune è ovviamente l'ossessione che la ragazza suscita in tutti gli uomini con cui viene a contatto e che lei sfrutta per alimentare il proprio ego annichilendo quello degli altri. Dopo aver umiliato chiunque la circondi e aver irrimediabilmente disturbato il quieto vivere, la spirale di follia in cui conduce le sue vittime finisce sempre con il desiderio di ucciderla, di deturparne il volto e annichilirne il corpo. È un processo così inevitabile che i personaggi stessi ne sono consapevoli, Tomie inclusa, ed è qui che risiede una delle intuizioni più interessanti di Itō: quella di legare il desiderio intenso di avere qualcosa con quello inconscio di volerlo distruggere. Uccidere Tomie non è una semplice vendetta per le sue angherie ma la sublimazione del bisogno di possederla, di <b>negarla per affermare sé stessi sopra di lei</b>.</div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEglUOitiHQthrpxpoGKGB9cNVDGv2lywJ2GGziXLxFNjRftjtpYB59wf-DzjUIc0kwWXKB0EzsdQ8tI963GbpikrxBwE3RQduO3twcr_ZZrgB9bHhvt84AJvr43pBG31vl7PdoFJ93WyZI/s731/Junji+Ito+Tomie+J-Pop+Manga+5.png" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img alt="Fumetto dell'orrore analisi" border="0" data-original-height="731" data-original-width="700" height="400" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEglUOitiHQthrpxpoGKGB9cNVDGv2lywJ2GGziXLxFNjRftjtpYB59wf-DzjUIc0kwWXKB0EzsdQ8tI963GbpikrxBwE3RQduO3twcr_ZZrgB9bHhvt84AJvr43pBG31vl7PdoFJ93WyZI/w383-h400/Junji+Ito+Tomie+J-Pop+Manga+5.png" width="383" /></a></div><br /><div style="text-align: justify;"><div style="text-align: left;">Giunto a questa scoperta, Itō sfortunatamente tira i remi in barca e si ferma. Andando avanti con le storie inizia infatti a farsi spazio la sensazione di star leggendo un horror scritto con troppo autocontrollo, incapace di lasciarsi andare alla perversione e di esplorare i territori dell'inconscio umano che coinvolgono le passioni che mette in scena. <b>L'eros è completamente assente in Tomie</b>, Itō sembra non afferrare la connessione che intercorre tra il desiderio di distruzione e gli impulsi di natura sessuale. Tutti i personaggi maschili desiderano in modo ossessivo Tomie ma non sanno che farsene del suo corpo, la violenza che sfogano su di lei è meccanica, senza passione e quasi artificiale, come fossero intrappolati in una dimensione asessuale. Tomie stessa è un bellissimo volto posizionato su un manichino freddo che non suscita alcuna pulsione. In tutta l'opera ci sono solo due baci molto casti e nulla più.</div><div style="text-align: left;">Escludendo la sessualità Itō esclude ovviamente anche l'omosessualità: le poche figure femminili ossessionate da Tomie sono figure materne che vogliono rubarne la giovinezza mentre non viene concepito che una donna possa desiderarla "come un uomo".</div></div><div style="text-align: left;"><br /></div><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhL553mXRpVW_WTt2KtgSaEt9noy5ulw0V4hKsuS8vJkvST0tMzmgfgR3ljWA0XQ88A-lC_ONQzIVgQ2nx1XC-1k6kiiOc2Zw6R7qOPEbe0M_8ATXAcbUCazbjeCxIE6QgLLJ78J_8z44U/s1851/Junji+Ito+Tomie+J-Pop+Manga+3.png" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img alt="Tomie Junji Ito" border="0" data-original-height="1851" data-original-width="1280" height="320" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhL553mXRpVW_WTt2KtgSaEt9noy5ulw0V4hKsuS8vJkvST0tMzmgfgR3ljWA0XQ88A-lC_ONQzIVgQ2nx1XC-1k6kiiOc2Zw6R7qOPEbe0M_8ATXAcbUCazbjeCxIE6QgLLJ78J_8z44U/w221-h320/Junji+Ito+Tomie+J-Pop+Manga+3.png" width="221" /></a><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgzFw5t8Mjt05hqiDLPDoCoR_Io0O1oBUdI9iS_npfvJWXLBtnhOa-OEHLvBB0T_O-5ePZUc8Vz06D1qfI-ey9ejIlHgwyOBeDUoSpwKfjVeFwIuFWsfJ3ddDFaZIa4d4rn1rTybYFGEVM/s1086/Junji+Ito+Tomie+J-Pop+Manga6.jpg" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img alt="Donna strega maledizione" border="0" data-original-height="1086" data-original-width="722" height="320" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgzFw5t8Mjt05hqiDLPDoCoR_Io0O1oBUdI9iS_npfvJWXLBtnhOa-OEHLvBB0T_O-5ePZUc8Vz06D1qfI-ey9ejIlHgwyOBeDUoSpwKfjVeFwIuFWsfJ3ddDFaZIa4d4rn1rTybYFGEVM/w213-h320/Junji+Ito+Tomie+J-Pop+Manga6.jpg" width="213" /></a></div></div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div><div style="text-align: left;">Realizzato questo si prosegue la lettura più per la curiosità di scoprire quali scenari si inventerà l'autore che per provare effettivamente qualcosa dinanzi al continuo ripetersi di questa carneficina che inizia presto a non suscitare più nulla. All'interno del volume non mancano storie interessanti o momenti in cui l'orrore assume forme mostruose e disgustose, ma non si sfocia mai nel perturbante. La violenza che si abbatte su Tomie si ripete in maniera quasi rassicurante, un meccanismo narrativo che dopo pochi capitoli inizia a farci sentire a casa più che disturbarci. Le storie sono così brevi da non annoiare ma mai abbastanza lunghe e dettagliate da penetrare sotto la pelle del lettore e lasciare un segno del loro passaggio. È tutto molto <b>misurato</b>, come i disegni di Itō che si fanno apprezzare per l'incredibile cura e pulizia. Paradossalmente a colpire di più sono le prime tavole dallo stile acerbo in cui si alternano metafore visive e corpi dalle pose assurde ritratti con una linea insicura e un tratteggio schizzato, molto più efficaci del classico linguaggio codificato di Itō (linee cinetiche e pesante tratteggio sui volti) nel rappresentare <b>la follia disturbante</b> che stravolge la quotidianità nel primo capitolo.</div><div style="text-align: left;"><br /></div><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhn6ZTNhI4Ei_oTPcTSRsbyYov3_muyOPOkd0tvez_b59pr2CGVHCCwuVWZpdKjI-745mKXKOD-sDVJ1cExDw0Le_EasGWHai4lgtqDA44_NDdGllQZgudric_SsTyj3Sqqp_V2wV1Syyk/s758/Junji+Ito+Tomie+J-Pop+Manga+8.jpg" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="466" data-original-width="758" height="246" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhn6ZTNhI4Ei_oTPcTSRsbyYov3_muyOPOkd0tvez_b59pr2CGVHCCwuVWZpdKjI-745mKXKOD-sDVJ1cExDw0Le_EasGWHai4lgtqDA44_NDdGllQZgudric_SsTyj3Sqqp_V2wV1Syyk/w400-h246/Junji+Ito+Tomie+J-Pop+Manga+8.jpg" width="400" /></a></div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div style="text-align: left;">In queste 700 pagine Junji Itō crea <b>un personaggio etereo e affascinante</b>, un classico istantaneo dalle grandi potenzialità (come la fortunata serie di trasposizioni cinematografiche ha già dimostrato), ma quando arriva al punto di immergerlo nell'orrore lo fa tenendosi a freno. Il risultato è <b>un horror da salotto</b> la cui capacità di farsi apprezzare da chiunque è sia il suo più grande pregio che il suo peggior limite, un orrore asciutto e pulito bagnato solo da litri di sangue splatter che non hanno alcuna gravitas. Arrivati a fine volume l'idea che ci si fa è che Itō limiti sé stesso per paura di rivedersi nella sua opera e di scoprire cos'è che vorrebbe fare davvero con la bella e fastidiosa Tomie se si lasciasse andare, che invece è proprio quello che avremmo voluto vedere.</div></div><div style="text-align: left;"><br /></div><div style="text-align: justify;"><div style="text-align: left;">Recuperando Tomie da <a href="https://amzn.to/36UeUSL" rel="nofollow">questo link di Amazon</a> potrete sostenere il blog senza spendere un euro in più rispetto al prezzo che il sito già propone.</div><div><br /></div><i style="text-align: left;">T</i><i style="text-align: left;">erre Illustrate è anche su <a href="https://www.facebook.com/TerreIllustrate/" rel="nofollow">Facebook</a>, <a href="https://twitter.com/CaronnaMatteo" rel="nofollow">Twitter</a> e <a href="https://t.me/TerreIllustrate" rel="nofollow" target="_blank">Telegram</a>.</i><br style="text-align: left;" /></div><div style="text-align: justify;"><br /></div><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgZ2Ju4OaJztmh56E5TKBZNm__bEMlPUFaTOeQQ0qpoD9Vnn9d1coDLopxDP2inNkusPjW6x4IRrPDEUrtGe_FqDtxWVoSqJpjmuBOOieFNqaXoXwItDSWXBHScNGXumZvQAorTtp200vI/s699/Junji+Ito+Tomie+J-Pop+Manga+9.jpg" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="501" data-original-width="699" height="458" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgZ2Ju4OaJztmh56E5TKBZNm__bEMlPUFaTOeQQ0qpoD9Vnn9d1coDLopxDP2inNkusPjW6x4IRrPDEUrtGe_FqDtxWVoSqJpjmuBOOieFNqaXoXwItDSWXBHScNGXumZvQAorTtp200vI/w640-h458/Junji+Ito+Tomie+J-Pop+Manga+9.jpg" width="640" /></a></div>Matteo Caronnahttp://www.blogger.com/profile/10086506494488683489noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-4845466152094305459.post-47775493869391994592020-08-21T07:38:00.015+02:002023-10-14T00:17:09.471+02:00Sulle tracce del film su Lupin III di Mamoru Oshii<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhAk-Jp6wIAeFitb8yKT7UaoeM3JwmcrdnoZfpmF5zIgsXlpQHNKaKDGNlwlwk9P8iHFDItmN3qxzuTLWIbp4CvldO03eBS93qxH82E5mMb5DbMmTgVX8oZcFkvOHDYeEXX2UcAswyZgnc/s1600/Mamoru+Oshii+Lupin+III+Complete+Work+%25281%2529.png" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="808" data-original-width="1600" height="323" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhAk-Jp6wIAeFitb8yKT7UaoeM3JwmcrdnoZfpmF5zIgsXlpQHNKaKDGNlwlwk9P8iHFDItmN3qxzuTLWIbp4CvldO03eBS93qxH82E5mMb5DbMmTgVX8oZcFkvOHDYeEXX2UcAswyZgnc/w640-h323/Mamoru+Oshii+Lupin+III+Complete+Work+%25281%2529.png" width="640" /></a></div><span><a name='more'></a></span><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><br /></div><div class="separator" style="clear: both; text-align: left;"><b>Avviso: sul nuovo sito web di Terre Illustrate è iniziata una nuova
serie di articoli storici e di analisi dedicati alle opere di Lupin III
dirette da Hayao Miyazaki. Qui trovate la prima parte: <a href="https://terreillustrate.it/posts/01-lupin-di-miyazaki-part1/">https://terreillustrate.it/posts/01-lupin-di-miyazaki-part1/</a></b></div><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><br /></div><i><a href="https://terreillustrate.blogspot.com/2020/04/lupin-iii-il-castello-di-cagliostro-il.html" target="_blank">Lupin III: Il Castello di Cagliostro</a></i>, oggi considerato il film più influente e famoso della saga di <b>Lupin III</b>, non fu un successo immediato. Il risultato al botteghino non bissò l'entusiasmo che ci fu per il precedente <a href="https://terreillustrate.blogspot.com/2020/03/lupin-iii-la-pietra-della-saggezza.html" target="_blank"><i>Lupin III: La Pietra della Saggezza</i></a> e per vedere un nuovo film su Lupin III si dovrà attendere il 1984, anno di inizio produzione di un nuovo film per il cinema da affiancare a <i>Lupin III Part 3</i>, la serie in giacca rosa che aveva appena iniziato la trasmissione in TV. Come la maggior parte dei fan sanno, il prodotto finale di quel progetto sarà <i>Lupin III: La Leggenda dell'Oro di Babilonia</i>, film del 1985 diretto da <b>Seijun Suzuki</b> e <b>Shigetsugu Yoshida</b> che rappresenta la prima e ultima incursione al cinema della giacca rosa. Molti di meno sono invece i fan a conoscenza dell'originale progetto dietro questo film, un progetto che prevedeva atmosfere alienanti, un plot surreale e uno staff completamente diverso: il <b>Lupin III</b> di <b>Mamoru Oshii</b> (regista di<i> Ghost in the Shell</i>, <i>Patlabor, </i>e<i> </i>l'<i>Uovo dell'Angelo</i>).<div><br /></div><table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><tbody><tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjOsUCBoG3lPpnHeSudHqvxmvv4vSF_l886YVq1e9OiO7GzGumgVksyRWY3zEARXBeRMTEqU6jU2XAnGOowpbQjBYx-9_KZgH-UFgTJK9zFx-3_EmWyv6WbEFQ5YFCOUUJcWKsQlOnx_sg/s2048/Genshiken+Lupin+III+Mamoru+Oshii.png" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="1150" data-original-width="2048" height="359" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjOsUCBoG3lPpnHeSudHqvxmvv4vSF_l886YVq1e9OiO7GzGumgVksyRWY3zEARXBeRMTEqU6jU2XAnGOowpbQjBYx-9_KZgH-UFgTJK9zFx-3_EmWyv6WbEFQ5YFCOUUJcWKsQlOnx_sg/w640-h359/Genshiken+Lupin+III+Mamoru+Oshii.png" width="640" /></a></td></tr><tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;"><span style="font-size: small;">Un progetto tanto leggendario tra i fan da essere stato menzionato in Genshiken (Otaku Club il titolo internazionale), una serie piena zeppa di riferimenti alla cultura degli anime e manga giapponesi</span><br /></td></tr></tbody></table><div><br /></div><div>Complice il successo di <i>Nausicaä della Valle del Vento</i> uscito proprio quell'anno, l'idea iniziale dei produttori di TMS fu di rivolgersi nuovamente ad <b>Hayao Miyazaki</b> per realizzare il terzo lungometraggio di Lupin III. Il regista però, ormai impegnato nei suoi progetti personali e non più interessato a lavorare sul personaggio, declinò l'offerta e spinse affinché il lavoro venisse affidato a <b>Mamoru Oshii</b>, un autore che proprio in quegli anni stava iniziando a farsi un nome nell'ambiente. Oltre alla raccomandazione di Miyazaki, a convincere TMS fu il lavoro svolto da Oshii sulla serie <i>Urusei Yatsura</i> (Lamù) di cui aveva diretto il primo centinaio di episodi, prova della sua affinità con la direzione che la produzione aveva in mente per Lupin III. Con grande entusiasmo Oshii iniziò a lavorare al progetto e a mettere su il team che ci avrebbe lavorato con lui. Tra le persone che lo componevano vi erano<b> Kazunori Itō </b>alla sceneggiatura, con cui Oshii lavorerà a diversi suoi film (tra cui Patlabor e Ghost in the Shell) e <b>Yoshitaka Amano </b>alla direzione artistica, illustratore che diverrà famoso per il suo lavoro come character designer per la saga di <i>Final Fantasy</i>. Lo staff di animatori avrebbe invece potuto contare su nomi del calibro di <b>Hideaki Anno</b>, il futuro regista di <a href="https://terreillustrate.blogspot.com/search/label/Neon%20Genesis%20Evangelion" rel="nofollow" style="font-style: italic;" target="_blank">Neon Genesis Evangelion</a><i>, </i>Yoshinori Kanada, Hiroyuki Kitakubo e Koji Morimoto.</div><div><br /></div><div style="text-align: center;"><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><img alt="Lupin III Mamoru Oshii Complete Work Movie Film" border="0" data-original-height="240" data-original-width="150" height="300" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEi1TmvVPVWrtgNIexdpUuwK5ag_LeL3iQOUPI5N8SWNZLqNriJNEdG_qnOLIJwJq-20L4xKClS7tSMXIxVaktPS1LveQEW_s-pJgZg_8qVNG8s2hnY7kXXGDZSnO_pCMNO5MpI-f8A-nOk/w188-h300/943299_575114615861842_1164164390_n.jpg" title="Lupin III Mamoru Oshii Complete Work Movie Film" width="188" /><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjv2TcPMxnPxvVFkozfVl_bPe2XWrU_VyYgwZNX3-76hpFlPBxDhf1-MP9ZkecwEgjZGyWM3rj1I7nL-6_k6G7gq-AKokEXdM3HdLcGK_tfBEDb2qmQQOfU06UN939ynz6C-dwl2LWkcNs/s960/Mamoru+Oshii+Lupin+Fossil+Angel.jpg" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img alt="Lupin III Mamoru Oshii Complete Work Movie Film" border="0" data-original-height="960" data-original-width="644" height="328" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjv2TcPMxnPxvVFkozfVl_bPe2XWrU_VyYgwZNX3-76hpFlPBxDhf1-MP9ZkecwEgjZGyWM3rj1I7nL-6_k6G7gq-AKokEXdM3HdLcGK_tfBEDb2qmQQOfU06UN939ynz6C-dwl2LWkcNs/w219-h328/Mamoru+Oshii+Lupin+Fossil+Angel.jpg" title="Lupin III Mamoru Oshii Complete Work Movie Film" width="219" /></a></div></div><div><br /></div><div>Approcciandosi al progetto, Oshii tenne in grande considerazione il lavoro concettuale fatto da Miyazaki nel Castello di Cagliostro e <b><a href="https://terreillustrate.blogspot.com/2020/04/lupin-iii-il-castello-di-cagliostro-il.html" target="_blank">si ritrovò anche lui a riflettere su Lupin in relazione al tempo che passa</a></b> e al suo ruolo in un presente che non gli appartiene quanto quello in cui <b>Monkey Punch</b> lo aveva concepito. Oshii decise di portare all'estremo questo concetto e nel suo proposal tracciò l'idea di <b>un Lupin depresso, senza più nulla al mondo che gli interessi rubare e senza quindi più uno scopo nella vita</b>. È pensando a questa sorta di "crisi di mezz'età" che scherzosamente disegnò un Lupin con i primi segni di calvizie per il numero della rivista <i>ANIMAGE</i> in cui il progetto fu presentato. Assieme a questo disegno e ad alcune immagine preliminari apparve anche la tagline del film: "<b>Alla fine del secolo rubò il Tempo</b>".<br /></div><div><br /></div><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiTWpKCglq_rk_hN5eHS9d3q934CbJTN7dTqKtE5M06SRREksr4ZYRAKfAaTJDh68Co5FHQYJD6Rw8bRB10bFAekMHr2tedCWa5GQreCFq2UkodeDlat3eAUX_zki6bLpI0r5JQh7wCG8w/s960/Mamoru+Oshii+Lupin+III+The+Third+Angel+Fossil+Fossile+dell%2527Angelo+1.jpg" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="719" data-original-width="960" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiTWpKCglq_rk_hN5eHS9d3q934CbJTN7dTqKtE5M06SRREksr4ZYRAKfAaTJDh68Co5FHQYJD6Rw8bRB10bFAekMHr2tedCWa5GQreCFq2UkodeDlat3eAUX_zki6bLpI0r5JQh7wCG8w/s640/Mamoru+Oshii+Lupin+III+The+Third+Angel+Fossil+Fossile+dell%2527Angelo+1.jpg" width="640" /></a></div><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">Concept art di Yoshitaka Amano per il Fossile dell'Angelo</div><div><br />Il film si sarebbe dovuto aprire con la costruzione di una grande torre al centro di <b>Tokyo</b> e il suicidio del suo architetto una volta completata. L'intenzione di Oshii era di tracciare un parallelo con la <b>Torre di Babele</b> e di farvi ruotare attorno la storia di una ragazza, nipote dell'architetto, accusata di un omicidio commesso all'interno della torre stessa. Il tesoro da rubare di questo film sarebbe dovuto essere<b> il fossile di un angelo</b>, un reperto archeologico leggendario trovato anni prima in Africa e custodito nella torre. Oshii progettava un film senza protagonista: Lupin sarebbe infatti apparso, dopo una scena iniziale, solamente nel finale in una scena in cui, scalata la torre, si sarebbe trovato faccia a faccia con il fossile rivelatosi in realtà una bomba atomica. In contemporanea alla scoperta di <b>Fujiko</b> della reale natura della ragazza, un angelo che si diverte a ingannare e uccidere gli uomini, il film si sarebbe concluso con la scena della distruzione di Tokyo per mano della bomba atomica attivata inavvertitamente dalle azioni del ladro e la realizzazione, per i personaggi e lo spettatore, che si tratta tutto di una finzione e che Lupin non esiste.</div><div><br /></div><br /><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><img alt="Lupin III Mamoru Oshii Complete Work Movie Film" border="0" data-original-height="332" data-original-width="300" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiM_vyHnIXTArTk31FJZk0wImeJGgL6413iiCdrc3UbooIzY5n1QYlFOq8mTOvm9CmCtzDJ2mfCOx_CL-2GXEgzDlvtOEBp_drOYe2AhErucOBwFnYpWBIJPmqzMZIUQ2WVwrqSv8fQKOc/d/Mamoru+Oshii+Lupin+Yoshitaka+Amano.jpg" style="text-align: left;" title="Lupin III Mamoru Oshii Complete Work Movie Film" /><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgtBTI7OxFsJTQZWSd-4FaiSX05fznhydzjCQwMG4LtDpFcNh4Ktiew_NhQcEGdpmzhRtHV-bsLQjArk5ZWwBPjqUBKAefzGD9rMOM770nHJBmTNegC8wvhD3EqzDsGptojs8lXD-xsQ4Y/s266/Mamoru+Oshii+Lupin.jpg" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img alt="Lupin III Mamoru Oshii Complete Work Movie Film" border="0" data-original-height="225" data-original-width="266" height="281" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgtBTI7OxFsJTQZWSd-4FaiSX05fznhydzjCQwMG4LtDpFcNh4Ktiew_NhQcEGdpmzhRtHV-bsLQjArk5ZWwBPjqUBKAefzGD9rMOM770nHJBmTNegC8wvhD3EqzDsGptojs8lXD-xsQ4Y/w333-h281/Mamoru+Oshii+Lupin.jpg" title="Lupin III Mamoru Oshii Complete Work Movie Film" width="333" /></a></div><div><br /></div><div><br /></div><div>L'errore dei produttori fu di aver capito tardi di non avere assunto l'Oshii che aveva diretto la serie TV di Lamù, ma il regista che aveva appena trovato la sua voce realizzando <a href="https://it.wikipedia.org/wiki/Lam%C3%B9_-_Beautiful_Dreamer" rel="nofollow" target="_blank"><i>Beautiful Dreamer</i></a> (1984). La produzione venne ovviamente arrestata quando la TMS realizzò che un film del genere sarebbe stato un rischio enorme per l'intero franchise, quasi una pietra tombale sul personaggio di Lupin III (il film aveva addirittura come nome preliminare <b>"Lupin III The Complete Work</b>"). Il team venne quindi smantellato assieme a tutti i concept del film, o quasi. Il lavoro di Mamoru Oshii non arrivò neanche alla fase di script e per questo le informazioni che abbiamo sulla trama sono così poche e frammentarie; ma <b>solo perché non è mai stato realizzato non vuol dire che questo film non esista</b>. Un po' come il <a href="https://www.youtube.com/watch?v=m0cJNR8HEw0" rel="nofollow" target="_blank">Dune di Jodorowsky</a>, le idee e i concept del Lupin III di Oshii hanno continuato a vivere in altri film, suoi e altrui. Se si sa dove guardare e cosa cercare, è addirittura possibile ricostruire nella propria mente un'impressione lontana di questo film mai avvenuto, <b>una visione inafferrabile da una linea temporale alternativa</b>.<br /></div><div><br /></div><table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><tbody><tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjEz2K5WOFSuCu-zK20q4MabwDaYk77WXlFVQALMeLfwwqqjd_Zrf8EJAchhvXPt_ORE1xoXz2nbgwntKals7DZRGySYIbRmKKIMoVEyeHUSv0j9KqyYKZpiSY0nU94sa76DDfEQ82W89A/s2048/Lupin+III+L%2527oro+di+babilonia+babele+mamoru+oshii.png" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img alt="Lupin III Oro di Babilonia" border="0" data-original-height="1106" data-original-width="2048" height="346" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjEz2K5WOFSuCu-zK20q4MabwDaYk77WXlFVQALMeLfwwqqjd_Zrf8EJAchhvXPt_ORE1xoXz2nbgwntKals7DZRGySYIbRmKKIMoVEyeHUSv0j9KqyYKZpiSY0nU94sa76DDfEQ82W89A/w640-h346/Lupin+III+L%2527oro+di+babilonia+babele+mamoru+oshii.png" title="Babylon Babele Pink Jacket" width="640" /></a></td></tr><tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;"><span style="text-align: left;">Lupin III: La Leggenda dell'Oro di Babilonia (1985)</span></td></tr></tbody></table><div><br /></div><div>Il primo film a cui rivolgere lo sguardo non può che essere <i>Lupin III: La Leggenda dell'Oro di Babilonia</i> uscito il 13 Luglio 1985. Per rimpiazzare in fretta il team appena sciolto, TMS decise di affidare il progetto direttamente allo staff che stava lavorando a <i>Lupin III Part 3</i> e che si ritrovò a dover realizzare un film in pochissimo tempo. Il risultato fu nettamente meno ambizioso e dai toni diametralmente opposti, ma alcuni elementi del progetto di Oshii riuscirono comunque a infiltrarvisi. Con due registi, due sceneggiatori, un direttore dell'animazione con grande peso decisionale e una produzione di cui si hanno poche informazioni, è difficile effettivamente capire a chi o a cosa attribuire la scelta di mantenere l'elemento della<b> Torre di Babele</b>. Quella di questo film è però l'autentica Torre di Babele, non un'imitazione costruita in città, e si trova seppellita in <b>Mesopotamia</b>. La leggenda presentata nel film suggerisce che sia stata una divinità a nasconderla e nel finale viene addirittura rivelato essere un manufatto di <b>origine aliena</b>.</div><div><br /></div><table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><tbody><tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjegYGPjBzsqAwbe2JTZc20Arf8hxpQshcaIIoOeQzm8fNQLcNc8hOtqDL6_qsxUjLPa79Gg1PNh7jKT6-qVDQzXHRSxcQ0YQOYsiPiJ096MLmvInPz2WfTkwhqzq_avKceJDMjVSfMHfI/s2048/Tenshi+no+Tamago+Uovo+dell%2527Angelo+Mamoru+Oshii.png" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img alt="Tenshi no Tamago Uovo dell'Angelo Mamoru Oshii" border="0" data-original-height="1152" data-original-width="2048" height="360" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjegYGPjBzsqAwbe2JTZc20Arf8hxpQshcaIIoOeQzm8fNQLcNc8hOtqDL6_qsxUjLPa79Gg1PNh7jKT6-qVDQzXHRSxcQ0YQOYsiPiJ096MLmvInPz2WfTkwhqzq_avKceJDMjVSfMHfI/w640-h360/Tenshi+no+Tamago+Uovo+dell%2527Angelo+Mamoru+Oshii.png" title="Yoshitaka Amano OAV Angel's Egg" width="640" /></a></td></tr><tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">L'Uovo dell'Angelo (1985)<br /></td></tr></tbody></table><div><br /></div><div>Nel frattempo <b>Mamoru Oshii</b> e <b>Yoshitaka Amano</b> decidono di dirottare la loro collaborazione su qualcos'altro: un lungometraggio per il mercato home video (OAV) intitolato <i>Tenshi no Tamago</i> ("L'Uovo dell'Angelo") e uscito il 15 Dicembre 1985. In questo incubo metafisico ed ermetico di 70 minuti sono confluite diverse idee e suggestioni del precedente progetto, come la piccola protagonista dai capelli bianchi dal design molto simile a quella apparsa nei bozzetti preparatori di Amano per Lupin. Anche lei vive sola in un grande edificio e, anche se non c'è richiamo esplicito alla Torre di Babele, i riferimenti alla Bibbia e alla religione cristiana invadono tutto il film. Infine, un fossile è centrale anche qui, anche se della parola "angelo" non viene mai fatta menzione all'infuori del titolo del film stesso. Questi sono i non pochi punti di contatto oggettivi con il film su Lupin, ma Tenshi no Tamago è un'opera così enigmatica da lasciare abbastanza spazio all'immaginazione per provare a trovarne di altri, soggettivi, e costruirsi così un'idea di quali tematiche o di quali altri punti del plot sarebbero potuti apparire nel Lupin di Oshii. <br /><br /></div><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEh35invbezZqRx-xSlfDEZ5Jld_9W7ktL-Hj9sHxPno3Q8x_WkMW7U7dz-o_UxVhGhNzD-o0R3AHAFR-B6jnPVPmqf4D4b2S5VnsUfuDMXas72ZGPmpWgeNESZB2l51uOXk40GtSKxBsSc/s1778/Stray+Dog+Mamoru+Oshii+Poster.webp" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img alt="Kerberos Saga Stray Dog" border="0" data-original-height="1778" data-original-width="1200" height="410" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEh35invbezZqRx-xSlfDEZ5Jld_9W7ktL-Hj9sHxPno3Q8x_WkMW7U7dz-o_UxVhGhNzD-o0R3AHAFR-B6jnPVPmqf4D4b2S5VnsUfuDMXas72ZGPmpWgeNESZB2l51uOXk40GtSKxBsSc/w277-h410/Stray+Dog+Mamoru+Oshii+Poster.webp" title="Panzer Mamoru Oshii Live Action" width="277" /></a><img alt="Lamù Beautiful Dreamer" border="0" data-original-height="1500" data-original-width="1000" height="410" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEh8ME_y-otzQv3cjufUOKRuc46Hx-YTFk35m2ouUqwCGFKsWmQQxtPKgVANiKxM-CSo-fSGrJRsUk2ygKKf7cowUApYDlAZxiQ3_jBvfQ1lQJuWRGvB4_zCgQ1h3__Fn1r80bnrdtE8dsc/w274-h410/Beautiful+Dreamer+Mamoru+Oshii+Poster.jpg" style="text-align: left;" title="Urusei Yatsura Mamoru Oshii" width="274" /></div><div style="text-align: center;"><span style="font-size: small;">Le locandine di Stray Dog (1991) e Beautiful Dreamer (1984)</span></div><div><br /></div>Rimanendo su questo piano ipotetico e continuando a guardare alle tematiche a cui Oshii si è dedicato per tutta la sua carriera, non è difficile individuare altri film che potrebbero essere considerati dei <i>lontani parenti </i>del suo Lupin mai realizzato. <i>The Red Spectacles</i> (1987) e <i>Stray Dog</i> (1991), primi due film live-action del regista ed entrambi parte della "<i>Kerberos Saga</i>" da lui creata, hanno entrambi dei protagonisti in <b>una crisi d'identità</b> dovuta a un mondo che non è più il loro. Il protagonista di <i>Stray Dog</i> in particolare vaga <b>depresso e senza meta</b> alla ricerca di qualcosa che dia nuovamente <b>uno scopo alla sua esistenza</b>. È invece nel suo film più famoso, <i>Ghost in the Shell</i> (1995), che Oshii torna a <b>mettere in discussione la realtà</b>: in un futuro in cui è possibile accedere ai ricordi e manipolarli, il Maggiore Kusanagi inizia infatti a domandarsi quanto della sua esistenza sia reale e quanto sia una finzione scritta da qualcun altro. Nel suo ultimo film di Lamù, Beautiful Dreamer (1984), <b>realtà e sogno</b> si scambiano di posto e la serie originale viene decostruita mettendone a nudo i meccanismi narrativi.<br /><div><br /></div><table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><tbody><tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEia5w3e6LM4yOFl_o7sJ_6kUQd_Z7hvAaUH47pafN0Zdw9VuvGZVM9w4EjynIz0mIoZVLd-70Z8R2XBSM8LKF8qg-pA5mak-FdKcB8ZJJDWKmmThHSpJQYGLgXEQYZFYb_MWvHRsqO-Aoo/s2048/Patlabor+The+Movie+Mamoru+Oshii.png" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img alt="Patlabor The Movie" border="0" data-original-height="1121" data-original-width="2048" height="350" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEia5w3e6LM4yOFl_o7sJ_6kUQd_Z7hvAaUH47pafN0Zdw9VuvGZVM9w4EjynIz0mIoZVLd-70Z8R2XBSM8LKF8qg-pA5mak-FdKcB8ZJJDWKmmThHSpJQYGLgXEQYZFYb_MWvHRsqO-Aoo/w640-h350/Patlabor+The+Movie+Mamoru+Oshii.png" title="Babel Babylon Mamoru Oshii" width="640" /></a></td></tr><tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">Patlabor: The Movie (1989)<br /></td></tr></tbody></table><div><br />In preparazione del film su Lupin, Oshii ha dichiarato di aver studiato a fondo la storia recente e l'architettura di <b>Tokyo</b> per poterla rappresentare al meglio. Dalle riflessioni nate da questi studi nascono i due film della serie di <b>Patlabor</b> da lui diretti e che racchiudono i sentimenti ambivalenti che Oshii provava nei confronti di questa città a cui era molto legato. Il primo, <i>Patlabor: The Movie</i> (1989), è l'opera di Oshii che assieme a Tenshi no Tamago è stata maggiormente influenzata dalle idee scartate per il suo Lupin. Il film inizia infatti con il suicidio di uno scienziato, <b>Eiichi Hoba</b>, che stava lavorando al <b>progetto Babylon</b> per il rinnovo della città di Tokyo. Ossessionato dai riferimenti biblici legati al progetto, Hoba mette in moto un piano per distruggere la città e lascia dietro di sé alcune tracce per comprendere le sue motivazioni.</div><div><br /></div><table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><tbody><tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgVO4Wnxhk9NaTcN22YtPR8jq8KLy-rrJYAeJDBwemFcnVOHVXhFwsutUEv11IzVykc_EzMXRmtNFSoz2Y2TkdDNhdiF7qVRF79Iiex3nO6l3RIWiEGzqhyphenhyphenWOkdmIrFPTWI17mm8C5pXX8/s2048/Patlabor+2+The+Movie+Mamoru+Oshii.png" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="1104" data-original-width="2048" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgVO4Wnxhk9NaTcN22YtPR8jq8KLy-rrJYAeJDBwemFcnVOHVXhFwsutUEv11IzVykc_EzMXRmtNFSoz2Y2TkdDNhdiF7qVRF79Iiex3nO6l3RIWiEGzqhyphenhyphenWOkdmIrFPTWI17mm8C5pXX8/s640/Patlabor+2+The+Movie+Mamoru+Oshii.png" width="640" /></a></td></tr><tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;"><table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><tbody><tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">Patlabor 2: The Movie (1994)<br /></td></tr></tbody></table></td></tr></tbody></table><div><br /></div><div>Il perno tematico del film è la reale bolla economica che stava travolgendo Tokyo negli anni '80 e che spingeva la città a espandersi e ricostruirsi sempre più grande con il rischio di divenire una città senza passato. I sentimenti di Oshii per la città si fanno ancora più radicali in <i>Patlabor 2: The Movie</i> (1994) in cui un terrorista in cerca di vendetta contro la società giapponese tenta di <b>distruggere Tokyo</b>, distruzione che sarebbe effettivamente dovuta avvenire nel finale di Lupin.</div><div><br /></div><table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><tbody><tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhlf6GftdjKnQmUgtvhUw7ng5LCb9I9hKZQVFWQRht7wXUB2VqS559ak7f9v4WtHJqlqV5Cp0eX6vStY8QtZcgSd1MlWOB4zPw6zkkIJjAc-3dsAiq333EGB2YSIMAJONFM-8L_vhf6SLw/s958/Lupin+III+Bye+Bye+Liberty+Osamu+Dezaki+Depressed.png" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img alt="Lupin III Monkey Punch Osamu Dezaki" border="0" data-original-height="720" data-original-width="958" height="308" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhlf6GftdjKnQmUgtvhUw7ng5LCb9I9hKZQVFWQRht7wXUB2VqS559ak7f9v4WtHJqlqV5Cp0eX6vStY8QtZcgSd1MlWOB4zPw6zkkIJjAc-3dsAiq333EGB2YSIMAJONFM-8L_vhf6SLw/w410-h308/Lupin+III+Bye+Bye+Liberty+Osamu+Dezaki+Depressed.png" title="Bye Bye Liberty Special TV Depress" width="410" /></a></td></tr><tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">Lupin III: Bye Bye Liberty! (1989)</td></tr></tbody></table><div><br /></div><div>Allontanandoci da <b>Mamoru Oshii</b>, il 1989 è anche l'anno del primo special TV di <i>Lupin III: Bye Bye Liberty!</i>. Diretto da <b>Osamu Dezaki</b>, il film inizia con <b>un Lupin depresso</b> e pronto al ritiro a causa del crescente settore informatico che ha permesso di creare un archivio digitale con tutte le informazioni su di lui a disposizione di tutta la polizia mondiale. Ma per un film profondamente intriso delle idee di Oshii bisognerà aspettare il 2008, anno di usciti di <i><a href="https://terreillustrate.blogspot.com/2021/01/lupin-iii-green-vs-red-analisi-di-un.html" target="_blank">Lupin III: Green vs Red</a></i>, OAV diretto da <b>Shigeyuki Miya</b> a celebrazione dei 40 anni dalla nascita del ladro di <b>Monkey Punch</b>. Nei suoi appena 80 minuti il film mette in discussione l'identità univoca di Lupin III e il suo ruolo in un Giappone in costante cambiamento. Esattamente come nel pitch originale di Oshii, il "vero" Lupin (sempre che così possa essere definito) si muove per lo più nell'ombra e il tesoro da rubare, nascosto sulla cima di un grattacielo di Tokyo, si rivelerà essere un nuovo tipo di bomba nucleare.</div><div><br /></div><table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><tbody><tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiYT7EAyFVXaGkvTISVpCTZy9ADqFF32MtuFLnK-eqyj00n2BOVlHZpLi8bIdI4Re8Doh-p-IBUcZ0HxKbYFklnny4NIOiwj749n5RnUFyMZ21Fgv8194UVCmlxTB-kTCrefuRm7loPxKA/s2048/Lupin+III+Green+vs+Red+Rosso+contro+Verde+Analisi.png" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img alt="Lupin Green vs Red Rosso contro Verde" border="0" data-original-height="1150" data-original-width="2048" height="359" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiYT7EAyFVXaGkvTISVpCTZy9ADqFF32MtuFLnK-eqyj00n2BOVlHZpLi8bIdI4Re8Doh-p-IBUcZ0HxKbYFklnny4NIOiwj749n5RnUFyMZ21Fgv8194UVCmlxTB-kTCrefuRm7loPxKA/w640-h359/Lupin+III+Green+vs+Red+Rosso+contro+Verde+Analisi.png" title="Spiegazione" width="640" /></a></td></tr><tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">Lupin III: Green vs Red (2008)</td></tr></tbody></table><div><i><br />009 RE: Cyborg</i> (2012) è forse <b>il caso più eclatante</b> di derivazione dal Lupin di Oshii. Il revival di <b>Cyborg 009</b>, storico manga di <b>Shotaro Ishinomori</b>, era stato inizialmente affidato allo stesso Oshii che per l'occasione decise di rispolverare le sue idee per il ladro di Monkey Punch. La sua sceneggiatura prevedeva un setting contemporaneo e la morte per vecchiaia di quasi tutti i membri della squadra tranne 001, 003 e 009. 001 e 003 avrebbero dovuto essere drasticamente diversi, il primo trasformato in un cane e la seconda invecchiata di 40 anni, mentre 009 sarebbe rimasto uguale, intrappolato senza memorie in un corpo per sempre giovane. Oshii vedeva questi personaggi come dei <b>relitti della Guerra Fredda</b> costretti a esistere in un'epoca che non è più la loro, una visione non troppo diversa da quella che aveva di Lupin III.</div><div><br /></div><table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><tbody><tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhKf4-BQYLmKxOx-PLCbtiljTnQy59gRWYUAv4L1OuquYWeY2QSpKIDPslqMovMwu-OOL9qwiSbGM6KOYiXy5w0GaIApCTOK2qNqiSrJemHewTLrUiXY-_39QVLNOUx1Wyjh8hkPjO9Los/s2048/Cyborg+009+Kenji+Kamiyama+Mamoru+Oshii.png" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img alt="Shotaro Ishinomori Kenji Kamiyama" border="0" data-original-height="2048" data-original-width="1825" height="640" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhKf4-BQYLmKxOx-PLCbtiljTnQy59gRWYUAv4L1OuquYWeY2QSpKIDPslqMovMwu-OOL9qwiSbGM6KOYiXy5w0GaIApCTOK2qNqiSrJemHewTLrUiXY-_39QVLNOUx1Wyjh8hkPjO9Los/w570-h640/Cyborg+009+Kenji+Kamiyama+Mamoru+Oshii.png" title="Cyborg 009 RE Mamoru Oshii Lupin" width="570" /></a></td></tr><tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">009 RE: Cyborg (2012)</td></tr></tbody></table><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><br /></div><div>Ancora una volta le idee di Oshii sono state considerate un azzardo eccessivo e il progetto è passato in mano a un suo allievo, <b>Kenji Kamiyama</b>, che ha provato a rimanere fedele a quelle idee eliminandone gli aspetti più controversi come i cambiamenti apportati alla squadra. Il risultato è un film che fa continuamente il verso a Oshii e che contiene tante idee riconducibili direttamente al suo Lupin come la presenza di <b>un fossile di angelo</b>, l'esplosione di una bomba nucleare (questa volta a Dubai), la discussione di temi teologici in chiave antropologica e un finale lasciato completamente all'interpretazione dello spettatore. </div><div><br /></div><div>Lupin III The Complete Work non si concretizzerà mai e probabilmente è meglio così: sia Lupin III che Mamoru Oshii hanno voltato pagina da tempo e proseguito la loro carriera senza rimanerne ancorati e tornare adesso a metter mano su un lavoro concepito quasi 35 anni fa non avrebbe più senso. Tanto più che Lupin III è nel pieno di <b><a href="https://terreillustrate.blogspot.com/2020/03/lupin-iii-part-5-sotto-la-maschera-del.html" target="_blank">una fase di rinascita</a></b> in cui i progetti interessanti non mancano mentre Mamoru Oshii si appresta a tornare nel mondo dell'animazione con una serie TV e un lungometraggio.<b> Per quelli che invece non riescono a smettere di desiderare quel film che non c'è mai stato esiste sempre la possibilità di ricostruirlo nella propria testa, magari partendo proprio dai film e dagli elementi suggeriti in questo articol</b>o.<br /><br /><span style="text-align: justify;">Recuperando i film di Mamoru Oshii da </span><a href="https://amzn.to/2Qi6BWZ" rel="nofollow" style="text-align: justify;">questo link di Amazon</a><span style="text-align: justify;"> potrete sostenere il blog senza spendere un euro in più rispetto al prezzo che il sito già propone. </span><br /><br /><span style="text-align: justify;">Gli altri approfondimenti su </span><a href="https://terreillustrate.blogspot.com/search/label/Lupin%20III" style="text-align: justify;">Lupin III</a> e su <a href="https://terreillustrate.blogspot.com/search/label/Mamoru%20Oshii">Mamoru Oshii</a>.</div><div><br /><i>T</i><i>erre Illustrate è anche su <a href="https://www.facebook.com/TerreIllustrate/" rel="nofollow">Facebook</a> e <a href="https://t.me/TerreIllustrate" rel="nofollow" target="_blank">Telegram</a>.</i></div>Matteo Caronnahttp://www.blogger.com/profile/10086506494488683489noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-4845466152094305459.post-66500037206487740082020-06-09T15:17:00.009+02:002021-01-07T17:47:44.185+01:00Evangelion Anima Vol. 1, un nuovo binario<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
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<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEj69KiY-mRRCVwQDAe2XJHnAJi5ClacXbjqhZq1HVT8Uub12m7ewdXV69hYSwgMVwrKClPYFcxxWk7ESvAZUkXUb5KqDMhwhJ7hMmSd-KyjDUDvp9QdP1IEABfvMfOvMeJDOjIxPNmxvvo/s1600/Evangelion+Anima+Ikuto+Yamashita.jpg" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img alt="" border="0" data-original-height="1136" data-original-width="1600" height="452" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEj69KiY-mRRCVwQDAe2XJHnAJi5ClacXbjqhZq1HVT8Uub12m7ewdXV69hYSwgMVwrKClPYFcxxWk7ESvAZUkXUb5KqDMhwhJ7hMmSd-KyjDUDvp9QdP1IEABfvMfOvMeJDOjIxPNmxvvo/s640/Evangelion+Anima+Ikuto+Yamashita.jpg" title="Evangelion Anima recensione" width="640" /></a></div>
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Nel 2006 <b>Hideaki Anno</b> annunciava <i>Rebuild of Evangelion</i>, la tetralogia di film realizzata per raccontare una nuova versione della storia di <i>Neon Genesis Evangelion</i>. Durante i lavori di questo progetto, lo stesso Anno proponeva a <b>Ikuto Yamashita</b>, mecha designer e membro fondamentale del team creativo, di realizzare un'ulteriore versione della storia di Evangelion che fosse interamente sua. Yamashita, supportato dall'editor <b>Yasuo Kashihara</b> (membro storico di Gainax), inizia quindi a scrivere e disegnare una serie di light novel che prende il nome di <b>Evangelion Anima</b>.</div>
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A differenza dell'approccio adottato da Hideaki Anno per Rebuild of Evangelion, deciso a parlare sia ai vecchi che ai nuovi spettatori, Yamashita scrive i 5 romanzi che compongono la sua opera pensando esclusivamente ai fan della serie originale. Anima si propone infatti come un <b>sequel</b> alternativo a Evangelion in cui gli eventi degli episodi 25 e 26 sono andati in maniera radicalmente diversa. In questa timeline è stata <b>Asuka</b> a essere scelta per fare da catalizzatore per il <b>Progetto del Perfezionamento dell'Uomo </b>mentre a <b>Shinji </b>è toccato il compito di sventare i piani della <b>Seele</b>. Tre anni dopo aver salvato l'umanità intera, la nuova <b>Nerv</b> guidata da <b>Misato</b> si ritrova a dover far fronte a un nuovo nemico la cui origine ha a che fare con la reale natura degli <b>Evangelion</b> e degli <b>Angeli</b>.</div>
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<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgmaAAdt9TaKR0FUr451753ehnc1Y6DDLP8c3TZwWHySXcMUH3K3T-Psp9VjfMJ22W-P6pD04rHrGhStVwmms9rO5B2qv28G8h8gA73bRFLFZVQ3NLYkJsUjTfot2w2kSeOcZAEpqhc4F0/s1600/Evangelion+Anima+Art+Volume+1+Ikuto+Yamashita.jpg" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img alt="" border="0" data-original-height="1124" data-original-width="1600" height="448" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgmaAAdt9TaKR0FUr451753ehnc1Y6DDLP8c3TZwWHySXcMUH3K3T-Psp9VjfMJ22W-P6pD04rHrGhStVwmms9rO5B2qv28G8h8gA73bRFLFZVQ3NLYkJsUjTfot2w2kSeOcZAEpqhc4F0/s640/Evangelion+Anima+Art+Volume+1+Ikuto+Yamashita.jpg" title="Evangelion Anima Eva Series Angel Carriera Eva 01 Tipo F" width="640" /></a></div>
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In origine, Neon Genesis Evangelion era stato concepito da Hideaki Anno per rivolgersi a un pubblico di <b>appassionati</b>, per non dire "di fissati", degli anime <b>mecha </b>e degli show <b>tokusatsu</b>. La serie ha poi raggiunto un pubblico vastissimo anche grazie alla scrittura incredibilmente attenta ai personaggi, alla regia sperimentale, ai messaggi universali che comunicava e ai sentimenti personali che Anno le infuse. Evangelion Anima fa un passo indietro rispetto a tutto ciò e torna a quella concezione originale di storia realizzata <b>da un appassionato del genere per altri appassionati</b>. Leggendo questo primo volume è infatti chiaro che l'interesse di Ikuto Yamashita consista principalmente nell'espandere l'universo di Evangelion, la tecnologia e la mitologia che lo popolano, e di puntare a fare le cose in grande per quanto riguarda l'azione e la portata degli eventi.</div>
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Nei tre anni dagli eventi della serie originale i problemi psicologici ed esistenziali dei personaggi sembrano essersi invece sgonfiati notevolmente mentre quelli rimasti non trovano granché spazio nelle circa 200 pagine del primo volume. Yamashita ci prova a rendere almeno i <b>Children</b> vivi, a fare in modo che la storia abbia un impatto su di loro e che non sembrino semplici mezzi per farla andare avanti, ma si limita al minimo indispensabile. Un lavoro che si fa sufficiente solo perché il lettore conosce già molto bene questi personaggi e può autonomamente dar loro sostanza nella propria testa. D'altronde che gli esseri umani non siano il perno di Anima è evidente già dal lato visivo del volume: tutte le copertine sono dedicate all'<b>Unità 01</b> e delle tante illustrazioni presenti all'interno solo una piccola parte raffigura i personaggi*. <b>Shinji</b>, <b>Asuka</b>, <b>Rei</b> e tutti gli altri hanno comunque i loro momenti nella storia ed è in generale piacevole scoprire come siani cambiati in questi tre anni, ma si tratta esclusivamente di una curiosità da fan della saga.</div>
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<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEh-wFJZpPd3cwrSle10XmIPZ5tmQ1DzwUVn3JgzUB3qy61iTqIQwsu0AHZdw_sWe7VXLVBCQokUVT-duAIEnNRDqnnGLqY6GQfPyytlL5PGDX8t-QYHdk_TKBPl4u2TI8KEzVD7Ll-SudI/s1600/Evangelion+Anima+Shinji+Asuka+Rei+Toji+3+anni+years.jpg" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img alt="" border="0" data-original-height="990" data-original-width="1600" height="394" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEh-wFJZpPd3cwrSle10XmIPZ5tmQ1DzwUVn3JgzUB3qy61iTqIQwsu0AHZdw_sWe7VXLVBCQokUVT-duAIEnNRDqnnGLqY6GQfPyytlL5PGDX8t-QYHdk_TKBPl4u2TI8KEzVD7Ll-SudI/s640/Evangelion+Anima+Shinji+Asuka+Rei+Toji+3+anni+years.jpg" title="Evangelion Anima Shinji Asuka Toji Rei Trois Quatre Cinq Six 3 anni dopo" width="640" /></a></div>
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Pur essendosi calato nei panni dello scrittore, Yamashita rimane infatti un <b>mecha designer</b> e non fa che ricordarcelo introducendo in continuazione <b>nuovi robottoni e armi abbinate</b>: solo in questo primo volume incontriamo tre nuove versioni dell'<b>Unità 01</b>, due dell'<b>Unità 02</b> e tre nuove <b>Unità 00</b>. A volte si tratta dello sviluppo di concept interessanti legati alla trama, mentre altre volte del puro gusto di creare un nuovo "giocattolo" e trovargli un posto nell'universo di Evangelion. Non a caso, la rivista su cui veniva originariamente pubblicato a puntate è <b>Dengeki Hobby Magazine</b>, un periodico dedicato al modellismo che ha fatto anche da rampa di lancio per diverse figure ispirate ai mecha introdotti tra queste righe. Ma le novità di Anima non si limitano ai soli robot: è infatti la disinvoltura con cui Yamashita introduce incessantemente nuove idee o approfondisce concept preesistenti che marca la distanza tra questa storia e una fanfiction qualsiasi. Dell'originale non avrà le tematiche o la sensibilità, ma di sicuro possiede la stessa passione e inventiva per quella <b>fantascienza</b> a volte bislacca e a volte accurata che costituiva uno degli elementi fondanti di Neon Genesis Evangelion.</div>
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Nel plot di Anima sono confluite diverse idee scartate della serie originale assieme ad altre derivanti dal lavoro in parallelo ai film del Rebuild. Le somiglianze con quest'ultimo sono molteplici e nei prossimi volumi si faranno ancora più palesi, ma <b>l'approccio è radicalmente diverso</b>. La <b>cripticità</b> tipica dell'Evangelion di Hideaki Anno lascia qui il posto a uno sviluppo più lineare, senza quel crocevia di sottotrame e riferimenti obliqui che lasciavano allo spettatore il compito di ricostruire i fatti della serie. Il mistero che riguarda <b>Armaros</b>, la nuova minaccia alla sopravvivenza dell'umanità, è intrigante ma è anche esposto con la massima chiarezza: non ci sono personaggi che ne sanno più di altri o del lettore stesso (Gendo è persino assente in questo primo volume) ed è probabile che alla fine tutto avrà una spiegazione più che comprensibile. È un approccio meno interessante alla narrazione, ma rende più digeribile la scelta di raccontare questa storia di Evangelion in forma di romanzo.</div>
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Quello delle <b>Light Novel</b> è un genere popolarissimo in Giappone che in Italia sta prendendo piede solo di recente. Come dice il nome stesso, si tratta di <b>romanzi "leggeri"</b>, storie in prosa che si curano poco della forma e si concentrano soprattutto nell'esporre il più chiaramente possibile una trama che può dipanarsi per volumi e volumi. Romanzi di veloce lettura, molto meno densi di quelli a cui siamo abituati in Occidente e accompagnati da diverse illustrazioni che forniscono un aiuto a visualizzare quanto viene descritto nel testo. Yamashita non si allontana da questo modello e utilizza una prosa scarna con cui descrive il minimo indispensabile per far procedere la storia. Le uniche cose su cui si sofferma di più sono le <b>descrizione tecniche</b>, alcune anche molto interessanti, e le <b>scene d'azione</b>. Quest'ultime brillano non solo per chiarezza e ritmo, ma anche per l'inventiva con cui sono articolate che sfrutta ogni elemento a disposizione. Durante la lettura non è difficile figurarsele in testa e rimanerne galvanizzati esattamente come succede per le migliori scene d'azione dell'anime. Aiutano in questo anche le <b>bellissime illustrazioni</b> di Yamashita che corredano il volume e spiegano nel dettaglio i design di tutto ciò che appare nella storia. Peccato per la scelta (comune all'edizione giapponese) di rendere in una incomprensibile scala di grigi i disegni originariamente a colori che intervallano il testo. Per fortuna sono invece intatte le illustrazioni che aprono il volume stampate su 8 pagine di carta patinata a colori.</div>
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Evangelion Anima è una versione<b> blockbuster</b> di Evangelion quanto e più del Rebuild stesso. Un <b>fanservice sfrenato</b> dedicato a chi del brand ama l'iconografia, la fantascienza e la mitologia. Assolutamente sconsigliato invece a chi cerca l'introspezione dei personaggi, la poetica di Anno o anche solo uno sviluppo equilibrato e coerente con la serie animata. Anima è un gioco al rilancio fatto di idee sempre più assurde, di dettagli che possono interessare solo agli entusiastici del genere, di mecha e minacce sempre più grosse. La probabilità che si accartocci su sé stesso sotto il peso delle proprie assurdità è elevata, ma è una possibilità che bisogna mettere in conto quando ci si approccia a una storia il cui protagonista pilota un robot chiamato "<b>Super Evangelion</b>". Se questo non vi preoccupa, troverete in <b>Evangelion Anima</b> un romanzo molto scorrevole e divertente, un binario alternativo e fuori controllo su cui fare un giro in attesa che esca l'ultimo capitolo del Rebuild of Evangelion.</div>
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*A onor di cronaca, nell'originale pubblicazione su rivista erano presenti anche diverse illustrazioni dei personaggi curate da <b>Hiroyuki Utatane</b> che non sono state riproposte nelle raccolte in volume (anche in giappone) per lasciare campo al solo Yamashita. I disegni di Utatane avevano il pregio di proporre il nuovo design dei personaggi in uno stile che si avvicina molto a quello originale di <b>Yoshiyuki Sadamoto</b> (character designer della serie e autore dell'adattamento manga) ma anche il difetto di essere abbastanza banali e brutti oltre che caratterizzati da un fanservice di tipo sessuale esasperato che sfocia spesso nel cattivo gusto ritraendo dei bambini. Non una gran perdita.</div>
Matteo Caronnahttp://www.blogger.com/profile/10086506494488683489noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-4845466152094305459.post-42211834192802621642020-05-01T10:05:00.006+02:002020-12-23T00:00:08.482+01:00Lupin the IIIRD - La Lapide di Jigen Daisuke, solo una questione di stile<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
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<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgo_H1WWpjj_ob2bzuNPAI2NfjtDRKpaBqbr9mCQrLWoke5FN3dApq2gGk9riiVd9tugni1sGW_Hjd_9aO3cS4U75kTlO0iji99U6yi2eAYRE_4i5kRwdSL6rXJUhd8G7Y8xGXcEog6gao/s1600/New+Project+%25281%2529.jpg" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img alt="" border="0" data-original-height="500" data-original-width="740" height="432" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgo_H1WWpjj_ob2bzuNPAI2NfjtDRKpaBqbr9mCQrLWoke5FN3dApq2gGk9riiVd9tugni1sGW_Hjd_9aO3cS4U75kTlO0iji99U6yi2eAYRE_4i5kRwdSL6rXJUhd8G7Y8xGXcEog6gao/s640/New+Project+%25281%2529.jpg" title="La Lapide di Jigen Daisuke Analisi e Recensione" width="640" /></a></div>
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Dopo aver celebrato i 40 anni della prima serie animata con l'incredibile <i>La Donna chiamata Fujiko Mine</i> di <b>Sayo Yamamoto</b>, <b>TMS</b> ha scoperto che tra i giapponesi c'è ancora un vasto pubblico affamato di nuove avventure di Lupin III che si ispirino alle atmosfere adulte del manga originale di <b>Monkey Punch</b>. Appresa la lezione, lo step successivo è stato di affidare il personaggio nelle sapiente mani di <b>Takeshi Koike,</b> promosso a regista dopo aver già fatto da character designer e direttore delle animazioni nella serie spin-off su Fujiko, per un nuovo progetto che mantenga una certa continuità stilistica col precedente senza però limitarsi a una ripetizione priva di novità. Il risultato è una serie di mediometraggi da 50 minuti realizzati per il mercato home video (ma sempre anticipati da una breve distribuzione evento cinematografica) in cui ciascun film racconta una vicenda che è autoconclusiva e allo stesso tempo un capitolo di una narrazione più vasta che Koike distingue sotto il nome di "<b>Lupin the IIIRD</b>". <br /><br />La serie ha avuto inizio nel 2014 con <i>La Lapide di Jigen Daisuke</i>, è proseguita nel 2017 e nel 2019 con <i>Lo Schizzo di Sangue di Goemon Ishikawa</i> e<i> La Bugia di Fujiko Mine</i> ed è tutt'ora in corso. Come i titoli lasciano intuire, si tratta di avventure che si concentrano di volta in volta su un personaggio diverso per raccontare un episodio chiave della sua vita. Ognuna delle storie contiene però alcuni indizi che rimandano a un complotto generale che si fanno più espliciti con l'andare avanti della saga.</div>
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Come per <i>La Donna chiamata Fujiko Mine</i>, la principale ispirazione va alla prima serie del manga di <b>Lupin III</b> oltre che alla prima decina di episodi diretti da<b> Masaaki Osumi</b>, ma <b>Takeshi Koike</b> decide di concentrarsi meno sulle atmosfere noir ed eleganti usate da <b>Sayo Yamamoto</b> e di premere invece l'acceleratore sull'azione e sulla violenza <b>hard boiled, </b>rimasticando in una chiave più estrema molti dei trope del franchise per accordarli al suo stile. Anche visivamente, le ombreggiature irreali ed eteree del precedente spin-off lasciano qui lo spazio a una colorazione più naturale e vivace, un accorgimento per non distrarre lo spettatore dalle animazioni molto più curate che una produzione per l'home video permette rispetto a una televisiva.</div>
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Il primo capitolo, <i>La Lapide di Jigen Daisuke</i>, vede<b> Lupin</b> e <b>Jigen</b> intenti nel furto di una pietra preziosa appartenente alla <b>Dorea dell'Est</b>, una nazione famosa per il suo bassissimo tasso di criminalità. Nonostante alcuni imprevisti il furto avviene con successo, ma l'entrata in scena di un <b>infallibile cecchino</b> famoso per l'usanza di costruire le lapidi delle sue vittime prima di eliminarle fa precipitare rapidamente la situazione e i due si ritrovano nel bel mezzo di un complotto politico tra la Dorea dell'Est e la<b> Dorea dell'Ovest</b> e che è legato all'omicidio di <b>Queen Marta</b>, famosa cantante che aveva precedentemente assunto Jigen per proteggerla.</div>
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Pur tracciando la via che seguiranno anche i successivi, questo primo film è il più autoconclusivo della serie e non lascia interrogativi di sorta, probabilmente perché si trattava di un esperimento per sondare l'accoglienza senza correre il rischio di lasciare qualcosa d'incompleto. <b>Takeshi Koike</b> e <b>Yuya Takahashi</b> confezionano quindi un intreccio che spreme al massimo il tempo a loro disposizione concentrandosi tanto sulle articolate e spettacolari scene d'azione quanto sul fornire un contesto tangibile e coerente alle vicende. Nei soli 50 minuti di durata,<i> La Lapide di Jigen Daisuke</i> esibisce una discreta quantità di assonanze con la tipica avventura di Lupin III alternate a dissonanze che creano nello spettatore l'impressione di un ambiente narrativo famigliare e allo stesso tempo nuovo e pericoloso. La dissonanza parte dai dettagli, come la scena in cui Lupin e Jigen si sostituiscono a due diplomatici con il classico travestimento perfetto ma mettendoli fuorigioco con una meno classica iniezione sedativa al posto del solito edulcorato sonnifero spray, e che esplode nella scena in cui i due si ritrovano a dover strisciare per sfuggire all'infallibile cecchino che li tiene sotto mira e che ha già messo a segno ben due colpi. Ma il momento che forse più di tutti fa smarrire lo spettatore è quello immediatamente successivo in cui vediamo Jigen interagire con Lupin come fosse un partner e nulla più, senza mostrare un briciolo di quel rapporto d'amicizia che è sempre stata una certezza dell'anime sin dal primissimo episodio.</div>
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Passato alla poltrona di regista, Koike decide di continuare la storia della formazione della gang da dove l'aveva lasciata La Donna chiamata Fujiko Mine e di raccontare il momento in cui il rapporto lavorativo che lega Lupin e Jigen si evolve nell'alchimia perfetta a cui siamo abituati. Con questo film brevetta una formula semplice quanto efficace che ritroveremo anche nei successivi e che consiste nell'ideare un villain apparentemente invincibile e costruito su misura per essere una versione distorta del protagonista, per metterlo in difficoltà e costringerlo a crescere per sopravvivere. Dinanzi all'inarrestabile <b>Yael Okuzaki</b> (probabilmente ispirato a Golgo 13) Jigen dovrà infatti mettere da parte la posa da lupo solitario e imparare a fidarsi di Lupin gettando così le basi per quell'intesa sincera che già possiamo vedere nella scena finale in cui si godono la prima e tanto attesa fumata insieme guardando il tramonto.</div>
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In un piano narrativo parallelo e secondario si muove invece <b>Fujiko Mine</b> che mantiene la grande indipendenza e abilità acquisite nella serie a lei dedicata. È invece l'erotismo che l'accompagna a fare un passo indietro: meno subdolo, significativo o elegante, è così sfacciato da rendere impossibile il non notare che il regista è tornato a essere un uomo, soprattutto se si tratta di un uomo dall'impronta artistica estrema come in questo caso. Una delle sequenze che più rimangono impresse di questo capitolo è infatti la scena della tortura inflitta a Fujiko dall'organizzazione nemica e che definire <b>spinta</b> è forse dire poco. Nel 1972 Masaaki Osumi aveva realizzato un qualcosa di simile nel primo episodio di <i>Lupin III Part 1</i> quando aveva fatto finire la donna tra le mani di <b>Mister X</b>, il capo dell'organizzazione Scorpion, che la fece legare a un tavolo per torturarla con il solletico prima che Lupin arrivasse a salvarla. Quello che nell'episodio di Osumi era <b>un sottotesto di natura sessuale</b> nascosto sotto una scena tutto sommato umoristica con Koike diventa una scena angosciosa in cui la donna si ritrova protagonista di uno spettacolo morboso dove un pericoloso macchinario la minaccia su di un palco di vetro mentre un pianista suona incessantemente la stessa stridente nota. C'è un solo modo per interpretare ciò che sta succedendo a Fujiko in questa scena e si tratta sicuramente di uno dei momenti che contribuiscono di più a generare la dissonanza tra quest'opera e tutto ciò che è venuto prima.</div>
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Sebbene sia innegabile che ci sia un certo grado di gratuito, la scena della tortura di Fujiko ha come scopo principale quello di mettere in ridicolo l'assurda pretesa che ci possa essere del bello artistico dietro atti violenti e fondamentalmente sbagliati come questi. Credere di poter trasformare una tortura in una performance artistica concettuale è <b>una farsa grottesca</b>, esattamente come lo è la pratica di Yael Okuzaki di codificare il proprio modus operandi da sicario in una serie di pratiche inutili (il gioco dei dadi, la lapide, il vestiario) che servono a creare l'illusione di un'arte personale che, come gli ricorda Lupin a metà film, non esiste. Yael preme il grilletto a comando, senza fare mai nulla di più né nulla di meno di quanto gli venga richiesto dai suoi padroni. La sua attitudine al mestiere è quella di un cane ben addestrato che s'illude di essere libero solo perché incapace di notare il proprio guinzaglio. Per quanto Okuzaki tenti di decorarla, dietro il suo fucile da cecchino non c'è alcuna personalità ma solo <b>una fredda e spietata professione</b>. Accusato di questo dallo stesso Lupin, Yael risponde che questa sua etica è "l'unica ragione per cui sei ancora in vita", vantandosi di fatto di quello che si rivelerà essere il suo più grande errore.</div>
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Per come la pone Jigen confrontando la sua <b>pistola</b> con quella del suo avversario, la differenza tra i due è <b>solo una questione di stile</b>. Yael ha rinunciato a qualsiasi personalità dinanzi all'efficienza, una mentalità da impiegato che non può reggere il confronto con gli avversari che si è trovato di fronte questa volta. Sta qui il cuore tematico del conflitto messo in scena dal film. Koike ci ricorda che questi personaggi sono dei criminali e che le loro azioni sono guidate dal tornaconto personale ma che non per questo sono privi di una morale o incapaci di provare dei sentimenti. Pur essendo stato liberato dai vincoli lavorativi che lo legavano a lei, Jigen prova infatti<b> rimpianto </b>per non essere riuscito a proteggere Queen Marta, un sentimento invece completamente sconosciuto a Yael. Come riaffermano loro stessi a fine film, quello del pistolero e del ladro non è un lavoro ma uno stile di vita, è parte del loro carattere ed emanazione della loro libertà.</div>
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<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgOoIlOIM-45rNibVQkpEnghspkuMdmxSIeMU6zAo3NJzTV11H3EtT4MrvxdHbb3WXpxUPpe7tkdXwmbf6Qgl4Tbv25pebhzZGw60qeTfjVpOK8-rQFXLJrC6cDW24SoibfWIh2in4JFTU/s1600/Takeshi+Koike+Art+Direction+Character+Design+Lupin.jpg" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img alt="" border="0" data-original-height="583" data-original-width="800" height="466" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgOoIlOIM-45rNibVQkpEnghspkuMdmxSIeMU6zAo3NJzTV11H3EtT4MrvxdHbb3WXpxUPpe7tkdXwmbf6Qgl4Tbv25pebhzZGw60qeTfjVpOK8-rQFXLJrC6cDW24SoibfWIh2in4JFTU/s640/Takeshi+Koike+Art+Direction+Character+Design+Lupin.jpg" title="Takeshi Koike Art Character Design Lupin Jigen Zenigata Goemon Fujiko" width="640" /></a></div>
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Di stile e carattere non si può non parlare guardando questo film, sia per quanto riguarda la caratterizzazione dei personaggi che per la regia in generale. Dopo 40 anni di avventure in cui abbiamo visto <i>Lupin III </i>ritratto in tutte le salse possibili, Takeshi Koike riesce nell'incredibile impresa di prendere questi personaggi e dar loro nuova vita. Le fattezze scimmiesche di Lupin lasciano il posto a dei tratti del viso più raffinati che si riflettono anche nelle movenze più sicure e meno imbranate, ma senza dimenticare il lato più buffone e scomposto del personaggio che è qui affiancato da una curiosità e una furbizia marcatamente <b>luciferine</b>. I tratti di Jigen si sono invece irrigiditi, il volto allungato in una mezzaluna scura e ruvida a rifletterne il carattere duro e taciturno. I due sono stati rinnovati non solamente nell'aspetto ma anche nel vestiario che Koike qui rivoluziona e che continuerà ad arricchire di capitolo in capitolo, riportando in primo piano <a href="https://terreillustrate.blogspot.com/2020/03/lupin-iii-non-sogna-analisi-del.html">un altro degli aspetti fondanti del manga di Monkey Punch</a>: la moda. Un tassello imprescindibile per restituire a Lupin, Jigen e Fujiko quella <i>coolness </i>che negli anni è andata sempre più stemperandosi. Finalmente questi personaggi sono tornati a essere <b>attraenti</b> e pieni di <b>charme</b>, caratteristica che d'altronde si estende a tutti gli aspetti visivi di questo mediometraggio.</div>
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Fin dalla prima scena in cui uno Yael di spalle si trova circondato di grigie lapidi in netto contrasto con un cielo colorato di un intenso rosso, ogni momento del film è pieno zeppo di<b> momenti iconici </b>e <b>sequenze visivamente interessanti</b>. E se in alcuni brevissimi campi lunghi le animazioni appaiono meno curate di quel che ci si aspetterebbe, è nelle <b>scene d'azione</b> presenti in gran quantità (nonostante il minutaggio) che ci si dimentica di quelle piccole imprecisioni e si rimane ammaliati a guardare questi personaggi muoversi con grande personalità e dinamismo. L'inseguimento con la Giulietta è breve ma intenso e i duelli western sono incisivi quanto i proiettili che vengono sparati. Koike non si risparmia né quando si tratta di rappresentare un nudo integrale né quando si tratta di ritrarre una violenza sanguinolenta, senza edulcorare niente e ritraendo anche <b>dettagli anatomici molto crudi</b>.</div>
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<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiSRRD3Zm2ZOrxUewtLNctVsScNKETkOP4wfgw7r1RqyecL9m5jvrM5NQKuYRGiFXjxVUBJDwuW1DPlXafIZ2VimWrQvX3IKkD33QQW0RbXY8-idYxg1K5BXd-QpZ3M586pJtmC94zuR_k/s1600/Jigen+Movie+Koike+Lupin+Giulietta+Car+Chase.png" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img alt="" border="0" data-original-height="900" data-original-width="1600" height="360" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiSRRD3Zm2ZOrxUewtLNctVsScNKETkOP4wfgw7r1RqyecL9m5jvrM5NQKuYRGiFXjxVUBJDwuW1DPlXafIZ2VimWrQvX3IKkD33QQW0RbXY8-idYxg1K5BXd-QpZ3M586pJtmC94zuR_k/s640/Jigen+Movie+Koike+Lupin+Giulietta+Car+Chase.png" title="Automobili Macchina Giulietta Alfa Romeo Lupin" width="640" /></a></div>
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<i>La Lapide di Jigen Daisuke</i> dura 50 minuti ma scorre come se ne durasse la metà e contiene così tanto materiale da sembrare un lungometraggio che ne dura il doppio. Del franchise Koike fa sue molte convenzioni, dalle nazioni fittizie ai gadget impossibili di Lupin, non con lo scopo di fare un omaggio quanto di usarli in modo organico per raccontare la propria storia. L'elemento meno riuscito è probabilmente il lungo "spiegone" che rallenta forse eccessivamente il ritmo all'inizio del terzo atto (pur mantenendo alta l'attenzione per una risoluzione dei vari misteri tutt'altro che scontata), mentre tra quelli più riusciti (tralasciando tutti quelli già nominati in precedenza) c'è sicuramente la critica alle istituzioni e agli interessi che ruotano attorno alla guerra che riesce a essere piuttosto incisiva e puntuale nonostante i personaggi non parlino quasi mai direttamente di questi argomenti.</div>
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Pur avendo introdotto per la prima volta la <b>giacca blu</b> diventata <a href="https://terreillustrate.blogspot.com/2020/03/lupin-iii-part-5-sotto-la-maschera-del.html">simbolo del rilancio del franchise</a>, questa nuova saga che va sotto il nome di <i>Lupin the IIIRD</i> è costruita soprattutto in dialogo con la storica serie in <b>giacca verde</b> e più specificatamente con i primi episodi diretti da <b>Masaaki Osumi</b>. Non solo l'ambientazione temporale è la stessa (i primi anni '70, come possiamo vedere sulle lapidi che prepara Yael) ma lo sono anche il cinema di riferimento (tra cui i film Yakuza degli anni '60) e le dinamiche tra i protagonisti. I singoli mediometraggi stessi sono divisi in due episodi da 23 minuti circa con tanto di riassunto all'inizio del secondo per richiamare le origini televisive dell'anime, dandoci così l'illusione di star finalmente guardando la trasposizione animata del manga di Monkey Punch che ai tempi Osumi avrebbe realizzato se non avesse avuto tutte quelle limitazioni creative e produttive che erano dovute alla televisione giapponese degli anni '70.</div>
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Sin dal titolo, <b>Lupin the IIIRD</b> <b>è un inizio alternativo</b> per la saga animata di Lupin III, un'alternativa graffiante e seducente come la <a href="https://youtu.be/bkHHhoEtI-k">nuova colonna sonora rock</a> di <b>James Shimoji</b>, <b>e La Lapide di Jigen Daisuke è il suo manifesto</b>: questa volta <b>lo stile è veramente tutto</b>.</div>
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Gli altri approfondimenti su <a href="https://terreillustrate.blogspot.com/search/label/Lupin%20III">Lupin III</a>.<br />
<br /><i>T</i><i>erre Illustrate è anche su <a href="https://www.facebook.com/TerreIllustrate/" rel="nofollow">Facebook</a>, <a href="https://twitter.com/CaronnaMatteo" rel="nofollow">Twitter</a> e <a href="https://t.me/TerreIllustrate" rel="nofollow" target="_blank">Telegram</a>.</i><br /><br />
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<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiToA-5mpmSb-HEjg15ea24CPvaGVqhC-Bu_YHQvg8sQaFG-cbdNtOTPqbr5A43p_wBkGI2k3dJhu5BE6cnjMW40JAMp6gDfS5txcz3yO3bjNsV_Ey55xpHo9Z7U0WlW4smfmzszQVleqI/s1600/Lupin+Jigen+Daisuke+Grave+Lapide+Koike+2.png" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="900" data-original-width="1600" height="225" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiToA-5mpmSb-HEjg15ea24CPvaGVqhC-Bu_YHQvg8sQaFG-cbdNtOTPqbr5A43p_wBkGI2k3dJhu5BE6cnjMW40JAMp6gDfS5txcz3yO3bjNsV_Ey55xpHo9Z7U0WlW4smfmzszQVleqI/s400/Lupin+Jigen+Daisuke+Grave+Lapide+Koike+2.png" width="400" /></a></div>
Matteo Caronnahttp://www.blogger.com/profile/10086506494488683489noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-4845466152094305459.post-12098962974078695762020-04-06T18:11:00.002+02:002020-09-25T13:36:06.400+02:00Scrivere e riscrivere, ovvero Terre Illustrate 2.0<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhjYoeJoJt5CZguq4XaFuW6U1S2Q0KQ7ASzdJI47Zxro3UhncIesb_TMC_-zk6A0HUbWsS45bw2w-bQzZgij9Q_xulITCFLqcCAitNp-DA_cByOiZnkPUnOSA1oEcjxGi3ZwZhfvcbm_uM/s1600/Comunicazioni.jpg" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="500" data-original-width="740" height="432" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhjYoeJoJt5CZguq4XaFuW6U1S2Q0KQ7ASzdJI47Zxro3UhncIesb_TMC_-zk6A0HUbWsS45bw2w-bQzZgij9Q_xulITCFLqcCAitNp-DA_cByOiZnkPUnOSA1oEcjxGi3ZwZhfvcbm_uM/s640/Comunicazioni.jpg" width="640" /></a></div>
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Dopo due settimane offline, <b>Terre Illustrate è nuovamente online</b>. Molto è cambiato, quasi tutto.<br />
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Questo blog nacque nell'estate del 2012 quando, compiuti da poco i 16 anni, decisi di provare a lasciare una traccia della mia esistenza su internet. Con il passare degli anni, senza costanza ma anche senza mai mollare, questo sito è cresciuto con me seguendo il percorso frenetico e discontinuo che compiono tutti gli adolescenti: Terre Illustrate è infatti cambiato in base all'evolversi dei miei gusti, del mio modo di scrivere e delle mie aspettative per un blog che valga la pena di essere letto.</div>
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Questa evoluzione era rintracciabile nelle centinaia di post accumulate negli archivi che lo componevano. Tutti sempre disponibili e consultabili in qualsiasi momento, come un presente che non diventa mai passato. Così, dinanzi a un sito che nella sua totalità apparteneva più ai miei Io passati che alla persona che sono adesso, ho deciso di tagliare quasi tutti i ponti con il passato e ricominciare da capo.</div>
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<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEi5g5ehVKh7DW0hNUC-pwUMGIdY6IJCelNu2jkI6TaFy9DcRFeOQKa1NiD4zuOTOr__yMCthP-AnK9ZmTWwafr9LRI2SgNbUrjqOPZ35HLx28fiDhOMQ3a4I2aqLild8przxf-3tCAnoMU/s1600/Immagine.png" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="924" data-original-width="1408" height="419" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEi5g5ehVKh7DW0hNUC-pwUMGIdY6IJCelNu2jkI6TaFy9DcRFeOQKa1NiD4zuOTOr__yMCthP-AnK9ZmTWwafr9LRI2SgNbUrjqOPZ35HLx28fiDhOMQ3a4I2aqLild8przxf-3tCAnoMU/s640/Immagine.png" width="640" /></a></div>
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Terre Illustrate "<b>2.0</b>" non è quindi un semplice restyle grafico, ma un rinnovamento totale del blog e del mio approccio a esso. In queste due settimane ho sfoltito in modo decisamente considerevole il numero di articoli presenti sul sito: sono rimasti solo i pochi che consideravo meritevoli di superare la prova del tempo. Questi superstiti sono stati poi rivisti e corretti per eliminare refusi, rendere più scorrevole la lettura ed essere adattati alla nuova forma del blog. Tutti i vecchi link non funzionano più, e di questo me ne scuso, perché ciascun articolo è stato infine ripubblicato come nuovo (anche per poterli attribuire al mio nuovo account <a href="https://www.blogger.com/profile/10086506494488683489">Google/Blogger</a>). Nei limiti che mi sono imposto, spero di essere riuscito a salvare tutti gli articoli che valevano la pena di essere preservati e che potrebbero interessare ai vecchi e ai futuri lettori. Ovviamente ritroverete i miei approfondimenti su <a href="https://terreillustrate.blogspot.com/search/label/Lupin%20III"><b>Lupin III</b></a>, a cui presto se ne aggiungeranno altri, così come le recensioni su <a href="https://terreillustrate.blogspot.com/search/label/Osamu%20Tezuka"><b>Osamu Tezuka</b></a> e <a href="https://terreillustrate.blogspot.com/search/label/Warren%20Ellis"><b>Warren Ellis</b></a>, autori di cui non ho intenzione di smettere di parlare. C'è anche la lunghissima analisi dedicata alla relazione tra <a href="https://terreillustrate.blogspot.com/2020/04/the-invisibles-destinazione-arcadia.html"><b>The Invisibles</b> e il Romanticismo Inglese</a>. Tra gli articoli in archivio troverete inoltre molti di quelli che scrissi per il portale C4 Comic, che purtroppo ha chiuso definitivamente qualche mese fa, come per esempio gli articoli su <a href="https://terreillustrate.blogspot.com/2020/04/nejishiki-e-limmobilismo.html"><b>Nejishiki</b></a>, <a href="https://terreillustrate.blogspot.com/2020/04/superman-sconfigge-il-ku-klux-klan-di.html"><b>Superman</b> contro il Ku Klux Klan</a>, <a href="https://terreillustrate.blogspot.com/2020/04/la-nuova-isola-del-tesoro-da-dove-tutto.html"><b>La Nuova Isola del Tesoro</b></a> e <a href="https://terreillustrate.blogspot.com/2020/04/la-fidanzata-di-minami-amore-fragile.html"><b>La Fidanzata di Minami</b></a>. Altri ancora se ne aggiungeranno più avanti dato che è un processo ancora in corso d'opera.</div>
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C'è anche qualche articolo riscritto completamente da capo come l'approfondimento su <a href="https://terreillustrate.blogspot.com/2020/04/la-figura-del-pipistrello-ne-il-ritorno.html"><b>Il Ritorno del Cavaliere Oscuro di Frank Miller</b></a>, il più vecchio tra gli articoli preservati. Stessa sorte sta toccando alla guida su <b>Flex Mentallo</b> che pubblicai nel 2016: uno dei miei articoli più letti, ma anche il più lungo tra quelli che avevano bisogno di una pesante rimessa a nuovo. Spero di riuscire a ultimarne la riscrittura nelle prossime settimane, tenete quindi d'occhio il blog (o i canali social) se siete interessati a (ri)leggerlo.</div>
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E per il futuro? Gli articoli che ho in mente di realizzare sono diversi, ma arriveranno solo quando saranno in una forma che ritengo accettabile e in pari con gli standard che mi sono imposto. Parlare di fumetti, con diverse incursioni nel campo del cinema e della letteratura, rimane lo scopo principale, ma l'obiettivo è di farlo con una maggiore consapevolezza e una nuova programmaticità. Parlare per abbozzare una prospettiva sul presente, parlare per riscoprire e preservare il passato.</div>
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<b>Bentornati o benvenuti.</b><br />
<br /><i>T</i><i>erre Illustrate è anche su <a href="https://www.facebook.com/TerreIllustrate/" rel="nofollow">Facebook</a> e <a href="https://twitter.com/CaronnaMatteo" rel="nofollow">Twitter</a>.</i>Matteo Caronnahttp://www.blogger.com/profile/10086506494488683489noreply@blogger.com2tag:blogger.com,1999:blog-4845466152094305459.post-42569981067224843602020-04-06T08:59:00.002+02:002020-10-22T19:32:11.527+02:00La figura del Pipistrello ne Il Ritorno del Cavaliere Oscuro di Frank Miller<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiAcAf7orxEm8Y0CHtXcFc6Ry7fvzxNOxNcrHmkIQei8348pED2C6sDOAvjSNfx4FLI20h_1Dqpr1w_HFg956r6a9G7rdfiHJpWE25R7xsashhYbKX06R9K_3tBi5V6OgupoiDH3hlsZHg/s1600/Il+Ritorno+del+Cavaliere+Oscuro+Frank+Miller+Analisi+%25281%2529.png" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img alt="" border="0" data-original-height="500" data-original-width="740" height="432" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiAcAf7orxEm8Y0CHtXcFc6Ry7fvzxNOxNcrHmkIQei8348pED2C6sDOAvjSNfx4FLI20h_1Dqpr1w_HFg956r6a9G7rdfiHJpWE25R7xsashhYbKX06R9K_3tBi5V6OgupoiDH3hlsZHg/s640/Il+Ritorno+del+Cavaliere+Oscuro+Frank+Miller+Analisi+%25281%2529.png" title="Batman Il Ritorno del Cavaliere Oscuro Frank Miller Analisi Significati" width="640" /></a></div>
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<b>[Contiene spoiler]</b><br />
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L'apporto più importante di Frank Miller alla mitologia di Batman è forse il modo con cui ha riscritto radicalmente il rapporto che Bruce Wayne ha con il suo alter-ego nel primo capitolo del suo Il Ritorno del Cavaliere Oscuro.<br />
<a name='more'></a><br />
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L'opera è ambientata in un futuro alternativo in cui sono passati dieci anni dall'ultima apparizione del supereroe e vi ritroviamo un cinquantenne Bruce Wayne grigio e depresso che si premura di far sapere a Gordon (e al lettore) che Batman è morto, che "non è sopravvissuto alla pensione". Con questo breve scambio Frank Miller opera una prima separazione tra le due figure, quella di Bruce e quella di Batman, che rinforza subito nel monologo seguente in cui, dopo essersi definito un morto che cammina, Bruce inizia a riferirsi a Batman come un Altro, un "lui" che fatica a tenere a bada. Vagando sovrappensiero si ritrova a Crime Alley, il vicolo in cui ha assistito alla morte dei suoi genitori, il luogo dove "lui" lo ha portato e <b>dove "lui" è nato. </b></div>
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<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEixf2mFfLQPK_fAkRvB4CgBM13EwPk7AIDpfEnuG4cgYUXlMioM6cU60zMoYZz8Zmly9JjXi9eQCYkONEswVWVHgST7jfLfr14mNLCoE8O_57bmnQE8clKxwzB8-bQSRUo5bWCb_AE_Olo/s1600/Il+Ritorno+del+Cavaliere+Oscuro+Frank+Miller+Analisi.png" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="641" data-original-width="1036" height="394" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEixf2mFfLQPK_fAkRvB4CgBM13EwPk7AIDpfEnuG4cgYUXlMioM6cU60zMoYZz8Zmly9JjXi9eQCYkONEswVWVHgST7jfLfr14mNLCoE8O_57bmnQE8clKxwzB8-bQSRUo5bWCb_AE_Olo/s640/Il+Ritorno+del+Cavaliere+Oscuro+Frank+Miller+Analisi.png" width="640" /></a></div>
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Il tema della dualità di questo primo capitolo si fa esplicito nella scena seguente con l'apparizione di Harvey Dent, la nemesi di Batman che ha assunto l'identità di Due Facce in seguito a un incidente che ha sfigurato metà del suo volto e che lo ha portato a sviluppare un'ossessione per l'idea del doppio e dell'ambiguità umana. Dent ha passato gli ultimi 10 anni nel manicomio di Arkham a farsi curare e, dopo un'operazione chirurgica per riparargli il volto, si avvicina finalmente l'ora del ritorno alla civiltà. Miller disegna la scena in cui gli vengono tolte le bende tenendolo sempre al centro di due vignette che lo separano esattamente a metà, tranne a fine pagina in cui, libero da ogni impedimento, può finalmente specchiarsi e riscoprire la sua faccia. Il retro nero dello specchio impedisce però al lettore di vedere bene il "nuovo" volto di Due Facce, quasi a voler lasciare il dubbio su quale delle sue due "facce" sia sopravvissuta.</div>
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<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhXuIgaFiuZYAbHZdGAy6_q_8hVk7uEYL1RMjGhgaIj1RJM8Vq4TFW93kHulZDHsNP2k2UqF3m6gIA44l9yMW4TiTVwsu_y7aML7fVzk4mttKuv61qvoXKQPZZjYUqhjM4UE7tv_bRVXWs/s1600/Il+Ritorno+del+Cavaliere+Oscuro+Frank+Miller+Analisi+%25282%2529.png" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img alt="" border="0" data-original-height="741" data-original-width="983" height="482" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhXuIgaFiuZYAbHZdGAy6_q_8hVk7uEYL1RMjGhgaIj1RJM8Vq4TFW93kHulZDHsNP2k2UqF3m6gIA44l9yMW4TiTVwsu_y7aML7fVzk4mttKuv61qvoXKQPZZjYUqhjM4UE7tv_bRVXWs/s640/Il+Ritorno+del+Cavaliere+Oscuro+Frank+Miller+Analisi+%25282%2529.png" title="Batman Significati" width="640" /></a></div>
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La possibilità di una redenzione del supercriminale infiamma il dibattito pubblico diviso tra chi non crede che sia uno scenario possibile e chi invece crede che lo sia. Tra quest'ultimi troviamo Bruce Wayne che scopriamo avere persino finanziato di tasca propria le cure di Dent. Simpatetico con la battaglia di Due Facce, Bruce afferma "Dobbiamo credere che i nostri demoni personali possano essere sconfitti". Parla di Due Facce, ma anche di sé stesso, e l'uso della parola "demone" non è casuale o semplicemente figurativo. Uno dei temi ricorrenti dell'opera consiste infatti nell'associare l'Io di Batman che vive in Bruce Wayne a un'origine quasi sovrannaturale. A quell'affermazione segue proprio un incubo notturno in cui vediamo il primo incontro con il suo demone: un giovane Bruce insegue un coniglio giù per una grossa buca nel terreno, chiaro riferimento ad Alice nel Paese delle Meraviglie, e atterra in quella che in futuro sarà la Batcaverna e che al momento è solo un enorme e oscuro covo di pipistrelli. Mentre tutti i suoi compagni fuggono spaventati dal bambino, uno di loro proietta i suoi occhi nel buio come se qualcosa bruciasse al suo interno e inizia a planare verso Bruce per "reclamarlo come suo". Una scena che ha un tenore nettamente mitico, accentuato dall'efficace scandirsi delle vignette che segue il ritmo dettato dall'alternarsi di allitterazioni, rime e ripetizioni dell'ispiratissima prosa di Miller.</div>
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<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgoglJw24C6govYSWrEL7tpRFqG67DdjHmgRUUeB4HfiCB57WysPGHudva18s7N6pOu52H_GpqbdTIw9QLRdc5ADm-yHmXGp-afh4QJAQa5-hqwlAOjq9R1T3xq2gGB7w7FCUA50wddPqo/s1600/Il+Ritorno+del+Cavaliere+Oscuro+Frank+Miller+Analisi+%25284%2529.png" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="751" data-original-width="949" height="505" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgoglJw24C6govYSWrEL7tpRFqG67DdjHmgRUUeB4HfiCB57WysPGHudva18s7N6pOu52H_GpqbdTIw9QLRdc5ADm-yHmXGp-afh4QJAQa5-hqwlAOjq9R1T3xq2gGB7w7FCUA50wddPqo/s640/Il+Ritorno+del+Cavaliere+Oscuro+Frank+Miller+Analisi+%25284%2529.png" width="640" /></a></div>
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Prima ancora che Joe Chill uccida i suoi genitori davanti ai suoi occhi, il Pipistrello si è già impossessato di Bruce Wayne. Miller pone in parallelo la battaglia che Batman e Due Facce portano avanti con il trauma passato che li ha resi quel che sono, ma aggiungendo quest'elemento quasi sovrannaturale avvicina la vocazione del Cavaliere Oscuro a una sorta di maledizione, o a una predestinazione. Come se l'evento tragico che associamo alle sue origini sia stato in realtà solo il catalizzatore di qualcosa che già c'era e che sarebbe prima o poi venuto fuori comunque. E proprio quando il ricordo di quell'evento torna a galla nella scena seguente, il bisogno di essere Batman diventa una pulsione incontenibile. Miller rallenta il tempo usando una griglia fitta e regolare che alterna presente e flashback, il volto di Bruce si tende nel presente mentre nel passato le perle della collana di sua madre cadono al suolo, una metafora della masturbazione che dà alla pulsione di Bruce un tono sessuale, forse freudiano. La griglia si fa sempre più fitta finché la prospettiva non si ribalta e quella stessa griglia diventa la finestrata di Bruce, la sua prigione. La gabbia della tavola è la gabbia in cui Bruce ha rinchiuso il demone pipistrello e in cui, di conseguenza, ha rinchiuso anche sé stesso. Ma non è possibile tenere i propri demoni a bada per sempre e questo vale soprattutto nel mondo dannato scritto da Franki Miller: un pipistrello irrompe infatti spaccando il vetro, rompendo la gabbia della tavola; <b>Batman è tornato</b>.</div>
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Dobbiamo quindi credere che i nostri demoni NON possano essere sconfitti? Se lo chiede il lettore e se lo chiede Bruce stesso. Tornando a indossare il costume, Batman sente di avere di nuovo vent'anni, rinasce in un superuomo che del suo anziano alter-ego preserva solo ancora pochi strascichi. Eppure non può non continuare a domandarsi se non ci possa davvero essere modo di tornare indietro e guarire da questa maledizione. Anche per questo, quando viene fuori il sospetto che dietro una recente serie di crimini possa esserci il vecchio Due Facce, Batman decide di indagare. Una volta trovatosi davanti a Harvey Dent, quest'ultimo si rivela essere il pazzoide di sempre e Miller porta a termine il parallelismo tra i due. Il volto ora perfetto di Harvey è spaccato a metà dall'ombra. Batman chiude gli occhi e ascoltando la sua voce vede la sua vera faccia: la metà corrotta ha preso il controllo di tutto il volto. "Guarda pure", lo invita Due Facce. La striscia sotto è speculare, il volto di Batman è sempre più inghiottito dall'oscurità e per un breve istante appare il pipistrello. "Ti vedo", risponde, "<b>vedo un riflesso</b>". Harvey Dent e Bruce Wayne non esistono più, rimangono solo Due Facce e Batman. <b>Non c'è speranza</b>.</div>
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Matteo Caronnahttp://www.blogger.com/profile/10086506494488683489noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-4845466152094305459.post-4490309025049137342020-04-05T19:50:00.007+02:002020-10-15T18:57:46.346+02:00The Invisibles: Destinazione Arcadia<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjklV8AjDDNi-gVGwYD_9nrSSPsRWzVFCnYdYnkYClGWGmFUBc-UmTND3vxdepVXInUWO0i4aBEaasMjurqnaNNiep0mNMGmmz4CGOzXzqbQnkQjmgYQ8h7O775IluS9zrjHSk6DUN03lg/s1600/The+Invisibles+Grant+Morrison+Analisi+Recensione+Tematiche+Significati.png" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img alt="" border="0" data-original-height="500" data-original-width="740" height="432" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjklV8AjDDNi-gVGwYD_9nrSSPsRWzVFCnYdYnkYClGWGmFUBc-UmTND3vxdepVXInUWO0i4aBEaasMjurqnaNNiep0mNMGmmz4CGOzXzqbQnkQjmgYQ8h7O775IluS9zrjHSk6DUN03lg/s640/The+Invisibles+Grant+Morrison+Analisi+Recensione+Tematiche+Significati.png" title="The Invisibles Analisi Tematiche Significat" width="640" /></a></div>
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Alla ricerca del nocciolo della questione in The Invisibles concentrandoci sul secondo story-arc "Arcadia", e sulle molteplici citazioni extra-testuali in esso contenute. Si parlerà di uomini con grandi ambizioni, del potere dell'arte e dell'idea di utopia.</div>
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<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjpIqoCiZyX4o_4mQXsb0ycETQ3hei5pFZa_tmC7HEfkUd4_MWjWtBy_Y2amKZHir_1Wiib5h4BkAxxcM9zAKUilfkbDcXWhuW9aTxfUy5Y5nn2sa63WemaA44TRXeiO0_aDvLcB52z1oUE/s1600/Immagine.png" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img alt="" border="0" data-original-height="672" data-original-width="1600" height="267" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjpIqoCiZyX4o_4mQXsb0ycETQ3hei5pFZa_tmC7HEfkUd4_MWjWtBy_Y2amKZHir_1Wiib5h4BkAxxcM9zAKUilfkbDcXWhuW9aTxfUy5Y5nn2sa63WemaA44TRXeiO0_aDvLcB52z1oUE/s640/Immagine.png" title="Grant Morrison Frank Quitely King Mob Glitterdammerung" width="640" /></a></div>
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Prima dell'articolo vero e proprio, una breve introduzione realizzata da un amico il cui aiuto e supporto sono stati fondamentali per la pubblicazione di quest'articolo.<br />
<blockquote class="tr_bq">
<blockquote class="tr_bq">
La prima volta che ho incontrato il nome di Grant Morrison è stato leggendo All Star Superman. Prima di allora non avevo mai letto nulla di questo autore scozzese, seppur si trattasse un di un nome ben noto negli Stati Uniti.</blockquote>
<blockquote class="tr_bq">
Il primo incontro con questo autore è stato straniante. Avevo la sensazione che mi fosse sfuggito qualcosa durante la lettura. Non ero in grado di capire se fosse dovuto a una mia mancanza di conoscenza della storia editoriale del personaggio di punta dell'universo DC o se invece fosse colpa dell'autore stesso. Non ho più riletto All Star Superman per diverso tempo prima di formulare una più chiara idea su cosa fosse successo durante la lettura. Ho lasciato che quelle storie si sedimentassero dentro di me prima di cercare di farmi una seconda opinione. </blockquote>
<blockquote class="tr_bq">
Poi ho letto Flex Mentallo. A quel punto è stato tutto molto più chiaro: entrambi i miei pensieri avevano una valenza di verità, ma erano declinati nel modo sbagliato. </blockquote>
<blockquote class="tr_bq">
Quando finalmente mi sono approcciato quasi contemporaneamente sia a The Invisibles che all'inizio della run dell'autore sul personaggio di Batman (n.655-658) ciò che stava accadendo era diventato lampante. Non solo Grant Morrison dava per scontate determinate nozioni provenienti dai più svariati ambiti culturali ma saltava deliberatamente delle scene all'interno delle sue narrazioni creando delle micro ellissi spaesanti per un lettore come me.</blockquote>
<blockquote class="tr_bq">
Non solo percepivo di aver trovato con The Invisibles il fumetto americano perfetto per me ma percepivo anche di essere il lettore sbagliato per Batman (o almeno per quel Batman).</blockquote>
<blockquote class="tr_bq">
Mettendo a confronto le due serie mi sono lentamente convinto che dando per scontati certi concetti chiave della letteratura o certi momenti topici della vita di Bruce Wayne l'autore stava dando prova non solo di essere in grado di creare dei veri e propri collegamenti intertestuali (connettendo di fatto le sue narrazioni alle narrazioni degli autori precedenti) ma di avere un incredibile rispetto per i suoi lettori. Non si trattava solo di citazioni ma di vere e proprie testimonianze di fiducia. Ecco perché considero tutt'ora simili queste due narrazioni così differenti: se all'interno del primo ciclo di storie dedicate al cavaliere oscuro "Batman e figlio" Morrison dissemina riferimenti sulla carriera editoriale del personaggio che solo un lettore di lunghissima data può cogliere e apprezzare (senza pregiudicare l'esperienza ai nuovi lettori) leggendo The Invisibles invece l'autore utilizza il medesimo approccio riempiendo però la serie di riferimenti culturali tra i più vari, da quelli musicali a quelli letterari, ammettendo una seconda volta in maniera esplicita di rivolgersi a un ben preciso tipo di lettore intendente.</blockquote>
<blockquote class="tr_bq">
Ma se l'approccio rimane identico è chiaro sin dal primissimo volume della serie Vertigo che l'autore scozzese a questo punto ha in mente un differente tipo di lettore. "Rivoluzione invisibile" (The Invisibles vol.1 ) annovera tra i suoi protagonisti almeno quattro fra i più importanti scrittori del ottocento: Mary Shelley, Percy Bysshe Shelley, George Gordon Byron e Donatien-Alphonse-François de Sade. Queste quattro figure storiche realmente esistite diventano dei veri e propri personaggi in carne e ossa all'interno della storia finzionale. La loro presenza li identifica in prima istanza come delle citazioni viventi e in secondo luogo il loro agire ha delle conseguenze vere e proprie all'interno della storia.</blockquote>
<blockquote class="tr_bq">
Mi sono trovato più volte a cambiare idea riguardo le motivazioni che hanno spinto Morrison a inserire queste icone immortali della letteratura all'interno di una popolare serie a fumetti, e per quanto siano passati anni dalla prima lettura ancora i miei pensieri sono ambivalenti: da un lato ritengo che The Invisibles sia una serie ermetica, proibita per molti, sicuramente non alla portata di tutti ma dall'altro però mi chiedo spesso se la volontà dell'autore non fosse proprio quella di stimolare una ricerca attiva da parte del lettori. Forse un amante delle storie classiche di Batman è l'unico vero lettore modello per la run di Morrison. Forse The Invisibles punta a farsi leggere solo dagli amanti della letteratura e da nessun'altro.</blockquote>
<blockquote class="tr_bq">
O forse la verità sta più semplicemente nel mezzo: per chi ha abbastanza fame The Invisibles resta l'opera più ambiziosa di uno dei migliori sceneggiatori viventi.</blockquote>
</blockquote>
<i><a href="https://www.facebook.com/Bartallahassee/">BARTALLAHASSEE</a> (all'anagrafe Simone Povia) nasce a Milano nel 1993. Segue per due anni il corso di laurea Lettere Moderne dell'Università degli studi di Milano; attualmente studia Scienze della Comunicazione presso l'Università degli studi di Torino e lavora all'interno della redazione di Eris Edizioni.</i><br />
<i>Dal Gennaio del 2016 pubblica fumetti sperimentali e non-narrativi all'interno del suo blog omonimo <a href="http://bartallahassee.blogspot.it/">Bartallahassee.blogspot.it</a></i><br />
<i>Nel 2017 ha pubblicato come autore unico il fumetto L'Uomo Ombra, un albo autoprodotto.</i><br />
<i>Ha all'attivo diverse collaborazioni come sceneggiatore con il collettivo <a href="https://www.facebook.com/lastanzaart/">La Stanza</a> pubblicate su Lo Spazio Bianco (Kyk-A-Byo disegnata da Massimo Dall'Osso e successivamente Mollette disegnata da Chiara Raimondi).</i><br />
<i>Nel 2018 esordisce come sceneggiatore con la storia breve In Utero, storia disegnata da Fabio Iamartino contenuta all'interno della raccolta Gli Ultimi Giorni del collettivo La Stanza.</i><br />
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<i>Tutte le sue storie possono essere lette sul profilo instagram <a href="https://www.instagram.com/bartallahassee/">@Bartallahassee</a>.</i><br />
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<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEg4z6ietFMaNdQ98VGrKXrnIDAlZTiVW2yK_kCtSEwHaPTKHgxLTMTJE9JVZYJu-3xLsRR-Tsoe8IpGx2BsUHRwEISmqV7N19hrGTcfRhcSyxfumvrb6BuKp8gNRTq6zuKnBeTQxqKO92x0/s1600/Immagine.png" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img alt="" border="0" data-original-height="489" data-original-width="1600" height="194" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEg4z6ietFMaNdQ98VGrKXrnIDAlZTiVW2yK_kCtSEwHaPTKHgxLTMTJE9JVZYJu-3xLsRR-Tsoe8IpGx2BsUHRwEISmqV7N19hrGTcfRhcSyxfumvrb6BuKp8gNRTq6zuKnBeTQxqKO92x0/s640/Immagine.png" title="Vertigo Supercontesto The Invisibles" width="640" /></a></div>
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Creata da <b>Grant Morrison</b> e pubblicata sotto l’etichetta <b>Vertigo</b> dal 1994 al 2000, <b>The Invisibles</b> è una serie a fumetti che che narra le gesta sovversive de "Gli Invisibili”, organizzazione anarchica coinvolta nell'eterna lotta contro gli <b>Arconti</b>, entità di un’altra dimensione che sin dagli albori della società operano nell'ombra con il fine ultimo di <b>sottomettere l’umanità</b> ed eliminare ogni traccia di <b>individualità</b>. La serie è un concentrato di cultura e <b>controcultura</b> rielaborato in chiave “<b>pop</b>” e che Morrison sfrutta per condensare tutta la poetica e visione del mondo che in quegli anni aveva appena finito di sviluppare. <b>In The Invisibles la mitologia azteca convive con le previsioni dei Maya, James Bond incontra John Lennon e la meccanica quantistica si mescola con la magia esoterica</b>. L’obiettivo ultimo è quello di dar vita a un processo che l’autore chiama “<b>Ipersigillo</b>”, un incantesimo sotto forma di opera artistica che liberi l’umanità dalle catene che la limitano e la guidi verso un’evoluzione e un’utopia che lui chiama “<b>Supercontesto</b>”.</div>
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<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgSOclLwv_MnUMlA3Kq7aPDIzKTloJjE9JNPlGTlk4wiPSBN7y-UYrmpdttQbX51n8CDAOicJuG-lrUlVhXV7hVK1FYfH5qiVL-uePsWggzok670I-A8wpOOIWtlMxEe50O6pLdtxHntJMj/s1600/imm.png" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img alt="" border="0" data-original-height="603" data-original-width="1129" height="340" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgSOclLwv_MnUMlA3Kq7aPDIzKTloJjE9JNPlGTlk4wiPSBN7y-UYrmpdttQbX51n8CDAOicJuG-lrUlVhXV7hVK1FYfH5qiVL-uePsWggzok670I-A8wpOOIWtlMxEe50O6pLdtxHntJMj/s640/imm.png" title="John Lennon Beatles Tomorrow Never Knows Comics fumetto" width="640" /></a></div>
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Quest'opera nasce a seguito di <b>un’esperienza epifanica</b> vissuta dall’autore a<b> Kathmandu</b>, lì recatosi in pellegrinaggio, dove sostiene di avere avuto <b>un contatto con degli esseri di una dimensione superiore</b> alla nostra che gli hanno rivelato alcune verità sulla vita e lo hanno incaricato di inserirle nelle sue opere per diffonderle. Morrison fa riferimento a questo episodio della sua vita all'interno di molte delle sue opere, un esempio su tutti è <b>Flex Mentallo</b>, e conferenze, celebre il suo intervento alla <a href="https://youtu.be/mI97jTpzzYM"><b>DisinfoCon del 1999</b></a>. L’errore più comune è di bollare la sua intera produzione come "<i>delirante"</i> da questo punto di vista per via della riluttanza a credere a quanto l’autore riferisce. Lo stesso Morrison nel passato recente ha invitato i lettori a non soffermarsi sulla possibile o meno veridicità dell’evento, ma piuttosto ad <b>assimilarne i messaggi concreti</b> per poter allargare l<b>a propria visione della vita</b>. Parlando con<b> King Mob</b> -uno dei protagonisti e alter-ego dell'autore- nella primissima pagina del fumetto, <b>Elfayed</b>, figura adibita a istruire le nuove reclute, afferma: <b>“Truth speaks best in the language of poetry and simbolism, I think.”</b>¹, riassumendo efficacemente cosa dovrebbe essere The Invisibles secondo il suo autore.</div>
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<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgOUcL7uJrs1MOjWNyx1TTZ_x3aNZROG7EbaBrH1hAntMdcEpiJdZBOdDPCNwP99pjDl3_ll6llcWofBD-JXlVZho6KzU5nhmCNzAGERkw_tYBZaP58Ao00dXJo0b2qP-0CFcIPBzvIYJcj/s1600/imm.png" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img alt="" border="0" data-original-height="601" data-original-width="1133" height="337" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgOUcL7uJrs1MOjWNyx1TTZ_x3aNZROG7EbaBrH1hAntMdcEpiJdZBOdDPCNwP99pjDl3_ll6llcWofBD-JXlVZho6KzU5nhmCNzAGERkw_tYBZaP58Ao00dXJo0b2qP-0CFcIPBzvIYJcj/s640/imm.png" title="Truth speaks best in the language of poetry and simbolism, I think" width="640" /></a></div>
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Questo modo di concepire la propria arte lo accomuna a una serie di autori del passato che ben prima di lui avevano deciso di<b> utilizzare la penna per cambiare il mondo</b>. Tra questi spicca <b>Percy Bysshe Shelley</b>, poeta del <b>Romanticismo inglese</b> vissuto nella prima metà dell’<b>800</b> che dedicò la sua carriera letteraria a combattere la Tirannia e a ispirare l’umanità ad abbracciare la propensione alla libertà che giace sopita in ciascuno di noi. Lo stesso Shelley figura tra i protagonisti, assieme a sua moglie <b>Mary Shelley</b> e al suo collega e amico <b>Lord Byron</b>, nel secondo story-arc intitolato “<b>Arcadia</b>”² (citazione al noto memento mori “Et in Arcadia ego”³ apparso in alcuni dipinti del ‘600) in cui Morrison alterna una missione degli Invisibili ambientata nella Parigi della <b>Rivoluzione Francese</b> ad alcuni episodi biografici del poeta inglese attraverso cui espone riflessioni sul ruolo dell’artista nella società.</div>
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Shelley e Byron fanno parte della seconda generazione del Romanticismo Inglese, la generazione definita “maledetta”. Il loro immediato passato è segnato dalla delusione provocata dalla generazione precedente e dagli esiti della Rivoluzione Francese. La prima ha la colpa di aver smesso di credere in quegli ideali che erano le fondamenta del Romanticismo Inglese. Emblematica è la figura di William Wordsworth, il poeta fondatore del Romanticismo Inglese stesso, che con il passare degli anni si è tramutato in un’artista dagli ideali conservatori e dalla produzione rassicurante. La Rivoluzione Francese ha invece fallito nell’intento di creare una nuova società all’insegna dei valori della Ragione e si è trasformata in un periodo di violenza e terrore culminato nella dittatura napoleonica. In “<b>The Revolt of Islam</b>”, poema del 1818, Percy Shelley rintraccia il fallimento della rivoluzione nell’utilizzo della violenza e professa la speranza di una rivoluzione pacifica guidata da uomini giusti.</div>
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<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEi40-1jvIr55fDUx-q5HLPzpB7_09HW_tmFVoGb8T784U3L05a8XRfRdjEV46XxV46pvJIfO7n_czci0qzRQCiZ8ls53hFp-GBfTo65L1MxNCLlLItzeZdZw_AOqYF3HGo0O9I32bqbOPIk/s1600/The+Invisibles+007-012.jpg" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img alt="" border="0" data-original-height="1133" data-original-width="711" height="400" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEi40-1jvIr55fDUx-q5HLPzpB7_09HW_tmFVoGb8T784U3L05a8XRfRdjEV46XxV46pvJIfO7n_czci0qzRQCiZ8ls53hFp-GBfTo65L1MxNCLlLItzeZdZw_AOqYF3HGo0O9I32bqbOPIk/s400/The+Invisibles+007-012.jpg" title="Analisi Fumetto" width="250" /></a><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiR6vtvO2-n6QX4kV4STJttNUndRvdk0jqbp4PbFHFst_qyScTMSFhzJInRdOa7IHg3TEL5LqViaD9mR73b6svzQDaSkc5fCac4wc1D3f4jPhhDSjrsOr7GgSOBtfzBVnNfj9v1CWDdK2nb/s1600/imm.png" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img alt="" border="0" data-original-height="611" data-original-width="371" height="400" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiR6vtvO2-n6QX4kV4STJttNUndRvdk0jqbp4PbFHFst_qyScTMSFhzJInRdOa7IHg3TEL5LqViaD9mR73b6svzQDaSkc5fCac4wc1D3f4jPhhDSjrsOr7GgSOBtfzBVnNfj9v1CWDdK2nb/s400/imm.png" title="Percy Bysshe Shelley - There is a drive in men towards liberty" width="242" /></a></div>
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Di un simile avviso è Grant Morrison che in “Arcadia” ci comunica, attraverso le parole dei suoi protagonisti, che quello della Rivoluzione Francese non è il tipo di cambiamento a cui gli Invisibili aspirano. L’autore critica la mancata riforma delle persone che, anziché liberarsi dalle proprie catene, hanno semplicemente scelto di cambiare il tiranno sotto cui abbassare il capo. Ecco quindi che nel capitolo “<b>I Misteri della Ghigliottina</b>”⁴ quest’ultima diventa una nuova divinità a cui il popolo intona le proprie preghiere, mentre alcune pagine più avanti Etienne, contatto nel passato degli Invisibili, ci racconta di come <b>il culto della Ragione</b> abbia sostituito quello di Dio nella Cattedrale di Notre-Dame. King Mob e il suo team sono in missione nel passato per portare dalla loro parte il <b>Marchese De Sade</b>, intellettuale francese famoso per essere uno degli esponenti più estremi del <b>Libertinismo</b>. Nel loro viaggio di ritorno per la “<i>super strada ontica</i>”, i protagonisti finiscono in una versione alternativa del romanzo “<b>Le 120 giornate di Sodoma</b>”(1785) in cui De Sade ha messo su carta quello che è secondo lui l’orrore e l’ipocrisia di una civiltà completamente guidata dalla ragione. Nella storia, quattro uomini rappresentanti le istituzioni, si rinchiudono in un castello assieme a un manipolo di schiavi su cui sperimentare ogni genere di violenza e pratica sessuale nello sprezzo di ogni moralità. Alla fine, esaurita ogni sfregio immaginabile e colti da un sentimento di insoddisfazione, i quattro uomini si lasciano disintegrare da una bomba a conclusione della loro avventura.</div>
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Il messaggio di Morrison è chiaro: siamo prigionieri di strutture sociali da noi stessi create, da cui non riusciamo a immaginare un’uscita e che eventualmente ci porteranno alla distruzione. È qui che entra in gioco il ruolo dell’artista nella società e che King Mob riassume efficacemente nella battuta “<b>Vogliamo mostrare alla gente come farsi le proprie uscite, anche a costo di usare la dinamite</b>”⁵, elaborata in modo più esteso da Percy Shelley all’inizio del capitolo “<b>Poesia di sangue</b>”⁶ nella sua chiacchierata con Lord Byron. L’aspirazione del poeta è di liberarsi lui per primo dal giogo che ci tiene prigionieri e raccontare attraverso le sue opere che un mondo migliore è possibile. In questo caso, lo sceneggiatore scozzese non inventa niente e non fa altro che riprendere concetti che Shelley stesso ha espresso nel suo “<b>A Defence of Poetry</b>”(1821) in cui definisce i poeti “<b>the unacknowledged legislators of the world</b>”⁷ partendo dalla distinzione delle categorie della mente in <b>Ragione</b> e <b>Immaginazione</b>. La Ragione è la contemplazione della relazione tra due pensieri, mentre l’Immaginazione è l’atto di produzione del pensiero. Come già ribadito dall’incursione nell’opera del Marchese De Sade,<b> </b>la Ragione non può essere l’unico elemento a guida del mondo perché è solo lo strumento con cui l’uomo applica i valori forgiati attraverso l’Immaginazione, strumento con cui i poeti, secondo Shelley, danno forma alla società. L’immaginazione è di fondamentale importanza nella poetica di Morrison, basti pensare a alla miniserie "<b>Flex Mentallo: L’Uomo del Mistero Muscolare</b>" in cui il giovane <b>Wallace Sage</b> viene salvato dai suoi istinti suicidi proprio da <b>Flex Mentallo</b>, supereroe <b>nato dalla sua immaginazione</b> e protagonista del fumetto.</div>
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Ed è proprio sul potere dell’immaginazione che pone le proprie basi un genere letterario di poco noto e che molto ha da spartire con ciò che Morrison definisce “Ipersigillo”. Nato sotto la corte di Giorgio III, il <b>Mental Theatre </b>è una forma di teatro sperimentale che consiste in testi pensati non per una rappresentazione su un palcoscenico fisico, ma per essere allestiti nel cosiddetto “<b>palcoscenico della mente</b>”. È una definizione che nasce in alcune lettere di <b>Lord Byron</b> dove il poeta esprimeva la sua disapprovazione per la situazione in cui versava la scena teatrale londinese dell’epoca. La chiusura della quasi totalità dei teatri e l’istituzione di una figura che analizzasse e censurasse ogni testo prima della sua messa in scena aveva privato il teatro della sua forza politica. Da forma d’arte prediletta per l’impegno sociale (dal ceto più basso a quello più alto, tutti andavano ad assistere agli spettacoli), il teatro era finito per diventare un innocuo intrattenimento con cui imbonire le masse. Il Mental Theatre nasce proprio dal bisogno di sfuggire alla censura, solo i testi che aspiravano ad una rappresentazione venivano controllati, per poter ridare alla scrittura quell’impegno sociale e politico che tanto era caro ai Romantici e, allo stesso tempo, veicolare con migliorata efficacia i propri messaggi. Lo sforzo richiesto per allestire nella propria testa questi spettacoli, ricchi di una forte componente immaginifica, trasformava il pubblico da passivo ad attivo, risvegliando la mente e rendendola più incline alla comprensione dei sottotesti e delle metafore di cui queste opere erano colme. <b>Cambiare la collettività partendo dalla rigenerazione della mente del singolo.</b></div>
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<b><br /></b>
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<b>In questo senso, quello che il Mental Theatre si propone di fare è una<b> magia</b>. Con l’affermarsi dell’età moderna e della scienza, l’idea di magia è andata incontro a ogni scetticismo di sorta fino a venir relegato a semplice sinonimo della parola “<i>illusionismo</i>”. La credenza comune è che il processo magico sia un qualcosa di astratto senza alcuna aderenza con la realtà. Nella sua concezione più primitiva, la magia è invece manipolazione di simboli per produrre effetti tangibili nella realtà. Proprio per questo, sin dall’antichità si è spesso associato arte e magia: dagli uomini delle caverne che dipingevano scene di caccia come buon auspicio alla musica composta per rituali magico-religiosi, l’arte è sempre stata magia. Proprio in questo filone, con la loro volontà di cambiare le persone e, di riflesso, la realtà, si inseriscono le opere del <i>Mental Theatre</i> e gli <i>Ipersigilli</i> di Grant Morrison. Non si tratta di “forze invisibili” a cui credere, ma di un modo concreto di intendere il processo magico in quanto “spinta al cambiamento”. Si tratta della forza delle idee e della loro diffusione.</b></div>
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<div style="text-align: justify;">
Le loro opere servono ad artisti come Percy Shelley e Grant Morrison per dar vita alle idee di un mondo migliore che sono riusciti a vedere tramite la loro immaginazione. Sempre restando nel campo della magia, la figura dell’artista è assimilabile a quella dello sciamano che mette in comunicazione due mondi: quello della finzione e quello della realtà.</div>
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<div style="text-align: justify;">
L’immaginazione è fondamentale anche nel ruolo che gli Invisibili decidono di affidare al Marchese De Sade una volta reclutato tra le loro fila. Le sue idee e la sua mentalità aperta e libertina sono ciò di cui gli Invisibili hanno bisogno per sperimentare con la sessualità.<b> </b>Il sesso è alla base della vita umana e allo stesso tempo è l’elemento più legato a tabù sociali. Immaginare un nuovo modo di intendere la sessualità, e così facendo sdoganarla, è uno dei primi passi per disfarsi del vecchio sé e ricostruirlo in modo che sia pronto al futuro che aspetta l’umanità.</div>
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<div style="text-align: justify;">
La rottura della barriera tra il mondo della finzione e della realtà e la scomposizione e ricomposizione del sé sono una delle tematiche principali di The Invisibles e di tutta la carriera di Grant Morrison. Le tute di finzione di Mister Six e la backstory di Robin sono solo alcuni degli esempi di come gli Invisibili giochino con il confine tra realtà e finzione, ma forse il più eclatante è quello rappresentato da <b>King Mob</b>, personaggio che sarebbe facile credere essere stato modellato sulla base dello stesso autore e che in realtà è frutto del processo contrario. Morrison lo creò basandosi su tutto ciò che lui stesso avrebbe voluto essere e con l’obiettivo di diventarlo con il procedere della serie. Affidandoci sulle sue stesse parole e su quelle di chi lo circonda⁸, l’obiettivo è stato raggiunto e la finzione è diventata la realtà. Il perseguimento di questo tipo di libertà, ovvero la possibilità di decidere chi si vuole essere al punto da cambiare radicalmente sé stessi e la propria vita, è uno dei passaggi obbligatori in The Invisibles per poter raggiungere l’utopia chiamata “Supercontesto”.</div>
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<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhe49ChUjrX4khAMjOPfETaeWOrJjkeqv6F5zCuyLZ2Wsv7Eojz0J9yA7pMi9k5pSeIiwjf2ob-nZFw6rdj3Kb0YmqTOTQsrSeASTQvdiOKuhIxQWPnhyphenhyphenwMrTsEunBofO_NhTEcjieF5btn/s1600/imm.png" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img alt="" border="0" data-original-height="723" data-original-width="1133" height="408" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhe49ChUjrX4khAMjOPfETaeWOrJjkeqv6F5zCuyLZ2Wsv7Eojz0J9yA7pMi9k5pSeIiwjf2ob-nZFw6rdj3Kb0YmqTOTQsrSeASTQvdiOKuhIxQWPnhyphenhyphenwMrTsEunBofO_NhTEcjieF5btn/s640/imm.png" title="King Mob Ragged Robin" width="640" /></a></div>
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<div style="text-align: justify;">
Morrison designa il “<b>Supercontesto</b>” come il fine ultimo di un processo iniziato agli albori dell’esistenza, un processo di cui noi siamo artefici inconsapevoli e che consiste nella graduale presa di coscienza del processo stesso. Non c’è differenza tra la finzione e la realtà, anzi la realtà è una finzione che noi stessi abbiamo creato. Capirlo, significa abbattere le differenze tra destino prestabilito e libero arbitrio, ovvero <b>prendere pieno controllo dell’esistenza</b>. Questa è la consapevolezza che i protagonisti di The Invisibles raggiungono con il procedere della serie e scopo dell'opera è portare il lettore a immedesimarsi in questi personaggi per giungere a quello stesso traguardo. Permettere a più persone possibili di raggiungere questa illuminazione è l'obiettivo dietro le azioni di King Mob a fine serie che decide di spostare la battaglia degli Invisibili sul piano delle informazioni: trasmettere le idee rivoluzionarie tramite i media per risvegliare più coscienze possibili. L’ultima sua geniale trovata è la trasformazione di The Invisibles, il fumetto stesso, in un videogioco a realtà virtuale, un’esperienza con cui le persone possono rivivere la storia immedesimandosi in uno qualsiasi dei suoi personaggi. <b>Questo videogioco cos’altro è se non l’evoluzione di quel che il fumetto di The Invisibles rappresenta?</b></div>
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Come riferisce King Mob a De Sade nel capitolo “<b>T.E.S.T.A.</b>”⁹, lo scopo degli Invisibili è distribuire gli strumenti affinché chiunque possa costruirsi il proprio mondo ideale, “nemici inclusi”. In questo momento della storia, il Supercontesto è ancora lontano e King Mob non conosce la reale portata della sua affermazione. Per raggiungere il passo successivo dell’evoluzione umana è importante che il concetto di '“<b>Us vs Them</b>” arrivi a un’importante svolta già anticipata da Shelley in una delle sue opere di Mental Theatre più importanti: <b>Prometheus Unbound </b>(1820). L’opera si apre con Prometeo in catene e condannato a una tortura eterna da Zeus come punizione per aver rubato il fuoco agli dei per portarlo all’umanità. Accecato dalla rabbia per il sovrano degli dèi, il Titano sembra condannato alla dannazione eterna, finché non matura un sentimento di pietà e misericordia che lo portano a ritirare le maledizioni lanciate contro Zeus. In pace con sé stesso e pieno solo di un sentimento d’amore universale, Prometeo arriva a capire che a dare forza al tiranno era proprio quella rabbia e quel risentimento che indirizzava su di lui.<b> </b>Così facendo le catene della sua prigionia si indeboliscono e si accende la miccia che porterà alla destituzione della divinità e alla liberazione di Prometeo e dell’umanità.</div>
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<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
Capire che la “guerra” è solo un gioco a cui noi abbiamo deciso di giocare è fondamentale per raggiungere il Supercontesto. Nelle opere di Shakespeare, la figura del Matto, il “Fool”, rappresentava colui che racconta la verità. <b>“Può essere la stessa mano che suona sia le note bianche che le nere?</b>” afferma nella penultima pagina del capitolo “<b>Poesia di Sangue</b>”⁶ un Matto. L’uomo è disperato perché da quando “<b>il Nero combatte il Bianco</b>” ha perso ogni abilità nel suonare il pianoforte. “<b>Le mie braccia sono così gravate da queste catene</b>” afferma guardando negli occhi Percy Shelley che pietosamente gli risponde: “<b>Non ci sono catene su di lei, signore</b>”.</div>
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<div style="text-align: justify;">
Con il suo discorso sull’individualità, sulla tirannia, sulla rivoluzione e sull’utopia, The Invisibles si inserisce in una tradizione millenaria di opere artistiche che riflettono su questi argomenti progredendone il discorso e aggiornandolo per il nuovo millennio. Il primo consapevole di questo è lo stesso Morrison, che inserisce nella sua opera tutti gli elementi possibili per ricostruire questo lungo processo di cui il suo “Ipersigillo” è figlio. “<b>Poesia di Sangue</b>”⁶ è il capitolo che dà il via allo story-arc “<b>Arcadia</b>”² e si apre con la scena che più anticipa tutto quello che Morrison vuole trasmetterci con la lettura di The Invisibles. King Mob, in pellegrinaggio in Asia, assiste allo spettacolo di un “<b>Dalang</b>”, una sorta di burattinaio che mette in scena la mitologia indiana. “<b>Il suo compito è farci ridere e piangere. La sua abilità ci fa credere di vedere una guerra tra due grandi eserciti, ma non c’è guerra.</b>” spiega la guida turistica a King Mob e al lettore.</div>
<br />
“<b>C’è solo il Dalang</b>”.<br />
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<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
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<br />
Note<br />
<br />
1. "Penso che la verità si esprima meglio nel linguaggio della poesia e del simbolismo" - The Invisibles Vol.1 #1 "Dead Beatles" (1994) contenuto nel volume "The Invisibles - Rivoluzione Invisibile" edito da Planeta De Agostini<br />
<br />
2. The Invisibles Vol.1 #5-8 (1995) contenuti nel volume "The Invisibles - Rivoluzione Invisibile" edito da Planeta De Agostini.<br />
<br />
3.<br />
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEilMASpUhKAI65de-w7fhopfQ4o02ww4WudP954SZJeOp9PH_jWCM9Omoi6_xx6UhXR9DrylLFawzxqid4RpW7GTZPilfKrAPZwnqMmMm6T2e2ex4NxhsGVP4QTvj_Nynp9M0jZLxyNq6Ie/s1600/Et-in-Arcadia-ego.jpg" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em; text-align: center;"><img border="0" data-original-height="867" data-original-width="1031" height="269" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEilMASpUhKAI65de-w7fhopfQ4o02ww4WudP954SZJeOp9PH_jWCM9Omoi6_xx6UhXR9DrylLFawzxqid4RpW7GTZPilfKrAPZwnqMmMm6T2e2ex4NxhsGVP4QTvj_Nynp9M0jZLxyNq6Ie/s320/Et-in-Arcadia-ego.jpg" width="320" /></a></div>
<br />
<div class="separator" style="clear: both;">
"La frase può tradursi letteralmente: "Anche in Arcadia io", dove Et sta per etiam (anche), viene sottinteso: sum (sono presente) o eram (ero). Sembra quindi volersi intendere con l'iscrizione:</div>
<div class="separator" style="clear: both;">
sia l'onnipresenza nel tempo e nello spazio della morte (sum - Io sono presente anche in Arcadia);</div>
<div class="separator" style="clear: both;">
sia la transitorietà di fronte alla morte della gloria letteraria del defunto (eram - Anche io ero in, facevo parte dell'Arcadia)." (Fonte Wikipedia)</div>
<div class="separator" style="clear: both;">
<br /></div>
<div class="separator" style="clear: both;">
4. The Invisibles Vol.1 #6 "Misteries of the Guillotine" contenuto nel volume "The Invisibles - Rivoluzione Invisibile" edito da Planeta De Agostini.</div>
<div class="separator" style="clear: both;">
<br /></div>
<div class="separator" style="clear: both;">
5. The Invisibles Vol.1 #7 "120 Days of Sod All" contenuto nel volume "The Invisibles - Rivoluzione Invisibile" edito da Planeta De Agostini.</div>
<div class="separator" style="clear: both;">
<br /></div>
<div class="separator" style="clear: both;">
6. The Invisibles Vol.1 #5 "Bloody Poetry" contenuto nel volume "The Invisibles - Rivoluzione Invisibile" edito da Planeta De Agostini.</div>
<div class="separator" style="clear: both;">
<br /></div>
<div class="separator" style="clear: both;">
7. "I legislatori non riconosciuti del mondo"</div>
<div class="separator" style="clear: both;">
<br /></div>
<div class="separator" style="clear: both;">
8. Nel documentario "Grant Morrison: Talking with Gods" diretto da Patrick Meaney sono racchiuse alcune testimonianze che raccontano di come Grant Morrison fosse, fino all'inizio degli anni '90, una persona molto schiva, timida e chiusa in sé, e che proprio negli anni di The Invisibles sia cambiato drasticamente diventando la personalità magnetica e amante delle folle di adesso. La tematica cardine della sua storica run sulla Doom Patrol è proprio l'elogio ai freak e agli outsider con cui Morrison si immedesimava molto in quegli anni della sua vita.</div>
<div class="separator" style="clear: both;">
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9. The Invisibles Vol.1 #8 "H.E.A.D." contenuto nel volume "The Invisibles - Rivoluzione Invisibile" edito da Planeta De Agostini.</div>
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Fonti</div>
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Sugli argomenti trattati in quest'articolo è possibile trovare su internet una quantità di materiale sconfinato, ma le mie due fonti principali per quest'articolo sono due fonti cartacee. Il primo è <a href="https://amzn.to/2st0xjb">La metamorfosi nella mente</a> di Elisabetta Marino che, assieme alle sue lezioni di Letteratura Inglese alla Facoltà di Lettere di Roma TorVergata, è stato fondamentale per le nozioni sui poeti del secondo romanticismo inglese e, in particolare, sul Mental Theatre. La seconda è invece <a href="https://www.amazon.it/Our-Sentence-Up-Morrisons-Invisibles/dp/1466347805/ref=sr_1_1?s=english-books&ie=UTF8&qid=1528030536&sr=1-1&keywords=our+sentence+is+up">Our Sentence is Up</a> di Patrick Meaney, saggio in lingua inglese che analizza The Invisibles capitolo per capitolo, fonte inesauribile di riflessioni su quest'opera dalle mille sfaccettature.</div>
A queste fonti principali si aggiungono ovviamente Supergods, il saggio autobiografico dello stesso Grant Morrison, e Grant Morrison: Talking With Gods, il documentario diretto da Patrick Meaney su quest'autore.Matteo Caronnahttp://www.blogger.com/profile/10086506494488683489noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-4845466152094305459.post-62056042434225957052020-04-05T18:16:00.003+02:002020-09-25T13:38:04.066+02:00La Fidanzata di Minami, amore fragile<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjIru2orYW3Ca4Hrrug-C_l6H5bzaCvN5TIFyx6wrCb1KdGEmpErOG1ydu4J628oUgRtuhGqrN4W8z7Gs1EtkXGJeiwJqLTRMa1gUOpsLwkZXp32ZuuKIZ8rasBzS3JT_ESomGbbQ81cog/s1600/Fidanzata+Minami+Doku+Manga+Recensione.png" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img alt="" border="0" data-original-height="500" data-original-width="740" height="432" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjIru2orYW3Ca4Hrrug-C_l6H5bzaCvN5TIFyx6wrCb1KdGEmpErOG1ydu4J628oUgRtuhGqrN4W8z7Gs1EtkXGJeiwJqLTRMa1gUOpsLwkZXp32ZuuKIZ8rasBzS3JT_ESomGbbQ81cog/s640/Fidanzata+Minami+Doku+Manga+Recensione.png" title="La Fidanzata di Minami Doku Recensione" width="640" /></a></div>
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<i>Pubblicato in origine il 08 Giugno 2018 sul portale di C4 Comic</i><br />
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Un mese e mezzo fa la nuova <b>Coconino Press</b> di <b>Ratigher </b>annunciava a sorpresa <b><a href="https://terreillustrate.blogspot.com/search/label/Doku">Doku</a></b>, una nuova collana curata da <b>Vincenzo Filosa, Paolo La Marca </b>e<b> Livio Tallini</b>, che si prefigge il compito di portare in Italia il meglio del fumetto giapponese autoriale e moderno. Pubblicato tra il 1985 e il 1987 sulle pagine della storica rivista Garo, <i>La Fidanzata di Minami</i> dell’autrice <b>Shungiku Uchida</b> è uno dei primi risultati della neonata collana e pertanto ne rappresenta il banco di prova con cui toccare con mano questa nuova realtà editoriale.</div>
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L’opera che ha portato alla notorietà Shungiku Uchida è una commedia che racconta le vicende quotidiane di <b>Minami</b> e <b>Chiyomi</b>, una coppia di giovani liceali costretta a una convivenza segreta nella camera di lui dopo la fuga da casa di lei in seguito a una mutazione che le ha donato le dimensioni di una bambola di 16 cm. A una rapida sfogliata, l’impressione che ci si potrebbe creare è di trovarsi dinanzi a una semplice commedia romantica tra liceali come le tante a cui le produzioni nipponiche ci hanno abituato. La Fidanzata di Minami è in realtà il racconto di una relazione delicata tra le cui pagine l’autrice nasconde abilmente temi a lei cari come l’abbandono del nucleo famigliare, il rifiuto del mondo degli adulti, il fascino della maternità e altro ancora. Tutti tratti esili, pronunciati sottovoce, e legati indissolubilmente con la biografia dell’autrice e che in quanto tali sarebbe facile perdere. Fondamentale è quindi il saggio breve curato da Paolo La Marca a chiusura del volume che ne ricostruisce la voce tramite la vita e le opere, aiutando il lettore a rileggere La Fidanzata di Minami sotto una nuova luce ricca di sfumature.</div>
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<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhDkEF1wmwxUbt0nqNeOokdW54LjLHILqHqp23dpbWtZwtxQIfNxP5DUHRQsNCICyMyL90JcR-4ZQr2P_22qq0gwDqNMg7qypmWRwBZHgL67QxK0zz3-CwTyGE9A1CyQFrJWUSuPngxU_M/s1600/Uchida+Shungiku+Manga+Doku.png" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img alt="" border="0" data-original-height="383" data-original-width="858" height="284" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhDkEF1wmwxUbt0nqNeOokdW54LjLHILqHqp23dpbWtZwtxQIfNxP5DUHRQsNCICyMyL90JcR-4ZQr2P_22qq0gwDqNMg7qypmWRwBZHgL67QxK0zz3-CwTyGE9A1CyQFrJWUSuPngxU_M/s640/Uchida+Shungiku+Manga+Doku.png" title="Manga Shungiku Uchida Doku Fumetto" width="640" /></a></div>
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Il centro del volume rimane comunque il <b>delicatissimo equilibrio</b> su cui si regge la relazione tra Chiyomi e Minami. La metamorfosi di Chiyomi non è un semplice escamotage per dare originalità all’opera, ma una metafora dell’adolescenza e di molti dei legami sentimentali che si vengono a creare in questa delicata fase della crescita. Le dimensioni della ragazza costringono la coppia a una <b>convivenza</b> dall’aspetto praticamente coniugale: i due dormono, mangiano e si fanno il bagno assieme come due novelli sposini. Ma quelle stesse dimensioni che li uniscono sono anche ciò che li allontana dal punto di vista fisico rendendo impossibile anche solo un bacio, figuriamoci un rapporto sessuale. Allora è impossibile non leggere nella metamorfosi di Chiyomi quella tipica distanza che si viene a creare nei rapporti tra giovanissimi che non sono in possesso dei mezzi fisici per poter far fiorire il loro amore, con la differenza che, mentre i loro coetanei sono destinati a crescere assieme alle loro relazioni, Minami e Chiyomi sono intrappolati in un’eterna relazione fanciullesca che non fa altro che alimentare la<b> frustrazione</b> di entrambi. Fin dalla lettura dei primi capitoli il rapporto tra i due protagonisti appare come un’illusione destinata a non durare, una relazione che si basa su sogni che saranno presto costretti a scontrarsi con la dura realtà. Non per questo il finale, <b>fatalista</b> come pochi, appare meno inaspettato e destabilizzante tradendo il desiderio dell’autrice e del lettore di un sogno infinito.</div>
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Dal punto di vista grafico, le tavole del volume sono caratterizzate da poche linee essenziali per i personaggi e da sfondi quasi completamente assenti che creano un’atmosfera di leggerezza in contrappeso a ciò che viene invece raccontato. Visivamente sembra proprio di trovarsi dinanzi a una una commedia romantica dei manga anni ‘80, tra divise scolastiche e paesaggi di periferia che ricreano il fascino magico di un genere di cui La fidanzata di Minami è in parte esponente. Particolarmente azzeccata è la cura grafica del volume, sia nella particolare veste cartotecnica che per le illustrazioni di copertina molto <b>pop</b>.</div>
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La collana <a href="https://terreillustrate.blogspot.com/search/label/Doku">Doku</a> mantiene la promessa e ci porta a conoscere un lato delle produzioni nipponiche diverse da quello più mainstream a cui siamo abituati. <i>La Fidanzata di Minami</i> è una commedia agrodolce che sotto un aspetto innocente nasconde un’adolescenza reale fatta di <b>pulsioni sessuali</b> e del bisogno di <b>diventare adulti</b>. Il tutto, legato a doppiofilo con la forte personalità dell’autrice che ci viene raccontata approfonditamente dal saggio breve a chiusura del volume. Da non perdere.</div>
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Recuperando La Fidanzata di Minami da <a href="https://amzn.to/39KG2kT">questo link di Amazon</a> potrete sostenere il blog senza spendere un euro in più rispetto al prezzo che il sito già propone.<br />
<br /><i>T</i><i>erre Illustrate è anche su <a href="https://www.facebook.com/TerreIllustrate/" rel="nofollow">Facebook</a> e <a href="https://twitter.com/CaronnaMatteo" rel="nofollow">Twitter</a>.</i>Matteo Caronnahttp://www.blogger.com/profile/10086506494488683489noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-4845466152094305459.post-58234226330125287842020-04-05T12:14:00.005+02:002020-09-25T13:38:13.515+02:00La Nuova Isola del Tesoro, da dove tutto è iniziato<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgrvLYmBGRQR4FnOOqv95VCNQ72JmNuA3O1k61yu9ctZ2aw02vvLpce7jypl7A3SJ9VfvdOpU_BrlVlCBZpCbMd7ptMV6WKn2q9wKwVgZhXbJ104JfZXd7PR7iKRdBu5P7WwELjvZFvnzA/s1600/Nuova+Isola+del+Tesoro+Osamu+Tezuka+Recensione.png" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img alt="" border="0" data-original-height="500" data-original-width="740" height="432" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgrvLYmBGRQR4FnOOqv95VCNQ72JmNuA3O1k61yu9ctZ2aw02vvLpce7jypl7A3SJ9VfvdOpU_BrlVlCBZpCbMd7ptMV6WKn2q9wKwVgZhXbJ104JfZXd7PR7iKRdBu5P7WwELjvZFvnzA/s640/Nuova+Isola+del+Tesoro+Osamu+Tezuka+Recensione.png" title="La Nuova Isola del Tesoro Recensione Osamu Tezuka" width="640" /></a></div>
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<i>Articolo pubblico in origine il 27 Agosto 2018 sul portale C4 Comic</i><br />
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Cade il prossimo 3 Novembre il <b>90° anniversario</b> dalla nascita di <b>Osamu Tezuka</b>, l’uomo la cui importanza e vastità della produzione sono valse l’appellativo “<b>Dio dei Manga</b>”. È quindi nello spirito delle celebrazioni per questo importante anniversario che nell’ultimo anno gli editori italiani hanno iniziato a rinfoltire i loro cataloghi con manga precedentemente inediti di Tezuka, dando inizio a una riscoperta necessaria di un autore così fondamentale e rilegato finora a uno spazio fin troppo marginale nel mercato fumettistico italiano. Rizzoli Lizard è tra gli editori che quest’anno hanno deciso di puntare su Osamu Tezuka e ha deciso di farlo portando una delle opere dalle vicende editoriali più travagliate e dall’incredibile importanza storica. <i>La Nuova Isola del Tesoro</i> è infatti il primo story-manga di Osamu Tezuka, l’opera con cui ha esordito nelle librerie (dopo il successo delle sue strip per i giornali) e che ha dato il via a una rivoluzione nel mondo del manga i cui epigoni durano ancora oggi. Allo stesso tempo, La Nuova Isola del Tesoro è una delle ultime opere realizzate da Tezuka prima della sua morte prematura dovuta a un tumore allo stomaco.</div>
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Quella che nel 1947 fece il suo debutto sugli scaffali delle librerie giapponesi era un’opera mutilata di 60 delle 250 pagine realizzate dal suo autore, con tavole rimontate in modo arbitrario, plot tagliati fuori e disegni ritoccati nel tentativo di essere più comprensibili per i bambini dell’epoca. Della Nuova Isola del Tesoro originale rimaneva molto poco e per questo, nonostante negli anni abbia guadagnato la fama di essere la sua leggendaria opera di debutto, Tezuka non la sentì mai come “propria” e non si dimostrò mai disponibile per una ristampa. Finché, sul finire degli anni ‘70, l’editore Kodansha non lo convinse a realizzare un’edizione omnia di tutte le sue opere, Nuova Isola del Tesoro inclusa. Ma le tavole originali erano andate purtroppo perse e le poche copie sopravvissute dell’edizione originale erano penalizzate da una stampa di scarsa qualità, inutilizzabile per realizzarne una nuova edizione. L’unica soluzione agli occhi di Tezuka fu una sola: <b>ridisegnare l’opera </b>facendosi guidare dalla propria memoria per poter riportare in vita una versione il più fedele possibile all’originale ed è questa versione quella che vi ritroverete tra le mani una volta acquistato il volume targato Rizzoli Lizard.</div>
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Protagonista della storia è <b>Pete</b>, audace ragazzino in possesso di una vecchia mappa del tesoro, pronto a salpare con un anziano lupo di mare alla volta di un’isola deserta dove avrà a che fare con pirati, animali esotici e persino Tarzan. Più che una riduzione a fumetti del romanzo inglese di Robert Luis Stevenson a cui il titolo dell’opera allude, La Nuova Isola del Tesoro ne riprende solo alcuni elementi molto generici attorno cui Tezuka costruisce una storia dall’intreccio <b>estremamente lineare</b> e che rappresenta probabilmente l’aspetto dell’opera più penalizzato dagli anni che ha sulle spalle e dal target infantile a cui si rivolgeva. Trattasi quindi di una trama che offre ben pochi spunti, soprattutto comparandola alle opere immediatamente successive dell’autore come Lost World e Metropolis. Va comunque segnalato l’interessante twist nel finale che tramite un risvolto inaspettatamente realistico dona un sapore dolce-amaro alla conclusione e che Tezuka confessa nella postfazione di aver inserito proprio nel tentativo di dare una chiusura più moderna. È dal punto di vista grafico che invece l’opera si difende ancora molto bene con uno storytelling che tutt’oggi risulta immediato e divertente. Le tavole, caratterizzate da strip verticali di 3 o 4 vignette, mettono in mostra tutta la maestria maturata da Tezuka nella narrazione per immagini, oltre che alle forti influenze derivanti dall’<b>animazione</b> e dal cinema. La fluidità dell’azione e la regolarità delle vignette concorrono a creare la sensazione di star sfogliando lo storyboard per un film mai realizzato, mentre Tezuka si sbizzarrisce nella regia muovendo la “cinepresa immaginaria” in modo ardito e a volte impossibile per i mezzi dell’epoca. Il formato a strip conferisce inoltre un ritmo sostenuto alla storia, che non si ferma mai e concatena un evento dopo l’altro tenendo sempre alta l’attenzione.</div>
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In sintesi, La Nuova Isola del Tesoro <b>non è propriamente un volume adatto ai neofiti dell’autore</b>. Il lettore alla ricerca di un’opera per approcciarsi a Osamu Tezuka potrebbe rimanere scottato nel trovarsi in mano un fumetto che risente di tutti gli anni passati dalla sua nascita, nonostante il tentativo di svecchiamento operato dal Maestro Tezuka. Ben altro valore acquisisce quest’opera una volta inquadrata nella sua valenza storica come tappa fondamentale nella carriera del suo autore e del fumetto giapponese in generale. La Nuova Isola del Tesoro è il punto di partenza del Manga nella sua forma più conosciuta e in questa edizione è arricchita da una lunga postfazione di Osamu Tezuka realizzata appositamente e una raccolta di estratti dal diario che teneva negli anni della sua prima realizzazione (1946-1947). Una quarantina di pagine che rappresentano il vero tesoro del volume e che sono importanti documenti non solo su Osamu Tezuka, ma sulla cultura dell’epoca in cui viveva dato che all’interno del suo diario è possibile ritrovare riferimenti a film, spettacoli teatrali e mangaka di quegli anni con cui l’autore è entrato in contatto. Un volume senza dubbio di grande valore per appassionati e studiosi.</div>
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Altri articoli su <a href="https://terreillustrate.blogspot.com/search/label/Osamu%20Tezuka">Osamu Tezuka</a>.</div>
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Matteo Caronnahttp://www.blogger.com/profile/10086506494488683489noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-4845466152094305459.post-88354326588982661592020-04-05T11:47:00.002+02:002020-09-25T13:40:15.233+02:00Nejishiki e l'immobilismo<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEg103grzKE1vLLit55g5EIgZH6BFHKmpPhOxFHdrT6VerbV62WoDRSe9LTp-JgqmKn-rx8mKWqv8vricipE6663D4Oxlh1mE0bEG05yWtbXjMp3skipdlm2WmFiUy022H_9nMD4dexlqX0/s1600/Nejishiki+Recensione.png" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img alt="" border="0" data-original-height="500" data-original-width="740" height="432" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEg103grzKE1vLLit55g5EIgZH6BFHKmpPhOxFHdrT6VerbV62WoDRSe9LTp-JgqmKn-rx8mKWqv8vricipE6663D4Oxlh1mE0bEG05yWtbXjMp3skipdlm2WmFiUy022H_9nMD4dexlqX0/s640/Nejishiki+Recensione.png" title="Nejishiki Yoshiharu Tsuge Recensione" width="640" /></a></div>
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<i>Articolo pubblicato in origine il 13 Settembre 2018 sul portale C4 Comic</i><br />
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L’ondata <b>Gekiga</b> che ha invaso l’Italia da qualche anno a questa parte non sembra voler accennare a fermarsi e la nuova “gallina dalle uova d’oro” è <b>Yoshiharu Tsuge</b>, autore fondamentale di questa corrente e del fumetto giapponese ma colpevolmente inedito nel nostro paese fino a poco tempo fa. Nell’ultimo anno e mezzo, grazie al lavoro di <b>Canicola Edizioni</b> e <b>Oblomov Edizioni</b>, sono stati pubblicate ben quattro volumi del maestro Tsuge permettendoci di conoscere momenti diversi e fondamentali della sua carriera. Mentre i due volumi pubblicati da Canicola Edizioni (L’Uomo senza talento e Il giovane Yoshio) si concentravano sul periodo più tardo della sua produzione, quello di stampo autobiografico, il <i>Nejishiki</i> di Oblomov Edizioni pone la lente sul momento centrale della sua carriera. I racconti racchiusi in questo volume appartengono quasi tutti alla seconda metà degli anni ‘60, il periodo del tanto agognato successo e dello sperimentalismo sfrenato, possibile grazie alla completa libertà che gli lasciava la rivista Garo (gli unici racconti di questa raccolta a non provenire da questa rivista sono Il Granchio e La Fabbrica Galvanica).<br />
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<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgulE0u7bggBVQEIJlKcvI1RMXvTauOsRBz6Ncf8eCIyUh-k6356D2w0LR0qQYnWczzNAyN53Yr3PcUkjXAo8-PtAvl7B6uRLkGa-8t0GdpNTgL7iNaio6lkb2XlWR5pH6XBTiNa87LAAM/s1600/Nejishiki+Fumetto.png" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><br /><img border="0" data-original-height="1555" data-original-width="1055" height="400" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgulE0u7bggBVQEIJlKcvI1RMXvTauOsRBz6Ncf8eCIyUh-k6356D2w0LR0qQYnWczzNAyN53Yr3PcUkjXAo8-PtAvl7B6uRLkGa-8t0GdpNTgL7iNaio6lkb2XlWR5pH6XBTiNa87LAAM/s400/Nejishiki+Fumetto.png" width="271" /></a><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjyeqFpZKN_KW8u3E1Ujukw6gGGF19RdLiGgw8fkKODRjLUMIEaHTyQms7l4I8vl6eSrT2mxQwUCQR5Bry3oZ7jTZKlaFq0ARrTnqtJOA3ND__JOidSjviubEjzrGNKG1hmGqCiD8BgKQ4/s1600/Tadao+Tsuge+Manga+Gekiga.png" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="1557" data-original-width="1057" height="400" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjyeqFpZKN_KW8u3E1Ujukw6gGGF19RdLiGgw8fkKODRjLUMIEaHTyQms7l4I8vl6eSrT2mxQwUCQR5Bry3oZ7jTZKlaFq0ARrTnqtJOA3ND__JOidSjviubEjzrGNKG1hmGqCiD8BgKQ4/s400/Tadao+Tsuge+Manga+Gekiga.png" width="271" /></a></div>
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Apre il volume <i>Nejishiki</i> (Modello a Vite), probabilmente il fumetto più iconico realizzato da Yoshiharu Tsuge. Il racconto si apre con un bambino dal volto deforme che emerge dal mare con una ferita al braccio mentre un inquietante aereo militare vola sopra di lui. In venti pagine seguiamo la sua disperata ricerca di un aiuto medico mentre l’<b>indifferenza</b> di chi lo circonda porta il suo volto a mutare la disperazione in rassegnazione. Una storia dichiaratamente onirica, l'autore ha infatti confermato di essere ispirato a un suo sogno che i lettori non faranno fatica a classificare come <b>incubo</b>. Surreale in modo più sottile è il racconto che lo segue,<i> Gensenkanshujin</i> (Il Proprietario del Gensenkan), in cui una figura misteriosa si trova a vagare per <b>una città immobile</b> nel tempo mentre viene a conoscenza di una storia di <b>sesso</b> e opportunismo. Sempre di sesso si parla in <i>Mokkiriyanoshojo</i> (La Ragazza del Mokkiri Bar) e <i>Yanagiyashujin</i> (Il Proprietario della Yanagiya), in modo molto ingenuo nel primo e in modo molto più luttuosamente consapevole nel secondo. Completano la raccolta due racconti successivi al periodo “Garo” di Tsuge, <i>Kani</i> (Il Granchio) è un divertente e surreale racconto di un uomo e il suo <b>bizzarro</b> interesse per un granchio, mentre <i>Obandenkimekkikogyosho</i> (La fabbrica Galvanica) è un tassello dell’autobiografia di Tsuge che racconta un passaggio della sua infanzia passata a lavorare e che rappresenta un punto d’incontro con Il Giovane Yoshio, volume Canicola che contiene lo stesso racconto assieme ai suoi “fratelli”.</div>
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<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjydLKh6I-EyORM8u76RLMuoNGIr9irHRD4X_MHRNkSZ3jYE5h5rUR-8q4cKtUXREXaPCraLtaJxHa8nxtnn4nXCrlVyabhHFQ6QdMbeDzmhcY3L410B9OZrNbX9D8ZqzTbFen1Uc05K6w/s1600/Nejishiki+Tadao+Tsuge+Arte.png" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img alt="" border="0" data-original-height="642" data-original-width="724" height="564" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjydLKh6I-EyORM8u76RLMuoNGIr9irHRD4X_MHRNkSZ3jYE5h5rUR-8q4cKtUXREXaPCraLtaJxHa8nxtnn4nXCrlVyabhHFQ6QdMbeDzmhcY3L410B9OZrNbX9D8ZqzTbFen1Uc05K6w/s640/Nejishiki+Tadao+Tsuge+Arte.png" title="Yoshiharu Tsuge Analisi" width="640" /></a></div>
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Dare interpretazioni precise a questi racconti è difficile e probabilmente non si riuscirebbe mai a restituirne un’immagine efficace e completa con una spiegazione razionale. Più sensato è invece lasciarsi guidare dalle sensazioni che queste tavole restituiscono di volta in volta, rintracciando le problematiche relative al sé e alla società che ispiravano l’autore e così facendo intessere una rilegatura di tematiche che lega tutti questi racconti. La prima cosa che salta all’occhio aprendo Nejishiki è il grosso aeroplano nero che proietta <b>l’ombra della guerra</b> su tutto il racconto, richiamata poi dalle immagini di macerie e navi da battaglia. Siamo sul finire degli anni ‘60, sono passati più di 20 anni dalla fine della Seconda Guerra Mondiale eppure il Giappone sembra sentirne ancora i pesanti effetti, come incastrato in un perenne “dopoguerra”. Alla guerra non si farà più riferimento nelle altre storie, ma sarà impossibile scrollarsi di dosso questo sentimento di <b>immobilismo</b> per tutto il volume. E come potrebbe essere altrimenti quando il trait d’union di queste storie è proprio il racconto di <b>forti staticità</b>, di città che invecchiano per inerzia, illusioni da cui non si vuole scappare e scelte di vita o condizioni native da cui invece non si può scappare. Nell’iconografia popolare giapponese, i Tengu sono creature fantastiche dal piglio capriccioso che sfogano intrappolando le loro povere vittime in illusioni da cui devono riuscire a districarsi. In Gensenkanshujin sembra avvenire un ribaltamento, dove il misterioso uomo dalla maschera dalle sembianze di un Tengu viene osteggiato dagli anziani cittadini per ostacolarne l’incontro con il suo doppelgänger come per timore che l’illusione finisca e la città fantasma debba tornare a vivere. Al centro della vicende vi è un atto sessuale non guidato dall’amore, completamente assente in queste storie, ma dà un animalesco desiderio carnale. Il sesso in Tsuge acquisisce sempre un’aura malata, il consenso femminile è quasi sempre assente mentre i volti dei personaggi riescono a deformarsi e a farsi ancora più sgraziati durante questi terribili momenti d’intimità. Il sesso assume anche connotazioni opportunistiche, calcolate o non calcolate, in cui l’uomo trae sempre un guadagno dall’azione, a prescindere dalla sua moralità, mentre la donna si lascia sfruttare inerme e, a volte, compiaciuta. Questo è vero per il personaggio al centro di Gensenkanshujin, ma anche per Nejishiki che viene curato proprio durante l’atto sessuale con una dottoressa. La stessa formula la ritroviamo nelle fantasticherie del protagonista di Yanagiyashujin e nelle azioni di Mokkiri in Mokkiriyanoshojo, entrambi accomunati dal desiderio di una vita migliore e dall’impossibilità di portare a compimento i loro obiettivi. Il primo non riesce a trasformare in realtà ciò che immagina perché convinto di essere la causa irrimediabile del proprio male. Mokkiri è il contrario, non ha avuto voce in capitolo sulla sua condizione, ma è destinata allo stesso destino perché portatrice della colpa di essere donna e, soprattutto, ingenua.</div>
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<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgQ_SPM-twATj258ozseBba6TafOmTWEhIODKcMzc765xh-ZIF0Bqd6tcMawqoLlZkEWXajfx4Ip7LfVaZW3_lbBeTzpOiKmQmQfNNfMKT10ddfQS9xSH2o4ujvrOVj9bUBDxkWcNu6xQo/s1600/Nejishiki+Tadao+Tsuge+Arte.png" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img alt="" border="0" data-original-height="426" data-original-width="726" height="374" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgQ_SPM-twATj258ozseBba6TafOmTWEhIODKcMzc765xh-ZIF0Bqd6tcMawqoLlZkEWXajfx4Ip7LfVaZW3_lbBeTzpOiKmQmQfNNfMKT10ddfQS9xSH2o4ujvrOVj9bUBDxkWcNu6xQo/s640/Nejishiki+Tadao+Tsuge+Arte.png" title="Gekiga Manga Fumetto" width="640" /></a></div>
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Il racconto di queste sofferenze viene espresso attraverso un neorealismo distaccato con cui l’autore si limita a mostrare la realtà senza deformarla. Un preciso tratteggio dà forma a fondali e figure di contorno realistiche fino al fotorealismo (l’autore non ha mai nascosto l’utilizzo di fotografie come reference). Nelle storie prese da Garo ritroviamo continuamente personaggi dai volti sgraziati e dall’aspetto trasandato, spesso immersi nelle atmosfere tenebrose di una notte eterna. Particolare attenzione Tsuge la dedica ai nudi femminili, ritratti con quello che all’epoca dev’essere sembrato un “osceno” realismo e presenti in praticamente tutte le storie.</div>
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Più l’invasione Gekiga in Italia va avanti e più si fa complicato per il lettore capire quali opere sono realmente fondamentali e quali trascurabili. Nessun dubbio però con Nejishiki. Anche solo la storia che dà il nome alla raccolta è <b>un tassello fondamentale</b> della carriera di Yoshiharu Tsuge, della storia della rivista Garo e di tutto il fumetto giapponese.</div>
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<br /><i>T</i><i>erre Illustrate è anche su <a href="https://www.facebook.com/TerreIllustrate/" rel="nofollow">Facebook</a> e <a href="https://twitter.com/CaronnaMatteo" rel="nofollow">Twitter</a>.</i>Matteo Caronnahttp://www.blogger.com/profile/10086506494488683489noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-4845466152094305459.post-49427156397983222492020-04-04T19:30:00.003+02:002020-08-21T06:25:09.457+02:00Superman sconfigge il Ku Klux Klan, di nuovo<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgiGAHPgUDEg2TH1DfKS_Z8ktK3RasI5uiB4ZGkYpDNbM3xlEpJWZldTXjBD4Ruv5y70FhOLqwaHxHnNzvEwERr0nc8xmn4prShaVq0kpHtude_v_vJi-t6uj-BbZRJu2K5SQyKE80rc0Y/s1600/Superman+Ku+Klux+Klan+Recensione.png" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img alt="" border="0" data-original-height="500" data-original-width="750" height="426" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgiGAHPgUDEg2TH1DfKS_Z8ktK3RasI5uiB4ZGkYpDNbM3xlEpJWZldTXjBD4Ruv5y70FhOLqwaHxHnNzvEwERr0nc8xmn4prShaVq0kpHtude_v_vJi-t6uj-BbZRJu2K5SQyKE80rc0Y/s640/Superman+Ku+Klux+Klan+Recensione.png" title="Superman smashes the Klan Recensione Storia" width="640" /></a></div>
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<i>Articolo pubblicato in origine il 17 Ottobre 2019 sul portale C4 Comic</i><br />
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Nel 1946 <b>Superman</b> sconfisse il<b> Ku Klux Klan</b>, sia nella finzione che nella realtà.<br />
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Tutto ebbe inizio grazie a <b>Stetson Kennedy</b>, un famoso attivista per i diritti umani che sul finire della Seconda Guerra Mondiale decise di infiltrarsi nel Klan per smascherarne i segreti e denunciarli alle autorità. Paradossalmente, dei due fu il secondo obiettivo quello che gli presentò più ostacoli: il potere del Klan era così esteso che le forze dell'ordine si mostrarono titubanti dinanzi all'invito di Kennedy ad agire e si ritrovò a dover chiedere aiuto a qualcuno che fosse al di sopra delle autorità: Superman.</div>
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Negli anni '40 il serial radiofonico dedicato a Superman mieteva un successo dopo l'altro e Kennedy pensò che potesse essere il terreno giusto su cui spostare la battaglia contro il Klan. Si mise quindi in contatto con i creatori dello show e dal loro incontro nacque la storyline <b>Clan of the Fiery Cross</b>, nota anche come Superman vs the Klan, una storia sul pregiudizio e sul razzismo che smascherava i dettagli dei loro codici segreti e dei loro rituali nel tentativo di demistificare l'aura di invincibilità che attorniava il Klan ed esorcizzarne la paura. La storyline fu un successo di pubblico e, a ennesima conferma del potere che le storie di finzione hanno sulla realtà, raggiunse gli effetti desiderati. Ridicolizzate le sue usanze e denunciate le sue orrende idee, il Klan divenne una barzelletta agli occhi della nazione e la sua continua espansione vide un forte arresto, oltre che l'erosione di molti membri. E così, quella che a prima vista sarebbe potuta sembrare una divertente curiosità storica, è in realtà il resoconto di come un personaggio di finzione sia riuscito a sferrare un duro colpo a una reale organizzazione d'odio.</div>
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<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiRXztH495aWVGZQv39i5cHqhvdyeJQ7VCks1pR-N6-xNqFNuHmoIZkf5DMXsddHclGhJvdSJRq67_YsHST646n0EDykqxBJYIHYREqVUxxNXliblJ6JXbUuOJSUOW_AZ-aLjY2cOZQ2A0/s1600/Gurihiru.jpg" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="1200" data-original-width="1600" height="480" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiRXztH495aWVGZQv39i5cHqhvdyeJQ7VCks1pR-N6-xNqFNuHmoIZkf5DMXsddHclGhJvdSJRq67_YsHST646n0EDykqxBJYIHYREqVUxxNXliblJ6JXbUuOJSUOW_AZ-aLjY2cOZQ2A0/s640/Gurihiru.jpg" width="640" /></a></div>
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La vicenda è stata raccontata per esteso in un libro del 2012 intitolato <i>Superman versus the Ku Klux Klan: The True Story of How the Iconic Superhero Battled the Men of Hate di Richard Bowers</i>, e l'importante eredità di questa storia è confluita in <i>Superman smashes the Klan</i>, adattamento a fumetti dell'originale storyline radiofonica di cui è uscita questa settimana la prima parte (di tre). La sceneggiatura di <b>Gene Luen Yang</b> (New Superman) ripropone l'originale setting storico con il chiaro intento di tracciare una linea tra presente e passato e ricordarci che il Klan sarà pure scomparso, ma la sua ideologia d'odio si annida ancora subdolamente nelle pieghe della nostra società.</div>
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La storia segue i tentativi di integrazione di una coppia di fratelli dalle origini cinesi, <b>Tommy</b> e <b>Roberta</b>, che si sono recentemente trasferiti a Metropolis da Chinatown per seguire loro padre nel suo nuovo lavoro. Roberta, con il suo carattere introverso, è terrorizzata dall'idea di non venire accettata, mentre Tommy, il suo esatto opposto, finisce subito per integrarsi nella squadra di baseball capitanata dal nostro Jimmy Olsen, l'amico di Superman. Il suo talento finisce però per intimidire uno dei suoi nuovi compagni che inizia a sviluppare un acerbo sentimento razzista verso lui e sua sorella. Lo stesso sentimento esplode la notte seguente quando il Klan decide di intimidire la famiglia Lee bruciando una croce nel loro cortile di casa attirando l'attenzione di Superman che decide d'investigare</div>
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Gli elementi della storia originale sono ancora tutti qui e Gene Luen Yang si è limitato ad aggiornarne la sensibilità, promuovendo a protagonista Roberta, solo una comparsa nell'originale, e dando rilievo alla sua voce interiore per raccontare cosa si prova a sentirsi alieni e a vivere in un luogo che non si avverte come proprio. In parallelo assistiamo anche al primo incontro tra Superman e la kryptonite, un omaggio all'origine dell'iconico minerale verde che fu proprio creato all'interno del serial radiofonico e un modo per far confrontare <b>Clark Kent</b>, qui non ancora del tutto consapevole delle sue origini, con la propria natura di straniero. Lo sceneggiatore riporta Superman nella dimensione di simbolo sociale degli oppressi, e più specificatamente dei migranti, che stava tanto a cuore ai suoi due creatori, <b>Joe Shuster</b> e <b>Jerry Siegel</b> (entrambi ebrei e figli di migranti)</div>
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Non c'è bisogno di una spiccata conoscenza del tessuto sociale odierno per comprendere quanto le idee sputate dal Ku Klux Klan in questo fumetto siano ancora diffuse e, addirittura, cavalcate da politici e influencer su internet e nella vita reale. Ma la scena più disarmante del primo numero di Superman smashes the Klan non riguarda un membro del Klan, bensì un agente di polizia a cui Roberta si rivolge verso la fine dell'albo. La ragazza ha intuito che qualcosa di brutto potrebbe essere capitato a suo fratello ed è in cerca di aiuto, ma il poliziotto tenta di rassicurarla perché, secondo lui, è impossibile che qualcosa sia accaduto a suo fratello. "Metropolis è una città molto sicura, soprattutto per voi" visto che "fa di tutto per darvi case, lavori e promozioni che non avete neanche bisogno di meritarvi". Il viso del poliziotto non tradisce nessuna malizia negli intenti, ma solo l'ignorante innocenza di chi è convinto di star dicendo una cosa vera e innocua. Una scena di attualità sconcertante che riassume perfettamente un diffusissimo modo di pensare semplicistico e acritico, incapace di mettersi nei panni dell'altro e di riconoscere la violenza delle proprie affermazioni.</div>
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<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhX3WHfnUAdhf9GO_Jopg2dngk-nPg906wlae61t2w-MGbdMPZugPHxFuOd3VhSi5KPkZNDGj-Nvi1k34s4c4TSrq1hbSuwdN014u4BDAwyiNQ_8PGzlVm72ZLymQD9-J8XEEt0zrC8V_Q/s1600/Superman+Smashes+the+Klan+Gene+Luen+Yang+Gurihiru.jpg" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img alt="" border="0" data-original-height="1200" data-original-width="1600" height="480" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhX3WHfnUAdhf9GO_Jopg2dngk-nPg906wlae61t2w-MGbdMPZugPHxFuOd3VhSi5KPkZNDGj-Nvi1k34s4c4TSrq1hbSuwdN014u4BDAwyiNQ_8PGzlVm72ZLymQD9-J8XEEt0zrC8V_Q/s640/Superman+Smashes+the+Klan+Gene+Luen+Yang+Gurihiru.jpg" title="Gurihiru Fumetto DC Comics" width="640" /></a></div>
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Di recente le analisi di mercato ci hanno svelato che negli USA i classici fumetti di supereroi non occupano più la fetta più grossa del mercato editoriale a fumetti. Sulla cima ci sono invece i manga e, soprattutto, i fumetti mirati a un target preadolescenziale, rispettivamente il 28 e il 41% del mercato. Sarà per questo che la <b>DC Comics</b> ha affidato il comparto grafico della serie al duo artistico giapponese <b>Gurihiru</b>, che ha preso il Superman dei cartoni animati dei fratelli Fleischer e lo ha calato in un'estetica che deve tanto ai cartoni animati per i più giovani quanto ai manga d'oltreoceano. È proprio dai più giovani che bisogna infatti ripartire, perché le condizioni per cui Superman possa sconfiggere nuovamente il Klan in modo così plateale non ci sono più, ma forse la DC Comics ha imbroccato la strada giusta per rivolgersi a un nuovo pubblico e per tornare a cambiare la realtà con i suoi personaggi di finzione. Con la speranza di iniziare finalmente a sviluppare degli anticorpi contro queste ideologie violente e che l'<b>Uomo del Domani</b> possa ancora una volta essere l'ispirazione per un futuro in cui l'empatia è al primo posto.</div>
<br /><i>T</i><i>erre Illustrate è anche su <a href="https://www.facebook.com/TerreIllustrate/" rel="nofollow">Facebook</a>, <a href="https://www.instagram.com/terreillustrate/" rel="nofollow">Instagram</a> e <a href="https://twitter.com/CaronnaMatteo" rel="nofollow">Twitter</a>.</i>Matteo Caronnahttp://www.blogger.com/profile/10086506494488683489noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-4845466152094305459.post-7206146261222720162020-04-02T22:59:00.009+02:002023-10-14T00:16:42.117+02:00Lupin III - Il Castello di Cagliostro, il debutto di Miyazaki al cinema e la nascita del Lupin romantico<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjiF_fd6ZOtkppV4nsbU1Pf8ufdIez5U8Zun7bdPcurMZvTF3NuUdBGmu0iJrPARKMZa4rWP47WmIpkmISz5hehPlXFfDScAWvAyc2OuGgGaHcJdUPKml8tao_mqm7wDMty_Pq_vJITTb8/s1600/Cagliostro+Miyazaki+Analisi+Recensione+Retrospettiva.png" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img alt="" border="0" data-original-height="500" data-original-width="740" height="432" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjiF_fd6ZOtkppV4nsbU1Pf8ufdIez5U8Zun7bdPcurMZvTF3NuUdBGmu0iJrPARKMZa4rWP47WmIpkmISz5hehPlXFfDScAWvAyc2OuGgGaHcJdUPKml8tao_mqm7wDMty_Pq_vJITTb8/s640/Cagliostro+Miyazaki+Analisi+Recensione+Retrospettiva.png" title="Recensione Analisi Il Castello di Cagliostro" width="640" /></a></div>
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<div style="text-align: justify;"><b>Avviso: sul nuovo sito web di Terre Illustrate è iniziata una nuova serie di articoli storici e di analisi dedicati alle opere di Lupin III dirette da Hayao Miyazaki. Qui trovate la prima parte: <a href="https://terreillustrate.it/posts/01-lupin-di-miyazaki-part1/">https://terreillustrate.it/posts/01-lupin-di-miyazaki-part1/</a></b><br /></div><div style="text-align: justify;"><b> </b></div><div style="text-align: justify;"><b>Lupin III - Il Castello di Cagliostro</b> è sicuramente il più famoso lungometraggio dedicato al ladro nato dalla matita di <b>Monkey Punch</b>. Anomalo e incompreso all'uscita, negli anni ha acquisito lo status di film di culto grazie al successo del suo regista, un giovane <b>Hayao Miyazaki,</b> qui al suo esordio come regista per il cinema, oltre ad aver dettato la linea per tutte le successive incarnazioni del personaggio.</div>
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<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiSda6wcy65sMiapi_M9lXOs56Xfv0zxcLWZ8DnV99QyU440FpTsrinuoNlHeQyPcGRDfsgTQB6IhUaRpZWsA7YnuYhhQPuCD10wZ1lwzxkMFkpTkJBPMYRGpVAEdO-F3AfyYmP-9sscSjP/s1600/Lupin+III+Il+Castello+di+Cagliostro+Hayao+Miyazaki.png" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img alt="" border="0" data-original-height="863" data-original-width="1600" height="344" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiSda6wcy65sMiapi_M9lXOs56Xfv0zxcLWZ8DnV99QyU440FpTsrinuoNlHeQyPcGRDfsgTQB6IhUaRpZWsA7YnuYhhQPuCD10wZ1lwzxkMFkpTkJBPMYRGpVAEdO-F3AfyYmP-9sscSjP/s640/Lupin+III+Il+Castello+di+Cagliostro+Hayao+Miyazaki.png" title="Il Castello di Cagliostro Hayao Miyazaki Debutto Retrospettiva" width="640" /></a></div>
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In seguito a un colpo ai danni di un casinò di Monaco, Lupin e la sua banda entrano in possesso di una notevole quantità di banconote false d'incredibile fattura. Decisi a svelarne il segreto dietro la produzione, <b>Lupin e Jigen</b> si dirigono verso <b>Cagliostr</b>o, piccola nazione conosciuta nel sottobosco criminale come "<b>il buco nero dei falsificatori di denaro</b>", dove le loro avventure si incroceranno con <b>Clarisse</b>, una giovane fanciulla entrata nelle mira del crudele <b>Conte di Cagliostro</b> che vuole sposarla contro la sua volontà.</div>
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<table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto; text-align: center;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhTz3AF5Wyvrx4-6of1JmP_KBIjFNVwa7_69XntrAQuYisHnqIz9Ne70JQAC26RMg12psWTTs_n_EZ8YnxkDEaYUlO4ug-5Pmh6h6ZY0Nj5D5WOM9psJ__vQTM87XmDBoaiGepHdkvmMcIF/s1600/Hayao+Miyazaki+Yasuo+Otsuka.png" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="362" data-original-width="496" height="464" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhTz3AF5Wyvrx4-6of1JmP_KBIjFNVwa7_69XntrAQuYisHnqIz9Ne70JQAC26RMg12psWTTs_n_EZ8YnxkDEaYUlO4ug-5Pmh6h6ZY0Nj5D5WOM9psJ__vQTM87XmDBoaiGepHdkvmMcIF/s640/Hayao+Miyazaki+Yasuo+Otsuka.png" width="640" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="font-size: 12.8px;">Hayao Miyazaki e Yasuo Ōtsuka</td></tr>
</tbody></table>
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<div style="text-align: justify;">
Dopo l'incredibile successo del primo lungometraggio, <a href="https://terreillustrate.blogspot.com/2020/03/lupin-iii-la-pietra-della-saggezza.html"><b>Lupin III - La Pietra della Saggezza</b></a>, e delle serie televisive, <b>TMS</b> era intenzionata a batter il ferro finché caldo e chiese a <b>Yasuo Ōtsuka</b>, character designer, direttore dell'animazione e tuttofare dietro la prima storica serie in giacca verde, di assumere il ruolo di regista per un nuovo progetto cinematografico su <b>Lupin III</b>. Ma quest'ultimo suggerì per il ruolo uno dei suoi allievi, <b>Hayao Miyazaki</b>, già regista di molti degli episodi di <b>Lupin III Part 1</b>, rimanendo al suo fianco come <b>direttore dell'animazione</b> e <b>character designer</b>. Quel che i due riuscirono a mettere in piedi fu un autentico miracolo: a causa della pretesa di TMS di uscire a un solo anno di distanza dal predecessore, <b>la produzione di questo film durò appena 6 mesi</b>, di cui solo 4 impiegati per l'animazione. Un autentico <b>tour de force</b> insospettabile guardando la riuscita finale dell'opera.</div>
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<table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto; text-align: center;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgX9wFMSfsID1kYU16kSfioTlqE_bWDM-H6v4jNuGKzzstXeez-cJB4M_t1cxZMdVGDAIpc5A9f2CQsX9uXQ5kaSL0kz_bpbXqhQvAHMy2qqNP_TTDAQTTHaOjCtpJxObADtjfL4NDnp75A/s1600/Lupin+III+Yasuo+Otsuka.jpg" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img alt="" border="0" data-original-height="659" data-original-width="1024" height="409" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgX9wFMSfsID1kYU16kSfioTlqE_bWDM-H6v4jNuGKzzstXeez-cJB4M_t1cxZMdVGDAIpc5A9f2CQsX9uXQ5kaSL0kz_bpbXqhQvAHMy2qqNP_TTDAQTTHaOjCtpJxObADtjfL4NDnp75A/s640/Lupin+III+Yasuo+Otsuka.jpg" title="Yasuo Otsuka Art Cagliostro Analisi" width="640" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="font-size: 12.8px;">Illustrazione di Yasuo Ōtsuka</td></tr>
</tbody></table>
<div style="text-align: justify;">
Così, il 15 Dicembre 1979, esce <b>Lupin III - Il Castello di Cagliostro</b>, il più celebre e citato film su Lupin III, nonché<b> il primo film di Hayao Miyazaki</b>, 6 anni prima della fondazione dello Studio Ghibli. Ma al suo arrivo nelle sale il film <b>fu un flop</b>, incassando solo 600 milioni di Yen a fronte di un budget di 500 milioni. Paradossalmente, a decretare l'insuccesso della pellicola fu proprio la poetica di Miyazaki, l'uomo che al giorno d'oggi rappresenta la figura più famosa e apprezzata dell'animazione giapponese, che confezionò un'avventura di Lupin III completamente agli antipodi rispetto alle aspettative di un pubblico abituato alle precedenti incarnazioni del personaggio. Allontanandosi drasticamente dal fumetto di Monkey Punch, Miyazaki tornò alla fonte originale, le opere di <b>Maurice Leblanc</b>, da cui riprese le figure del <b>Conte di Cagliostro</b> e di <b>Clarisse</b> (seppur con moltissimi rimaneggiamenti), e confezionò <b>un'avventura dai toni quasi fiabeschi</b>, che vede Lupin nei panni di un improbabile cavaliere dedito a salvare la principessa rinchiusa nella torre più alta del castello.</div>
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<table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto; text-align: center;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgsDUCTLZE9myhU4QGUcogerlCB3q9SUBUox-Hl8V_oSb2VUHDz97b5XFfAWchAA4MlMsD5nLbAX-_E_p3VYwwSXG5BDqNj6uCAbvHaV5MBCSrY-3DI5Fjud0cqksgoHTuKQOLd_e0Pg4fF/s1600/Le+Roi+et+L%2527Oiseau.jpg" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="805" data-original-width="1000" height="321" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgsDUCTLZE9myhU4QGUcogerlCB3q9SUBUox-Hl8V_oSb2VUHDz97b5XFfAWchAA4MlMsD5nLbAX-_E_p3VYwwSXG5BDqNj6uCAbvHaV5MBCSrY-3DI5Fjud0cqksgoHTuKQOLd_e0Pg4fF/s400/Le+Roi+et+L%2527Oiseau.jpg" width="400" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="font-size: 12.8px;">Il castello da "Le Roi et l'Oiseau"</td></tr>
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<table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto; text-align: center;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiigLYlSsq5bpDBVO7EgTIvnLM5RKFi7G-b1qq-Ld_22EHlOhyphenhyphenlft4Ee3EA_Cvd9d_EE58Rs6e6cRdPSGM0J6w4Vhgs9hwa3sKkIHhm89y3YNxtAYvmS4XJgkpgxnrQXWWBEr_hX8ey8AVG/s1600/Lupin+III+Il+Castello+di+Cagliostro+Hayao+Miyazaki.png" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img alt="" border="0" data-original-height="866" data-original-width="1600" height="345" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiigLYlSsq5bpDBVO7EgTIvnLM5RKFi7G-b1qq-Ld_22EHlOhyphenhyphenlft4Ee3EA_Cvd9d_EE58Rs6e6cRdPSGM0J6w4Vhgs9hwa3sKkIHhm89y3YNxtAYvmS4XJgkpgxnrQXWWBEr_hX8ey8AVG/s640/Lupin+III+Il+Castello+di+Cagliostro+Hayao+Miyazaki.png" title="Lupin III Il Castello di Cagliostro Hayao Miyazaki Recensione" width="640" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="font-size: 12.8px;">Il castello di Cagliostro</td></tr>
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Lontana dalle tipiche ambientazioni mondane e appariscenti del franchise, Cagliostro è una fittizia nazione <b>mitteleuropea</b> circondata da stupendi <b>paesaggi bucolici</b> la cui magia è catturata dai bellissimi fondali del film, tutti dipinti a mano da Miyazaki stesso e ispirati alla documentazione raccolta nei dintorni della <b>Svizzera</b> assieme a <b>Takahata</b> utilizzata anche per<b> Heidi</b>, serie a cui lavorò proprio sotto la direzione di quest'ultimo e dalle cui ambientazioni questo film è piuttosto reminescente. La genesi del castello del titolo è invece profondamente legata al film d'animazione francese "<b>Le Roi et L'Oiseau</b>", di cui Miyazaki e Ōtsuka erano innamorati e le cui influenze permeano tutto il film. Le scene citate sono tantissime, ma il film fu usato soprattutto come materiale di studio per capire come dare una tangibile verosimiglianza al <b>Castello di Cagliostro</b> con tutte le sue stanze, torri, segrete e trabocchetti.</div>
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<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgCS5HmOkNAUNvm8jhpB7vF3PyPXOwtw56vsAIvSCcmM21CiySlPtUuW8-8a5nH4wjIyKYqGUpJ27L_qxlIfi78b7a3iMh9rLWFc7uWyxIoICjirORiYd4owvEBfStH2zU0AgnarwT5zR7a/s1600/Lupin+III+Il+Castello+di+Cagliostro+Hayao+Miyazaki.png" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img alt="Lupin III The Third Il Castello di Cagliostro Hayao Miyazaki" border="0" data-original-height="865" data-original-width="1600" height="346" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgCS5HmOkNAUNvm8jhpB7vF3PyPXOwtw56vsAIvSCcmM21CiySlPtUuW8-8a5nH4wjIyKYqGUpJ27L_qxlIfi78b7a3iMh9rLWFc7uWyxIoICjirORiYd4owvEBfStH2zU0AgnarwT5zR7a/s640/Lupin+III+Il+Castello+di+Cagliostro+Hayao+Miyazaki.png" title="Lupin III The Third Il Castello di Cagliostro Hayao Miyazaki" width="640" /></a></div>
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Nonostante tutti questi elementi concorrano in larga parte a creare la forte identità di questo film, Il Castello di Cagliostro non è solo romanticismo e cavalleria, ma è anche, e forse soprattutto,<b> un magnifico film d'avventura</b> che combina azione e comicità slapstick come solo l'animazione sa fare. Tutta la frenesia legata alle tempistiche di produzione sembra essersi riversata nel film stesso, che in soli 100 minuti incorpora un numero incalcolabile di scene e tematiche senza sembrare mai affrettato, tra cui <b>alcune delle scene d'azione più belle del cinema d'animazione di sempre</b>. La scelta di lavorare direttamente sugli <b>storyboard</b>, saltando quindi la stesura di una sceneggiatura, si riflette nel modo con cui Miyazaki concepisce ogni momento del film. <b>Ogni scena è ricca di tanti piccoli dettagli visivi in movimento che permeano di vita ciascun istante</b>, dicendo tanto dei personaggi, delle loro relazioni e degli ambienti in cui si muovono senza dover "dire" nulla. A brillare è soprattutto la parte action del film, che si compone d'incredibili scene d'azione particolarmente articolate e divertenti, sempre animate con <b>un senso del movimento travolgente</b>. Parlando di quest'argomento, impossibile non citare l'inseguimento a inizio film avente per protagonista la<b> Fiat 500</b>. L'automobile, ispirata all'autentica Fiat 500 di Yasuo Ōtsuka, era già apparsa in diversi episodi della prima serie animata, ma è in questo film, e soprattutto con questo inseguimento, che raggiunge lo status di <b>icona</b>. La scena, il cui Key Animator fu <a href="https://www.youtube.com/watch?v=FvdroXBOfEw"><b>Kazuhide Tomonaga</b></a> (artista che ha occupato recentemente la posizione di regista generale di Lupin III Part IV e <a href="https://terreillustrate.blogspot.com/2020/03/lupin-iii-part-5-sotto-la-maschera-del.html">Lupin III Part 5</a>), è divenuta anch'essa iconica per la sua incredibile spettacolarità adrenalinica, al punto da far nascere la leggenda che vuole <b>Steven Spielberg</b> alzarsi in piedi per applaudirla durante una proiezione del film (mai confermata né smentita).</div>
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<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgm2AKF1-1p0L_rAVmC7gtflKqZod4dPPLHRHO5aI6uMyGf0FuStPUSQEI6QJJO1X5JfRRVk69o7aubFHJoX1Ka4UPfhMZc86P42Z_6I-hF9nd46eKEeh7daGeDOINXGKN1_c1SHyaxRfB1/s1600/Lupin+III+Il+Castello+di+Cagliostro+Hayao+Miyazaki.png" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img alt="Lupin III The Third Il Castello di Cagliostro Hayao Miyazaki" border="0" data-original-height="862" data-original-width="1600" height="344" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgm2AKF1-1p0L_rAVmC7gtflKqZod4dPPLHRHO5aI6uMyGf0FuStPUSQEI6QJJO1X5JfRRVk69o7aubFHJoX1Ka4UPfhMZc86P42Z_6I-hF9nd46eKEeh7daGeDOINXGKN1_c1SHyaxRfB1/s640/Lupin+III+Il+Castello+di+Cagliostro+Hayao+Miyazaki.png" title="Lupin III The Third Il Castello di Cagliostro Hayao Miyazaki" width="640" /></a></div>
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L'elemento che fece storcere il naso ai fan del ladro giapponese, e che fa storcere il naso tutt'oggi, è il personaggio di Lupin III stesso, profondamente cambiato rispetto alle sue precedenti apparizioni. Più eroico e meno anti-eroe, è qui che per la prima volta è possibile descriverlo effettivamente come "<b>Gentiluomo</b>", etichetta che gli rimarrà per sempre. Il Lupin di Miyazaki non nasce dal nulla, ma è frutto di una riflessione nata tornando a lavorare su un personaggio su cui aveva già lavorato 7 anni prima. Il <a href="https://terreillustrate.blogspot.com/2020/03/lupin-iii-non-sogna-analisi-del.html">Lupin III degli esordi</a>, quello del manga di Monkey Punch che la prima serie animata cercò di portare in televisione, era espressione della rivoluzione culturale avvenuta alla fine degli anni '60. Per Miyazaki, <b>Lupin III era figlio di un'epoca che nel 1979</b>, anno del film, <b>aveva esaurito il suo slancio e non esisteva più</b>. Cosa rimaneva quindi di Lupin III?</div>
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<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiGBsBBWWarlawKpNUTUORNuGdli1KeDpQTrJlM7XDb_9MzAYibA7ZxPfcGnBLJO0v3ePOYvjTjvMFuGHXNqMTpwjT8d4D_JZ0xd-7kH2vA1S73bhIc1jd_oE1akC4SAarC0uoUEUpaBWh0/s1600/Lupin+III+Il+Castello+di+Cagliostro+Hayao+Miyazaki.png" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img alt="Lupin III The Third Il Castello di Cagliostro Hayao Miyazaki" border="0" data-original-height="863" data-original-width="1600" height="344" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiGBsBBWWarlawKpNUTUORNuGdli1KeDpQTrJlM7XDb_9MzAYibA7ZxPfcGnBLJO0v3ePOYvjTjvMFuGHXNqMTpwjT8d4D_JZ0xd-7kH2vA1S73bhIc1jd_oE1akC4SAarC0uoUEUpaBWh0/s640/Lupin+III+Il+Castello+di+Cagliostro+Hayao+Miyazaki.png" title="Lupin III The Third Il Castello di Cagliostro Hayao Miyazaki" width="640" /></a></div>
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Nel film, le rovine hanno una figura centrale in quanto veicolo di <b>riflessione sul passato.</b> Quel che Miyazaki dona a Lupin nel corso delle vicende è proprio una <b>coscienza storica</b>, una consapevolezza del tempo che scorre e di ciò che ci lasciamo alle spalle. È in visita a delle rovine all'inizio del film che Lupin rievoca il sé stesso del passato, quel sé stesso in cui non si rivede più e che non ha paura di giudicare "un idiota". Dietro la malinconia che ricopre tutto il film scorgiamo <b>un Lupin profondamente più umano</b> che relega a un errore di gioventù il sé stesso amante dei piaceri della vita, avido di preziosi e tesori, donnaiolo e sfacciato. In questo film l'appariscente <b>Mercedes Benz SSK</b> ha fatto posto a una più umile <b>Fiat 500</b> e la vita agiata e sfarzosa ha fatto posto al nomadismo, al campeggio, al ramen istantaneo. <b>Questo Lupin è un uomo che ama l'avventura</b>, che ci si getta a capofitto senza aver bisogno di riflettere e senza aver bisogno di un guadagno personale. Un uomo che decide di rischiare la vita per ricambiare una singola gentilezza, ma anche, in fondo, per dimostrare un po' a sé stesso di <b>poter cambiare</b>, di essere cambiato. Ma soprattutto, il Lupin di Miyazaki, spogliato della sua irruenza giovanile e invecchiato di 10 anni, è un uomo che è giunto alla conclusione che la ricchezza non risiede nel denaro o in gioielli preziosi, ma nelle esperienze che viviamo e nei<b> ricordi</b> di queste esperienze. Esattamente come l'inestimabile tesoro che appare alla fine del film e come il<b> <a href="https://www.youtube.com/watch?v=E63eW8M_LvI">Fire Treasure</a> </b>del <b>bellissimo theme</b> principale del film composto da <b>Yuji Ohno</b>.</div>
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<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjAYqdxY7A2RZRoYsJ0WlfT292Us3X9F4nYqLkGebGjGC1psFgeX8cI_3pDR8mzPXusH76FPSBjdJ0GEFtIJgn7kyszQJiwnrvyHTixyriBqd3bXuIBE4Lbo5HfbP8MKpC8V3uXUtZ7R9Aa/s1600/Lupin+III+Il+Castello+di+Cagliostro+Hayao+Miyazaki.png" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img alt="Lupin III The Third Il Castello di Cagliostro Hayao Miyazaki" border="0" data-original-height="867" data-original-width="1600" height="346" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjAYqdxY7A2RZRoYsJ0WlfT292Us3X9F4nYqLkGebGjGC1psFgeX8cI_3pDR8mzPXusH76FPSBjdJ0GEFtIJgn7kyszQJiwnrvyHTixyriBqd3bXuIBE4Lbo5HfbP8MKpC8V3uXUtZ7R9Aa/s640/Lupin+III+Il+Castello+di+Cagliostro+Hayao+Miyazaki.png" title="Lupin III The Third Il Castello di Cagliostro Hayao Miyazaki" width="640" /></a></div>
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Spesso sorvolato dalle persone quando si parla delle opere maggiori del maestro, <b>Lupin III - Il Castello di Cagliostro</b> contiene tantissimi degli elementi fondamentali della visione di Hayao Miyazaki e che torneranno nella maggior parte dei suoi film. La trama legata al denaro falso, <b>una versione espansa del plot dell'episodio 10 di Lupin III Part 1</b> diretto dallo stesso Miyazaki, contiene già tutta <b>l'avversione del regista</b> <b>per l'avidità umana</b>, sentimento corruttore che è solo causa di tragedie e disastri. Il particolare <b>girocottero</b> del Conte testimonia in un solo colpo<b> la passione di Miyazaki per l'aviazione, per il volo e per i veicoli del passato</b>. Quest'ultimi popolano tutto il film tra battelli, aeroplani e automobili, sempre basati con estrema cura su veicoli reali (Ōtsuka era solito ripetere che non esistono cose come "le automobili", ma esistono "le Porche 12S o le Fiat 500"), che fanno buona compagnia a tutto l'armamentario che si rifà alla prima e alla seconda guerra mondiale. C'è poi <b>l'ammirazione per le figure femminili forti</b>, qui trasfigurato in <b>una straordinaria Fujiko</b>, indipendente e scatenata seppur privata di tutto l'elemento erotico che era sempre stato la base del personaggio. Anche <b>Clarisse</b>, pur nascendo come innocente damsel in distress, dimostra più volte nel corso del film una forza d'animo e un coraggio degni di nota.</div>
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<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEi0pF08rgETbmeOJIbYCMiUKVwMb2LlCD83ZNSWLAVZMln-OD_fU9H3EyAH77rlvYGs0KjhfqXrLe6nY2hURmIknUp7xLVwNbQ5c0SpGTUX5hTWFrs3cr6H42QF_Hoz2JVoGKVFz9UIpTts/s1600/Lupin+III+Il+Castello+di+Cagliostro+Hayao+Miyazaki.png" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img alt="Lupin III The Third Il Castello di Cagliostro Hayao Miyazaki" border="0" data-original-height="860" data-original-width="1600" height="342" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEi0pF08rgETbmeOJIbYCMiUKVwMb2LlCD83ZNSWLAVZMln-OD_fU9H3EyAH77rlvYGs0KjhfqXrLe6nY2hURmIknUp7xLVwNbQ5c0SpGTUX5hTWFrs3cr6H42QF_Hoz2JVoGKVFz9UIpTts/s640/Lupin+III+Il+Castello+di+Cagliostro+Hayao+Miyazaki.png" title="Lupin III The Third Il Castello di Cagliostro Hayao Miyazaki" width="640" /></a></div>
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Paradossalmente, donandogli una coscienza temporale, <b>Miyazaki ha reso Lupin un personaggio senza tempo</b>, immortale. Il film, divenuto un cult negli anni a seguire, è il più citato all'interno del franchise e <b>ha posto le basi per quello che Lupin è oggi</b>. Il Castello di Cagliostro ha infatti imposto tanti di quegli elementi che sono diventati poi lo standard dello storie di Lupin III, oltre ad aver dato sostanza ad altri che fino a quel momento non erano mai stati messi in scena a dovere. Mi riferisco all'espediente delle nazioni fittizie (elemento già rintracciabile in alcune storie del manga e della prima serie), alla Fiat 500 come parte stessa del mito, alla figura di un comprimario femminile che di volta in volta Lupin si ritrova ad aiutare o soccorrere, ai tantissimi gadget alla James Bond (anche questi ripresi dal manga), al "Ladro Gentiluomo" e l'amore per l'avventura, il rischio e l'adrenalina di Lupin, mai così fini a sé stessi come in questo film. Molti, nel romanticismo e nella cavalleria di quest'opera, non riescono a rivedere un vero "film di Lupin III", seppur il concetto stesso dietro Lupin si sia sempre piegato dietro al tempo e alla visione dei singoli artisti. <b>Non è sicuramente il Lupin III di Monkey Punch</b>, il quale ha apprezzato il film nonostante ne abbia riconosciuto l'enorme distanza con la sua idea del personaggio, e non è neanche il Lupin che abbiamo imparato a conoscere con le prime serie animate, ma nella mia visione del personaggio <b>Il Castello di Cagliostro rimane un grande film su Lupin III perché ci ha regalato una versione fantastica di questi 5 personaggi</b>. L'amicizia e la sinergia tra <b>Lupin e Jigen</b> non è mai stata così perfetta, <b>Goemon</b> riesce a lasciare il segno anche nel poco tempo che appare in scena*, mentre la mimetica calza veramente a pennello sulla combattiva<b> Fujiko</b>. Ma il più di tutti a stupire è <b>Zenigata</b>, unico everyman del gruppo, con cui Miyazaki sembra non aver potuto far altro che empatizzare, decidendo di restituirgli una tridimensionalità e <b>dignità</b> persa da tempo e regalandogli un bellissimo riscatto alla fine del film, in barba alla burocrazia opprimente e corrotta. E poco importa se nel finale del film Lupin sembra vacillare, quasi in procinto di mollare tutto per sistemarsi con Clarisse, perché alla fine torna comunque a incarnare <b>quell'ideale di libertà che lo rende da sempre il nostro Lupin III</b>.</div>
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<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjUJehhK56k5W2bRwp-jMXkRh4Ehk3i3tigl_IDpE_ssuoIBb_Vbz6q4kzx98JOXZDRnqGWjPvBhEq3rcG_SPQLaPH7I33RHJvJCqj83askbhfUt_PfMoTheWLjoblQEaLZfWb0GWM6FLFk/s1600/Lupin+III+Il+Castello+di+Cagliostro+Hayao+Miyazaki.png" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img alt="Lupin III The Third Il Castello di Cagliostro Hayao Miyazaki" border="0" data-original-height="867" data-original-width="1600" height="346" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjUJehhK56k5W2bRwp-jMXkRh4Ehk3i3tigl_IDpE_ssuoIBb_Vbz6q4kzx98JOXZDRnqGWjPvBhEq3rcG_SPQLaPH7I33RHJvJCqj83askbhfUt_PfMoTheWLjoblQEaLZfWb0GWM6FLFk/s640/Lupin+III+Il+Castello+di+Cagliostro+Hayao+Miyazaki.png" title="Lupin III The Third Il Castello di Cagliostro Hayao Miyazaki" width="640" /></a></div>
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Gli altri approfondimenti su <a href="https://terreillustrate.blogspot.com/search/label/Lupin%20III">Lupin III</a>.</div>
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*Vi siete mai accorti che all'inizio del film è presente anche Goemon? Il personaggio appare di sfuggita sul retro della Fiat 500, è stato sicuramente lui a tagliare in due le macchine delle guardie del casinò e deve essersi separato dal gruppo subito dopo la decisione di Lupin di dirigersi a Cagliostro. Probabilmente Miyazaki aveva in mente qualche scena in più per Goemon all'inizio del film, ma la mancanza di tempo ha portato a tagliare quasi completamente la sua presenza.</div>
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<table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="margin-left: auto; margin-right: auto; text-align: center;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhKyYA-IkwNqPFKzSqfPGgiEBvy1UZ7FGN0SY-hBsUJs3lYDcq8syfs7jCxg9nOqtSWjoKh8s8VCAPzAHPdso7BsP5dktNujvOgy6S_22Ys7HZefcEVZFamj542B88iscApfIYZ1Fuhvih5/s1600/Lupin+III+Il+Castello+di+Cagliostro+Hayao+Miyazaki.png" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img alt="Lupin III Goemon The Third Il Castello di Cagliostro Hayao Miyazaki" border="0" data-original-height="867" data-original-width="1600" height="346" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhKyYA-IkwNqPFKzSqfPGgiEBvy1UZ7FGN0SY-hBsUJs3lYDcq8syfs7jCxg9nOqtSWjoKh8s8VCAPzAHPdso7BsP5dktNujvOgy6S_22Ys7HZefcEVZFamj542B88iscApfIYZ1Fuhvih5/s640/Lupin+III+Il+Castello+di+Cagliostro+Hayao+Miyazaki.png" title="Lupin III Goemon The Third Il Castello di Cagliostro Hayao Miyazaki" width="640" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="font-size: 12.8px;">È proprio lì, sul sedile posteriore della 500!</td></tr>
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Matteo Caronnahttp://www.blogger.com/profile/10086506494488683489noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-4845466152094305459.post-24701171179619180152020-04-02T22:34:00.002+02:002020-09-25T13:43:24.183+02:00Global Frequency, mille e uno civili che ci proteggono dalle minacce del futuro<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjp5cOlJu2hP8jtmrWnIJGdFD9aStIukHkipMTZi5s0hM2Kyjd-ujt5NW3OSMdM35pakbYxGBF9DsvbFZZzW5fxZy2aSHD4JZMVt1F3LX3dzY07gb40rAiYJ8m-PX4jQroIgzXoWN2uJMU/s1600/Global+Frequency+Warren+Ellis+Recensione.png" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img alt="" border="0" data-original-height="500" data-original-width="740" height="432" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjp5cOlJu2hP8jtmrWnIJGdFD9aStIukHkipMTZi5s0hM2Kyjd-ujt5NW3OSMdM35pakbYxGBF9DsvbFZZzW5fxZy2aSHD4JZMVt1F3LX3dzY07gb40rAiYJ8m-PX4jQroIgzXoWN2uJMU/s640/Global+Frequency+Warren+Ellis+Recensione.png" title="Global Frequency Warren Ellis Recensione" width="640" /></a></div>
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2002. <b>Warren Ellis</b>, ormai acclamato sceneggiatore di fumetti americani, torna sull'etichetta che lo aveva lanciato definitivamente, la Wildstorm ex-divisione della Image e acquisita nel '99 dalla DC, per una nuova <b>miniserie di 12 numeri</b>: <b>Global Frequency</b>.</div>
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<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEh6b1l61o5g9xhLCe2dylptFJIuedK4TL93mm2ucXm6gANM2RYL1Y10U2LEif_SvcNCxE789B61tQubYoMm_DNNxP8GSepgyUfE5jLPgjnR5yANvbDPBaFMdYG3ToIyJbOfoaqvhHxLWlCm/s1600/GF.png" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img alt="" border="0" height="491" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEh6b1l61o5g9xhLCe2dylptFJIuedK4TL93mm2ucXm6gANM2RYL1Y10U2LEif_SvcNCxE789B61tQubYoMm_DNNxP8GSepgyUfE5jLPgjnR5yANvbDPBaFMdYG3ToIyJbOfoaqvhHxLWlCm/s640/GF.png" title="Fumetto Comics" width="640" /></a></div>
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<b>La Global Frequency è un'agenzia di salvataggio</b> che conta mille e uno agenti sparsi per il globo, tutti civili con abilità particolari che, attraverso il cellulare "distintivo" dell'agenzia, vengono contattati da Aleph, la ragazza dal cervello potente quanto un processore di computer, che assembla e organizza i team di pronto intervento. A capo di tutto c'è <b>Miranda Zero</b>, donna dal passato misterioso che <b>ha fondato Global Frequency per mettere in sicurezza i civili da eventi straordinari</b> dove i servizi governativi non sono abbastanza veloci per intervenire. La serie, partendo da questa semplice base, <b>si compone quindi di 12 episodi autoconclusivi</b> in cui Warren Ellis getta Miranda Zero (che, assieme ad Aleph, è l'unico personaggio ricorrente della serie) e il team assemblato di volta in volta in <b>situazioni continuamente diverse, dando alla serie un approccio molto televisivo</b> (doveva infatti diventare una serie TV, poi non se ne fece niente) <b>e immediato</b>. </div>
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<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiA6ozCRhcyVDpgLfjWVlx_TB9UTVZOdX9z-Iz3cpnBx9sbtITPpdckaF8B4QVB3nlp1-HIQmPbKtRNI269F0LYSsVVchpklY2bFJh7kSGZXI7ylULUOUFOs8oZfJPxzGCbfLgtj3gUjOES/s1600/gf1.png" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img alt="" border="0" height="384" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiA6ozCRhcyVDpgLfjWVlx_TB9UTVZOdX9z-Iz3cpnBx9sbtITPpdckaF8B4QVB3nlp1-HIQmPbKtRNI269F0LYSsVVchpklY2bFJh7kSGZXI7ylULUOUFOs8oZfJPxzGCbfLgtj3gUjOES/s640/gf1.png" title="Wildstorm Vertigo" width="640" /></a></div>
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Nuovi personaggi, nuova ambientazione e nuovo problema d'affrontare a ogni missione. <b>Lo sceneggiatore scozzese sfrutta il concept della serie per poter svagare in tutti gli ambiti della fantascienza che più gli competono</b>. Si passa con facilità, d'episodio in episodio, da una fantascienza più realistica, quasi possibile, a una più avanzata, buttandoci in mezzo possibili contatti alieni, misteri che viaggiano sulla linea del paranormale e fantascienza horror. <b>La maestria di Ellis sta nel costruire le proprie trame in poche pagine</b>: una manciata di dialoghi e sei già nel vivo dell'azione di questi thriller particolari e sempre diversi.</div>
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Global Frequency è insomma <b>un enorme esercizio di stile</b>, nelle cui 22 pagine di ogni episodio vediamo <b>un continuo confluire di idee intelligenti e ponderate</b> che mettono in mostra l'incredibile duttilità dello sceneggiatore. Dalla lotta al terrorismo alla riparazione degli errori del governo, <b>ogni numero è particolare ed originale per ambientazione e costruzione della sceneggiatura</b>, che varia continuamente la sua struttura tenendo sempre il lettore incollato e riuscendo sempre a creare momenti d'alta tensione come ogni thriller dovrebbe fare.</div>
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La serie si lascia leggere proprio per queste incredibile capacità di tenere sempre l'attenzione alta, <b>senza ammorbare il lettore con pesanti dialoghi ma concentrandosi sul ritmo della narrazione, sulle continue piccole e geniali trovate e sulla capacità di reinventarsi continuamente</b>.</div>
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<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEi2rWt9qVrZVJscE7WtUuUWFovL0hlW56iHd03TZ9Utka6rIIrokoPaRBcSyAWMWjP65EVYZFHdjdDyMMSjaYVkdRCKlvpiZTI_HAWFsOx3-Z5aRowPuypMk09AU46Dp1eCgiea779oKoI_/s1600/gf2.png" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="236" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEi2rWt9qVrZVJscE7WtUuUWFovL0hlW56iHd03TZ9Utka6rIIrokoPaRBcSyAWMWjP65EVYZFHdjdDyMMSjaYVkdRCKlvpiZTI_HAWFsOx3-Z5aRowPuypMk09AU46Dp1eCgiea779oKoI_/s640/gf2.png" width="640" /></a></div>
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Pur rimanendo una serie ben lungi dall'essere un "fumetto impegnato", Global Frequency non è un anonimo esperimento di Warren Ellis ma è comunque <b>caratterizzata da quella verve critica tipica dell'autore.</b> La mancanza di fiducia negli apparati governativi e il pensiero critico verso la loro inaffidabilità è onnipresente per tutta la serie, come anche la cecità con cui lo sviluppo tecnologico viene portato avanti solo a fini militari. <b>Non è un caso se l'agenzia da cui prende il nome la serie sia composta da soli civili</b> e che sia stata fondata da Miranda Zero dopo il suo passato in organi governativi che le ha causato un certo disprezzo verso di essi.</div>
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<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjg5jdEOVoK5D2VsvBQxooKT4lSqAYqT7C1cCIiNSTEaft2b7iY100TYtwWNlIOYhz_KE8fl9C44ZJ5MFBF5V8ukKefJ3PielB_U7rYo27iNrRZ6UgE9BEGiVF7x4O6EcI_BYGVg20ekMMm/s1600/GF3.png" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="273" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjg5jdEOVoK5D2VsvBQxooKT4lSqAYqT7C1cCIiNSTEaft2b7iY100TYtwWNlIOYhz_KE8fl9C44ZJ5MFBF5V8ukKefJ3PielB_U7rYo27iNrRZ6UgE9BEGiVF7x4O6EcI_BYGVg20ekMMm/s640/GF3.png" width="640" /></a></div>
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<b>La serie graficamente si affida a un disegnatore diverso per ogni numero</b>, esattamente come le serie TV assumono un regista diverso per ogni episodio. Questo porta a degli alti notevoli e qualche basso, ma soprattutto a una continua<b> variazione di storytelling e costruzione della tavola che dona a ogni episodio un'anima tutta sua</b>. Mentre il colorista unico, David Baron, dona una certa continuità, sulle matite si sono alternati nomi illustri del panorama fumettistico americano come Simon Bisley, David Lloyd, Steve Dillon, Garry Leach, Lee Bermejo ecc.. Le stupende cover sono invece tutte firmate Brian Wood.</div>
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<b>Global Frequency è insomma un gran divertissment</b>, una serie fantascientifica che si reinventa a ogni episodio, sempre caratterizzata da un ottimo ritmo. Potrebbe causare qualche mania da binge-reading, e lo faceva ben prima che diventasse comune per le serie TV. <b>Ogni numero tira l'altro e non annoia mai</b>, senza bisogno di portare avanti miliardi di trame come altre serie ma semplicemente affidandosi a poche linee guida e a <b>una grande abilità da storyteller.</b></div>
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Recuperando Global Frequency da <a href="https://amzn.to/2ypeeoV">questo link di Amazon</a> potrete sostenere il blog senza spendere un euro in più rispetto al prezzo che il sito già propone.</div>
<br /><i>T</i><i>erre Illustrate è anche su <a href="https://www.facebook.com/TerreIllustrate/" rel="nofollow">Facebook</a> e <a href="https://twitter.com/CaronnaMatteo" rel="nofollow">Twitter</a>.</i>Matteo Caronnahttp://www.blogger.com/profile/10086506494488683489noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-4845466152094305459.post-45126896465162345772020-03-31T21:43:00.002+02:002020-09-25T13:43:33.649+02:00Il Mondo degli Insetti, infinitamente piccolo e universale<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiE7Ebl6s3oNvWd61_d5XVX4DrONm94Em6eHSoXoxrEjSz6DL_cvI08bTS8i5qkV7-cC_oBeIHcTDAAIYMj06rdA77Vr6QyY8YNW4lD0ZzV4BBSQbEmiqzWpBZEFr1zCpGsijhGdqHB1E8/s1600/Il+Mondo+degli+Insetti+Recensione+Manga.png" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img alt="" border="0" data-original-height="500" data-original-width="750" height="426" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiE7Ebl6s3oNvWd61_d5XVX4DrONm94Em6eHSoXoxrEjSz6DL_cvI08bTS8i5qkV7-cC_oBeIHcTDAAIYMj06rdA77Vr6QyY8YNW4lD0ZzV4BBSQbEmiqzWpBZEFr1zCpGsijhGdqHB1E8/s640/Il+Mondo+degli+Insetti+Recensione+Manga.png" title="Il Mondo Degli Insetti Akino Kondoh Recensione Fumetto" width="640" /></a></div>
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<i>Articolo pubblicato in origine il 01 Giugno 2018</i><br />
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<b>Doku</b> è un gioco tra due parole giapponesi che significano "veleno" e "lettura". <b><a href="https://terreillustrate.blogspot.com/search/label/Doku">Doku</a></b> è anche il nome della <b>nuova collana targata Coconino Press</b> a cura di <b>Vincenzo Filosa</b>, <b>Paolo La Marca</b> e <b>Livio Tallini</b>, che si propone di portare in Italia il meglio del fumetto giapponese d'autore e d'avanguardia. Assieme a <b>La Fidanzata di Minami</b> di <i>Shungiku Uchida</i>, <b>Il Mondo degli Insetti</b> di <b>Akino Kondoh</b> è il primo tassello di questo nuovo capitolo del fumetto giapponese in Italia.<br />
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<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhTeZsI8gVcUb8CvGASyPn33n5zXwB6VTp90ZA0b2q30u2fEzwgOlPzsZlsglPtOk3wzjyXczJOtEh8NGsvf5gwtjsVZcafSZIQiBnnfn-mJ_SbmvDSTv6lfTDSAn0YfKldlG1OE_TDQgrh/s1600/Immagine.png" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img alt="" border="0" data-original-height="306" data-original-width="607" height="322" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhTeZsI8gVcUb8CvGASyPn33n5zXwB6VTp90ZA0b2q30u2fEzwgOlPzsZlsglPtOk3wzjyXczJOtEh8NGsvf5gwtjsVZcafSZIQiBnnfn-mJ_SbmvDSTv6lfTDSAn0YfKldlG1OE_TDQgrh/s640/Immagine.png" title="" width="640" /></a></div>
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Il volume si compone di <b>13 storie brevi</b> slegate per lo più slegate tra loro, con l'eccezione di alcuni capitoli raggruppati in brevi cicli tematici, e pubblicate tra il 2000 e il 2004 su diverse <b>riviste underground</b>. I racconti ruotano tutti attorno a <b>Yukari</b>, giovane donna dai capelli a caschetto con la funzione di <b>alter-ego dell'autrice</b>, la cui voce narrante ci guida in <b>un mondo surreale</b> dove l'inaspettato e il magico si celano tra le pieghe di un vestito, tra i cassetti di un mobile o, come accade in copertina, tra le ciocche dei capelli che portiamo sulla testa.</div>
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<a href="https://www.fandangoeditore.it/wp-content/uploads/2018/05/Il-mondo-degli-insetti-INTERNI-CIANO-OK-DEF-DEF-52.jpg" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img alt="" border="0" data-original-height="800" data-original-width="574" height="400" src="https://www.fandangoeditore.it/wp-content/uploads/2018/05/Il-mondo-degli-insetti-INTERNI-CIANO-OK-DEF-DEF-52.jpg" title="" width="286" /></a><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEj0Ll3E7b4PJAQGhcaWFMI4q8VHWvjX04C13-j0jxLTTAqJViH3B5-2-4BY1N1l_naPx3Zrgu4p0-FiEn2g-MTxy4Dv6p0oKl6ad5CUPs9ETG7ia1U0VW0Ta87TpKkiyb-cj0VBib4krstM/s1600/unnamed.jpg" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img alt="" border="0" data-original-height="997" data-original-width="670" height="400" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEj0Ll3E7b4PJAQGhcaWFMI4q8VHWvjX04C13-j0jxLTTAqJViH3B5-2-4BY1N1l_naPx3Zrgu4p0-FiEn2g-MTxy4Dv6p0oKl6ad5CUPs9ETG7ia1U0VW0Ta87TpKkiyb-cj0VBib4krstM/s400/unnamed.jpg" title="" width="268" /></a></div>
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Ogni racconto parte dal <b>quotidiano</b>, un quotidiano fatto di piccole azioni comuni a tutti -il buttarsi sul letto al finire di una giornata massacrante, l'utilizzo di un tagliaunghie o un ricordo che riaffiora improvvisamente- che diventa <b>una finestra con cui il lettore può affacciarsi nello straordinario piccolo mondo di Akino Kondoh</b>. <i>Momenti universali</i> che danno il via a delle divagazioni con cui l'interiorità della protagonista affiora e si rivela nel mondo a lei circostante. La rivelazione arriva attraverso la comparsa del surreale, come se venissimo catapultati in <b>un mondo onirico permeato in ogni angolo di elementi magici da osservare e studiare con una curiosità fanciullesca</b>.</div>
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Tutti tra le 5 e le 15 pagine, i capitoli sono delle <b>istantanee di brevi racconti e suggestioni fugaci</b> che potremmo vedere come l'equivalente a fumetti del genere letterario del "poème en prose" francese. In queste breve composizioni a fumetti, Akino Kondoh racchiude <b>fantasticherie e turbamenti dell'animo</b>. Assegnare un significato preciso a ogni singola storia è quasi impossibile, ma nel loro insieme la raccolta offre un quadro interessante e la possibilità di rintracciare delle tematiche generali che si ripresentano più e più volte. <b>Il Tempo</b> è sicuramente il principe della raccolta, il tempo passato che riaffiora nei ricordi e il tempo presente che scorre e ci cambia. Grande importanza ha il <b>cambiamento</b>, sempre declinati in una chiave quotidiana e con una particolare attenzione per <b>i mutamenti del corpo</b>, che rappresentano l'inesorabile scorrere delle stagioni. C'è poi l'elemento del particolarmente piccolo e degli insetti che si annidano e proliferano negli angoli nascosti, esattamente come queste storie surreali che nascono tra le pieghe della realtà della protagonista.</div>
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<a href="https://www.fandangoeditore.it/wp-content/uploads/2018/04/Mondo-degli-insetti-Kondo-akino-3.jpg" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img alt="" border="0" data-original-height="800" data-original-width="578" height="400" src="https://www.fandangoeditore.it/wp-content/uploads/2018/04/Mondo-degli-insetti-Kondo-akino-3.jpg" title="" width="288" /></a><a href="https://www.fandangoeditore.it/wp-content/uploads/2018/04/Mondo-degli-insetti-Kondo-akino-1.jpg" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img alt="" border="0" data-original-height="800" data-original-width="560" height="400" src="https://www.fandangoeditore.it/wp-content/uploads/2018/04/Mondo-degli-insetti-Kondo-akino-1.jpg" title="" width="280" /></a></div>
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Il Mondo degli Insetti è ricco di pagine splendide.<b> Figure morbide</b> si muovono in vignette che alternano <b>spazi desolati</b> e indefiniti a sfondi e <b>ambienti ricchi di dettagli e ornamenti</b>. Vi è soprattutto uno spiccato gusto per l'abbellimento attraverso <b>la decorazione</b> dei contorni delle vignette, degli spazi tra di esse e degli oggetti al loro interno (coperte, vestiti, ombrelli). <b>La struttura delle tavole e gli strumenti del fumetto vengono piegati all'occorrenza</b>, mettendosi a servizio delle svolte surreali e tirando fuori nuove idee a ogni pagina. Vignette ed onomatopee si distorcono, si piegano e si moltiplicano a dismisura interpretando pensieri e sentimenti della protagonista.</div>
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<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjAsSpPovEZ4Vf5YhzIZQF7y7SQ6IYIltOA8KteibJ0JgqlLv4sBupZxPSMwSbZe8sdmg2UOFylnmdQRd25-Q2DiWgBz04rcl9Cw0h3nHcVvhC1F80FErzfpXniM6GfFXO-Hc-sviyWor3M/s1600/IMG_20180527_110109.jpg" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img alt="" border="0" data-original-height="974" data-original-width="1299" height="478" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjAsSpPovEZ4Vf5YhzIZQF7y7SQ6IYIltOA8KteibJ0JgqlLv4sBupZxPSMwSbZe8sdmg2UOFylnmdQRd25-Q2DiWgBz04rcl9Cw0h3nHcVvhC1F80FErzfpXniM6GfFXO-Hc-sviyWor3M/s640/IMG_20180527_110109.jpg" title="Il Mondo Degli Insetti di Akino Kondoh Doku Manga Recensione" width="640" /></a></div>
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Prima di chiudere questa recensione è importante menzionare anche l'<b>edizione</b> dell'opera. La nuova collana Doku si caratterizza anche per <b>un'interessante cura grafica e cartotecnica</b> dei suoi volumi, <b>un lavoro delizioso per gli occhi e intelligente nelle idee</b> tirate fuori per distinguerli da qualsiasi altra cosa pubblicata sul suolo italiano. Sorgono <b>alcune perplessità</b> sulla comodità e resistenza della sovraccoperta in cartone, che appare leggermente precaria nel suo essere incollata sulla costina del volume. Ciononostante, dopo i primi momenti di smarrimento, non ho avuto problemi nella lettura e l'edizione sembra tenere. <b>Ottima anche la rilegatura delle pagine</b> che si sfogliano con estrema facilità.</div>
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<b>Il Mondo degli Insetti è una lettura affascinante</b>. Sogno, suggestione e magia danzano tra le sue pagine e compongono un universo unico e personale, dando voce ad<b> un'autrice diversa dalla maggior parte</b> dei mangaka che in 20 anni di pubblicazioni italiane abbiamo imparato a conoscere e ad amare. <b>La collana <a href="https://terreillustrate.blogspot.com/search/label/Doku">Doku</a> targata Coconino Press non poteva iniziare in modo migliore.</b></div>
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<i>T</i><i>erre Illustrate è anche su <a href="https://www.facebook.com/TerreIllustrate/" rel="nofollow">Facebook</a> e <a href="https://twitter.com/CaronnaMatteo" rel="nofollow">Twitter</a>.</i>Matteo Caronnahttp://www.blogger.com/profile/10086506494488683489noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-4845466152094305459.post-83740271834218856772020-03-31T18:33:00.002+02:002020-09-25T13:43:40.994+02:00Storie di uomini intraprendenti e di situazioni critiche, montare e rimontare<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjhQTPe4umVQABGJNMVZ297jLNBGE3nV-zVtfm6xqdynpVBMcnB4bVIC3_dJPiyO9YyNSCW3SpyvNMb0aCuTzboMPyPxTNaJtYq_QCNtEHzfMVQj4uUPbG83iUGseUt0rJfmVxUnjYI3t4/s1600/Storie+intrapredenti+Regular+Size+Monster+Stigma+Recensione.png" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img alt="" border="0" data-original-height="500" data-original-width="750" height="426" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjhQTPe4umVQABGJNMVZ297jLNBGE3nV-zVtfm6xqdynpVBMcnB4bVIC3_dJPiyO9YyNSCW3SpyvNMb0aCuTzboMPyPxTNaJtYq_QCNtEHzfMVQj4uUPbG83iUGseUt0rJfmVxUnjYI3t4/s640/Storie+intrapredenti+Regular+Size+Monster+Stigma+Recensione.png" title="Storie di Uomini Intraprendenti e di Situazioni Critiche" width="640" /></a></div>
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<b>Storie di uomini intraprendenti e di situazioni critiche</b> è il secondo fumetto nato sotto il <b>Progetto Stigma</b>, marchio editoriale finanziato da <b>Eris Edizioni</b> ma completamente autogestito dagli autori che vi prendono parte.<b> Una scommessa coraggiosa</b> che sta dando vita a fumetti coraggiosi, come questo volume che segna il debutto di <b>Luca Negri</b>, in arte <b>Regular Size Monster</b>, che gli è valso il Premio Boscarato come Autore Rivelazione del 2018.</div>
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<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhOmf6NxTBhdTOwcxI2szkikNxv7oeGBkV8xsbHh88phJd-kvdkkNnR6Ph-BE9iiB0twl66zl_pH3HyWaCS_vGgfRc0R6l1GNxrkf3wO6XsbCtsDeyZiTJZSLgqTw7ItetP89PVnRqRlPev/s1600/Immagine.png" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img alt="" border="0" data-original-height="473" data-original-width="1010" height="297" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhOmf6NxTBhdTOwcxI2szkikNxv7oeGBkV8xsbHh88phJd-kvdkkNnR6Ph-BE9iiB0twl66zl_pH3HyWaCS_vGgfRc0R6l1GNxrkf3wO6XsbCtsDeyZiTJZSLgqTw7ItetP89PVnRqRlPev/s640/Immagine.png" title="Regular Size Monster" width="640" /></a></div>
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"Storie di uomini intraprendenti e di situazioni critiche" è un titolo la cui potenza, sia delle parole che della loro forma e posizione in copertina, comunica perfettamente l'<b>energia</b> che scorre tra le pagine di quest'opera. <b>8 storie brevi per 8 generi cinematografici</b> (Gangster Movie, Spy Story, Teen Drama, Supereroistico , Horror, Western, Fantascienza, Guerra) di cui Regular Size Monster si diverte a cancellare i "bordi" per estrarne l'essenza, giocando allo stesso tempo con il linguaggio del fumetto per <b>rubare al cinema tutto il possibile</b>.</div>
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La sperimentazione di RSM con il montaggio si traduce in storie dai <b>ritmi frenetici</b> la cui brevità è riempita da quanti più personaggi e situazioni possibili, senza mai la paura di esagerare, ma con <b>il desiderio di inondare il lettore</b>. Leggendo queste storie, l'occhio finisce inevitabilmente per saltare da una vignetta all'altra in preda a <b>un'abbuffata d'informazioni ed emozioni</b>, un processo che viene indotto anche dalla struttura delle tavole, volutamente regolare per non distogliere l'attenzione dal contenuto delle singole vignette.</div>
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L'impressione alla fine di ogni racconto è di averne solamente visto <b>un trailer</b> particolarmente lungo e ricco, come se l'autore avesse scelto di immortalare su carta solo alcuni momenti delle scene che compongono questi lunghi film che ha nella testa.<b> Il lettore usufruisce dell'opera in modo attivo</b>, invitato com'è a ricostruire le vicende e a riempire gli spazi bianchi tra una vignetta e l'altra.</div>
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Il processo di scomposizione delle storie non si muove casualmente, <b>l'obiettivo non è quello di rendere inutilmente complicate le storie</b>, ma di creare una sintesi che lavori su due piani. Innanzitutto, ogni singola vignetta (o breve sequenza di vignette) funziona da sola, racchiudendo almeno un'azione, un ambiente, o un personaggio. La magia cresce esponenzialmente quando queste piccole istantanee vengono messe insieme per creare delle storie brevi che dimostrano tutta la bravura di RSM nel montaggio. <b>Le singole vignette inserite nel loro contesto sembrano dialogare con quelle che le circondano</b>, creando un effetto di continuità (o di ribaltamento) attraverso la scelta delle inquadrature o, soprattutto, delle linee di dialogo al loro interno. <b>Le storie si dipanano come in un flusso di coscienza dove punti lontani si agganciano via collegamenti sottili che le rendono immediatamente coinvolgenti, seppur spesso difficili da comprendere. </b>Forse proprio per questo si esce dalla lettura un po' esausti, unico vero difetto del volume, e con l'impressione che i racconti non siano stati pensati per essere fruiti tutti assieme, ma centellinandone la lettura.</div>
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Ora, se Storie di uomini intraprendenti e di situazioni critiche fosse solo "questo", ne staremmo parlando comunque. <b>L'energia e l'originalità con cui RSM ci parla attraverso il linguaggio fumettistico non sono poca cosa,</b> soprattutto per un autore al suo debutto, e gli meritano da sole la nomination tra i migliori autori emergenti. Ma<b> di questo volume rimarranno anche le storie contenute</b>, frutto non solo di un desiderio di rendere omaggio ai generi scelti, ma di rinnovarne, in alcuni casi, la materia che li compone attraverso nuovi elementi o differenti approcci. L'esperimento è particolarmente riuscito con il <b>Gangster Movie</b> e il <b>Western</b>, ma qui entra in gioco la soggettività di chi vi scrive e il suo amore per la sci-fi e il surreale. Degne di nota anche il <b>Supereroico</b>, per la sovrapposizione di più piani temporali, e la <b>Fantascienza</b>, per come ricostruisce alla perfezione l'estetica (visiva e narrativa) Cyberpunk.</div>
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Chiudono alla perfezione il pacchetto i disegni di Regular Size Monster che, attraverso u<b>na linea piatta</b> che dà vita a figure e ambienti grezzi e imprecisi, descrive una sintesi bidimensionale ed essenziale. <b>Un tratto punk,</b> forte e veloce, influenzato dalla <b>street art </b>(che emerge soprattutto in Teen Drama e in Fantascienza) e che tende alla deformazione delle figure, spesso proprio in prossimità di certe prospettive e angolazioni "di ripresa" che sembrano simulare la distorsione di alcuni obiettivi come il grandangolo.</div>
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Forse alcune storie sono troppo brevi, o troppo compresse, e a volte l'esperimento prende il sopravvento sulle vicende raccontate, ma se per parlare di <i>Storie di uomini intraprendenti e di situazioni critiche</i> dovessi adottare la stessa brevità con cui Luca Negri ci ha raccontato queste storie di amore, violenza, adolescenza, fantasmi del passato e fantasmi del futuro, guerra, orrori soprannaturali e orrori esistenziali, videocassette e misteri; verrebbe una cosa così:</div>
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<b>Storie di uomini intraprendenti e di situazioni critiche è un fumetto che prende cose vecchie e ne tira fuori qualcosa di nuovo e originale. E, in fondo, non è solamente questo quello che chiediamo a un fumetto?</b></div>
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